Eduardo Ambrosio


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Incontri-lezioni A.A. 2013-2014

UNIVERSITA' > ATTIVITA' ANNI SCORSI > UNI3 di POMPEI

Uni3 a.a. 2013.14

2014 centenario de
"LA GRANDE GUERRA"

Attualità della Grande Guerra

La cosiddetta Belle Èpoque o scempio del mondo produce per la povera Europa la prima guerra mondiale: l'Europa appare come un'automobile sgangherata con un conducente ubriaco su una strada tutta dissestata.
Il conducente ubriaco erano i potenti di allora, i grandi coronati, e dietro di loro i predicanti intellettuali più influenti, Kaiser, Zar, D'Annunzio, Maurras, Marinetti…
Ad un certo punto su questa strada dissestata, cento anni fa, si trova un giovane bosniaco imbevuto di idee estremiste, Gavrilo Princip, che con due pistolettate contro Francesco Ferdinando, mette a nudo senza per niente pensarci una inimmaginata degenerazione spirituale della civiltà e della figura umana.
Il disfacimento dell'impero danubiano non fu soltanto una decisione punitiva di Versailles perfettamente priva di saggezza: una brama di dissolvimento agiva nella Vienna drogata meravigliosamente dalla musica e dalla bellezza della Secession. Il grembo del baratro era là, e subito fin dalla dichiarazione di guerra alla Serbia, ingoiò tutto.
Oggi ci si chiede se l'automobile sgangherata si è fermata: la risposta è no! Al conducente ubriaco è subentrato uno senza volto (come ad esempio l'economia), la corsa prosegue per tutte le strade del mondo.



Il più grande evento dei primi 20 anni del Novecento fu la "Grande Guerra": una guerra "totale", non solo guerra fra eserciti, ma guerra che coinvolse l' intera società; un avvenimento orribile, sanguinosissimo, dove le classi dirigenti europee impazzirono e si macchiarono di colpe ignominiose che aprirono le porte a fascismo e nazismo; papa Benedetto XV la definì "inutile strage".

Noi, eterni prigionieri di quelle lucida follia che devastò l'Europa. Infatti più passa il tempo, più ci rendiamo conto che stata all'origine di tutti i nostri mali.
L'Ottocento è stato un secolo inglese, come il Settecento francese e il Novecento americano.
Nel 1914 erano esattamente cento anni, dal tempo di Waterloo (in questi giorni l'isola d'Elba ha rievocato l'arrivo dello sconfitto Napoleone), che in Europa non si combatteva.
Durante questo lunghissimo periodo di pace la ricchezza delle nazioni più avanzate, dove era nata l'industria del carbone e dell'acciaio, era salita a livelli esponenziali, in particolare in Inghilterra, guardata come la più forte e la più ricca nazione della terra in tutta la storia umana.
Le scienze e le matematiche erano amate e praticate: negli ultimi 40 anni dell'Ottocento ci sono state più invenzioni che nei duemila anni precedenti: la fotografia, l'elettricità, il telefono, il telegrafo, la radio, il cinema, i raggi x, il vaccino e molte cose utilissime che rendevano la vita, se non felice, almeno molto più comoda. In uno le macchine fanno la fatica fisica.
Improvvisamente, nel 1914, l'Europa precipitò in un buco nero. Tutti, nonostante le esortazioni contrarie di alcuni artisti (<<Le civiltà - per Henry James - stanno sprofondando in questo abisso di sangue ed oscurità, un fatto così tragico che non si può nemmeno raccontare>>) dicevano che si sarebbe trattato di una guerra breve (lampo). Sembrava che il lungo periodo di pace avesse risvegliato l'istinto bellicoso dei popoli. Come era possibile che nazioni con la stessa cultura, che vivevano in città molto simili, che ogni giorno prendevano il tram per andare a lavorare, avessero gli stessi orari e lo stesso grado di educazione e con i vicini di confine si scambiavano visite e tutti insieme costituivano un complesso chiamato Europa, di cui c'era da essere orgogliosi, di colpo, si fossero gettati nella più irrazionale delle attività, la guerra?

A cento anni, nonostante l'immensa mole di materiale, non si è avuta alcuna risposta plausibile alle domande:
La guerra era inevitabile, qualsiasi fossero le cause?
Perché l'Inghilterra decise di intervenire in una guerra che riguardava solo il continente?
Era vero che la stampa anglosassone spinse il governo ad intervenire ad ogni costo, come pensava Karl Kraus?
Che livello di colpevolezza si può attribuire alla diplomazia segreta e alla corsa agli armamenti avvenuta all'insaputa di quasi tutti i governi?
Con Niall Ferguson e Paul Johnson, la Grande Guerra è stato il più grande errore del XX secolo.
Seguendo la moda letteraria chiamata If ("Se"): Se gli inglesi non fossero scesi in guerra affianco dei francesi, questi ultimi sarebbero stati sconfitti dai tedeschi. Ma sarebbe stata una sconfitta sopportabile, molto più di quella subita venti anni dopo dai nazisti. La Germania, diventata la prima potenza europea, sarebbe stata controllata da un'Inghilterra rimasta integra. La Russia non sarebbe caduta in mano ai bolscevichi. Hitler sarebbe rimasto a Vienna a dipingere pessimi acquerelli e Mussolini non avrebbe compiuto nessuna marcia su Roma.
Era impossibile fermare la furia bellicosa degli inglesi - a parte i pacifisti di Bertrand Russell e una parte del partito laburista - infatti, il Ministro deli Esteri aveva dichiarato che l'Inghilterra era entrata in guerra in nome dell'onore: <<Abbiamo combattuto in Crimea per l'onore, siamo andati a combattere i Boeri in Sudafrica per l'onere e adesso per l'onore dobbiamo difendere il Belgio>>.
Cosa ci faceva la Gran Bretagna insieme alla Russia, suo nemico per tutto in secolo XIX, due imperialismi che si azzannavano a vicenda?
E perché improvvisamente la Germania era diventata il nemico numero uno degli inglesi?
Nel 1915, un vescovo di Londra, nel suo sermone dell'avvento, urlava dal pulpito: <<Ammazzate i tedeschi, ammazzate i cattivi come i buoni, ammazzate i giovani come i vecchi, ammazzateli tutti! Prima che la civiltà del mondo muoia ammazzate per i principi della cristianità. E chi morirà in questa battaglia sarà considerato un martire!>>.

La causa occasionale fu l'eccidio di Sarajevo (28 giugno 1914), in cui trovarono la morte l'arciduca ereditario d' Austria Francesco Ferdinando e la moglie, per opera dell'irredentista Gavrilo Princip.

In realtà le vere cause sono più complesse e da ricercare in tempi remoti:
1) Il contrasto fra le ambizioni dell' imperialismo franco-britannico con quello tedesco per la divisione delle aree di influenza economica fu la prima fondamentale causa della guerra. Infatti la Germania era impegnata in una politica commerciale e finanziaria con lo scopo di penetrare nell' Europa sud-orientale e nell' impero Ottomano; Francia e Russia erano intimorite dall' espandersi in Europa dell' egemonia economica tedesca; mentre l'Inghilterra era preoccupata in quanto la Germania stava potenziando la sua flotta per insidiare la supremazia navale britannica. Così anche l'Inghilterra si impegnò nella corsa agli armamenti;
2) Il contrasto franco-tedesco - ad alimentare la corsa agli armamenti contribuì anche il REVANSCISMO (volontà di rivincita) della Francia che mirava a riprendere alla Germania l' Alsazia-Lorena;
3) Il pangermanesimo del Reich , in quanto la Germania, ultima arrivata nelle colonie, mirava ad estendere inoltre il suo fronte orientale fino ad impadronirsi dei territori sul mar Baltico e della Polonia russa;
4) L' irredentismo italiano, dal momento che l' Italia era opposta all' Austria per la questione sulle Terre irredente di Trieste e Trento e per il controllo dell' Adriatico:
5) Il contrasto austro-russo e l' irredentismo nei Balcani, perché, con il declino dell'impero Ottomano (dove, tra il 1894 e il 1896 sotto il sultano Abdullhamid II, inizia il massacro della minoranza armena, per la maggior parte cristiana orientale o cattolica con lo sterminio in Anatolia di migliaia di armeni. Poi sotto il governo nazionalista dei Giovani Turchi, nel 1915 inizia la deportazione in massa deli armeni verso la Mesopotamia, come "gruppi sospetti", perdono la vita un milione e mezzo di persone) nei Balcani aumentò il desiderio da parte delle varie potenze, di impadronirsi di quei luoghi per espandere i propri domini, per cui si posero in contrasto l' espansionismo austro-ungarico con quello della Russia (da sempre ansiosa di giungere nel mediterraneo).
Così il 23 luglio 1914 l' Austria inviò al governo di Belgrado un ultimatum che equivaleva ad una dichiarazione di guerra, nella convinzione, rivelatasi poi errata, di poter far fuori la Serbia stabilendo il dominio asburgico nei Balcani.
La Germania, che da tempo premeditava una guerra contro la Francia per annientare le sue potenzialità belliche e quindi rivolgersi verso l' Oriente contro la Russia, subito assicurò il pieno appoggio all' Austria alleata, cosicché il 1° agosto la Germania dichiarò guerra alla Russia, provocando l' entrata in guerra (il giorno 2 agosto) della Francia, alleata dello Zar. I tedeschi, nel tentativo di aggirare le difese francesi invasero il Lussemburgo, violando così la neutralità del Belgio.
L' Inghilterra (dove non era tenuto in nessuna considerazione l'attentato in un paese remoto: balcanico turbolento, ma si guardava con forte sospetto il comportamento del Kaiser di Germania, con le sue manie militari, attorniato da generaloni che facevano tintinnare le loro sciabole in modo che il loro sinistro rumore si propagandasse per tutta l'Europa. Ma molti, soprattutto nelle alte sfere della Germania, pensavano che i tedeschi, lanciati verso il primato, avessero dovuto battersi in guerre economiche e non militari. I potentissimi industriali della Ruhr non avrebbero mai permesso ai generali prussiani di rovinare un mercato così promettente come l'Europa), di fronte alla minaccia della propria sicurezza (costituita dal passaggio delle coste belga in mano tedesca), entrò in guerra il 3 agosto a fianco della Francia e della Russia.
L' Italia, il 3 agosto, si dichiarò neutrale, forte del fatto che la Triplice Alleanza aveva carattere difensivo, mentre non c'era dubbio che l' aggressore, in questo caso, fosse l' Austria.
Il Giappone, in seguito (agosto 1914), entrò in guerra contro la Germania con l' obbiettivo di appropriarsi dei possedimenti tedeschi in Cina e nell' Oceano Pacifico.
Fu così che il conflitto assunse dimensioni mondiali.
Le truppe tedesche inaugurarono con successo l' inizio del conflitto, visto che riuscirono a penetrare in Francia arrestandosi a soli 40 chilometri da Parigi. Ma la guerra lampo, prevista per i giorni a venire, fu una delusione, perché i francesi seppero opporsi ai tedeschi; così divenne una guerra di posizione con gli eserciti che finirono col fronteggiarsi nelle trincee.

Più scorrevoli furono le operazioni sul fronte orientale dove le truppe tedesche riuscirono ad imporre dure sconfitte all' esercito zarista, il quale seppe però fronteggiare le truppe austriache, penetrando così in Ungheria.
Nel 1915 il Fronte occidentale, rimase per così dire immobilizzato da una guerra di logoramento in trincea lungo la linea tra le Fiandre, la Marna e la Lorena.
Sul Fronte orientale, invece, i Balcani furono teatro di guerra sottoposti alle continue penetrazioni austro-tedesche, facilitate dall'entrata in guerra della Bulgaria a fianco degli Imperi Centrali.
Tra l'ottobre e il dicembre, attaccate contemporaneamente dalle truppe tedesche e dalla Bulgaria, Serbia e Montenegro furono occupate dagli Imperi Centrali.
Di quest'anno, evento importante fu l'inizio della guerra sottomarina da parte della Germania, contro tutti navigli (anche neutrali) che incrociavano nella zona di guerra, per vendicarsi del blocco imposto dalla flotta britannica alle coste tedesche (si ricorda il 7 maggio come data di affondamento del transatlantico inglese Lusitania).
In Italia, la dichiarazione di neutralità suscitò accese proteste da parte degli Interventisti che costituivano un gruppo minoritario dell'opinione pubblica, ma deciso e molto attivo. Intanto il governo di Antonio Salandra aveva aperto trattative con l'Intesa, con la quale il 26 aprile 1915 stipulò Il Patto di Londra, che impegnava l'Italia ad entrare in guerra entro un mese a fianco di Inghilterra, Francia e Russia in cambio dei territori Austriaci del Trentino Alto Adige, Istria, Dalmazia Settentrionale e le città di Trieste, Gorizia e Gradisca nonché la piena sovranità sul porto albanese di Valona oltre che di compensi territoriali nelle colonie.
Così il 24 maggio 1915 l'Italia dichiarò guerra all'Austria-Ungheria.
Il comando dell'esercito fu affidato a Luigi Cadorna, che concentrò le operazioni belliche sul Carso. Le truppe italiane, numericamente superiori ma scarsamente dotate di artiglieria e mitragliatrici, non riuscirono a sfondare le difese austriache, cosicché anche in questo caso la guerra di movimento si trasformò in una guerra di trincea.
Della impreparazione del nostro esercito al momento dell'entrata in guerra lo stesso comandante Luigi Cadorna ha lasciato scritto nelle sue Memorie: "L'esercito italiano si trova in uno stato di vera disintegrazione […] Non è esagerato il sostenere che se l'Austria l'avesse attaccato fin dalla proclamazione della neutralità, avrebbe trovato il paese quasi senza difesa". All'impreparazione, però, si devono aggiungere le frodi dei fornitori, l'insipienza di quanti erano preposti ai controlli delle forniture, l'irresponsabilità dei comandanti militari. Riportiamo, così, la "rabbiosa" denunzia del Gadda nel suo "Giornale di Guerra e di Prigionia":
"I nostri uomini sono calzati in modo da far pietà: scarpe di cuoio scadente o troppo fresco per l'uso, cucite con filo leggero da abiti anziché da spago, a macchina anziché a mano. Dopo due o tre giorni di uso si aprono, si spaccano, si scuciono, i fogli delle suole si distaccano l'uno dall'altro. Un mese di servizio le mette fuori uso (Emilio Lussu scrive "sulle scarpe distribuite al battaglione con bei caratteri tricolori c'era scritto: "Viva l'Italia". Dopo un giorno di fango abbiamo scoperto che le suole erano di cartone pressato e verniciate di color cuoio")[…]. Non posso far nulla: sono ufficiale, sono per giuramento legato ad un patto infrangibile di disciplina; e poi la censura mi sequestrerebbe ogni protesta. Se veniva il Semenza a trovarmi, gli consegnavo un pacco di articoli da mandare anonimi (non è una viltà l'anonimità in questo caso!) a qualche giornale democratico: poiché questo stato di cose non dovrebbe essere tollerato oltre [...]. Ma guardino, ma vedano, ma pensino come è calzato il Quinto Alpini! Ma Salandra, ma quello scemo balbuziente d'un re, ma quei duchi e quei deputati che vanno "a vedere le trincee", domandino conto a noi, a me, del come sono calzati i miei uomini: e mi vedrebbe il re, mi vedrebbe Salanrda uscire dai gangheri a farmi mettere agli arresti in fortezza: ma parlerei franco e avrei la coscienza tranquilla. Ora tutti declinano la responsabilità: i fornitori ai materiali, i collaudatori ai fornitori, gli ufficiali superiori agli inferiori, attribuiscono la colpa; tutti si levano dal proprio posto quando le responsabilità stringono. È ora di finirla: è ora di impiccare chi rovina il paese. Non mi darò pace se non avrò fatto qualche cosa: e alla prima occasione farò", terminava così il discorso di Gadda.
Gli avvenimenti bellici del 1916 si può dire che volsero a favore delle truppe dell' Intesa, che sul Fronte Occidentale riuscirono a contenere con successo la pressione tedesca.
La carneficina del 1916 cominciò quando Erich von Falkenhayn, comandante in capo tedesco, decise di avanzare su Verdun, un promontorio sul fiume Mosa nella Francia settentrionale, perché rappresentava una minaccia per le linee del suo esercito. Fu qui che si combatté per tutto l'anno la più aspra e sanguinosa battaglia di tutta la guerra.
Dal 21 febbraio cominciò così un incessante susseguirsi di cannoneggiamenti e scontri tra fanterie, che costarono complessivamente la vita a 900.000 uomini. Di conseguenza l'Intesa, per alleviare la pressione tedesca su Verdun, lanciò un "offensiva sulla Somme" in cui gli inglesi utilizzarono per la prima volta i carri armati e vennero effettuati bombardamenti e battaglie aeree, senza ottenere tuttavia alcuna conquista territoriale.
Al largo della penisola dello Jutland si svolse l' unico scontro diretto tra marina militare inglese e quella tedesca (31 maggio-1 giugno), che si concluse con la vincita dei tedeschi, i quali, se da una parte inflissero perdite superiori ai nemici, dall'altra, si resero conto dell'impossibilità di forzare ulteriormente il blocco navale inglese e conquistare la supremazia sui mari.
Sul Fronte Orientale l'offensiva russa portò alla conquista di buona parte della Galizia, ma l'indisciplina dell'esercito russo e la difficoltà dei trasporti non permisero di avanzare più profondamente. Nel frattempo la pressione dell'Intesa ottenne successi in Africa occidentale, dove la Germania prese tutte le sue colonie, e in Medio Oriente.
Sul Fronte Italiano gli avvenimenti si svolsero in modo favorevole al nostro esercito. Tra marzo e novembre 1916 si combatterono cinque battaglie sull'Isonzo. Successivamente gli italiani riuscirono a conquistare la città di Gorizia (9 agosto) e per dare una svolta alle operazioni militari italiane e per rinsaldare il morale delle truppe e del paese, il governo Salandra fu sostituito da un "Ministero di Unione Nazionale".
Il 28 agosto 1916 il nuovo governo dichiarò guerra anche alla Germania.
Il 1917 fu l'anno di svolta decisiva nel conflitto, sia sotto il profilo strategico-militare, sia sotto quello sociale (in quanto peggiorarono in modo rilevante le condizioni di vita delle popolazioni europee).
I motivi di questo anno di guerra furono principalmente tre:
1) L'acutissima crisi del "fronte interno" che costituì uno dei momenti scatenanti della "Rivoluzione di Febbraio" in Russia.
2) L'intervento militare degli USA al fianco dell' Intesa.
3) Il crollo della Russia, la quale dopo la rivoluzione bolscevica si ritirò dalla guerra.
In questo anno sul fronte occidentale, si verificò una situazione di stallo: tra febbraio e marzo i tedeschi si ritirarono dietro la linea fortificata Sigfrido, che fu oggetto di successivi attacchi anglo-francesi che però non apportarono nessuna conquista.
Un grande successo per l'Intesa fu l'intervento degli Stati Uniti (7 aprile 1917) scesi in campo per rispondere agli attacchi indiscriminati dei sottomarini tedeschi alle navi mercantili neutrali che rifornivano l'Inghilterra e per il timore di perdere, in caso di vittoria tedesca, gli ingenti prestiti fatti ai paesi dell' Intesa.

Lo scoppio della Rivoluzione Russa provocò, in pochi mesi, il crollo del fronte orientale. Sul fronte italiano il nostro esercito intraprese due grandi offensive, ricordate come la decima e l' undicesima battaglia dell'Isonzo, rispettivamente nella zona di Kuk-Vodice e sull' altopiano della Bainsizza, che portarono a modeste conquiste territoriali. Gli austro-tedeschi, pur numericamente inferiori, giovandosi della sorpresa e di un uso di gas asfissianti, lanciarono un'offensiva che colse impreparati gli italiani, le cui linee vennero sfondate il 24 ottobre nelle località friuliane di Cividale e Caporetto, dove il nemico riuscì a penetrare in profondità in territorio italiano per 150 chilometri. Fu questa la pagina più nera e drammatica della nostra guerra. La ritirata italiana si arrestò solo sulla linea Monte Grappa-Montello-Piave, dove l' esercito arrivò dimezzato avendo perso circa 650000 uomini tra morti feriti e sbandati. Cadorna cercò di giustificare la disfatta attribuendola alla viltà dei soldati; così il nuovo governo di Vittorio Emanuele Orlando decise di sostituire il maresciallo con un nuovo capo di stato maggiore: Armando Diaz (8 Novembre).
Con Diaz, oltre a chiamare la leva dei giovanissimi del 1899, si iniziò una grande propaganda patriottica e nel Meridione, in particolare, promettendo le sospirate terre, si arruolavano volontari.
La propaganda era quella di liberare le italiane Trieste e Trento dall'odiato dominio austro-ungarico dell'imperatore Francesco Giuseppe, che nella provincia meridionale diventa Cecco Peppe e la guerra si combatteva per trenta tiest'. Ovviamente le madri contadine si esprimevano: <<comm' se fa 'na guerr' pe' trenta tiset', accattatincill'>>.
Intanto la guerra accelerò lo sfascio dell' impero dello Zar e permise lo scoppio della rivoluzione socialista in Russia ma non è da escludere che segni di stanchezza e depressione si fecero vivi in tutti i paesi belligeranti, nel corso del 1917.
Ad indebolire lo stato d'animo dei popoli fu un complesso di fattori legati allo svolgimento delle operazioni in guerra (guerra di logoramento in trincea) e allo sconvolgimento della vita economica e sociale (militarizzazione della produzione industriale, leva di massa, rincaro dei prezzi). Cominciarono così manifestazioni di "demoralizzazione" tra le truppe dei vari eserciti e "manifestazioni in piazza contro il carovita e la guerra" dove durante gli scontri rimasero uccise numerose persone.
In tutti i paesi aumentò inoltre la "propaganda di opposizione alla guerra" condotta dai socialisti ed anche il papa Benedetto XV, in due discorsi del 26 giugno e del 1 agosto 1917, chiese la fine di questa "inutile strage".
Il 1918 fu il quinto ed ultimo anno di guerra che si aprì con il famoso "messaggio del presidente americano Thomas W. Wilson" (8 gennaio), nel quale erano fissati 14 punti, che avrebbero dovuto servite come base per le trattative di pace. Il messaggio non ottenne alcun risultato concreto, ma servì a suscitare speranza di una eventuale pace tra i popoli in guerra.
Nonostante le varie trattative di pace in corso, il 18 febbraio 1918, la Germania lanciò un'offensiva che giunse a minacciare la città di Pietrogrado, costringendo il governo sovietico a trasferirsi a Mosca; in questa situazione drammatica, Lenin ottenne la pace di Brest-Litovsk (3 marzo) con gli imperi centrali, che costò alla Russia la perdita di oltre 800.000 chilometri quadrati di territorio (Stati baltici, Finlandia, Polonia orientale e Ucraina) e circa il 26% della popolazione del vecchio impero.
Il "colpo di grazia" all' Austria fu dato dall'esercito italiano sul Piave; così il 3 novembre l'Austria firmò l'Armistizio di Villa Giusti (presso Padova) con l'Italia, la quale conquistò "finalmente" anche Trieste e Trento.
Con la vittoria italiana comincia la dissoluzione dell' impero austriaco, destinato a divenire Repubblica.
La Germania continuò nelle sue operazioni belliche lanciando successive offensive volte a dividere le forze inglesi da quelle francesi. Ma dopo la vittoria delle truppe inglesi ed americane nella "battaglia di Amiens", i tedeschi furono costretti ad una ritirata sul Reno. In Germania la situazione divenne più complicata che, con l' insurrezione di Berlino, il sovrano Guglielmo II rinunciò al trono tedesco e fu così proclamata la repubblica (9 novembre) con un governo provvisorio guidato da Friedrich Ebert. L' 11 novembre il nuovo governo tedesco firmò l' armistizio con le potenze dell' Intesa, che pose fine alla prima guerra mondiale.

Nel 1914 l'immagine europea è quella di forza e prosperità ma è solo apparenza, tutto il panorama europeo è dominato da una profonda crisi politica ed economica che prelude l'imminente catastrofe: la prima guerra mondiale.
Questa guerra la si può considerare come la diretta conseguenza dell'imperialismo da tempo annunciata dalla Seconda Internazionale poiché i mercati erano ormai divisi in sfere di influenza, il desiderio di allargare i propri mercati era tanto e non poteva non accadere senza l'uso della forza.
La I e II crisi marocchina e la I e II crisi balcanica avevano mostrato come fossero fragili gli equilibri sui quali si reggeva la pace del continente. Il quale nella primavera del 1914 era diviso in due blocchi: Francia, Inghilterra, Russia legati dal trattato della Triplice Intesa del 1907 e Germania, Austria-Ungheria, Italia legati dal trattato della Triplice Alleanza del 1882. le più gravi ragioni di conflitto erano la rivalità austro-russa nei Balcani, la diffidenza reciproca tra Francia e Germania, l'insanabile rivalità navale e commerciale anglo-tedesca.
L'Europa si appresta a pagare lo scotto della prima guerra in età industriale che avrà conseguenza catastrofiche: dieci milioni di morti, milioni di feriti, dispersi, il diffondersi di epidemie, le distruzioni materiali; soprattutto per il riassetto dell'equilibrio europeo e in particolare per la spartizione delle colonie, ma questa sarà anche la guerra che segnerà la fine della supremazia anglo-europea in favore di quella giapponese e statunitense, mentre la Russia con la rivoluzione del 1917 avrebbe contribuito ad accelerare la crisi del sistema liberale-capitalistico (fine dell'eurocentrismo).
Questa può essere considerata la guerra dell'applicazione della tecnica che produsse enormi disastri e che segnò il confine tra due epoche e due civiltà, tra l'anteguerra ritenuto ormai felice e il dopo guerra infelice rimpiangendo l'umano Ottocento.
L'annessione della Bosnia e dell'Erzegovina da parte dell'Austria, un atto puramente formale, scatenò l'irredentismo serbo che trovò protezione e incoraggiamento presso il palazzo di Belgrado e la corte di Pietroburgo. Questo clima tesissimo sboccò il 28 giugno 1914 a Sarajevo, nell'attentato che costò la vita all'arciduca d'Austria Francesco Ferdinando d'Asburgo, erede al trono d'Austria ed alla sua consorte. La notizia scosse profondamente l'Europa che sperava nella diplomazia quando però il governo austriaco spalleggiato dalla Germania il 23 luglio inviò a Belgrado un ultimatum che equivaleva ad una dichiarazione di guerra. L'attacco austriaco alla Serbia fece scattare il sistema delle alleanze. Alla mobilitazione dell'esercito zarista corrispose la dichiarazione di guerra tedesca alla Russia (1 agosto).e alla Francia (3 agosto). La Germania pensò di invadere la Francia del Nord attraversando il Lussemburgo e il Belgio nonostante fossero neutrali ciò determino la discesa in guerra dell'Inghilterra a cui seguì il 23 agosto la dichiarazione di guerra del Giappone alla Germania che si limitò ad operare nelle isole del Pacifico senza mai scendere a patti con l'Intesa.
In tutte le nazioni ci furono schieramenti a favore della guerra sia da parte dei ceti industriali sia da parte degli operai e dei socialisti che posero fine alla Seconda Internazionale caratterizzata dal pacifismo internazionale che rimase invece ancora vivo nei socialisti italiani e nei bolscevichi russi nonostante l'entrata in guerra delle rispettive nazioni. In tutti i paesi si formarono unioni sacre con l'istituzione di governi di coalizione nei quali entrarono anche i socialisti. L'inizio della guerra fu accolto da tutti con grande gioia ed entusiasmo.
Il 2 agosto l'Italia aveva dichiarato la sua neutralità perché tenuta all'oscuro di tutto e anche perché quella austriaca era una vera e propri invasione in disaccordo con il trattato della Triplice Alleanza di tipo difensivo. La neutralità italiana non era destinata a durare divisa come era tra interventisti e non. Gli interventisti avrebbero voluto prima che l'Italia si fosse schierata dalla parte dell'Alleanza in modo da togliere Nizza, la Corsica e la Tunisia alla Francia ma poi opteranno per l'Intesa attirati dalla presa di Trento e Trieste e dell'Istria e Dalmazia. I nazionalisti erano diversi dagli interventisti che rivendicavano solo terre italiane. Quelli che erano per la neutralità erano i socialisti saldi al principio dell'Internazionale socialista, i cattolici e i liberali giolittiani che ritenevano che si potesse sfruttare la situazione vendendo armi all'una e all'altra parte.
Tra gli intellettuali si distinse per il suo interventismo D'Annunzio ed il futurista Martinetti che fornì l'abusato da politici e intellettuali e insulso slogan "la guerra sola igiene del mondo".
Giolitti riteneva che si potesse ottenere dall'Austria il Trento e il Trentino grazie alla neutralità.
Di particolar nota è in questo periodo l'atteggiamento di Mussolini che fino al luglio 1914 aveva criticato, come direttore dell'Avanti, il nuovo macello dei popoli ora era passato alla direzione de "Il Popolo d'Italia", si diceva sovvenzionato dalla Francia per propagandare l'entrata in guerra a favore dell'Intesa.
Il governo all'indomani delle elezioni del 1913 era in larga maggioranza neutralista però si orientò verso l'Intesa anche per scongiurare una rivoluzione sociale che si era drammaticamente riproposta con la settimana rossa del 1914.
Secondo i piani dei tedeschi, i francesi dovevano essere piegati nel giro di due o tre settimane e dopo aver occupato il fronte occidentale gli imperi centrali avrebbero concentrato tutte le loro forze su quello orientale cogliendo i russi alla sprovvista ma l'esercito francese sfuggì all'accerchiamento e inflisse una dura sconfitta alla Marna. I due eserciti si disposero lungo un fronte che andava dalla Manica alla Svizzera e la guerra di movimento si tramutò in guerra di posizione, di logoramento.
Sul fronte orientale la situazione era particolare, caratterizzata da numerosi capovolgimenti: a due dure vittorie tedesche sul fronte polacco corrispose una dura sconfitta austriaca in Galizia. Fondamentale per gli imperi fu la discesa della Turchia in loro favore che interruppe la comunicazione tra gli alleati inglesi e la Russia, l'Austria grazie alla Turchia riuscì a rimpadronirsi della Galizia.
Si aprirono tre nuovi fronti uno russo-turco in Armenia, uno anglo-turco in Mesopotamia e uno anglo-turco in Egitto.
Per gli imperi centrali erano fondamentali le mosse che avrebbero fatto i paesi neutrali, si adoperarono in tutti i modi per far si che essi si alleassero con loro o almeno rimanessero neutrali.
I tedeschi cercarono di mettere in difficoltà i rifornimenti dell'intesa con una guerra sottomarina che l'affondamento di un transatlantico (il Lusitana), trasportante passeggeri statunitensi, generò grandi polemiche soprattutto statunitensi.
L'Italia nel frattempo aveva instaurato sia con l'Austria che con l'Intesa trattative segrete, ma l'Austria era restìa ad accettare le condizioni italiane mentre l'intesa era molto più favorevole, giungendo così alla firma del Patto di Londra dove si stabiliva che a guerra vinta il Trentino, Trieste, l'Alto Adige fino al Brennero, l'Istria, la Dalmazia esclusa Fiume andassero all'Italia in più avrebbe potuto occupare Valona, mantenere le isole del Dodecanneso. Come avrebbe reagito al patto di Londra il parlamento italiano tutto neutralista? Risolse la questione il re Vittorio Emanuele III che spinto dalle manifestazioni di piazza preferì la strada dell'intervento armata a fianco dell'Intesa, i giolittiani e i cattolici si piegarono al volere del re votando per i poteri straordinari al governo, i socialisti no. I nazionalisti giustificarono l'entrata in guerra perché atto necessario per il completamento dell'opera del Risorgimento, una sorte di quarta guerra dell'indipendenza . Il cedimento del re alle manifestazioni di piazza non è altro che un preludio dell'atto di forza dell'ottobre del 1922 che porterà all'avventura fascista. L'avventura italiana cominciò il 23 maggio del 1915 e portò alla morte di ben 600.000 italiani.
Gli imperi centrali per compensare l'entrata in guerra italiana fecero passare dalla loro parte la Bulgaria. La situazione della Serbia si aggravò notevolmente stretta a Nord da austriaci e tedeschi e ad est dai Bulgari, con l'occupazione di Belgrado l'esercito fuggì verso l'Albania, la gran parte fu messa i salvo dagli italiani che li trasportarono sull'isola di Corfù. Il crollo della Serbia portò all'invasione della Romania.
Tra l'Austria e l'Italia il fronte si dispiegò a forma di esse orizzontale che correva per ben 800 chilometri, la concentrazione degli armamenti si ebbe nei due salienti, dell'Isonzo e del Trentino, con l'intento di penetrare il territorio nemico. Il numero dei soldati italiani non riusciva a sopperire la deficienza degli armamenti e dell'equipaggiamento. Nel Trentino si stabilì una condotta difensiva mentre nell'Isonzo e sul Carso tra giugno e novembre si ebbero 4 sanguinosi attacchi che portarono alla presa di poche porzioni di territorio. Le operazioni erano guidate dal comandante Cadorna che aveva impostato una guerra di logoramento sacrificando numerosi uomini convinto che la cosa importante fosse sfinire il nemico e non conquistare territori. Cadorna comanderà le sorti della guerra italiana fino al 1917, alla rotta di Caporetto. La flotta italiani non senza perdite riuscì a contrastare quella austriaca nei porti dell'Adriatico. Il 1915 fu un anno caratterizzato da un forte logoramento che non produsse alcun risultato.
Il 1916 sembrò l'anno decisivo. In Francia i tedeschi scagliarono una pesante controffensiva sulla piazzaforte di Verdun che condusse mezzo milione di uomini alla morte. Non è da trascurare la battaglia di Somme con i suoi 600.000 morti da ambo le parti. Sul fronte austro-italiano a metà giugno fu lanciata una offensiva sugli Altopiani( vicinanze Brenta, Garda) che aveva quasi prodotto la rottura del fronte ma gli italiani riuscirono a contenere l'avanzata e a sferrare poi la controffensiva sull'Isonzo e la presa di Bolzano. Il cedimento sugli altopiani produsse una crisi interna con le dimissioni di Salandra e l'arrivo di Borselli. Il nuovo governo dichiarò guerra anche alla Germania. L'unica vera battaglia navale si ottenne quando la flotta Tedesca uscita dai porti del Mare del Nord inferse un duro colpo a quella inglese (battaglia dello Jutland), ma poiché la flotta inglese era più numerosa rientrata ai porti non uscì più.
Quando nell'Aprile del 1917 gli Stati Uniti entrarono in guerra la Germania aveva scorte di cereali per 6 settimane.
Nel 1916 i socialisti decisero di far qualcosa contro questa guerra e si misero in movimento. Cosa che era già avvenuta nel 1915 quando i socialisti italiani avevano organizzato un grande congresso per accelerare la fine della guerra fortemente criticato da Lenin che era d'accordo con la fine e la distruzione degli stati borghesi e invitava tutti ad accelerare il processo innescando la guerra civile nel proprio paese. Appelli di pace vani furono rivolti al mondo dal neo presidente statunitense Wilson e dal papa Benedetto XV. Ci si stava inesorabilmente avvicinando alla crisi definitiva dello stato liberale, per l'Italia la Grande Guerra fu incubatrice del Fascismo.
La guerra aveva stremato la popolazione russa che con la rivoluzione di Febbraio getterà le basi della fine dell'impero zarista. In tutta la Russia si erano formati i soviet, organizzazioni operaie, che contrastavano il potere della duma. Si ebbe l'abdicazione dello zar Nicola II e l a formazione di un governo provvisorio incapace di soddisfare le esigenze del paese che portò alla rivoluzione di ottobre. Lenin, capo indiscusso della nuova Russia, aveva come suo primo obiettivo quello di porre fine alla guerra accettando qualsiasi condizione impostagli dalla Germania. Le condizioni furono terribili la Russia perse tutti i territori che andavano tra il Baltico e l'Ucraina ma la risoluzione dei problemi interni era molto più importante. Il ritiro russo ebbe conseguenze negative soprattutto per l'Intesa sia sul piano psicologico che sul quello interno caratterizzato da numerosissimi scioperi, ammutinamenti in Francia, Italia e in Germania.
Nel 1917 in Inghilterra incominciò a manifestarsi una chiara opposizione alla guerra da parte di sette religiose. L'inasprimento della guerra sottomarina indusse gli Stati Uniti a partecipare alla guerra come garanti dei diritti e delle libertà di tutte le piccole nazioni. Ma nel profondo c'erano motivi molto più importanti: numerosi erano gli industriali americani che avevano investito nel conflitto a favore dell'intesa il cui esito era importantissimo.
L'entrata in guerra degli USA fu autonoma dalle linee del governo francese, inglese ed italiano poiché scesero in guerra solo per tutelare i loro investimenti, per cercare di essere il garante dei nuovi equilibri internazionali e per con-quistare nuovi mercati. Wilson cercava di presentarsi come un liberatore invece che un nemico, per questo motivo formulò i famosi 14 punti in cui stabiliva l'autodecisione dei popoli e il principio di nazionalità. Nella primavera del 1917 un'offensiva anglo-francese in Piccardia portò alla morte di moltissimi uomini tanto che successivamente si ebbero numerosi ammutinamenti sia dalla parte francese che tedesca ma i più massicci si verificarono nelle file dell'esercito austro-ungarico nel quale le differenze etniche esplosero.

Sul fronte italiano un'offensiva sull'Isonzo aveva portato alla presa di alcuni possedimenti ma pochi. Il ritiro del fronte russo fece concentrare su quello italiano tutte le truppe austriache che portarono alla rotta di Caporetto del 24 ottobre del 1917 con la conseguente penetrazione nemica fino al Piave, la perdita di uomini e artiglieria e l'esodo di migliaia di persone venete che lasciavano le proprie case. Si costituì un governo di unità patriottica guidato da Vittorio Emanuele Orlando,il comando passò nella mani di Diaz che costituì sul Piave una linea difensiva che andava dal massiccio del monte Grappa al Montello, contro questo schieramento si infranse il nemico. Prima che la presenza americana divenisse massiccia i tedeschi fecero il loro ultimo attacco arrivando fino alla Marna e bombardando Parigi, fin quando le truppe anglofrancesi affiancate da quelle americane non sferrarono l'ultimo attacco. Inutile fu l'appello dell'Imperatore Guglielmo II di intavolare le trattative, l'intesa desiderava la capitolazione completa.
Le truppe austro-tedesche premevano sul Piave, l'esercito italiano temendo una nuova penetrazione si batté coraggiosamente spalleggiato da truppe francesi ed inglesi e grazie al sacrificio dei giovani del 1899 e dei contadini meridionali - arruolati in massa con la già citata campagna pubblicitaria dei trenta tiest' e l'ennesima promessa delle terre - il 24 ottobre il generale Diaz diede inizio alla controffensiva che portò gli Austriaci a ritirarsi su tutto il fronte. Il 3 novembre furono liberate Trento e Trieste, il 4 Diaz annunciò la vittoria.
Tra le varie peculiarità di questa guerra è da rilevare la vicenda dei giovani trentini e giuliani, gli irredenti, che da cittadini austriaci disertarono e attraversarono il Piave in senso inverso ai fanti del 24 maggio, per vestire le insegne italiane, compiendo la scelta della patria. Da ricordare, tra gli altri, Cesare Battisti, giustiziato dagli austriaci il 12 luglio 1916, e molto commemorato insieme ai suoi compagni dal fascismo come antesignani delle camicie nere.
Altra peculiarità sono i trentini, i triestini, i friulani che sono morti sui fronti polacco e russo - era lì che, per opportunità militare e politica venivano inviati i soldati di confine e, perciò, a rischio di familiarizzare con l'avversario - combattendo per una patria che due, tre anni dopo non sarebbe più stata la loro, in luoghi completamente estranei.
In Austria si verificò la rottura del fronte interno e il distacco degli ungheresi,degli slavi del sud e dei Boemi e la fuga dell'imperatore Carlo. In Germania Guglielmo rifiutò di abdicare ma la rivolta di Berlino la convinse a cedere e a ritirarsi in Olanda. La guerra era ormai finita con un bilancio di dieci milioni di morti.
Il 19 gennaio 1919 a Parigi si ebbe la conferenza per la pace al quale parteciparono i 4 grandi: Italia, Stati Uniti, Francia ed Inghilterra. In questa conferenza vi erano posizioni contrarie: Francia, Inghilterra ed Italia erano per punire la Germania e per trarre dalla vittoria i vantaggi politici,territoriali ed economici; dall'altro lato gli USA cercavano di essere fedeli ai 14 punti favorendo la formazione di nazioni nelle quali si parlasse la stessa lingua, ma la realizzazione è molto più difficile della teoria poiché sul confine c'erano una miriade di popoli. La conferenza si concluse con 5 trattati: di Versailles con la Germania, di Saint-Germain con l'Austria, del Trianon con l'Ungheria,di Neuilly con la Bulgaria,di Sevres con la Turchia.
Secondo il trattato di Versailles la Germania vide il suo territorio coloniale spartito dalla Francia, Inghilterra e Giappone; dovette restituire l'Alsazia e la Lorena alla Francia e numerosi territori alla Polonia e Danimarca. Accettò di aver provocato la guerra, l'indennizzo impostogli, di lasciare libero il Reno, di diminuire l'esercito, di cedere gran parte della flotta agli inglesi, di lasciare un corridoio alla Polonia ,Danzica città libera. Si trattò di una pace punitiva, cartaginese, che avrebbe fatto in breve tempo nascere in Germania un forte sentimento nazionalistico.
La soluzione politica fu la Repubblica di Weimar, dove si afferma un laboratorio di una transizione, poi interrotta da Hitler, sono presenti inquietudini sociali e le insidie di un'economia in sviluppo. Weimar affronta due grandi crisi economiche provocate da cause esterne (nell'estate del1929 la Francia reclamava ancora l'esorbitante cifra di 42 milioni di franchi e, a Parigi, che 120.000 tifosi hitleriani erano scesi a manifestare, è ritenuto folklore germanico) al suo sistema produttivo: il dopoguerra con l'esoso debito di guerra (il capitalismo tedesco superò questa crisi con le strategie del banchiere Schacht e del Piano Dawes, impegnandosi a bloccare lo svolgimento della democrazia tedesca verso uno "Stato sociale") e il crollo di Wall Street del 1929, evento improvviso (nell'estate del '29, la Borsa volava - a New York i titoli erano sempre in salita - trasmettendo la certezza che ci fosse denaro in giro, anche se era nelle tasche di qualcun altro, per cui tutti speculavano) che investì frontalmente la ripresa industriale, finanziaria e commerciale cominciata cinque anni prima grazie al Piano Dawes, cioè grazie ai dollari americani. Nel 1930 l'esagerato presidenzialismo di Bruning fu da un lato il tentativo di salvarsi dall'attacco concentrico dei nazionalisti e dei socialisti e dall'altro preparò il nazismo.
Nel 1930 l'esagerato presidenzialismo di Bruning fu da un lato il tentativo di salvarsi dall'attacco concentrico dei nazionalisti e dei socialisti e dall'altro preparò il nazismo.
In Italia Gabriele D'Annunzio, il "poeta soldato", il poeta interventista, il poeta dell'Immaginifico (dell'immaginazione che si realizza).
Quest'uomo, sul piano letterario fu ritenuto, all'epoca l'autore italiano più aperto alla cultura europea. Allo scoppio della prima guerra mondiale fu tra i più accesi interventisti. Partì come volontario, si segnalò in diverse imprese di guerra, meritò onorificenze e riportò una grave ferita ad un occhio. Nel 1919-20 contribuì militarmente anche all'occupazione della città di Fiume e negli anni del fascismo accettò il ruolo pubblico che il regime gli assegnò quale Massimo Poeta Nazionale.
Oltre al D'Annunzio, molti altri scrittori ebbero la fortuna di sopravvivere alla guerra e molti cercarono di liberarsi dagli spaventosi ricordi, legati ad essa, attraverso la letteratura. Molti entrarono a far parte del movimento pacifista e si impegnarono a dimostrare l'i-nutilità della guerra. Però, non tutti gli intellettuali che vissero l'esperienza della guerra ne trassero le stesse conclusioni: alcuni di essi difesero il militarismo; altri rimasero totalmente indifferenti alla guerra.

Nel 1918, finalmente dopo ben cinque anni, la guerra cessò: l' Italia fu una delle nazioni vincitrici, ma di cosa? Si combatté per poi ottenere, alla fine, qualche appezzamento di pochi chilometri quadrati di terra, che costarono la vita a migliaia di migliaia di persone.
È proprio vero: la guerra è voluta dai grandi, i quali, consciamente o inconsciamente, per raggiungere il loro obiettivi non si pongono alcuno scrupolo nel mandare in pasto alla desolazione, alla disperazione e alla morte una popolazione intera che non sa neanche perché combatte, ma sa solo che deve farlo perché gli viene imposto. Di solito si finisce col raccontare che qualche nazione ne esce vincitrice e qualche altra perdente: noi pensiamo, invece, che la guerra non generi né vinti, né vincitori ma solo distruzione, odio, disperazione e desolazione.
Emblematico fu la già citata campagna per arruolare, dopo la disfatta di Caporetto, i soldati, quasi esclusivamente contadini - illusi di mettere fine al loro eterno malessere sociale - per indirizzare tutte le forze del paese verso la vittoria. Dopo Caporetto, infatti, si cominciò a parlare di assegnazioni di terre ai contadini, naturalmente a guerra conclusa. Furono, queste, promesse lusinghiere (che suonarono come impegno alle orecchie dei soldati) avanzate ai contadini dagli ufficiali dell'esercito, i quali quasi sempre erano loro compaesani e figli di proprietari terrieri. Fu così che la popolazione contadina (aspirando a qualche pezzo di terra) venne ingannata, per non dire "costretta" a partecipare alla guerra.
Quando il conflitto cessò, tutte le promesse che avevano lusingato i contadini si rivelarono vaghe e illusorie, in quanto non ci fu alcun passaggio di terra sia per la situazione caotica, sia per l'assenza di leggi mirate. Ma tutto ciò ingigantì il disagio sociale perché i contadini riconoscevano nei disponibili insegnanti militari (i propri ufficiali spesso paesani e figli dei fondiari) i diretti nemici, arroccati nei propri privilegi: si aprì un'altra via per l'imminente Fascismo.
In definitiva e per concludere sia i vincitori che i vinti finiscono col mettere in pericolo e, spesse volte, col perdere la cosa più importante: la vita.
Solo in queste condizioni ci si rende conto di quanto possa essere importante il valore dell'esistenza; e, come scrive Ungaretti negli ultimi versi della poesia " Veglia " (scritta il 23 dicembre 1915 in trincea):
[...] Non sono mai stato tanto attaccato alla vita!
…………...successivamente nella poesia "SOLDATI" (scritta nel luglio 1918):
Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie.
(in fin di vita, Enzo Biagi, nel 2007, aggiunse: "ma tira tanto vento")

Cinema, musica e sport
La Grande Guerra, favorì anche il cinema statunitense e la nascita dell'"industria" di Hollywood, la quale cominciò ad imporre le proprie produzioni e le proprie star, che divennero le vere protagoniste della lotta commerciale fra i grandi studi cinematografici, i quali, a loro volta, si riempirono di scenografie imponenti, in risposta a quelle spettacolari dei film di produzione italiana; anche se nel dopoguerra, la stessa produzione italiana, ebbe difficoltà nel reggere il confronto con le produzioni straniere co-minciando così a scontare i propri limiti di fondo.
Fu in questi anni che si affermò un nuovo modo di fare musica, ad opere di musicisti di colore, nella città di New Orleans. Si trattava di orchestre che si esibivanno in pubblico (durante le feste di piazza) o in privato, proponendo una musica dal ritmo marcato (Jazz), destinato a divenire uno dei generi più rappresentativi del Novecento. Con la chiusura del quartiere di New Orleans, i musicisti che vi lavoravano dovettero emigrare in altre città; tra gli esponenti più rappresentativi del Jazz troviamo Louis Armstrong, che insieme ad altri musicisti, fece del Jazz una vera e propria arte, cosicché i jazzman iniziarono ad organizzare l'orchestrazioni e le voci, cosicché il Jazz smise di essere sinonimo di improvvisazione, dando vita al suo caratteristico linguaggio musicale.
Quante volte abbiamo sentito ripetere la frase: "lo sport accomuna gli uomini!"?
Direi tante, tante e ancora tante volte! Dovremmo allora pensare che è vero, visto che con la guerra i giochi olimpici furono completamente interrotti! Molti atleti che avevano partecipato ai giochi olimpici di Stoccolma del 1912, allo scoppio della Grande Guerra, furono costretti ad arruolarsi. Di solito agli atleti spettava il posto in retroguardia, dal momento che i comandi militari preferivano che questi continuassero a sviluppare le loro qualità sportive senza mettere in pericolo la loro vita. Gli atleti, in effetti, erano considerati il simbolo di orgoglio e di forza nazionale anche dall'esercito. Ma molti di essi non riuscirono a realizzare le loro aspirazioni, in quanto o rimasero gravemente feriti e quindi impossibilitati a partecipare ai giochi olimpici, o morirono, sebbene fosse stato assegnato loro il posto in retroguardia. In molti casi ancora, fu la buona condizione sociale di molti atleti, ad evitare loro di essere chiamati alle armi.
Medicina e tecnologia
Nonostante la guerra, nel settore della medicina si poté assistere a due fenomenali scoperte: venne isolato il primo ormone: la Tiroxina (l'ormone più importante che regola le funzioni del metabolismo umano); e furono scoperti i cromosomi (i quali secondo le ipotesi, rivelatesi successivamente corrette, contenevano informazioni genetiche determinanti per lo sviluppo dell'individuo). Ma queste scoperte, comunque, non ebbero nulla a che vedere con quello che si scatenò con la guerra. Infatti, al suo scoppio, si continuavano ad ignorare i trattamenti medici appropriati per curare feriti e malati e soprattutto i paesi erano carenti di infrastrutture adatte ad assistere gli infortunati. Le trasfusioni di sangue costituivano una novità sperimentata da poco e buona parte dei feriti morivano sul campo di battaglia proprio per la mancanza di immediate trasfusioni o per infezioni provocate dalle ferite. Furono in questo periodo eseguite numerose operazioni che portarono ad un miglioramento della chirurgia in tutti campi; furono in questo periodo scoperte varie sostanze, come lo ioduro di bismuto, usato con successo nella terapia contro la dissenteria: in effetti buona parte delle morti registrate sui fronti di battaglia non venne provocata dai proiettili, ma dai batteri. Insomma, in questo periodo, la medicina finì col ritrovarsi al servizio della guerra.
Anche nel campo della tecnologia non possiamo non ritrovare rilevanti novità. Durante gli anni della guerra migliorarono notevolmente le tecniche radiofoniche, ad opera di Guglielmo Marconi, il quale inventò un sistema per la trasmissione di segnali sfruttando l'emissione di onde elettromagnetiche (è noto a tutti l'alfabeto MORSE).
"Nuove tecnologie" come la Palinologia, che trattasi di una nuova scienza archeologica: la Palinologia è un nuovo metodo per poter ricostruire gli ecosistemi di migliaia di anni fa. Il metodo consiste nell'analisi di granuli di polline e delle spore accumulatesi nei diversi strati del terreno attraverso i secoli. Questo metodo di analisi dimostrò scientificamente quello che gli esperti, fino ad allora, avevano solo potuto ipotizzare. Così tutti i dati ricavati furono di notevole importanza per accrescere le conoscenze sulla specie vegetale ed animale della preistoria.
La società
Allo scoppio della guerra, le donne appartenenti al movimento suffragista, che aveva lottato per l'uguaglianza dei diritti, offrirono un grande contributo ai vari paesi.
Nei primi mesi il governo inglese rifiutò il loro aiuto, per cui molte di esse andarono a lavorare in paesi, come la Francia, dove fu ben accetto il loro volontariato. Organizzarono così vari ospedali da campo per aiutare i soldati rimasti infortunati. Man mano tutti i governi ricorsero alla popolazione femminile per sostituire gli uomini che si trovavano al fronte. Addi-rittura, in Germania, il "servizio femminile" dette vita a laboratori di formazione profes-sionale per sopperire alla disoccupazione femminile dovuta alla riconversione di alcune fabbriche in aziende belliche.
A poco a poco le donne si integrarono in ogni tipo di attività: guidavano autobus e metropolitane, costruivano navi, svolgevano mansioni di idraulico, poliziotto, becchino, o collaboravano in guerra in operazioni di spionaggio; le donne, in Russia, arrivarono a costituire "battaglioni militari" (il più famoso montava la guardia al Palazzo d'Inverno proprio quando esso fu preso d'assalto dai bolscevichi).
Infine alle donne furono assegnate anche mansioni di funzionarie pubbliche. Alla fine della Grande Guerra molte di esse non vollero più tornare a svolgere le faccende domestiche: il loro livello economico era aumentato e di certo non volevano perderlo.
Tutto ciò portò alla loro lotta sia per la rivendicazione dei diritti sociali, sia per la rivendicazione dei diritti politici.
Tanti cambiamenti esercitarono una fortissima influenza nel campo della moda: cambiò radicalmente il loro modo di vestire. Fu così che esse si liberarono delle "fastidiose" gonne lunghe e degli "ingombranti" corsetti cominciando ad utilizzare i reggiseni e le gonne più corte.
Nei lavori agricoli molte donne utilizzavano addirittura i pantaloni. Tornò di moda la soprasottana; continuano ad essere indossati i tailleur. L'unico indumento davvero nuovo fu il cosiddetto vestito-divisa, molto pratico, con fibre di metallo (la cosiddetta salopetta). In effetti la creatività degli stilisti di moda non si sarebbe scatenata fino al dopoguerra, quando si incominciò a proporre innovazioni attraenti e rivoluzionarie.
Durante la guerra cominciarono a diffondersi i Manifesti, (dapprima come chiamata alle armi e successivamente come mezzi di comunicazione), che, affissi sui muri, lanciavano slogan con immagini, che sono divenuti vere e proprie opere d' arte. Uno dei manifesti che riscosse più successo fu quello realizzato da James Montgomery Flagg nel quale lo "zio Sam", puntando il dito intimidatorio, incitava i giovani statunitensi ad arruolarsi nell'eser-cito, con la frase (divenuta famosa): "I want you for U.S.Army". Non sappiamo quanti soldati americani possano essersi arruolati in seguito alla lettura del manifesto dello "zio Sam" ma è sicuro che, in Italia, almeno uno si sia arruolato "sua sponte"!






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