Eduardo Ambrosio


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GENTILE

FILOSOFIA > NOVECENTO

Il nuovo idealismo

GIOVANNI GENTILE (1875-1944)

Dopo una serrata critica alla filosofia antica in quanto oggettivistica dove l'oggetto è costituito prima dell'atto conoscitivo e la conoscenza consiste semplicemente nel rispecchiare quell'oggetto (es. Platone e la sua teoria delle idee), il Gentile, al contrario, esalta la filosofia moderna perché scopre a poco a poco che il pensiero è attivo e costruisce il proprio oggetto, ossia che tutto è pensiero, che il REALE E' IDEALE.

Questa conquista è stata attuata soltanto con Kant, il quale ha mostrato la differenza fra l'io empirico e l'io trascendentale. L'io empirico è la nostra individualità finita, la quale trova dinanzi a sé oggetti empirici, l'io trascendentale è quella attività profonda dello spirito che agisce in ogni uomo e che costruisce la natura fenomenica.

Gentile osserva che nel nostro pensiero dobbiamo sempre distinguere fra l'attività presente e ciò che essa pensa, ossia il suo oggetto. Ma siccome è impossibile pensare senza qualche cosa, il soggetto, ossia l'attività pensante è inseparabile dall'oggetto: viceversa, siccome noi non possiamo dire che un oggetto esiste senza pensarlo, anche l'oggetto è inseparabile dal soggetto. Noi siamo attività pensante ossia soggetto, spirito, e per Gentile lo spirito è
ATTO. Se noi consideriamo lo spirito non guardando alla sua attività ma guardandolo come un fatto, cioè cosa di fermo, noi per così dire lo materializziamo, ne facciamo un oggetto.

Per studiare lo spirito bisogna quindi considerarlo come attività nel momento in cui questa attività si svolge, ossia come atto (da ciò il nome di
ATTUALISMO che viene dato alla filosofia gentiliana).

Quando vogliamo intendere qualche cosa di spirituale, per es. un sentimento o un pensiero altrui noi possiamo comprenderlo soltanto immedesimandoci in esso. Per es. se vogliamo comprendere una poesia, dobbiamo immedesimarci con lo spirito del poeta: ogni rapporto spirituale è sempre unificazione; questo vuol dire il Gentile quando scrive che lo spirito deve essere guardato come atto e non come fatto. Al contrario, noi consideriamo le altre persone e tutto ciò che è spirituale come un fatto, quando non ci immedesimiamo e rimaniamo estranei.

Il problema morale nasce appunto dalla contrapposizione del nostro io con gli altri io, contrapposizione di egoismi, per la quale li consideriamo come individui distinti. Però, al tempo stesso, c'è in noi l'esigenza di superare l'antitesi, di espandere la nostra personalità, sentendo i bisogni degli altri con i nostri. Allora realizziamo una personalità più vasta, superiore, più profonda, che il Gentile chiama "la persona che non ha plurale"; essa è l'unificazione delle individualità, ma non le distrugge, anzi, quanto più ci eleviamo alla persona universale, tanto meglio, tanto più siamo noi stessi; ciò che si tratta di negare è l'egoismo e l'interesse particolare e non la nostra stessa personalità (cioè affermare l'umano).

Non soltanto la conoscenza degli altri uomini e dei valori spirituali come la poesia, la lingua, la scienza ecc. richiede una unificazione spirituale, ma sempre qualunque cosa si voglia conoscere, dobbiamo penetrare in essa e per così dire rifarla col pensiero. Così il Gentile rinnova il principo vichiano della connessione del vero col fatto.

La conoscenza, cioè l'unione spirituale in cui essa consiste, non si realizza mai completamente, ma è continuo processo, in continuo svolgimento. Da qui viene la serietà della storia nel corso della quale lo spirito si svolge e mentre genera un molteplicità di manifestazioni è però sempre uno, anzi si manifesta maggiormente.

La dialettica dello spirito racchiude tre concetti o momenti o forme della attività spirituale:

Momento soggettivo, che consiste nella libera espressione del soggetto, il quale si afferma senza avere coscienza di limiti esterni; questa è l'attività artistica che non obbedisce ad alcuna regola esteriore, ma solo alla libera ispirazione. Manifestazione del momento soggettivo è anche il gioco del fanciullo.

Momento oggettivo, che consiste nel riconoscere dinanzi a noi una realtà che ci limita e alla quale dobbiamo piegarci. A questo momento appartengono le scienze, che considerano la realtà materiale e la religione per la quale ci inchiniamo dinanzi ad una realtà superiore.

I
l terzo momento è quello della sintesi soggetto - oggetto, ossia della pienezza dello spirito, il quale afferma se stesso e insieme una realtà oggettiva che non considera più come estranea bensì come intima e immanente. Espressione del terzo momento è la filosofia.



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