Eduardo Ambrosio


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L'ETA' GIOLITTIANA

STORIA > NOVECENTO > I PRIMI40 ANNI

L'età Giolittiana

Alla tragica morte del Re Umberto I (9 luglio 1900), all'opera dell'anarchico Bresci, successe il figlio Vittorio Emanuele III.

Sul piano politico, il nuovo secolo segnò l' inizio di una fase più liberale, resa necessaria dalle condizioni economico-sociali del paese, entrato in una fase di decisivo sviluppo economico, dovuto ad un notevole evolversi dell'industria e con un incremento degli investimenti. Uno slancio particolare ebbe l' industria au-tomobilistica, settore in cui acquistò ben presto la netta superiorità la FIAT, fondata a Torino da Giovanni Agnelli.
L' industrializzazione, però, riguardò solo la parte centro-settentrionale della penisola o, per meglio dire, il cosiddetto"
triangolo industriale"(Genova, Milano, Torino), mentre il Mezzogiorno fu escluso dal processo di crescita.
Importante fu la personalità di
Giovanni Giolitti, Presidente del Consiglio per circa un decennio. A lui sono da attribuire le riforme di carattere sociale, tra le quali:
le assicurazioni obbligatorie per gli infortuni sul lavoro;
la riduzione a dodici ore dell' orario lavorativo giornaliero delle donne;
l' elevazione a dodici anni di età minima per l' occupazione dei bambini;
l'istituzione dell' Ufficio del lavoro incaricato di studiare i problemi degli operai;
l'istituzione del monopolio statale delle Assicurazioni sulla vita.

E' da ricordare inoltre la
legge Daneo-Credaro sulla pubblica istruzione, che addossava allo Stato le spese per l'istruzione elementare obbligatoria.
Inoltre Giolitti fece approvare dal Parlamento il
Suffragio universale maschile che portò il numero degli elettori ad oltre otto milioni.
Al decollo industriale seguì la formazione dei sindacati operai, che, nel 1906, si collegarono nella
Confederazione Generale del Lavoro (CGL), di orientamento socialista-riformista, mentre sindacalisti rivoluzionari ed anarchici confluirono nella Unione Sindacale Italiana (USI).
Negli stessi anni anche i padroni si organizzarono nella
Confederazione Italiana dell' Industria e nella Confederazione Generale dell'Agricoltura.

Alla fine dell'Ottocento, lo sviluppo industriale in Italia c'era stato ma concentrato prevalentemente nel triangolo ligure-piemontese-lombardo, la maggior parte del paese era sostanzialmente agricola, però bisogna notare che l'industria contribuiva al prodotto interno lordo per il 25%.
Dal 1896 al 1913 i capitali concentrati nelle industrie raggiunsero cifre vertiginose. L'industria idroelettrica ebbe un gran sviluppo facendo diminuire l'importazione del petrolio e del carbone. Abbiamo in questo periodo la nascita degli stabilimenti di
Terni, Savona, Piombino, Ivrea, della Fiat, Alfa Romeo, Olivetti. Gli imprenditori italiani erano di due tipi: i Capitani (Genova) che contavano molto sulle commesse statali ed i Padroni di industria che erano più rivolti al mercato (Milano). Queste due anime impedirono che si formasse una politica imperialista dando invece vita alla politica liberista e liberale di Giolitti.

Giolitti proveniva da una famiglia di contadini della collina piemontese, sedette tra i gruppi della Sinistra costituzionale. Divenne presidente del consiglio nel marzo del 1903 e, tranne due brevi parentesi (1905-1906 / 1910-1911), rimase alla guida del governo fino al 1914.
Si allontanerà dalla
Triplice e si avvicinerà alla Francia e all'Inghilterra.
Il periodo che va dal 1903 al 1913 è caratterizzato da numerosi scioperi per la politica di neutralità tra capitale e lavoro intrapresa da Giolitti il cui scopo era di raccogliere attorno ad un progetto di riforme ben dosate tutte le forze interessate.
In questo periodo si ebbero un gran numero di riforme:
la tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli,l'assicurazione contro gli infortuni, le pensioni per i vecchi lavoratori, un commissario per l'emigrazione; furono rese pubbliche le aziende ferroviarie, fu effettuato il traforo del Sempione, fu realizzato l'Acquedotto pugliese.
La lira, nonostante politiche non sempre traparenti (scandalo della Banca Romana in linea con la Vaticana) si rafforzò molto fino a valere più dell'oro. Tutto durò poco fino al 1907 anno in cui si ebbe una paralisi dell'industria, gli scioperi dei contadini e il terremoto di Messina e Reggio Calabria.
Nel 1911, con il suo quarto dicastero, Giolitti si avviava ad attuare la fase delle grandi riforme che con un finanziamento pubblico e con un aumento dello stipendio degli insegnanti rafforzava la scuola elementare di base.
Nel 1912 fece approvare la
legge del monopolio di stato sulle assicurazioni. Nel giugno fece approvare il suffragio universale maschile.
A questa svolta a sinistra si contrappose
una sterzata a destra a partire dal settembre 1911 partirono dall'Italia convogli militari verso la Libia e dal 5 ottobre su Tripoli sventolava il tricolore italiano.

G. cercò sempre di
ampliare il suo consenso accettando nella maggioranza anche i cattolici che gli fecero vincere le elezioni del 1904. questa politica di pesi e contrappesi si può in qualche modo affiancare a quella di Depretis.
Ma il gioco di Giolitti finirà poi con le elezioni del 1913.
L'Italia strinse rapporti con le potenze occidentali in particolare con la Francia e con l'Inghilterra che riconobbe la
libertà d'azione italiana su Tripoli, in cambio del riconoscimento italiano dei diritti francesi sul Marocco e di quelli inglesi sull'Egitto.
Questo portò nel 1911
all'ultimatum italiano nei confronti della Turchia.
L'impresa dell'Italia non può considerarsi una vera e propria impresa imperialistica poiché la conquista della Libia si rivelò uno scatolone di sabbia. La guerra costò moltissimo e costrinse gli italiani ad attaccare direttamente la Turchia che accettò la pace di Losanna con la quale cedeva la Libia , il controllo di Rodi, le isole del Dodecanneso all'Italia.
Questa guerra innescò le due guerre balcaniche rendendo molto precari quegli equilibri precedenti la prima guerra mondiale.
Tra i
socialisti nel Congresso del 1904 prevalse la direzione intransigente capovolta poi nel 1908 col l'espulsione dei socialisti rivoluzionari.
Il 1912 segnò il nuovo trionfo dei
socialisti rivoluzionari guidati da Mussolini che criticava l'atteggiamento interventista dei socialisti contrario alla loro anima pacifista.
I socialisti espulsi formarono il
partito socialista riformista.
I cattolici che con
l'enciclica di Leone XIII si erano avvicinati al mondo politico, con Pio X assunsero un atteggiamento più intransigente, cercavano in ogni modo di contrastare i progetti socialisti, emarginando personaggi come Luigi Sturzo che daranno vita poi alla Democrazia Cristiana. Grazie al patto Gentiloni i cattolici ebbero un grande successo elettorale che modificò l'assetto della maggioranza, ponendo tutte le basi di una futura crisi del sistema giolittiano.

L'inizio del Novecento è caratterizzato da numerosi
temi nazionalistici che dalla letteratura e dalla teoria tendono verso la realizzazione politica.
Quando nel 1908 l'Austria annette al suo territorio la Bosnia e l' Erzegovina in Italia si ha un'esplosione di spirito nazionalistico che si concretizzerà in movimento nel 1910, nel congresso di Firenze, durante il quale nacque l'
Associazione Nazionalista Italiana (ANI) che considerava la guerra come un igiene del mondo.

La
politica di Giolitti fu accusata di troppo settentrionalismo a causa del florido sviluppo industriale del Nord a spese del Sud che versava ancora in uno stato economicamente arretrato, causa la sua arretrata struttura agricola. La politica protezionistica aveva premiato il Nord industriale e colpito il già disagiato Sud privandolo delle sue esportazioni (agrumi, olio, vino).
Le
elezioni del 1913, le prime a suffragio universale maschile, riscossero un gran successo elettorale: 300 deputati contro i 160 delle sinistre,29 cattolici, 3 nazionalisti.
Quando fu noto ilo patto Gentiloni si seppe che ben 220 deputati della lista governativa erano stati eletti grazie agli "
accordi di sacrestia". Ciò scaturì la protesta della sinistra e dei radicali, Giolitti fu costretto a passare la mano, come era consuetudine il prescelto era una persona di cui poi ci si sarebbe sbarazzati molto facilmente: Antonio Salandra.
Questa nomina venne interpretata come un'azione di destra che suscitò le reazioni dei socialisti rivoluzionari guidati da Mussolini con il susseguirsi di numerosi scioperi, questo periodo di insurrezioni quasi anarchiche venne denominato
settimana rossa. Calandra non si fece intimorire e rispose con l'esercito.
Il 28 giugno di quello stesso anno fu ucciso a
Sarajevo l'erede al trono austriaco ; dopo alcuni giorni l'Austria dichiarava l'ultimatum, il 3 agosto segnò l'inizio della prima guerra mondiale








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