Eduardo Ambrosio


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HEGEL

FILOSOFIA > OTTOCENTO

GEORG WILHELM HEGEL
Nacque il 27 agosto 1770 a Stoccarda, guardò al pensiero, contro le categorie immobili di Kant, come a qualcosa di mobile, di dialettico. Immaginò non solo un percorso verticale, un'ascesa, una purificazione, che pure era nella sua visione trionfalistica di una storia che marcia verso lo spirito assoluto, ma anche uno spostamento orizzontale. Immaginò un pensiero nomadico che, nato nelle remote distese asiatiche, approdava dopo millenni in Europa, e in particolare nella Germania del XIX secolo:<<La storia del mondo va da Oriente ad Occidente, l'Europa infatti è la fine della storia del mondo, così come l'Asia ne è il principio... Qui nasce il sole esteriore, fisico, che tramonta a Occidente; ma qui nasce anche il sole interiore dell'autocoscienza>>. Morì a Berlino, forse di colera, il 14 novembre 1831.

L'IDEALISMO DIALETTICO ( o ASSOLUTO)

Il giovane
GEORG WILHELM HEGEL viene influenzato dalle filosofie illuministiche e romantiche (tendenza ad abbracciare l'Universo nella sua totalità, a contemplarlo vivente in ogni singolo essere, l'aspirazione a coglierne in profondità il ritmo della vita interiore che è divenire perenne nelle infinite antitesi sempre superate e sempre riconoscenti), ma subito dopo, con "La fenomenologia dello spirito", critica Fichte (sviluppo infinito) e Shelling (unità indistinta), orientandosi verso una concezione dove il sistema del pensiero coincide con il sistema del reale in cui il processo ha per risultato un ritorno al principio.
L'
Assoluto è lo stesso processo delle cose; Dio non è estraneo al mondo, ma la storia del mondo è la stessa storia di Dio. Dio stesso è in divenire e le vicende del mondo sono il farsi carne del Logos (la ragione in sé). Così l'infinito e il finito, l'universale e l'individuale, l'uno e i molti, Dio e il mondo non sono fuori l'uno dall'altro.
Se la realtà è lo sviluppo della ragione, il farsi carne del Logos, tra essere e pensiero, tra realtà e razionalità non vi è distinzione, ma piena compenetrazione.

La LOGICA (da logos) esprime il ritmo del reale, la DIALETTICA è una metafisica che colma ogni distanza tra il soggetto e l'oggetto, tra l'essere e il dover essere, tra il reale e il razionale, cioè l'IDEALISMO ASSOLUTO.

A Schelling, in particolare, critica apertamente la concezione della "intuizione geniale": per H., l'intuito del genio artistico crea l'arte ma non la filosofia, perché in filosofia bisogna ragionare, dimostrare tutto.
Essendo ormai giunti ad una nuova concezione della realtà, anche per HEGEL, la filosofia ha bisogno di un nuovo
ORGANO, deve servirsi della logica, ma occorre una nuova logica, che sarà contrapposta alla realtà logica di Aristotele e di Kant.

La logica antica può solo essere una parte di un metodo più ampio, in quanto essa è la logica del finito
(LOGICA DELL'INTELLETTO) con la definizione di concetti ben circoscritti e fissi nei loro limiti, il suo principio fondamentale è quello d'identità: A è A e non può essere al tempo stesso non-A; qui bisogna tenere ben fisse le distinzioni tra un concetto e l'altro. Per H. tutto questo è vero, ma è solo un momento della vita mentale perché al di sopra del momento della distinzione c'è la SINTESI, l'unità dei distinti, che H. chiama UNITA' DEGLI OPPOSTI (di eracliana memoria).
L'attività dello spirito pone per poi superare la distinzione.

La NUOVA LOGICA è quella , non dell'intelletto che distingue e separa, ma della RAGIONE che coglie l'UNITA' degli OPPOSTI, cioè vede il movimento per cui i concetti si trasformano l'uno nell'altro. Il suo "principio fondamentale" è appunto quello dell'unità degli opposti.
La nuova logica è la vita, il movimento dello spirito che si realizza ponendo e superando le differenze: tutte le cose finite, cioè, sono in continuo processo (divenire) e si trasformano sempre in altre cose, cioè si negano superandosi.
L'opposizione fondamentale è fra essere e non essere, fra male e bene, fra razionale e irrazionale, ma queste opposizioni non sono separate, bensì unite e costituiscono il
DIVENIRE.
Il male è nel bene perché il bene è il superamento del male, senza il male non si riconoscerebbe. In altre parole, per avere coscienza del bene, bisogna avere anche coscienza del male: l'innocenza non è conoscenza del bene, ma soltanto ignoranza.
E così la verità presuppone l'errore che essa supera e corregge.
Tutta la storia è progresso in cui il bene e la verità si affermano sul male e sull'errore, tutto ciò che è stato pensato e fatto dagli uomini ha avuto la sua ragione, quindi è stato razionale, anche se poi è stato superato da una razionalità più alta.

La filosofia deve spiegare come l'unità degli opposti si realizza svolgendosi. Questa unità è chiamata da H.
IDEA (scala infinita con gradini eguali); l'idea non è fissa, immutabile, ma si svolge, essa non è, ma diventa. Quanto più si svolge, tanto più diventa consapevole di se stessa, per far ciò deve esplicarsi in molteplici determinazioni particolari, nessuna delle quali è tutta l'idea, perché ciascuna di esse è soltanto un momento, per cui se questi momenti determinati non ci fossero, non ci sarebbe neppure l'idea.
Ad esempio, l'essere in sé astratto, senza nessuna determinazione, statico, non è nulla; l'essere si realizza negli esseri particolari determinati e in svolgimento.
Il bene in astratto non esiste, ma si realizza esclusivamente nelle cose e nelle buone azioni.

La base dello svolgimento dell'idea è lo
SPIRITO IN SE' o LOGOS. Il logos è il fondamento della realtà, ma considerato in sé stesso, cioè in modo formale. La scienza che lo studia è la LOGICA che, per H., fa tutt'uno con la metafisica, poiché il logos è l'essenza della realtà.
Lo svolgimento del logos si attua attraverso la natura (idea per sé) oggettivata di fronte a sé, così giunge alla consapevolezza grazie allo spirito umano, il quale riconosce che la natura non è qualche cosa di opposto come sembrava.
Si hanno tre momenti nello svolgimento:
- la TESI-TESI cioè l'idea o il logos in sé;
- la TESI-ANTITESI cioè la natura per sé;
- la TESI-SINTESI attuata dallo spirito umano che giunge a vedere l'unità dell' IN SE' e del PER SE'.

A questi tre momenti corrispondono le tre parti della filosofia di H.:
-
LOGICA
- FILOSOFIA DELLA NATURA
- FILOSOFIA DELLO SPIRITO

Siccome lo spirito si svolge passando anch'esso attraverso tre momenti, la filosofia dello spirito si divide a sua volta in tre parti:
-
FILOSOFIA DELLO SPIRITO SOGGETTIVO
- FILOSOFIA DELLO SPIRITO OGGETTIVO
- FILOSOFIA DELLO SPIRITO ASSOLUTO

Lo svolgimento dello
spirito soggettivo va dalle manifestazioni rozze della coscienza sino a quelle più elevate, la ragione è l'attività pratica, cioè il libero volere.

Lo svolgimento dello
spirito oggettivo è la realizzazione della vera libertà nello STATO, perché la vera libertà non è arbitrio e anarchia, ma obbedienza ad una legge. Si hanno qui tre gradini:
-
IL RICONOSCIMENTO DELLA PROPRIETA',
- LA MORALITA' cioè la libertà interiore,
- L'ETICITA', distinta dalla moralità, consiste nello spontaneo accordo tra la volontà della condizione e i doveri imposti dalla famiglia e dallo Stato.

Lo STATO (le cui leggi, a differenza della legge morale di Kant, indicano in ogni caso al cittadino quello che deve fare) è il culmine dello spirito oggettivo.
Dai rapporti tra i singoli stati nasce la storia, che,
quale racconto dell'infinita ricerca di equilibrio tra istinti e ragione senza nessuna esclusione, è progresso nella coscienza della libertà.
Nel mondo orientale uno solo è libero, nel mondo greco-romano sono liberi alcuni, nel mondo cristiano-germanico la libertà spetta a tutti (dove il servo avvertendo l'alienazione, causata dalla costrizione ad attuare un fare deciso del padrone, scopre la prorpria dignità e si prepara a sostituirlo, questo processo porterà ad un continuo scambio di posizioni, che si annulleranno equilibrandosi nel perfetto Stato etico).

Da queste intuizioni prenderanno le mosse la sinistra hegeliana e Marx; la destra hegeliana con la concezione corporativa della società, la teoria dei "forti" che hanno il diritto e le qualità di governare e dei "deboli " che devono servirli; anche lo stesso superuomo nicciano avrà una sua radice nella bipolarità tra padroni e servi.

Difficili da accettare forzature quali considerare razionale il nazismo perché esistente (Heidegger) o associare con semplicità il Terrore all'Illuminismo, i lager a Marx, la Shoah a Hegel e Hiroshima a Nietzsche.


Nell'Eticità dello Stato e della Storia si attua la perfetta conversione del razionale col reale. In ogni momento storico uno stato egemonico attua l'unità storico-dialettica di tutti gli altri, attratti nell'orbita del suo predominio (Pangermanesimo). Visibile è una divinizzazione dello Stato: esso è volontà divina, come spirito presenziale, come spirito esplicantesi e reale, figura e organizzazione del mondo: l'ingresso di Dio nel mondo è lo Stato. Come vita divina che si realizza nel mondo, lo Stato non può trovare, nelle leggi della morale, un limite o un impedimento nella sua azione. Il benessere di uno Stato ha una giustificazione del tutto diversa che non abbia il benessere dell'individuo e non può dipendere da quei "pensieri universali" che vanno sotto il nome di "principi morali".

HEGEL, pur considerando la storia come la realtà integrale, non rinuncia a far grandeggiare sulla di essa lo
SPIRITO ASSOLUTO che, con il suo svolgimento, conduce l'attività spirituale ancora al di sopra. Qui lo spirito sfocia liberamente nel campo delle attività superiori:
ARTE che, quale intuizione del finito come tale, permette all'uomo di esprimere l'idea in forma sensibile e intuitiva.
RELIGIONE che, quale forma rappresentativa, elabora delle rappresentazioni dell'infinito attuando l'unicità dell'infinito e del finito, ma per la forma immaginativa che è propria della vita religiosa, l'infinito è pensato come trascendente.
FILOSOFIA che (pienamente trasparente a se stesso, assoluto) è la consapevolezza suprema dello spirito quindi non solo consapevolezza di sé, ma anche dell'arte, della religione e di tutto ciò che esiste: lo spirito attua la sua perfetta autocoscienza.

Bisogna notare che H. finisce col negare l'autonomia dell'arte e della religione perché le considera forme di conoscenza dell'assoluto, ma inferiori all'unica vera forma di conoscenza che è la filosofia, in quanto l'arte e la religione sono filosofia implicita, non ancora sviluppata, non ancora consapevole.

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Hegel, dall'alto della sua premessa dell'identità della realtà (intesa come realtà dei fatti e degli atti concreti individuali e collettivi) con la ragione (e non che questa penetri la realtà per modificarla a sua immagine e somiglianza) per cui il "dover essere" coincide" con l'essere esistente -
la filosofia deve intendere ciò che è, poiché ciò che è, è la ragione; valido sia per la natura sia per lo Stato, nato per tradurre l'etica in diritto; non deve avere la pretesa di giudicare la realtà, bensì deve elaborare in concetti il contenuto del reale che l'esperienza le offre dimostrandone l'intrinseca razionalità,
- era convinto che nei due millenni da Platone e nel secolo da Cartesio i pensatori tutti si erano sempre orientati a creare un sistema che racchiudesse il senso della filosofia, la spiegazione della vita, il rapporto con la morte, il problema di Dio, le leggi della logica, il fondamento dell'etica, ma solo altri tre oltre a lui stesso ci erano riusciti: Platone, Aristotele e Kant; riteneva, infatti, di essere colui che chiudeva la storia della filosofia (teoretica) aperta da Platone e completava l'epoca (la confusa moderna da lui richiamata all'ordine), aperta da Cartesio. Dopo di lui non ci sarebbe stato nient'altro da dire, da scoprire, da modificare nel campo della filosofia e della politica: lo Spirito Assoluto e l'Autocoscienza Assoluta sarebbero stati una conquista mentale definitiva.
Non la fine della storia
(la cui molla, come pure per il suo divenire, è la dialettica che, quindi non è soltanto un metodo logico) in quanto ogni uomo, quale Autocoscienza che viene rivelata dalla pronuncia della parola "Io", deve giungere con il proprio livello di coscienza - Autocoscienza - a quelle conquiste mentali realizzate dalla filosofia, non più modificabili.
Autocoscienza si condensa nel Desiderio che, mentre nell'animale (che si nutre di cose reali) si risolve naturalmente, nell'uomo (che si nutre di Desideri) si deve dirigere verso un oggetto non-naturale che può essere solo lo stesso Desiderio, di conseguenza l'Io non sarà identità o uguaglianza con sé, ma divenire. Quest'Io sarà così la sua propria opera: sarà (nell'avvenire) ciò che è diventato mediante la negazione (nel presente) di ciò che è stato (nel passato). Esso, nel suo stesso essere, è divenire intenzionale, evoluzione voluta, progresso cosciente e volontario, è individuo libero (di fronte al reale dato) e storico (in rapporto con se stesso). Solo questo è l'Io che si rivela a sé e agli altri come Autocoscienza.

La metafisica, sminuita da Cartesio, Spinoza e Kant, con Hegel riprende il posto preminente e assoluto e, con la ripresa religiosa in particolare quella cristiana, formula la base della sua concezione dello Spirito e dell'identificazione di umano e divino.

Opere:
La fenomenologia dello spirito - La logica - L'enciclopedia delle scienze filosofiche.



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