Eduardo Ambrosio


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SCHOPENHAUER

FILOSOFIA > OTTOCENTO

IL VOLONTARISMO

di Arturo SCHOPENHAUER (1788 - 1860)

Schopenhauer rivendica alla filosofia la vocazione che conduce alla costruzione di una "metafisica", dopo una iniziale adesione alle dottrine kantiane e una decisa opposizione all'idealistico predominio della ragione sulla natura e sulla storia di Fichte ed Hegel, critica Kant appunto per la decisa negazione di un sistema metafisico basato sull'uso dei concetti al di fuori di ogni esperienza possibile e, al contrario, cerca un sistema che insegni come la realtà è fatta al di là dei modi in cui essa ci appare, al di là del piano fenomenico. Così S. dà una nuova interpretazione della filosofia kantiana, contrapponendo al mondo fenomenico o delle rappresentazioni (la ragione), definito apparenza ed illusione, la vera realtà (noumeno=nous, intelletto), che identifica con la volontà di vivere (in luogo dell'io puro, dell'assoluto e dell'idea, una e infinita per tutto l'universo, cieca e spietata (la leopardiana Natura matrigna e l'orientale Velo di Maia) che genera l'assurdità dell'esistenza con il male, dolore e odio. La stessa volontà è alla radice anche dell'essere umano (concezione più vicina alla magia rinascimentale o all'ilozoismo, ma non al reale=razionale)

IL MONDO COME VOLONTA' E RAPPRESENTAZIONE
Per S., il mondo è quel concetto che contiene sia il fenomeno, la realtà che ci appare e che rende possibile la rappresentazione, che il noumeno (la cosa in sé); quest'ultimo, però, non viene considerato come limite invalicabile della conoscenza, ma la verità profonda che l'uomo può scoprire attraverso l'analisi di se stesso. La rappresentazione, invece, e il rapporto che si instaura fra soggetto e oggetto nel momento della conoscenza. L'oggetto ha come forme lo spazio e il tempo, mentre il soggetto sfugge alla legge del tempo e dello spazio. Queste due metà sono inseparabili: ciascuna esiste con l'altra, non ci può essere soggetto senza oggetto.

."Il mondo è mia rappresentazione. Se c'è una verità che si può affermare a priori e proprio questa; essa infatti esprime la forma di ogni esperienza possibile ed immaginabile: la quale forma è più universale di tutte le altre, e cioè del tempo, dello spazio e della causalità, perché tutte queste implicano già la prima…."

Il problema principale della filosofia e quello di individuare una verità immediata e da essa ricavare mediante l'astrazione la verità assoluta. La filosofia, per conoscenza, intende non solo sapere cosa sia un oggetto, ma ricercarne la causa. Il fenomeno è dunque illusione, sogno; mentre il noumeno è una realtà che si nasconde dietro la trama del fenomeno, e che il filosofo ha il compito di scoprire.

La volontà di vivere è l'essenza nascosta dell'universo. Essendo al di là del fenomeno e delle sue forme costitutive (spazio-tempo-causa) la volontà è unica poiché, essendo al di fuori di spazio e tempo, si sottrae al principio di individuazione; è eterna perché, essendo al di fuori del tempo, è indistruttibile, ossia un "PRINCIPIO SENZA INIZIO NE' FINE"; è incausata in quanto si configura come forza libera e cieca, come un'energia incausata, senza un perché e uno scopo.
Dire, quindi, che l'essere è volontà, equivale a dire che l'essere è dolore. Infatti volere significa desiderare e desiderare significa trovarsi in uno stato di tensione e di mancanza, che nessun appagamento può colmare. Del resto, una soddisfazione che plachi temporaneamente i desideri fa precipitare l'uomo in una situazione altrettanto negativa: la NOIA. O il dolore o la noia: ecco il destino dell'uomo. Ciò che gli uomini chiamano piacere non è altro che una cessazione momentanea del dolore, ossia lo scarico da uno stato preesistente di tensione; e a questo momento di piacere succedono altri desideri (e quindi nuovi dolori) oppure la noia.
Da ciò deriva il pessimismo di S. Per quanto riguarda l'amore, esso è visto come eros ed è nient'altro che uno stratagemma di cui si serve il genio della specie per sedurre l'individuo e per indurlo alla perpetuazione della vita; per cui, l'amore procreativo va condannato (molto criticata la posizione di S. verso il gentil sesso in quanto responsabili della procreazione e quindi del dolore).

Insomma, l'individuarsi della volontà (l'istinto per gli animali e la ragione per l'uomo) nelle forme particolari dell'esistenza, produce sofferenza, per cui il mondo non è che una successione di mali. Il rimedio per eliminare le sofferenze è redimersi dal male, prodotto dai desideri (Socrate, afferma S., davanti ad una oreficeria, esclamava: " Oh! Quante cose di cui io non ho bisogno"), è la negazione progressiva della volontà di vivere. Tutto è illusione, causa spazio e tempo che funzionano come illusorio principio di individuazione, soprattutto la ricerca dell'individualità: gli individui sono orologi caricati senza sapere il perché / la vita è un pendolo tra noia e dolore.

L'uomo è morale quando rinuncia alla sua individualità, cioè libera lo spirito dell'individualità e riduce il dolore. Le
VIE DI LIBERAZIONE dal dolore sono le varie tappe attraverso cui l'uomo cerca di liberarsi dalla volontà di vivere e si identificano con l'arte, la morale, l'ascesi.
Il suicidio, invece, non è una via di liberazione. S. respinge il suicidio poiché vede in esso una forma nascosta di attaccamento alla volontà e non la volontà in se stessa.

Arte

Distacco dall'egoismo nei confronti delle cose mediante la contemplazione (artistica) spassionata e disinteressata delle stesse che diventano idee. Le idee sono l'oggettivazione della volontà. Chi si eleva alla contemplazione delle idee "dimentica se stesso, sa soltanto che contempla, non sa più chi è", insomma si libera del suo essere individuale e quindi della sua volontà di vivere.
La più elevata delle arti è la musica perché "ci rivela l'essenza intima del mondo".

Morale

Si identifica in un sapere più elevato di quello dell'intelletto o della ragione. Il principio fondamentale di questo sapere è la pietà (trasporto/simpatia verso la sofferenza altrui, mediante il superamento dell'egoismo e l'amore per il prossimo), la quale ha il potere di eliminare dall'animo umano la malvagità (intesa come l'illusione che separa tra loro gli uomini).
L'azione negativa della pietà è la giustizia (non fare male agli altri = volontà passiva), quella positiva è la carità (volontà attiva di fare del bene al prossimo).

Ascesi

Interpretata da S. come l'estrema riduzione del male di vivere (eliminazione radicale della volontà di vivere, mediante il superamento completo dell'individualismo con la rinuncia a tutto ciò a cui ci legano le passioni), essa consiste nella negazione di ogni elemento fenomenico e riesce ad attuare la liberazione definitiva dalle illusioni del mondo empirico. La negazione ascetica della vita è soppressione del volere.
L'ascetismo è una modificazione radicale della volontà che la trasforma nel suo opposto, in NOLUNTAS (non volontà). Attraverso la rinuncia ogni passione si spegne, ogni iniziativa si estingue: da cupido centro di vita l'uomo diventa inerte momento dell'esistenza universale. La coscienza della propria nullità, l'annientamento della propria singolarità.
L'identificazione della volontà assoluta è la saggezza suprema che permette l'immortalità.

La "volontà" dell'oggi è il consumismo che ci spinge a fare cose che non condividiamo.

LA VITA E I SOGNI.

Dire che il mondo è una rappresentazione significa indebolire in un certo modo la consistenza della realtà e perciò il mondo stesso può assumere un'idea illusoria, fittizia, spettrale, ed è per questo che la vita risulta essere un girovagare in mezzo ad immagini evanescenti. Si viene così ad imporre l'analogia con il sogno, cioè successioni di eventi reali che al risveglio risultano essere delle mere parvenze. Secondo S. esiste una relazione tra i nostri sogni e gli eventi della nostra vita.
…"La vita e i sogni sono pagine dello stesso libro. La lettura successiva è la vita reale. Ma quando l'ora abituale della lettura è trascorsa ed arriva il momento del riposo, noi continuiamo a sfogliare oziosamente il libro aprendo a caso questa pagina o quella, senza ordine e senza seguito, imbattendosi ora in una pagina già letta ora in un pagina nuova; ma il libro è sempre il medesimo…."
Mentre ci si muove in un contesto filosofico generale, in realtà si arriva a proporre spunti significativi sul piano psicologico, perciò in S. nasce l'interesse per quello che egli chiama " il nostro misterioso interno", ovvero l'interesse verso le zone oscure e più profonde della psiche umana.
Molto dibattuto fra gli studiosi è anche il problema del rapporto tra S. e la psicanalisi. Forse più che di influssi determinanti su Freud, come vorrebbero alcuni critici, si può parlare di convergenze anticipatrici con la psicologia del profondo: ad esempio la volontà come forza cieca che si agita nell'uomo al di là della coscienza. Ma nonostante queste analogie è indubbio che tra tutti i filosofi S. risulti quello oggettivamente più vicino a Freud.
La strada da seguire per giungere al mondo reale sembra a questo punto essere individuata nella non volontà, nello spazio e nel tempo ,"portali" per il mondo reale, la "nullità".

IL TEMPO E LA "NULLITA'".
Il tempo è fatto di istanti che si succedono l'uno all'altro. Questo succedersi, tuttavia , è da intendere come un rapporto di dipendenza; infatti un istante non può esserci senza che vi sia stato prima l'istante precedente. Se riflettiamo a questo processo ci rendiamo conto che è un processo di continua soppressione: ogni istante sopprime l'istante precedente e a sua volta verrà soppresso dall'istante successivo. Passato e futuro dunque sono delle pure inesistenze.

LO SPAZIO E LA "NULLITA'".
Se consideriamo poi lo spazio, che come il tempo era in Kant una forma a priori dell'intuizione e come tale è il fondamento della geometria, bisogna riconsiderare il problema sotto un'angolatura nuova, che riguarda il nostro modo di essere nello spazio. Immaginiamo per un solo istante di non sapere esattamente dove siamo, avvertiremo subito una sensazione prima di disagio e poi di autentica angoscia. Se io improvvisamente fossi incerto intorno al luogo in cui mi trovo, tutto assumerebbe un'inquietante atmosfera di sogno.
Se allora ci interroghiamo sul luogo in cui siamo, questa domanda in parte è ovvia, in parte è enigmatica : il luogo in cui ci troviamo è circoscritto da un confine; ma questo confine ha a sua volta altri confini e così all'infinito. Nasce dunque una sorta di conflitto tra la finitezza e l'infinità dello spazio; in un certo senso la finitezza si misura con l'infinità e viene da questa annientata.

Opere: Il mondo come volontà e rappresentazione. La volontà della natura. I due problemi fondamentali dell'etica.


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