Eduardo Ambrosio


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IL PROGETTO

STORIA > STORIA DELLA DONNA > ONOREVOLE DONNA

PREFAZIONE

"Onorevole donna", vuole essere un momento di riflessione sulla condizione femminile in Italia, sulle conquiste raggiunte e sulla strada che resta ancora da fare. La questione femminile è, non a caso, storicamente segnata dalle differenze sessuali, che si sono tradotte in diversità di ruolo sociale e di condizione culturale e morale. Alle donne lo spazio del privato, agli uomini quello del pubblico. Così relegate, le donne sono state obbligate a vivere di riflesso tutto ciò che fa parte della vita quotidiana.
Pertanto il seguente lavoro vuole denunciare come la rigida dimensione dei ruoli umani e sociali significa - soprattutto in alcune regioni d'Italia - ancora l'esclusione storica delle donne dalla fruizione culturale e di conseguenza dalle scelte politiche, dal potere economico e dall'organizzazione della società nel suo complesso.
La donna può e deve, quindi, liberarsi da tutti i condizionamenti storici per ricostruire i suoi rapporti con l'uomo sulla base di una perfetta parità umana. Il sogno di costruire una società equilibrata non può assolutamente concretarsi, prescindendo dall'abolizione della diseguaglianza tra uomo e donna. Affermare, infatti, l'eguaglianza teorica della donna e riconoscere il suo diritto legittimo ad essere considerata una creatura di piena dignità umana, non ha nessun significato concreto se poi, nella realtà effettiva, essa viene distinta e sempre ancorata ad un ruolo esclusivo, di femmina.
Nella nostra costituzione le leggi che dovrebbero consentire il rispetto della dignità umana e sociale della donna fortunatamente esistono. Il problema vero è che, spesso, si tratta di enunciazioni, le quali, sul piano pratico, finiscono per avere scarsa rilevanza. Perciò, alla fine, quello che più conta, è sì che vi siano buone leggi - specchio del grado di civiltà di un popolo - ma è ancora più importante che esse trovino una reale applicazione nel contesto sociale, di modo che i suoi membri possano realizzarsi integralmente, senza discriminazioni e affermare pienamente se stessi, nel rispetto della dignità degli altri.


... IL PROBLEMA ...

In queste pagine mi propongo di delineare un' IDEA-FORTE capace di mettere in moto nuove dinamiche sociali più favorevoli alla definizione di insostituibili valori umani e alla individuazione di sicuri punti di riferimento sempre più rari nella nostra società di fine millennio che denuncia evidenti limiti, soprattutto della classe politica, nell'affrontare le problematiche attuali.
Siamo alla fine di un'epoca per cui è necessario ripercorrerla, attraverso le tappe fondamentali, per capirne i termini, al fine di individuare gli schemi dell'epoca che verrà, in quanto quelli che assicuravano l'inquadramento della società (Stato, partiti, ecc.) fino a qualche anno fa, sono saltati.
Il modello costruito non regge né per gli uomini né per le donne: la crisi del Welfare State (Stato sociale e del benessere diffuso), l'aumento della disoccupazione, l'estendersi di aree di povertà e di emarginazione stanno a testimoniarlo: i disoccupati, soprattutto giovani e meridionali, raggiungono cifre spaventose; una società è definibile evoluta economicamente quando i suoi due terzi accedono al benessere, come è stata finora quella italiana.
Oggi, però, il terzo medio delle popolazione è sempre meno garantito ed è evidente l'ampliarsi del numero di persone che scelgono o sono costrette a vivere al di fuori di ogni schema civile.
L'Italia,
senza la forza e la cultura delle donne, ripercorrendo progetti vecchi e perdenti che hanno offerto reali opportunità di lavoro e di realizzazione solo a una parte della società, quella maschile, rischia di prolungare la sua crisi. Occorre costruire una società più solidale basata sulla ridistribuzione delle risorse e delle occasioni di lavoro (sarebbe interessante studiare il modello di lavoro familiare deflattivo dell'Ottocento, almeno fino al 1896, o i modelli di perfetta armonia sociale e naturale delle società americane precolombiane) fra uomini e donne, valorizzando socialmente i lavori di cura (incentivando, ad esempio, volontariato, società "no profit", ecc.), finora imposti quasi esclusivamente alle donne, attraverso una riorganizzazione e riduzione di orari.
Gli orari della città (negozi, servizi, tempo libero, ecc.) si dovrebbero organizzare contemplando le moderne esigenze lavorative; attualmente tali orari rispondono a presunti bisogni della sola popolazione residente raccolta in famiglie di tipo tradizionale con la scontata casalinghità della donna, che provvede a fare la spesa, cacciare le carte, accudire la famiglia, tenere rapporti con le istituzioni, seguire l'educazione scolastica dei figli, ecc.
È tempo di cambiare in modo radicale, partendo appunto dalla forza delle donne, sicuramente valide protagoniste del cambiamento.
Oggi è forte la tentazione conservatrice di tagliare indiscriminatamente le spese sociali, di far pesare sulle spalle delle donne i compiti sempre più gravosi di sopravvivenza della società, di porre alle stesse, in modo sempre più drastico, l'alternativa fra lavoro e essere madre, di penalizzare le donne che si trovano in condizioni di difficoltà.
L'esigenza è quella di realizzare una società partendo dal riconoscimento dei diritti degli uomini e delle donne in quanto cittadini, eliminando ogni forma di patriarcato e di limitazione della libertà e sancendo la definitiva autodeterminazione delle donne nella maternità, nell'aborto, nella sessualità, nella famiglia.
Nel nostro tempo è quanto mai possibile questo cambiamento, in quanto, mai come adesso, la donna è presente: la donna legge e scrive più dell'uomo, anzi legge scritti di donne, tali scritti sono un legame fra le donne, determinando uno sviluppo maieutico della parola delle donne con una evoluzione di condiviso piacere, di esplorazione reciproca, di costruzione e di salti mentali attraverso la lettura.

Il tutto, se sapientemente coniugato con la gestione politica, non può che essere salutare per la nostra società, dove è mancata l'opinione autonoma di buona parte dell'elettorato ed è stata completamente assente quella delle donne: in Italia, analizzando e confrontando il voto politico con quello amministrativo e referendario, è facile riconoscere una certa "opinione autonoma", frutto di una cultura politica, solo nel Nord-Ovest, mentre vistoso è il voto di "appartenenza ideologica": "bianco" nel Nord-Est e "rosso" nel Centro; infine addirittura "di scambio" o, nella migliore delle ipotesi, "religioso" nel Sud.

Al contrario, non considerare adeguatamente quest'esplosione nell'ultimo cinquantennio della letteratura femminile e la conseguente evoluzione del pensiero, di spessore incommensurabile rispetto a qualsiasi altra epoca storica, può essere pericoloso per la società che non riuscirebbe a digerire una rivoluzione di sesso. Del resto, come tutta la storia è stata omologata esclusivamente al maschile, perché, la dominante culturale è stata maschile, così c'è da aspettarsi una omologazione al femminile vista la preponderanza culturale che la femminilità sta registrando.
Il sorpasso sarebbe ampiamente giustificato sia dal punto di vista economico - nel mondo, il 67% del lavoro è svolto dalle donne, mentre le stesse ricevono solo il 10% del profitto - sia da quello biologico - base naturale dell'umano è la femmina , il maschio è solo un "innesto", per cui biologicamente più debole (la vita media è sempre a favore delle donne). Addirittura, si va facendo strada la convinzione che la femmina debba avere continui e diversi rapporti sessuali, in quanto, in tal modo, selezionerebbe i semi maschili in competizione privilegiando il migliore.
Ora è facile concludere che è sicuramente più lineare, nonché, estremamente conveniente, prendere atto del nuovo e inglobarlo razionalmente nel sociale, anziché, attendere passivamente, se mai anche sulla difensiva o peggio con i paraocchi, la inevitabile e purtroppo facilmente devastante rivoluzione. Inoltre la storia ci propone continuamente l'eterna lotta tra la "ragion di Stato" (linea - guida indiscussa del politico) e la "coscienza morale" (linea - guida dell'uomo di cultura) ovvero tra politici e intellettuali, dove i primi, soprattutto nei nostri anni, risultano vincenti e sempre più alleati dei poteri alternativi a discapito dei secondi che, abbandonando progressivamente il campo, si arroccano su sterili posizioni utopiche, completamente deleterie se non addirittura inquinanti per la società.
Al contrario, il bisogno è l'improrogabile superamento della contesa mediante un processo interattivo in cui la cultura, coniugandosi con la politica, misceli necessità pratiche e moralità per rendere visibili e immediatamente comprensibili quei valori fondamentali del vivere civile (primo fra tutti il rigore nel rispetto delle regole a prescindere dal controllo) indispensabili per evitare di far scadere la nobile arte della politica ad una lotta di tutti contro tutti.

Da queste considerazioni e nel tentativo di apportare un modestissimo contributo nell'analisi del problema, scaturisce la proposta presentata nelle pagine successive.
Nella speranza che il lavoro possa essere di spinta per un dibattito di ampio respiro volto a ordinare più razionalmente e quindi efficacemente la nostra società; pur nella consapevolezza dell'enorme lentezza dello sviluppo dei processi sociali rispetto alla consapevolezza culturale, sono convinto che è tempo di cambiare mentalità, anzi proprio per questo sono persuaso della bontà del progetto in quanto possibile acceleratore del processo.
"
NON SI NASCE DONNA MA SI DIVENTA"


.
.. L'ANALISI ...

In una trasmissione televisiva sulla pedofilia si analizzavano i luoghi ove più frequentemente si verifica tale violenza e tra questi si annoverava tra i primi posti proprio il luogo famiglia. Nel seno familiare il fenomeno è più occultabile per l'intrecciarsi di affetti, sudditanze, pregiudizi, paure, ecc. Un giudice del tribunale dei minori rilevava che il fenomeno o non arriva ad una denuncia o vi arriva in forma artefatta, motivando il tutto col fatto che spesso il responsabile (quasi sempre il padre) è anche il portatore dell'unico reddito, nonché, il titolare della famiglia, per cui una denuncia, da parte della madre, permetterà senz'altro alla autorità giudiziaria di allontanare il minore dalla famiglia, ma non fornirà nessuna protezione alla donna, che, non avendo possibilità reddituali autonome, sarà costretta a restare nella famiglia esposta a tutte le angherie morali e materiali.
Tale occasione spinge a riflettere sulla necessità di alimentare il dibattito civile sul recupero del valore famiglia attraverso l'elemento più stabilizzane di tale microsistema, cioè la donna.
Dopo le innumerevoli teorizzazioni storiche sul ruolo evolutivo (di sapore spesso ideologico) ora dell'uomo ora di popoli presentatoci dalla speculazione filosofica, alle soglie del terzo millennio diventa necessaria una svolta politica radicale, in cui non saranno più le ideologie a guidare le scelte e le convinzioni, ma una razionale organizzazione del reale; insomma la dialettica politica deve abbandonare ogni forma di chiesa (clericale o ideologica partitica) e dirigersi verso la pura LAICITA' - distinta da quella definita in ambito clericale, ove la gerarchia uomo-donna soddisfa canoni di fede e spiritualità anziché, di razionalità, anche se, in questo campo, si registra un certo dinamismo come il sacerdozio femminile nelle Chiesa Anglicana e la recente petizione del settembre 1997 al papa, proveniente dagli U.S.A., sulla promozione della Madonna a "
co-rendentrice dell'umanità, assieme a Gesù Cristo", aggiungendo così una figura femminile alla S.S. Trinità - in cui la morale sia il frutto di un sereno rapporto di tolleranza e non il prodotto di una cultura dominante.
Analisi del reale in campo sociale significa prendere in considerazione tutte le componenti e restituire ad ognuna di esse il giusto valore sia qualitativo che quantitativo. La cultura definisce innumerevoli diversificazioni umane: in senso verticale bambini, adulti, anziani; in senso orizzontale ceto sociale, classe, razza, etnia, ecc.; diversificazioni che trovano una giustificazione nella determinazione dei ruoli ma non possono trovare mai alcuna giustificazione allorquando vanno a determinare opportunità diversificate: da questo punto di vista, l'umanità, che si determina in ogni singolo uomo, può essere differenziata dagli altri viventi (animali e vegetali) ma non al suo interno.
La storia umana registra una sempre più estesa affermazione del diritto pur rimanendo lontana da una reale razionalizzazione dello stesso. Ora, essendo il percorso storico unificabile appunto sull'affermazione del diritto (che tende a superare anacronismi e ad affermarsi in modo universale), è necessario individuare i luoghi ove il diritto si determina per avviare intorno ad essi una dialettica politica volta ad introdurre in tali luoghi gli elementi mancanti per avviare finalmente una seria razionalizzazione socio-politica.

Il luogo privilegiato è nella determinazione statuale che nel corso dei secoli si è andata definendo, dalle prime forme di Stato di tipo patrimoniale del Medioevo (Carlo Magno), in cui lo Stato era riconoscibile nella sola figura del sovrano da cui dipendeva la legge, si passa a forme dinastico-territoriale (a cavallo del 1000) e successivamente a timide forme costituzionali (Magna Charta e Costituzioni di Melfi, XIII secolo). Queste prime determinazioni interessano comunque una limitatissima parte della società, solo con la Rivoluzione Francese (1789) si registra l'ingresso del Popolo (inteso come la parte attiva della società) nella storia, mentre per la totalità umana (la massa) tale ingresso si avrà solo con la Prima Guerra Mondiale (la Grande Guerra).

Da qui deve partire l'analisi per determinare i nuovi parametri statuali, perché, è da questo momento che saltano i collaudati rapporti precedenti, la massa richiede nuove attenzioni politiche in cui deve trovare posto ogni componente dell'umanità, non è più possibile nascondere alcun segmento sociale.
L'ingresso della massa nella storia coincide anche con l'inizio del Novecento definito storiograficamente il "
Secolo breve", in cui emergono tutti gli squilibri politico-sociali precedenti e si registrano caratterizzazioni sociali specifiche come quella della donna.
L'esigenza nuova è quella di organizzare la strutturazione politica in modo paritetico, permettendo la corretta rappresentazione nell'apparato statuale della società, rispettando la proporzione fra le sue componenti, prima fra tutte: la componente femminile che è quasi assente nei luoghi del potere politico.
Le donne, pur rappresentando oltre la metà della popolazione, sono presenti nei vari parlamenti in misura molto ridotta che va dal 19% circa nel Parlamento Europeo (carattere più rappresentativo che politico) allo striminzito 8-9% (valore fra i più bassi in Europa) del Parlamento Italiano.

Negli oltre 8000 comuni italiani i sindaci donne sono solo 93 (su 713 candidate - dati elettorali 1993) cioè in politica manca il punto di vista di oltre la metà della società, da notare, inoltre, che tali ridotte rappresentanze spesso non sono espressione del genere donna, come se la società italiana fosse costituita da 50 milioni di maschi e da 7 milioni di donne; come se la clientela di un supermarket fosse costituita dal 91% di maschi e dal 9% di femmine, per cui i prodotti dovrebbero essere in funzione maschile; come se l'Italia avesse 50 milioni di padri e 7 milioni di madri.

Tutto ciò evidenzia una non presenza della donna nella storia, ovvero non è possibile delineare una storia politica della donna e di conseguenza manca nel diritto il contributo dell'"
altra metà del cielo" (non necessariemente "l'altra").
Ora, siccome tutta la problematica attuale s'incentra sulla crisi dei valori, sulla mancanza di riferimenti, non si potrebbe trovare una linea di risoluzione, facendo parlare chi è alla base del valore sociale per eccellenza e prima cellula politica:
la famiglia? Nella convinzione che proprio la famiglia resta l'unico baluardo contro corruzione, droga, degenerazione diffusa, ecc.

Necessario é alimentare un dibattito che valuti il problema e prenda in esame anche la possibilità di una profonda revisione politica volta finalmente a contemplare razionalmente la realtà.

In ogni ristrutturazione statuale parte importante è la Legge Elettorale in quanto essa è preposta ad assicurare una rappresentanza parlamentare il più vicino possibile alla realtà sociale. Ebbene, proprio tale legge non contempla la variante genere. Il coraggio politico consiste nella formulazione di una legge elettorale a numero chiuso per la rappresentanza maschile e per quella femminile, o utilizzando un distinto sistema duale parallelo o inserendo una serie di sbarramenti per ottenere, perlomeno nei vari consessi legislativi (Camera deputati, Senato, Consigli regionali, ecc.), una percentuale di rappresentanti paritetica fra i due sessi. In un capitolo a parte viene formulata la relativa proposta di revisione paritaria della legge elettorale.
La storia elettorale ha dimostrato che spontaneamente ciò non avviene sia per la ridotta coscienza politica delle donne (non certamente per colpe femminili) sia per il clima competitivo che la donna deve assumere nei confronti del maschio. Il timido tentativo di introdurre, nella legislazione elettorale, disposizioni volte ad assicurare nelle liste dei candidati un terzo dell'altro sesso è stato ampiamente boicottato, risolvendosi in una pura esortazione per poi definitivamente infrangersi contro la convulsa riforma elettorale realizzata in Italia.
Anche le attuali ridotte percentuali non garantiscono certo il punto di vista femminile, in quanto le donne elette sono espressione di uno schieramento politico e non delle donne: cioè la donna deve prima omologarsi al maschile e poi poter occupare la politica.
La giusta rappresentanza, invece, deve venir fuori dalle donne reali, così come sono nella quotidianità, cioè casalinghe, mamme, nonne, lavoratici, ecc.


L'importanza e l'efficacia del punto di vista femminile è avvalorata dalla recente approvazione della legge contro lo stupro: dopo circa vent'anni di sterile dibattito parlamentare, la legge è stata finalmente approvata grazie all'incontro trasversale di tutte le donne parlamentari, le quali, messa da parte la matrice ideologica che le divideva, si sono ritrovate esclusivamente come donne facendo contare in modo determinante il punto di vista femminile. Analogamente penso che riforme importanti e di ampio respiro come quella scolastica, sanitaria, ecc. potrebbero vedere, con il punto di vista femminile, una rapida e razionale definizione. In molte riunioni di Consigli comunali, ad esempio, senza l'adeguata presenza delle donne, difficilmente si programmano realizzazioni di asili-nido, necessari per permettere serenità e libertà nel lavoro per le lavoratrici madri.

Tanto più che, a causa della forte instabilità politica, la storia politica repubblicana denota una marcata incapacità ad affrontare le grandi riforme strutturali, sopravvivendo con leggi di piccolo respiro e di facile contrattazione fra le parti in gioco, eppure si sente sempre più urgente il bisogno di riforme di lungo respiro soprattutto per i forti limiti imposti al Dettato costituzionale, formulato in un contesto storico molto condizionato dal suo immediato passato storico e dal contesto internazionale.
Le mancate riforme o il loro eccessivo ritardo creano adattamento al precario per cui tutto è lecito in attesa del cambiamento, così, se mai si farà la riforma, essa risulterà già obsoleta e sarà facilmente rifiutata in quanto, nel frattempo, le aspettative si sono diversificate all'infinito. Situazione favorevole alla formazione di terreno fertile per la corruzione spicciola diffusa ad ogni livello e di difficile definizione, per cui diventa un ostacolo invisibile in cui tutti si lamentano, ma nessuno è responsabile, se non addirittura ghiotta occasione di organizzazioni mafiose e camorristiche sempre pronte ad occupare, con "efficienza e tempestività" gli spazi lasciati vuoti dalla legalità statuale.
O
ccorre meno dibattito democratico, spesso ideologicamente sterile, e più tempestività nel legiferare con la consapevolezza di correggere, sempre tempestivamente, in itinere eventuali difetti. Oltremodo necessita orientare il legislatore verso leggi più semplici e comprensibili che entrino con facilità e immediatezza nel tessuto sociale, senza bisogno di consulenze interpretative come per esempio:
" Per la tanto bistrattata scuola italiana, annullando il valore legale del titolo di studio secondario si potrebbe con molta efficacia e senza grandi impegni eliminare dalla scuola superiore tutta la corruzione legata alla scuola privata (spesso diplomifici) o, per l'uso distorto, nella pubblica, così la scuola diventerebbe solo distributrice di cultura e non di "pezzi di carta", per gli accessi universitari e per i concorsi si possono usare test, del resto già abbondantemente in uso, rispettivamente di accesso e selettivi;
" Rispetto all'alto numero di imposte automobilistiche, si potrebbero eliminare tutti gli oneri (tassa possesso, patente, assicurazione, pedaggio autostradale, ecc.) ed i controlli sostituendoli con un'
unica tassa aggiuntiva sul carburante debitamente calcolata, così come sarà l'utilizzo così automaticamente (senza bisogno di alcun controllo) sarà l'onere, che risulterebbe molto equo.
" Per combattere ogni di evasione fiscale, si possono utilizzare i mezzi tecnologici per controllare, tramite i codici fiscali o le partite IVA, ogni acquisto e
chiedere una motivazione per la provenienza di ogni somma utilizzata per la compera, il tutto su una sorta di "cartella fiscale" che deve accompagnare, per tutta la vita, ogni cittadino.

Ancora da notare che l'umanità sarà a breve e lungo termine sempre più chiamata a risolvere problemi di ordine planetario come quello ecologico, dove conta poco l'appartenenza politica ma necessita una corale unità di intenti.
Qualche cifra per dimensionare il problema:
ogni anno gettiamo in terra circa 1.000.000.000 di tonnellate di rifiuti anche tossici come l'arsenico ed il cadmio; l'aria che respiriamo contiene circa 80.000 composti chimici non biologici introdotti dall'uomo; in Italia vengono utilizzati in media 20 kg di pesticidi per ettaro con un rendimento dell'1% il restante 99% è inutilizzato ed è solo inquinante; la caccia scarica sul suolo migliaia di tonnellate di piombo.

... LA STORIA DEL NOVECENTO ...

Una storia delle donne, sul piano storiografico in dimensione epistemologica, è iniziata da circa 20 anni su scala mondiale. Anche in Italia si registra uno sviluppo della ricerca molto interessante. anche se, per ogni analisi storica, resta grande la difficoltà di traduzione didattica, comunque è possibile individuare linee-guida per un percorso possibile.
Lo statuto epistemologico codifica lo stretto rapporto tra storia e politica delle donne, evidenziando che la storia delle donne nasce come conseguenza del movimento donne. Le prime ricerche tendono a dimostrare la presenza attiva delle donne nella storia, come per rendere visibile ciò che era nascosto, dimostrazione che si rivolge soprattutto alla presenza nella storiografia, paradossalmente si rileva che proprio in occasioni di significative emancipazioni la donna viene maggiormente occultata storiograficamente.

Le conquiste ottocentesche di sapore positivistico permisero alla donna di accedere all'istruzione ma contemporaneamente la allontanarono dalle lotte politiche, insomma sembra che la donna avesse sottoscritto lo scambio emancipazione-occultamento.


Negli anni Settanta, dopo l'occultamento, la ricerca mira principalmente a definire l'alterità e, convinta dell'irriducibilità al genere maschile, punta sullo specifico femminile; compaiono sulla scena editoriale, tra gli altri, libri come "Resistenza taciuta" del '76, in cui si cerca di definire non il contributo delle donne alla Resistenza ma il contributo della Resistenza alla emancipazione femminile. Gli scritti di questi anni sono fortemente caratterizzati da una limitazione epistemologica perché, si ritagliano uno spazio-donna a parte palesando un "respiro corto", per cui, pur determinando una prima forte denuncia della parzialità della storia generale, non rendono "visibile" la storia delle donne.

Negli anni Ottanta la ricerca comprende appieno il bisogno di amalgamare la storia generale con quella della donna per evitare il concreto rischio di segmentazione, allo scopo configura nuove categorie di analisi, insieme a razza, classe, ecc., la donna (il genere) come presenza indispensabile per comprendere: uomo e donna in relazione per comprendere la storia. La ricerca francese, mentre nega l'espressione "storia delle donne" perché, separa e arginalizza, e la dimensione di soggetto (alle donne) perché, cristallizza e appiattisce sul piano biologico, propone la categoria del "patronage": rapporto uomo-donna non in contrapposizione ma di reciproca dipendenza, di ambigua complicità, di relazione di scambio di potere tra due soggetti anche se ineguali.
Rilevando il riflesso delle donne attraverso l'analisi delle reti di solidarietà, del ruolo politico, ecc., si inonda la storia generale di nuova luce.

I
n antitesi al femminismo (definito soprattutto dall'ingresso delle donne nelle più diverse attività, compiuto non come evento naturale ma come competizione col maschio, per cui non ha prodotto l'affermazione delle pari opportunità, che si otterrebbe se a decidere fossero anche le donne), rifiutato dalle giovani generazioni perché, è la contrapposizione al maschio, si utilizza la biografia, utile anche per generalizzare e mitigare, come trama di riferimento della soggettività femminile e, per non ripartire sempre da zero, si definisce una "genealogia storica femminile", necessaria per far nascere una storia con le donne.

Le donne americane impegnate nelle battaglie politiche sostengono, con una buona dose di autocritica, che il Femminismo ha fatto troppa ideologia anti-famiglia per 30 anni ed è ora di voltare pagina per occuparsi più dei figli, perché, - affermano -
è insano e stupido, da parte delle madri, cercare di tornare al lavoro quando i figli sono piccoli. Ciò non vuole essere né una rivoluzione né un'involuzione, ma la naturale evoluzione del movimento delle donne, in cui svaniscono le convinzioni estremistiche della prima fase, sempre più rifiutate dalle giovani generazioni, proprio da chi ne ha maggiormente beneficiato cioè le ragazze d'oggi, e prende posto il buon senso che riporta in termini concreti i reali bisogni sociali.

Da registrare anche la provocazione delle femministe irriducibili che presentano l'immagine della mamma cinquantenne in jeans che, seduta e con una sigaretta tra le dita, osserva la figlia in vestaglia che, con un bimbo attaccato al seno, attende premurosamente ai fornelli per preparare il pranzo al marito.

Sicuramente la vita di una lavoratrice-madre resta un continuo correre acrobaticamente fra carriera e famiglia, la nostra cultura, permeata dalla grossa ambiguità ideologica, colpevolizza la donna lavoratrice qualunque sia la scelta adottata, perché, viene vista comunque in luce anti famiglia, dato il mito sbagliato che le donne dovessero essere come gli uomini. Finora, in America, si è insegnato alla donna come essere uomo - donna forte, picchiatrice - con il lavoro che determina il passaggio dal modello vincente uomo a quello vincente donna: la donna in tendenza verso l'uomo e l'uomo che si vergogna di esserlo. Ma le donne devono restare donne, deve essere la società ad evolversi e permettere la convivenza serena sia per gli uomini che per le donne tra famiglia e carriera professionale, trovare il giusto mezzo tra la vecchia famiglia patriarcale, luogo di umiliazioni inutili per donne che avevano scelto la famiglia e i figli, e la "non famiglia", che ha fatto anche di peggio, sviluppando nuovi equilibri e nuovi stimoli per la sua rivalutazione serena e attuale.

Per tentare d'interpretare l'attuale dimensione epistemologica e indicare una possibile soluzione, si configurano le nuove categorie di:
-
sexual asymmetry, che peculiarmente si caratterizza nel porre l'accento sulla disparità che esiste tra il potere ed il valore attribuito a ciascun sesso, e, quale indirizzo della ricerca, dirige "la storia delle donne verso lo studio dei tipi e dei contesti di dissimmetria tra i sessi" e verso la descrizione del "rapporto tra le forme di questa dissimmetria ed altri modelli sociali e culturali";
-
rapporti sociali di sesso, che "insiste su un fatto...: i rapporti tra i sessi sono rapporti sociali, non sono dati naturali ma costruzioni sociali", "la denominazione maschile è una fra le tante espressioni di ineguaglianza dei rapporti sociali"; e, quale direzione della ricerca, "... comprendere i meccanismi e segnare le specificità dei rapporti tra i sessi secondo i sistemi storici. Inoltre è possibile studiare il modo in cui la denominazione maschile si articola con le altre";
-
gender (genere), che sintetizza le due precedenti e con il carattere euristico- interpretativo rappresenta un paradigma soddisfacente.
Il corretto uso del termine "gender" comporta il rifiuto del determinismo biologico (evitare assolutamente), l'introduzione della dimensione di relazione in cui uomini e donne devono essere definiti in termini reciproci, l'insistenza sul carattere sociale delle distinzioni fondate sul sesso (evitare i coprisesso).
L'indirizzo della ricerca "
permette di porre questioni più generali come quella della funzione del gender nell'insieme dei rapporti sociali, o quella del contributo dello studio del gender alla conoscenza storica".
Per queste ragioni la nozione di "gender", in grado quindi di modificare più delle altre per il superamento dello schema dominato-dominante, assume il contenuto delle nozioni di "sexual asymmetry" e di "rapporti sociali di sesso". La direzione dell'indagine con "gender" sul piano simbolico e normativo (religione, politica, identità soggettiva, ecc.) prospetta una storia di genere in un contesto di tempo, luogo, società e vita.


Allo stato, mentre la ricerca storica è ricca di pagine bibliografiche, la didattica muove i primi passi. Rilevante è l'input istituzionale con la recente legge sulle "pari opportunità" in cui, tra l'altro, si legge: "...eliminare gli stereotipi..., ... affrontare in termini critici i problemi della donna...". Per quanto la società civile, sempre più consumistica, continua ad utilizzare la donna come simbolo di piacere e sulla falsariga della "madonna" feudale, simbolo di purezza e bellezza, propone prima la "diva" cinematografica, ancora simbolo della bellezza e piacere ma capace di recitare e quindi di esprimersi, e poi la muta "top-model" esclusivamente corpo.


... DALLA COSTITUZIONE ...

Uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione, promulgata da 50 anni, precisamente l'Art. 3, recita: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso....
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese"
.
Si può facilmente considerare che le distinzioni relative al SESSO, DI FATTO non sono state per niente rimosse soprattutto sul piano SOCIALE e POLITICO
(nel Parlamento siede solo l'8% di donne); nemmeno si riconoscono sforzi consistenti di rimozione degli ostacoli (compito della Repubblica).

Ancora nel T
itolo IV, Art. 48, il Dettato Costituzionale indica: "Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età....". Qui si afferma per inciso la presenza della donna, presenza che ridiventa generica al maschile nell'Art. 56: "... Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni abbiano compiuto venticinque anni di età. ... " e nell'Art. 58: " I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età. Sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il quarantesimo anno di età."
Anche per quanto riguarda l'
Art. 59 che detta le norme per la nomina a "Senatore a vita" l'indicazione è generica al maschile per cui, anche in questa alta onorificenza, la presenza femminile latita.

... LA PROPOSTA ...

È utile, per la nostra società, coniugare le esigenze dei due sessi nella definizione di un sistema elettorale anziché, permettere lo sviluppo di tendenze antagoniste come va definendosi, per esempio, nel Canton Ticino, ove si è costituito il Partito delle Donne. Nemmeno si può sperare in uno spontaneismo come avviene nei Paesi nordici (in Finlandia i rappresentanti politici si equivalgono fra uomini e donne) data la grande diversità sociale sia per demografia sia per tradizioni culturali.

In Italia si può pensare ad una legge elettorale dualista con ordinamenti perfettamente simmetrici e paralleli fra i due sessi.
Nella
formula proporzionale si può optare:
a)
per le due liste una per gli uomini ed una per le donne con le stesse disponibilità, secondo le circoscrizioni, di candidature e di seggi, ovviamente divisi equamente, l'elettorato sarebbe invitato ad esprimersi in modo diversificato gli uomini votano solo le liste maschili e le donne solo le liste femminili: questa è la soluzione più rigorosa;
b) per un'unica lista con candidature divise al 50% fra i due sessi in questo caso i seggi verrebbero assegnati sempre al 50% ai due sessi, l'elettorato sarebbe invitato ad esprimersi in modo tradizionale, sarà in sede di scrutinio che si definiranno, per ogni lista, due classifiche distinte per sessi e verrebbero proclamati eletti in numero pari i primi di ogni sesso: questa formula è più semplice ma non rigorosa in quanto, data la tradizione del voto italiano, ci sarebbero forti squilibri tra il voto maschile e quello femminile, cioè avremo candidati maschi vincitori con gran numero di preferenza e femmine con numero esiguo.
Nella formula maggioritaria si devono definire nei vari collegi un doppio sistema di candidature: uno per sesso, ovviamente il tutto richiede un raddoppio della base elettorale e più semplicemente si potrebbe utilizzare la base elettorale necessaria per le elezione dei senatori per quella per l'elezione dei deputati (che sono in numero doppio rispetto ai senatori), mentre, per questi ultimi, sempre che le riforme non definiscano diversamente il sistema parlamentare (ad esempio si pensa ad una sola Camera di rappresentanti) si potrebbero accorpare due degli attuali collegi.
Il tutto è, in proporzione, applicabile a tutte le realtà elettorali sempre raddoppiando la base elettorale. Anche nelle elezioni comunali si definiscono i due percorsi distinti per sesso mentre resterebbe unica la candidatura a sindaco a cui le liste si possono associare liberamente: sistema valido per ogni forma di elezione diretta del premier.
Insomma per una sempre
maggiore affermazione di Democrazia Diretta è necessario che le donne votino le donne e gli uomini votino gli uomini, il tutto per assicurare nelle varie sedi legislative il punto di vista della società reale.
Questa convinzione non è dettata da alcuna forma, seppur latente, di obsoleto "femminismo" ma dalla certezza che, estendendo proporzionalmente le responsabilità politiche, migliorerà sensibilmente la qualità della vita di tutti nonché, si verificherà effettivamente la capacità delle donne.
A tal proposito e, per concludere scherzosamente, mi viene in mente il famoso detto polacco: "…
dove nulla ha potuto il diavolo, manda una donna…".


Nel 2008, la Regione Campania ha approvato il sistema della doppia preferenza elettorale, in base al quale l'elettore può esprimere uno o due voti di preferenza, ma, in questo caso, una delle due preferenze deve riguardare il candidato di genere femminile, pena l'annullamento della seconda preferenza.
Il sistema rappresenta quanto meno una importante innovazione e un buon risultato per rendere non solo formale la parità di diritti tra uomini e donne. Certo esserci per quota o per legge ha il sapore amaro dell'imposizione, là dove le donne auspicherebbero una parità di fatto. Se però questa è la sola via possibile è benaccetta! Tuttavia si auspica che per questa strada si possa contribuire a realizzare quel riconoscimento paritario che ancora per affermarsi ha bisogno di leggi ad hoc.



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