Eduardo Ambrosio


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1946: TRATTATI DI PACE, ONU

STORIA > NOVECENTO > IL DOPOGUERRA

1946, primo anno di pace
I DUE BLOCCHI CONTRAPPOSTI E L'INIZIO DELLA GUERRA FREDDA
La nascita dell'ONU ed i Trattati di pace

Il 2 settembre 1945, dopo sei anni e un giorno, con il croll odel Giappone, finiva una guerra con oltre 50 milioni di morti. I veri vincitori risultarono essere, gli Stati Uniti e l'Urss che, grazie ad enormi risorse umane e materiali, erano stari in grado di condizionare i destini del mondo. Il contributo più alto di vite umane era stato pagato dell'Unione Sovietica con più di 13 milioni di militari, oltre 6 milioni di civili e quasi 3 milioni di ebrei e con distruzioni materiali che non avevano confronto con le altre nazioni vincitrici. Gli Usa videro la morte di cinquantamila uomini, nessun danno al territorio con capacità produttive intatte e l'esclusivo possesso della bomba atomica dallo spaventoso potenziale distruttivo: quindi niente ricostruzione come per gli altri paesi vittoriosi la Gran Bretagna, la Francia e la già citata Urss, nonché all'intera Europa, Varsavia, Budapest, Berlino, Amburgo, Colonia, Francoforte, Stalingrado ed altre decine di città erano un cumulo di macerie.
Questa guerra con l'uso indiscriminato dei bombardamenti aeri aveva causato, per la prima volta nella storia, più morti fra i civili che fra i militari (le bombe sono democratiche devastano tutto in modo paritario), aveva inaugurato la persecuzione razziale e disumani metodi terroristici nei confronti di civili.
Per milioni di persone la distruzione coinvolse anche la comunità civile e le istituzioni: solo in Inghilterra e Urss non furono messe in discussione le strutture politico-istituzionali.

Già nella Dichiarazione di Washington sulle Nazioni Unite, il 1 gennaio 1942, si era ribadito, oltre al comune intento della lotta contro l'Asse, anche la creazione, alla fine del conflitto, di un ampio e permanente sistema di sicurezza generale. Il 30 ottobre 1943, a Mosca, Gran Bretagna, Cina, Usa e Urss. si impegnavano a <<creare al più presto possibile un'organizzazione internazionale generale, basata sul principio dell'uguaglianza sovrana fra tutti gli Stati amanti della pace e aperta all'associazione di tutti quegli Stati, grandi o piccoli, per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali>>.
Nella
Conferenza di Dumbarton Oaks, nella campagna di Washington (agosto-ottobre 1944), poi, furono definite le linee del nuovo organismo internazionale e ufficializzata nella Conferenza di San Francisco (aprile-giugno 1945), alla quale parteciparono 51 paesi. La prima riunione ufficiale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) si svolse a Londra il 10 gennaio 1946, ma in seguito la sede permanente dell'ONU fu fissata New York.
L'ONU si basava su un'Assemblea generale, composta da tutti i membri con diritto di voto, convocata annualmente; la funzione più importante era però riservata al Consiglio di Sicurezza, composto da cinque membri permanenti (Usa, Gran Bretagna, Urss, Francia e Cina) con diritto di veto (decisione di Yalta) e cinque membri eletti ogni due anni dall'Assemblea e non rieleggibili, ogni decisione doveva avere l'unanimità dei membri di diritto; organo esecutivo dell'ONU era il segretario generale eletto dall'Assemblea su indicazione del Consiglio di Sicurezza, per la durata di cinque anni; lo Statuto dell'ONU, approvato a San Francisco, fissava anche le finalità dell'organizzazione, ispirate alla difesa del valore e della dignità della persona umana, al rispetto degli organi internazionali, allo sviluppo del progresso sociale ed economico, al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale e al ripudio della forza.

Negli stessi mesi della definizione dell'ONU, furono avviati i negoziati per la definizione dei trattati di pace, cominciati a Londra nel settembre 1945 e proseguiti a Mosca e a Parigi, nella capitale francese, infine, si svolse dal luglio all'ottobre 1946 la fase conclusiva della Conferenza della pace, con la definizione dei trattati con i paesi che erano stati alleati dalla Germania (Italia, Bulgaria, Romania, Ungheria e Finlandia).
Molte preoccupazioni si nutrivano per le sorti dell'Italia, che, a causa del conflitto, era in una situazione di isolamento internazionale e di diffidenza da parte degli alleati i quali, pur non volendo smantellarla e realmente punirla, pretendevano tutti qualcosa dal trattato di pace.
La Conferenza dei 21, come venne chiamata, concesse alla delegazione italiana di esporre il proprio punto di vista sul Trattato di pace, ma senza alcuna possibilità di discuterlo. De Gasperi si assunse questo ingrato compito ed il 10 agosto 1946, alla Conferenza della pace di Parigi, al Palazzo del Lussemburgo, salì sul palco tra il freddo ed ostile atteggiamento dei rappresentanti delle potenze vincitrici. Il suo discorso fu fermo e dignitoso, indicando la nuove linee della politica estera italiana in termini democratici ed europeistici (il 2 giugno 1946, l'Italia aveva scelto democraticamente l'assetto istituzionale repubblicano). Non nascose la sua difficile posizione in quella solenne assemblea internazionale, precisando la sua intenzione di separare la responsabilità morale del popolo italiano da quella del regime fascista, chiedendo una pace giusta, non punitiva, fondata sui valori della libertà politica e della democrazia.
Ma l'appello di De Gasperi non ebbe l'esito sperato. Il Trattato di pace, sottoscritto dai rappresentanti italiani il 10 febbraio 1947, prevedeva clausole pesanti: la riduzione dell'esercito, dell'aviazione e della marina, pesanti riparazioni in termini economici, successivamente ridotte e delicatissimi problemi relativi ai confini.
Infatti, alla fine della guerra, la J
ugoslavia aveva chiesto Trieste, la Venezia Giulia, Zara, Fiume e l'Istria. Successivamente, in base ad un accordo tra jugoslavi e forze militari alleate, Trieste venne posta sotto il controllo alleato e alla Jugoslavia venne assegnata, come zona d'occupazione, l'Istria, esclusa la città di Pola e buona parte della Venezia Giulia. La questione, poco dopo, conobbe una specie di diversivo con la proposta, emersa nell'incontro tra Togliatti (alla ricerca di una soluzione non imbarazzante per i comunisti italiani) e Tito nel novembre 1946, che prevedeva la rinuncia della Jugoslavia a Trieste in cambio di Gorizia. Alla Conferenza della pace, con Urss pro jugoslavi e Inghilterra e Usa pro italiani, si giunse ad una soluzione di compromesso che prevedeva un regime provvisorio in base al quale il territorio libero di Trieste veniva diviso in due zone: zona A, con prevalenza di abitanti italiani, affidata all'amministrazione anglo-americana, e la zona B, ad est di Trieste, comprendente tutta l'Istria, con prevalenza popolazione slovena, affidata all'amministrazione jugoslava. I costi umani furono alti, gli italiani della zona jugoslava e da Pola, ove erano i tre quarti della popolazione, furono espulsi e, oltre trentamila profughi, abbandonarono case ed averi, trovando rifugio nelle varie province italiane pur di non essere sotto il dominio jugoslavo.
Il problema dei
confini con l'Austria ed, in particolare, la delicata questione dell'Alto Adige e della minoranza etnica tedesca del Sud Tirolo fu oggetto di trattative nel settembre 1946 a Parigi tra De Gasperi e il ministro degli esteri austriaco Karl Gruber. Si giunse ad un accordo che riconosceva agli abitanti di lingua tedesca della provincia di Bolzano la salvaguardia del carattere etnico e dello sviluppo culturale ed economico, il bilinguismo e scuole di lingua tedesca e l'autonomia amministrativa, che venne realizzata nel '48 con la costituzione della regione Trentino Alto-Adige.
Il Trattato di pace impose all'Italia anche la
revisione dei confini occidentali con la Francia, che fu particolarmente dura contro l'Italia per punire la "pugnalata alle spalle" (l'aggressione del giugno '40): il confine venne modificato con la cessione alla Francia dei territori di briga e Tenda e della zona del Moncenisio, territori strategici militarmente e ricchi di centrali idroelettriche, che l'Italia, però , continuò a sfruttare.
Infine, il Trattato di pace stabilì il
destino delle colonie italiane, in realtà rinviato al 1949 a causa di interessi contrastanti con tra le potenza: l'Italia perdeva la Libia, ora sotto amministrazione delle Nazioni Unite, ma acquisiva l'amministrazione fiduciaria della Somalia.
Gli
altri paesi subirono significative menomazioni territoriali a vantaggio soprattutto dell'Urss, che usufruì anche di pesanti riparazioni economiche: la Romania fu costretta a cedere la Bessarabia e la Bucovina settentrionale all'Urss e la Dobrugia meridionale alla Bulgaria; dal canto suo, l'Ungheria doveva cedere la Transilvania alla Romania, la Rutenia all'Urss, la Slovenia meridionale e il Banato alla Jugoslavia. Pesanti furono anche le condizioni imposte alla Finlandia, costretta a cedere all'Urss parte della Carelia, ecc.
Va anche detto che l'
Urss godette di altre acquisizioni territoriali: mantenne il possesso dei territori baltici conquistati nel 1940, acquisì dalla Polonia la Bielorussia e si vide restituita quella parte dell'Ucraina che aveva perduto nel 1921, dopo il conflitto russo-polacco; ottenne poi anche una parte della Prussia orientale. La Polonia venne compensate delle perdite subite ad Oriente con ingrandimenti territoriali in occidente ai danni della Germania, ottenendo la Pomerania, la Slesia, parte della Prussia orientale fino alla linea Oder-Neisse, come stabilito a Potsdam. L'altro punto fissato a Potsdam fu eseguito, cioè l'espulsione forzata delle minoranze tedesche da paesi quali la Cecoslovacchia, la Polonia, e l'Ungheria. Si trattò di circa nove milioni costretti a trasferirsi in Germania.

IL RESTO DEL MONDO
Alla fine del 1943 , diversamente dall'ex alleata Italia ormai occupata e senza possedimenti, la Germania si trovava ancora in possesso della maggior parte dei territori conquistati nell'Europa dell'Est e del Nord: l'Italia sarà un paese "liberato", la Germania un paese "sconfitto e occupato".
La diversità della situazione in Italia e in Germania rispecchia due modi diversi di fuoriuscita dalla dittatura e transizione alla democrazia. La fine delle ostilità, all'inizio del maggio '45, registrerà, per l'Italia, lo stato di un paese avviato alla ricostruzione sotto la benevola tutela delle potenze della coalizione antinazista, grazie anche al contributo della Resistenza, insomma non erano le condizioni di un paese vinto.
In Germania, invece, per la condizione di un paese vinto, le potenze occupanti assunsero ben presto tutti i poteri (come più o meno nel primo dopoguerra) anche nella ristrutturazione dello stato germanico: il federalismo di oggi in Germania è un prodotto diretto di interventi precisi delle potenze alleate.
Altro elemento importante per caratterizzare la situazione di allora è il dissesto totale del sistema dei trasporti, messo in ginocchio dai bombardamenti, e il conseguente blocco della produzione industriale e agricola, a discapito di tutti.
Ancora un'altra specificità fu il fatto che la produzione era formata dai reduci dei campi di concentramento, dai sopravvissuti allo sterminio, dai lavoratori coatti deportati da tutta Europa, prevalentemente dall'Est europeo.

Gli occupanti avevano l'obbligo di non fraternizzare e la divisione in zone di occupazione (inglese, francese, russa e americana), mirava ad indebolire la Germania e a frantumare lo stato unitario della Prussia, simbolo da sempre della potenza tedesca.
All'interno del quadro germanico bisogna soffermare l'attenzione su due aspetti fondamentali , la continuità dello stato e la problematica relativa alla punizione dei crimini nazisti o in generale della denazistificazione.

L'Italia, nonostante la dissociazione dalla Germania continuava a fare da interlocutore; il 10 aprile '47, a Parigi, si firmò il Trattato di Pace: punto di arrivo del percorso internazionale che differenzia l'Italia dall'ex alleata tedesca.

Per i crimini di guerra mentre la giustizia italiana non prese mai alcun provvedimento, in Germania ci fu il
processo di Norimberga (20 novembre '45 - 1 ottobre '46) che portò, il 21 novembre '45, alla condanna di esponenti politici e militari: a morte per impiccagione dodici tra cui Goering (suicidatosi in cella alla vigilia dell'esecuzione), Ribbentrop, Rosemberg, il generale Jodl e Seyss-Inquart, giustiziati il 16 ottobre '46, a vari anni di reclusione; alla fine del '51, però, l'autorità americana con un'amnistia generalizzata rimise in libertà coloro che erano stati condannati a lunghe pene.

Il percorso italiano è stato ben diverso da quello della Repubblica Federale Tedesca.
In Germania ci si trovò di fronte ad un cumulo di crimini impuniti e solo negli Anni Sessanta furono riaperte istruttorie e si provvide a punire i crimini nazisti.
In entrambi i paesi le forze politiche furono dominanti negli anni Quaranta e Cinquanta svilupparono una strategia di integrazione della vecchie masse che avevano rappresentato la base del consenso dei regimi fascista e nazista, cercando di attenuare le misure punitive e di evitare il confronto con il passato.


Nella seconda metà degli anni Quaranta, grazie alla guerra in Europa, va ricordato l'eccezionale sviluppo economico degli
Stati Uniti seguito alla vittoria, concretizzatasi nella superiorità del dollaro nel sistema internazionale. La riconversione industriale ebbe successo e la disoccupazione fu efficacemente combattuta, superando completamente la crisi del '29: il reddito nazionale aumenta del 75%, la produzione del 50% di carbone, del 75% del petrolio e il 50% dell'energia elettrica.
Ciò decretò la supremazia dell'impetuosa potenza statunitense che sostituì l'Europa nell'egemonia mondiale (la definiva estinzione dell'eurocentrismo) e di imporre il suo peso nelle scelte politiche, economiche, commerciali e militari nei Paesi dell'Europa occidentale.
La
presidenza Truman (1945-1952), dapprima come semplice sostituzione di Roosevelt e poi come effettiva elezione dal 1948, non sempre riuscì però a controllare con successo i problemi sociali del dopoguerra. L'irrigidimento di Truman nei confronti del comunismo internazionale si fece sempre più forte, causando gravi ripercussioni interne. Fra queste la più clamorosa fu l'ossessione anticomunista del McCarthy e si tradusse, nella convinzione della presenza di spie sovietiche in tutti i settori della società americana, nella cosiddetta caccia alle streghe.

La ricostruzione del Paese e il controllo degli stati occupati furono i primi problemi che
l'URSS di Stalin dovette affrontare dopo il 1945. In pochi anni la situazione economica tornò ai livelli prebellici, soprattutto nell'industria, mentre rimaneva in secondo piano l'agricoltura.
l'Urss aveva il controllo militare dei paesi da cui aveva cacciato i nazisti, ciò la poneva in una situazione di forza per far valere il peso delle sue richieste baste su sostanziali compensi per l'enorme sacrificio sopportato.
La situazione riduceva l'isolamento e Stalin, nel maggio '43, sciolse l'Internazionale comunista (la Terza), utile in passato per la pressione e la difesa, tramite i vari partiti comunisti nazionali (in apparenza autonomi), degli interessi sovietici nei paesi capitalistici.
Parallelamente , cresceva all'interno un clima sempre più oppressivo. Al vertice del regime sovietico c'era sempre più e soltanto Stalin. Egli accumulò le più importanti cariche , controllava in modo ferreo gli organi inferiori, si serviva di una potente polizia segreta per eliminare tutti gli avversari politici. Alla sua morte gli successe Malenkov come presidente del Consiglio e Kruscev come Segretario del Partito.
In questo periodo cominciarono ad allentarsi alcune tensioni interne, soprattutto per l'aspetto legato alla repressione del dissenso.
Fu proclamata un'amnistia e si cercò di limitare l'azione della polizia segreta, il cui capo Beria fu condannato a morte.


La diversità radicale di sistemi economici, politici, sociali ed istituzionali tra la patria del comunismo e la nazione a più avanzato sviluppo capitalistico non tardò a manifestarsi in un'aperta rottura tra i due alleati della guerra anti-nazista, inaugurando quel periodo detto della Guerra Fredda che avrebbe caratterizzato le relazioni internazionali per molti decenni.

Wiston Churchill, che aveva guidato la Gran Bretagna negli anni della guerra, si vide battuto nelle elezioni del luglio 1945 dai laburisti, lasciando la carica di primo ministro a Clement Attlee.
Le ragioni del successo laburista andavano cercate nella politica di sicurezza sociale che fu il punto di forza del loro programma.
Nazionalizzazione di banche, ferrovie, assistenza medica gratuita; impegno dello Stato nell'edilizia civile; aumento delle pensioni: questi alcuni obiettivi realizzati dai laburisti.
La Gran Bretagna necessitava comunque di un mutamento radicale di politica: pur figurando fra le potenze vincitrici, la sua situazione economica era per certi aspetti disastrosa, soprattutto per quanto riguardava i debiti con gli Stati Uniti, contratti prima e durante il conflitto. Situazione che certo non permetteva di far fronte a quell'immenso Impero coloniale che essa deteneva:
era pertanto necessario cambiare rapidamente strategia sul piano internazionale, concedendo innanzitutto l'indipendenza alle colonie.
Nel contempo, però, la mancanza di rimessa delle ricchezze coloniali in madrepatria costituiva un ulteriore motivo di crisi.
L'impero britannico decadde così dopo circa 200 anni con un forte disagio popolare per la recessione. Si fece così strada l'idea di stato sociale: il Walfare State. Tale politica, propugnata dai laburisti , venne accolta almeno in parte anche dai conservatori allorché ripresero il governo nel 1951 con Churchill di nuovo primo ministro.

Le Armate di Liberazione della Jugoslavia (=Slavi del sud) aiutate dagli Alleati e guidate dal maresciallo Tito conclusero vittoriosamente la guerra. A liberazione avvenuta Tito divenne l'indiscusso capo di governo. L'Assemblea Costituente il 29 novembre 1945 , dichiarò decaduta la monarchia e promulgò una Costituzione che dava vita ad un Stato Federale a struttura socialista.
Esso decise di riunire con uguali diritti i popoli di:
Serbia (capitale Belgrado), Croazia (capitale Zagabria), Slovenia (capitale Lubiana), Bosnia -Erzegovina (capitale Sarayevo), Macedonia (capitale Skopje), Montenegro (capitale Titogrado) e di 6 regioni (tra le quali il Kosovo e la Vojvodina) e 12 distretti. Venivano sottratti alla Serbia territori (Macedonia, Montenegro ed altri) conquistati durante la guerra dei Balcani nella convinzione (attualissima) che la Jugoslavia sarebbe stata forte solo se la Serbia fosse stata debole.
La Jugoslavia fu il Paese che nel corso della guerra aveva visto uno dei maggiori movimenti antifascista guidati da una "leadership" comunista (Tito). Subito dopo la liberazione, la Jugoslavia aveva attuato le più r
adicali trasformazioni in senso socialista delle proprie strutture interne, incluse la riforma agraria, la nazionalizzazione dell'industria e la liquidazione dei gruppi contro rivoluzionari.
In breve la dittatura del proletariato, prese forma subito la liberazione e si costituì una burocrazia che favoriva la proprietà statale.

La storia della Francia postbellica fu per molti anni sotto il segno di Charles De Gaulle; fu lui dopo la sua attività nella Resistenza, a guidare il primo governo composto da tutte le forze antinaziste, le più importanti delle quali erano il Partito socialista, il partito comunista e il movimento cattolico.
Nel 1946, un'assemblea Costituente eletta a suffragio universale
(votarono allora, per la prima volta nella storia francese, anche le donne ) elaborò una Costituzione che venne approvata nell'ottobre del 1946 nasceva la Quarta Repubblica Francese.
Veniva così a formarsi una democrazia parlamentare, che limitava i poteri del presidente della repubblica . Charles de Gaulle, fautore di una repubblica presidenziale, dette le dimissioni.
La ricostruzione economica francese oscillò fra nazionalizzazione e appoggio al capitale; fu varata una legislazione sociale piuttosto avanzata, ma il quadro generale dell'economia non venne mutato radicalmente.

La Repubblica Federale Cinese nacque ufficialmente il 1 ottobre 1949. Essa era il risultato della lotta del partito comunista e di larghi strati della popolazione, con l'appoggio sovietico, contro i nazionalisti di Jiang Jieshi, appoggiati dagli Stati uniti. Trionfatore e capo carismatico del comunismo cinese era Mao Zedong, sotto la sua guida la Cina iniziò una riforma agraria, la nazionalizzazione delle industrie straniere e vari interventi sul tessuto sociale (donne, famiglia).
Mao volle costruire il socialismo in Cina secondo modelli diversi da quelli russi.
Al contrario di quanto era avvenuto in Russia, Mao puntò sul riscatto delle campagne, queste, infatti, non furono trascurate a vantaggio delle industrie.
L
a campagna è restata, anche dopo la morte di Mao, l'elemento portante dell'economia e della politica cinese.


Uscito dalla guerra in condizioni catastrofiche, il Giappone rimase per alcuni anni in ginocchio. Oltre alle distruzioni fisiche (città rase al suolo, milioni di morti), la vita sociale e politica fu sconvolta dalle decisione prese dai vincitori.
Il generale americano
Mac Arthur, delegato dal presidente Truman a governare il Giappone, diede l'avvio a riforme radicali, destinate a rendere democratica una nazione autocratica da secoli.
L'imperatore
Hiro Hito si vide degradato a semplice monarca non più di origine divina: le personalità della politica e dell'economia maggiormente compromesse nel conflitto vennero allontanate e alcune condannate a morte; l'esercito e le installazioni militari furono smantellate: la nuova costituzione venne stilata dagli Americani.
Successivamente l'atteggiamento statunitense divenne più conciliante e n
el 1951 il Giappone riacquistò la propria sovranità e avviò la ricostruzione.
Quel che accadde da quel momento è noto come "
miracolo giapponese": un felice connubio fra intervento statale e iniziativa privata che ha portato rapidamente il Giappone a contendere agli Stati Uniti il primato industriale mondiale.




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