Eduardo Ambrosio


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Hegel

UNIVERSITA' > ANNO ACCADEMICO 2019-20 > La Filosofia a cura di GIORGIO

GEORG WILHELM FRIEDRICH HEGEL (1770-1831)

PREMESSA
Hegel è il massimo esponente dell'idealismo.
Egli considera la realtà come un tutto organico, in cui ogni parte è collegata all'altra: in questo senso si parla di tutto organico.
Le manifestazioni della realtà, intesa come un tutto organico, sono parti di una unica entità assoluta, chiamata Spirito, che si realizza nel divenire del mondo.
Quindi la realtà è il manifestarsi di un soggetto spirituale infinito (lo Spirito, appunto).
Ma, se la realtà è il manifestarsi di questo soggetto spirituale infinito, non può essere casuale, ma deve essere soggetta a un piano razionale.
Possiamo quindi parlare di identità di reale e di razionale, per cui la razionalità è la forma della realtà.

Nell'opera che si intitola Fenomenologia dello spirito. Hegel indica la via che lo Spirito deve percorrere attraverso la coscienza umana per giungere a se stesso.
Ma è anche la via che la coscienza umana percorre per giungere allo Spirito.
Si tratta di una ricerca in cui la coscienza prende atto di sé, dapprima rispetto alla realtà sensibile, poi in sé come autocoscienza per infine riconoscere se stessa nello Spirito (chiamato anche Assoluto).
Nello Spirito la coscienza assume il nome di Idea.

Nell'Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, Hegel segue lo sviluppo dell'idea nei suoi momenti strutturali: Idea in sé, Idea fuori di sé, Idea che torna in sé, cui corrispondono gli ambiti della logica, della filosofia della natura e infine della filosofia dello spirito.

LE TESI DI FONDO DEL SISTEMA HEGELIANO
Per poter seguire proficuamente lo svolgimento del pensiero di Hegel, bisogna conoscere le tesi di fondo del suo idealismo, che sono le seguenti: a) la risoluzione del finito nell'infinito; b)l'identità tra ragione e realtà: c) la funzione giustificatrice della filosofia.

La risoluzione del finito nell'infinito
Per Hegel, la realtà non è un insieme di sostanze autonome ma un organismo unitario.
Pertanto tutto ciò che esiste è parte o manifestazione di questo organismo unitario.
Tale organismo rappresenta la ragion d'essere (il fondamento) di ogni realtà e coincide con l'Infinito (o Assoluto).
I vari enti del mondo, essendo manifestazioni di tale Infinito, costituiscono il finito.
Pertanto, il finito è un'espressione parziale dell'Infinito.
Quindi il finito esiste unicamente nell'Infinito e in virtù dell'infinito.
A questo punto, il finito coincide con lo stesso infinito.

L'identità tra ragione e realtà
Questo organismo unitario che sta alla base della realtà si può chiamare anche soggetto spirituale infinito.
Ora questo soggetto spirituale infinito viene denominato da Hegel idea o ragione.
Da questa identità nasce la formula: "Ciò che è razionale e è reale e ciò che è reale è razionale".
Esaminiamo la prima parte di questa formula: "Ciò che è razionale è reale".
Essa significa che la ragione è la forma stessa di ciò che esiste, perché la ragione governa il mondo e lo costituisce.
Ora esaminiamo la seconda parte della formula: "Ciò che è reale è razionale".
Essa significa che la realtà non è una materia caotica, ma il dispiegarsi di una struttura razionale.
Concludiamo dicendo che la realtà e la ragione sono la stessa cosa.

La funzione della filosofia
La filosofia, secondo Hegel, ha il compito di prendere atto della realtà e di comprendere le strutture razionali che la costituiscono.
Essa deve portare nella forma del pensiero il contenuto che l'esperienza le offre, dimostrandone l'intrinseca razionalità.
Il compito della filosofia è la giustificazione razionale della realtà.


LE PARTIZIONI DELLA FILOSOFIA
Secondo Hegel, il farsi dinamico dell'Assoluto (o Spirito) passa attraverso i tre momenti dell'idea in sé e per sé, dell'idea fuori di sé e dell'idea che ritorna in sé
Questi tre momenti si chiamano rispettivamente Tesi, Antitesi e Sintesi.
L'idea in sé e per sé è l'idea considerata in se stessa, a prescindere dalla sua concreta realizzazione nel mondo. Questa idea corrisponde all'ossatura logico-razionale della realtà.
L'idea fuori di sé è la natura, cioè l'alienazione dell'idea nella realtà spazio-temporale del mondo.
L'idea che ritorna a sé è lo Spirito, cioè l'idea che, dopo essersi fatta natura, torna presso di sé nell'uomo (acquistando coscienza di sé nell'uomo).
A questi tre momenti strutturali dell'Assoluto corrispondono rispettivamente la logica, la filosofia della natura e la filosofia dello spirito.

LA DIALETTICA
L'Assoluto (Infinito, Spirito) è essenzialmente "divenire".
La legge che regola il divenire si chiama "dialettica", che è, allo stesso tempo, la legge ontologica di sviluppo della realtà e la legge logica di comprensione della realtà.
Hegel distingue tre momenti del pensiero:
momento astratto
momento dialettico
momento speculativo

Il momento astratto consiste nel concepire l'esistente sotto forma di una molteplicità di determinazioni statiche e separate le une dalle altre. Il pensiero si ferma alle determinazioni rigide della realtà, limitandosi a considerarle nelle loro differenze reciproche.
Il momento dialettico consiste nel mostrare come le determinazioni del momento astratto siano unilaterali ed esigono di essere messe in movimento, ovvero di essere relazionate con altre determinazioni e, in particolare, bisogna mettere in rapporto le varie determinazioni con le determinazioni opposte (per es., uno-molti, uguale-disuguale, bene-male, ecc.).
Il momento speculativo consiste nel cogliere l'unità delle determinazioni opposte, ossia nel rendersi conto che tali determinazioni sono aspetti unilaterali di una realtà più alta che li ricomprende e li risintetizza entrambi (per es., dalla contrapposizione dell'unita alla molteplicità, nasce un'unità che vive solo attraverso la molteplicità).
La dialettica consiste quindi:
nell'affermazione o posizione di un concetto astratto e limitato (TESI;)
nella negazione di questo concetto e nel passaggio a un concetto opposto (ANTITESI;
nell'unificazione di affermazione e negazione in una SINTESI positiva.

LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO
La fenomenologia è l scienza di ciò che appare.
Siccome per Hegel l'intera realtà è spirito, la fenomenologia consisterà nell'apparire dello spirito a se stesso, cioè nel pervenire dello spirito alla consapevolezza di essere tutta la realtà, cioè l'Assoluto, che è identità di finito e infinito, di reale e di razionale.
Hegel, per descrivere il progressivo affermarsi e conoscersi dello spirito, lo fa attraverso una serie di FIGURE, cioè di tappe ideali che hanno trovato ciascuna una esemplificazione tipica nel corso della storia. Le figure possono essere considerate come momenti della progressiva conquista della verità da parte dell'uomo.
La Fenomenologia dello spirito è una storia romanzata della coscienza che, nel dolore e negli errori, esce dalla sua individualità, raggiunge l'universalità e si riconosce come ragione che è realtà e realtà che è ragione.
L'opera si divide in due parti:
la prima parte comprende i tre momenti della coscienza, dell'autocoscienza e della ragione.
La seconda parte comprende le tre sezioni dello spirito, della religione e del sapere assoluto.
Noi ora prenderemo in esame due celebri figure della Fenomenologia: "Servitù e signoria" e "La coscienza infelice".

SERVITÙ E SIGNORIA
Siamo nella parte dedicata all'Autocoscienza, dove l'attenzione si sposta dall'oggetto al soggetto, cioè all'attività concreta dell'io, considerato nei suoi rapporti con gli altri.
L'autocoscienza postula la presenza di altre autocoscienze in grado di darle la certezza di essere tale. Hegel pone l'accento sul carattere drammatico della separazione fra le autocoscienze e sulle peripezie per giungere al loro reciproco riconoscimento.
Pertanto,il riconoscimento non può che passare attraverso un momento di lotta e di sfida, ossia attraverso il conflitto fra le autocoscienze. Tale conflitto non si conclude con la morte delle autocoscienze contendenti ma con il subordinarsi dell'una all'altra nel rapporto servo-signore. Il signore è colui che, per affermare la propria indipendenza, ha messo a repentagli ola propria vita fino alla vittoria, mentre il servo è colui che ha preferito la perdita della propria indipendenza, cioè la schiavitù, pur di avere salva la vita.
Tuttavia la dinamica del rapporto servo-signore (che corrisponde al tipo di società del mondo antico) mette capo a una situazione in cui il signore diviene servo del servo e il servo signore del signore. Infatti il signore, nella misura in cui si limita a godere passivamente del lavoro dei servi, finisce per dipendere da loro. Invece il servo, che inizialmente appariva dipendente, nella misura in cui padroneggia e trasforma le cose da cui il signore riceve il proprio sostentamento, finisce per rendersi indipendente.

LA COSCIENZA INFELICE
Questa figura della Fenomenologia, denominata "Coscienza infelice", inizia trattando della separazione radicale tra l'uomo e Dio. Ora, questa opposizione tra uomo e Dio, tra finito e infinito, produce nella coscienza una lacerazione che genera infelicità.
Questa separazione, che appunto caratterizza la coscienza infelice, si manifesta in primo luogo sotto forma di antitesi tra l'""intrasmutabile" e il "trasmutabile", cioè tra ciò che è essenziale e ciò che non è essenziale.
Questa è la situazione dell'ebraismo, nel quale, in un primo momento, l'Assoluto (cioè l'intrasmutabile) è sentito come lontano dalla coscienza individuale (cioè il trasmutabile) e assume le sembianze di un Dio trascendente, cioè di un Signore inaccessibile di fronte a cui l'uomo si trova in uno stato di totale dipendenza.
Nel secondo momento l'intrasmutabile assume la figura di un Dio incarnato. E' questa la situazione propria del cristianesimo medievale, il quale, anziché considerare Dio come un padre o come un giudice lontano, lo prospetta sotto forma di una realtà "effettuale" (Gesù Cristo). Tuttavia, la pretesa di cogliere l'Assoluto in una presenza particolare e sensibile, è destinata al fallimento.
Simbolo di questo fallimento sono le crociate, nelle quali l'inquieta ricerca di Dio si conclude con la scoperta di un sepolcro vuoto. Inoltre Cristo, di fronte alla coscienza, rimane semor qualcosa di diverso e di separato. Tanto più che egli, come Dio trascendente, esprime pur sempre il momento dell'al di là e, come Dio incarnato, vissuto in uno specifico periodo storico, risulta pur sempre, per i posteri, inevitabilmente lontano.
Di conseguenza, con il cristianesimo, la coscienza continua a essere infelice e Dio continua a configurarsi come un "irraggiungibile al di là che sfugge".
Ma il punto più basso toccato dal singolo (il quale cerca un estremo punto di contatto tra sé e l'intrasmutabile nella figura mediatrice della Chiesa) è destinato a trapassare dialetticamente nel punto più alto allorquando la coscienza, nel suo vano sforzo di unificarsi con Dio, si rende conto di essere, lei stessa, Dio, ovvero l'Universale o il soggetto assoluto.
È il passaggio alla ragione, che avviene nel Rinascimento e nell'età moderna.

L'ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE FILOSOFICHE IN COMPENDIO
Il sistema hegeliani si articola nelle te sezioni della logica, della filosofia della natura e nella filosofia dello spirito.

LA LOGICA
La logica prende in considerazione l'impalcatura originaria, logico-razionale, del mondo. Hegel, infatti, distingue la filosofia che si occupa di oggetti concreti (la natura, le produzioni dello spirito ecc.) dalla logica, che considera solo la loro struttura astratta, la quale si specifica in un organismo dinamico di concetti.
Per Hegel il pensiero, che è l'oggetto della logica, non è una facoltà dell'individuo, ma ciò che di più oggettivo e universale esiste. La logica hegeliana indaga il pensiero in quanto è "realtà" in senso forte, vale a dire il fondamento di tutto ciò che può presentarsi alla coscienza come suo "oggetto". In altre parole, i concetti di cui tratta la logica di Hegel non sono pensieri soggettivi, ai quali la realtà rimanga esterna e contrapposta, ma pensieri oggettivi, che esprimono la realtà stessa nella sua essenza.

LA FILOSOFIA DELLA NATURA
Secondo Hegel, la natura è "l'idea nella forma dell'essere altro" e come tale è essenzialmente esteriorità. Considerata in sé, cioè nell'idea, è divina; ma nel modo in cui essa è, il suo essere non corrisponde al concetto: essa è quindi contraddizione insoluta. Il suo carattere proprio è di essere negazione. Essa è la decadenza dell'idea da se stessa, perché l'idea nella forma dell'esteriorità è inadeguata a se stessa.
Il concetto di natura ha tuttavia una funzione-chiave nella dottrina di Hegel. Il principio stesso dell'identità di realtà e ragione pone infatti a questa dottrina l'obbligo di giustificare e risolvere nella ragione tutti gli aspetti della realtà. Hegel respinge fuori della realtà, e quindi nell'apparenza, ciò che è finito, accidentale e contingente, legato al tempo e allo spazio, e la stessa individualità in ciò che ha di proprio e di irriducibile alla ragione. Ma tutto ciò deve pur trovare un qualche posto, una qualche giustificazione, sia pure a mero titolo di apparenza, se, almeno come apparenza è reale; e trova posto e giustificazione appunto nella natura, che si configura come una sorta di pattumiera del sistema.

LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO
La filosofia dello spirito consiste nello studio dell'idea che, dopo essersi estraniata da sé, sparisce come natura, cioè come esteriorità e spazialità, per farsi soggettività e libertà, ovvero auto-creazione e auto-produzione.
Lo sviluppo dello spirito avviene attraverso tre momenti principali:
lo spirito soggettivo, che è lo spirito individuale nell'insieme delle sue facoltà;
lo spirito oggettivo, che è lo spirito sovra-individuale e sociale;
lo spirito assoluto, che è lo spirito il quale sa e conosce se stesso nelle forme dell'arte, della religione e della filosofia
Lo spirito procede per gradi e ciascun grado è compreso e risolto nel grado superiore, il quale, a sua volta, è già presente nel grado inferiore (per esempio, l'individuo non esiste accanto alla società, ma è ricompreso nella società, la quale, a sua volta, è presente nell'individuo fin dall'inizio)

LO SPIRITO SOGGETTIVO
Lo spirito soggettivo è lo spirito individuale, considerato nel suo progressivo emergere dalla natura, attraverso un processo che va dalle forme più elementari di vita psichica alle più elevate attività conoscitive e pratiche.
La filosofia dello spirito soggettivo si divide in tre parti: antropologia, fenomenologia, psicologia.
L'antropologia studia lo spirito come anima, la quale si identifica con quella fase aurorale della vita cosciente che rappresenta una sorta di dormiveglia dello spirito.
La fenomenologia studia lo spirito in quanto coscienza, autocoscienza e ragione.
La psicologia studia lo spirito in senso stretto, cioè in quelle sue manifestazioni universali che sono il conoscere teoretico, l'attività pratica e il volere libero.

LO SPIRITO OGGETTIVO
Nella sfera dello spirito oggettivo, lo spirito si manifesta in istituzioni sociali concrete, ovvero in quell'insieme di determinazioni sovra-individuali che Hegel raccoglie sotto il concetto di "diritto" in senso lato.
I momenti dello spirito oggettivo sono tre: il diritto astratto, la moralità, l'eticità.

Il diritto astratto
Il volere libero si manifesta innanzitutto come volere del singolo individuo, considerato come persona fornita di capacità giuridiche.
Il diritto astratto riguarda la manifestazione esterna della libertà delle persone, concepite come puri soggetti astratti di diritto,
La persona trova il suo primo compimento in una cosa esterna, che diventa sua "proprietà".
La proprietà diviene tale soltanto in virtù del reciproco riconoscimento tra le persone, ossia tramite l'istituto giuridico del "contratto".
L'esistenza del diritto rende possibile l'esistenza del suo contrario, cioè il torto, che nel suo aspetto più grave è il delitto. Ma la colpa richiede una pena, che si configura come il ripristino del diritto violato. La pena, intesa come una ri-affermazione potenziata del diritto, appare quindi come una necessità oggettiva del nostro razionale e giuridico vivere insieme.
Tuttavia, perché la pena sia efficacemente punitiva e formativa, occorre che sia riconosciuta interiormente dal colpevole. Ma questa esigenza, oltrepassando l'ambito del diritto, che concerne l'esteriorità legale, richiama la sfera della moralità.

La moralità
La moralità è la sfera della volontà soggettiva, quale si manifesta nell'azione. Quest'ultima ha una portata morale solo in quanto sorga da un proponimento.
In quanto procede da un essere pensante, il proponimento prende la forma dell'intenzione. Quando l'intenzione si solleva all'universalità, il fine assoluto della volontà diventa il bene in sé e per sé. Ma il bene qui è ancora un'idea astratta, che attende di passare all'esistenza per opera di una altrettanto astratta volontà soggettiva, che ha solo l'intenzione di compiere il bene.
Pertanto, il dominio della moralità è caratterizzato dalla separazione tra la soggettività che deve realizzare il bene e il bene che deve essere realizzato. Quest'ultimo assume l'aspetto di un dover essere.
Hegel intende dire che per un verso la morale esige la realizzazione del dovere, ma per un altro verso non deve raggiungere tale realizzazione, in quanto la moralità implica un limite da superare (un'incessante lotta contro l'inclinazione sensibile), configurandosi come compito infinito e sforzo senza fine.

L'eticità
Nell'eticità, invece, il bene si attua concretamente e diviene esistente. Mentre la moralità è la volontà soggettiva (cioè interiore e privata) del bene, l'eticità è la moralità sociale, ovvero la realizzazione concreta del bene in quelle forme istituzionali che sono la famiglia, la società civile e lo Stato.

La famiglia
Nella famiglia, il rapporto naturale tra i sessi assume la forma di una unità spirituale, fondata sull'amore e sulla fiducia.
La famiglia s articola nel matrimonio, nel patrimonio e nell'educazione dei figli. Una volta cresciuti, i figli escono dalla famiglia originaria per dare origine e nuove famiglie.

La società civile
Con la formazione di nuovi nuclei familiari il sistema unitario e concorde della famiglia si frantuma nel sistema atomistico e conflittuale della società civile, che si identifica con la sfera economico-sociale e giuridico-amministrativa del vivere insieme, ovvero con il luogo di scontro, ma anche di incontro, di interessi particolari e indipendenti, i quali si trovano a dover coesistere tra loro.
La società civile si articola in tre momenti: il sistema dei bisogni, l'amministrazione della giustizia, la polizia e le corporazioni.
Il sistema dei bisogni nasce dal fatto che gli individui, dovendo soddisfare le proprie necessità mediante la produzione della ricchezza e la divisione del lavoro, danno origine a differenti classi.
Hegel distingue tre classi o ceti: la classe sostanziale degli agricoltori, la classe formale degli artigiani, dei fabbricanti e dei commercianti, la classe universale dei pubblici funzionari.
L'amministrazione della giustizia concerne la sfera delle leggi e della loro tutela giuridica e si identifica con il diritto pubblico.
La polizia e le corporazioni provvedono alla sicurezza sociale. Nel sistema di Hegel le corporazioni di mestiere rivestono un ruolo particolare, in quanto, attuando una sorta di unità tra la volontà del singolo e quella della categoria lavorativa a cui quel singolo appartiene prefigurano, sia pure in modo relativo e imperfetto, il momento dell'universalità statale, fungendo così da cerniera dialettica tra la società civile e lo Stato

Lo Stato
Lo Stato rappresenta il momento culminante dell'eticità, ossia la ri-affermazione dell'unità della famiglia al di là della dispersione della società civile.
Lo Stato, nel quale l'ethos di un popolo esprime consapevolmente se stesso, sta alla società civile come l'universale (la ricerca del bene comune) sta al particolare (la ricerca dell'utile privato). Di conseguenza, lo Stato non implica una soppressione della società civile ma uno sforzo di indirizzarne i particolarismi verso il bene collettivo.
Nello Stato si ha la congiunzione dell'organicità (l'individuo, nello Stato, non vive contrapposto agli altri, come nel sistema atomistico della società civile, ma opera come momento di un corpo, o organismo unitario) con la consapevolezza soggettiva (il cittadino è consapevole di essere parte di un tutto).
Hegel definisce lo Stato "sostanza etica consapevole di sé", poiché, in quanto autocoscienza e volontà di un popolo, esso è il vero soggetto del bene e del male, ciò che sostiene (sta sotto) le scelte del singolo, condizionandole e orientandole.
Questa concezione etica dello Stato, visto come incarnazione suprema della moralità sociale e del bene comune, si differenzia nettamente dalla teoria liberale dello Stato, come strumento volto a garantire la sicurezza e i diritti degli individui. Infatti, dal punto di vista di Hegel, una teoria di questo tipo comporterebbe una sorta di riduzione dello Stato a semplice tutore dei particolarismi della società civile.
Lo Stato di Hegel si differenzia anche dal modello democratico, ovvero dalla concezione secondo cui la sovranità risiederebbe nel popolo. Secondo Hegel, il popolo, al di fuori dello Stato, soltanto una moltitudine informe.
A queste teorie Hegel contrappone la teoria secondo cui la sovranità dello Stato deriva dallo Stato medesimo, il quale ha dunque in se stesso la propria ragion d'essere e il proprio scopo, per cui lo Stato non è fondato sugli individui, ma sull'idea di Stato, ossia sul concetto di un bene universale.
La polemica anti-liberale e anti-democratica ha perciò, come suo presupposto teorico, la teoria organicistica, secondo cui non sono gli individui a fondare lo Stato, ma lo Stato a fondare gli individui, sia dal punto di vista storico-temporale (in quanto lo Stato è cronologicamente prima degli individui) sia dal punto di vista ideale e assiologico (in quanto lo Stato è superiore agli individui, come il tutto è superiore alle parti che lo compongono).
L'ottica organicistica rifiuta il modello contrattualistico, ossia le teorie che vorrebbero far dipendere la vita associata da un contratto che scaturisce dalla volontà arbitraria degli individui.
Hegel contesta anche il giusnaturalismo, ossia l'idea di diritti naturali esistenti prima e oltre lo Stato, affermando che "la società è la condizione in cui soltanto il diritto ha la sua realtà".
Ma Hegel condivide con il giusnaturalismo sia la tendenza a fare dello Stato il punto culminante del processo storico, sia la tesi della supremazia della legge, concepita come la più alta manifestazione della volontà razionale dello Stato.
Hegel ritiene che lo Stato debba operare soltanto attraverso le leggi e nella forma delle leggi. E ciò in omaggio al principio secondo cui a governare non devono essere gli uomini, ma le leggi. Di conseguenza lo Stato hegeliano si configura come uno Stato di diritto fondato sul rispetto delle leggi e sulla salvaguardia della libertà formale dell'individuo e della sua proprietà.
Coerentemente con la sua ottica storicistica, Hegel sostiene che la costituzione, cioè l'organizzazione dello Stato non è il frutto di una elucubrazione a tavolino, ma qualcosa che sgorga necessariamente dalla vita collettiva e storica di un popolo, tant'è vero che se si vuole imporre a priori una costituzione a un popolo inevitabilmente fallisce, anche se è migliore di quella esistente.
Hegel identifica la costituzione razionale con la monarchia costituzionale moderna, ossi con un organismo politico che prevede una serie di poteri distinti, ma non divisi, fra di loro: questi poteri sono tre: legislativo, governativo e principesco (il potere giudiziario non c'è, perché l'amministrazione della giustizia fa parte, lo abbiamo già visto, della società civile).
Il potere legislativo consiste nel "potere di determinare e di stabilire l'universale" e "concerne le leggi come tali". A tale potere concorre "l'assemblea delle rappresentanze di classi" con una Camera alta e una Camera bassa.
Ma siccome, secondo Hegel, i ceti sono inclini a far valere gli interessi privati a spese dell'interesse generale e non riescono a comprendere nel miglior modo quel che torni al loro meglio, allora l'assemblea dei ceti è soltanto la parte meno determinante del potere legislativo, poiché a quest'ultimo concorrono anche, in funzione preminente, gl altri due poteri , quello governativo e quello principesco.
Il potere governativo, o esecutivo, che comprende in sé i poteri giudiziari e di polizia operanti a livello di società civile, consiste nella sussunzione dei casi singoli sotto l'universale, nello sforzo di tradurre in atto, in riferimento ai casi specifici, l'universalità delle leggi. A questo compito sono adibiti i funzionari dello Stato.
Il potere del principe rappresenta l'incarnazione stessa dell'unità dello Stato, la cui sovranità si concretizza in una individualità reale, cui spetta la decisione definitiva circa gli affari della collettività. Ma il potere di costui sembra ridotto alla funzione di dire sì. Il vero potere politico è il potere del governo.
Il pensiero politico hegeliano mette capo a un'esplicita divinizzazione dello Stato.
Come vita divina che si realizza nel mondo, lo Stato non può trovare, nelle leggi della morale, un limite o un impedimento alla sua azione. Per Hegel, "il benessere di uno Stato ha una giustificazione del tutto diversa che non abbia il benessere dell'individuo" e non può dipendere dai principi morali.
Soffermandosi su diritto esterno dello Stato, Hegel dichiara che non esiste un organismo superiore in grado di regolare i rapporti inter-statali e di risolvere i loro conflitti.
Il solo giudice o arbitro è lo spirito universale, cioè la storia, la quale ha come suo momento strutturale la guerra. Hegel attribuisce alla guerra non solo uh carattere di necessità e inevitabilità, ma anche un alto valore morale. Infatti, la guerra preserva i popoli dalla fossilizzazione alla quale li ridurrebbe una pace durevole o perpetua.

La filosofia della storia
La storia può apparire caotica e senza senso solo dal punto di vista dell'intelletto finito, cioè dell'individuo. In realtà il contenuto della storia del mondo è razionale, in quanto una volontà divina domina poderosa nel mondo.
Il fine della storia del mondo è che lo spirito giunga al sapere di ciò che esso è veramente e oggettivi questo sapere, lo realizzi facendone un mondo esistente , manifesti oggettivamente se stesso. Questo spirito che si manifesta e si realizza in un mondo esistente - cioè nella storia - è lo spirito del mondo che s'incarna negli spiriti dei popoli che si succedono all'avanguardia della storia.
I mezzi della storia del mondo sono gli individui con le loro passioni. Ma le passioni sono semplici mezzi che conducono nella storia a fini diversi da quelli a cui esse esplicitamente mirano. E poiché lo spirito del mondo è sempre lo spirito di un popolo determinato, l'azione dell'individuo sarà tanto più efficace quanto più sarà conforme allo spirito del popolo a cui l'individuo appartiene.
Tuttavia la tradizione non è solo conservazione ma anche progresso, e così come la tradizione trova i propri strumenti negli individui conservatori, allo stesso modo il progresso trova i propri strumenti negli eroi della storia del mondo. Questi sanno quale sia la verità del loro mondo e del loro tempo, sanno quale sia il concetto universale prossimo a sorgere: essi esprimono ciò di cui è giunta l'ora e gli altri devono solo obbedire perché lo sentono. Solo a tali individui Hegel riconosce il diritto di avversare lo stato di cose presente e di lavorare per l'avvenire. Il segno del loro destino è il successo: resistervi è impresa vana.
In apparenza gli eroi della storia del mondo (come Alessandro, Cesare, Napoleone) non fanno che seguire la propria passione e la propria ambizione; ma si tratta, dice Hegel, di un'astuzia della ragione che si serve degli individui e delle loro passioni come di mezzi per attuare i propri fini. Rispetto a tali fini, l'individuo e i popoli sono soltanto mezzi. Il disegno provvidenziale della storia si rivela nella vittoria conseguita, di volta in volta, dal popolo che ha espresso il più alto concetto dello spirito.
Il fine ultimo della storia del mondo è la realizzazione della libertà dello spirito. Questa libertà si realizza, secondo Hegel, nello Stato. Lo Stato è dunque il fine supremo. La storia del mondo è la successione di forme statali che costituiscono momenti di un divenire assoluto. I tre momenti di essa, il mondo orientale, il mondo greco-romano, il mondo germanico, sono i tre momenti della realizzazione della libertà dello spirito del mondo.
Nel mondo orientale uno solo è libero; nel mondo greco-romano solo alcuni sono liberi; nel mondo cristiano-germanico tutti gli uomini sanno di essere liberi. Infatti la monarchia moderna rende libero l'uomo in quanto uomo. Questa libertà si può realizzare, secondo Hegel, soltanto nello Stato etico, che risolve l'individuo nell'organismo universale della comunità.

LO SPIRITO ASSOLUTO
Lo spirito assoluto è il momento in cui l'idea giunge alla coscienza del fatto che tutto è spirito.
Tale auto-sapersi dell'Assoluto non è qualcosa di immediato, ma il risultato di un processo dialettico rappresentato dall'arte, dalla religione e dalla filosofia. Queste attività non differenziano per il loro contenuto, che è lo stesso, ma soltanto per la forma nella quale ciascuna di esse presenta lo stesso contenuto, che è l'Assoluto o Dio.
L'arte conosce l'Assoluto nella forma dell'intuizione sensibile;
la religione nella forma della rappresentazione;
la filosofia nella forma del puro concetto.

L'arte
Tramite l'arte, l'uomo assume la consapevolezza di sé o di situazioni che lo riguardino mediante forme sensibili (figure, parole, musica ecc.).
Inoltre nell'arte lo spirito vive in modo immediato e intuitivo la fusione tra soggetto e oggetto, spirito e natura che la filosofia idealistica teorizza concettualmente. Ciò accade perché nell'esperienza del bello artistico, ad esempio di fronte a una statua greca, spirito e natura vengono recepiti come un tutt'uno, in quanto nella statua l'oggetto (il marmo) è già natura spiritualizzata, cioè la manifestazione sensibile di un messaggio spirituale, e il soggetto (l'idea artistica) è già spirito naturalizzato, ovvero concetto incarnato e reso visibile.
Hegel dialettizza la storia dell'arte in tre momenti: L'arte simbolica, l'arte classica, l'arte romantica.
L'arte simbolica, tipica delle grandi civiltà orientali pre-elleniche, è caratterizzata dallo squilibrio fra contenuto e forma, cioè dall'incapacità di esprimere un messaggio spirituale (l'Assoluto) mediante forme sensibili adeguate. Espressioni viventi di questo squilibrio sono il ricorso al simbolo (realtà materiale che rinvia a significati astratti) e la tendenza allo sfarzoso e al bizzarro.
L'arte classica è caratterizzata da un armonico equilibrio tra contenuto spirituale e forma sensibile, attuato mediante la figura umana. L'arte classica rappresenta il culmine della perfezione artistica.
L'arte romantica è caratterizzata da un nuovo squilibrio tra contenuto spirituale e forma sensibile, in quanto lo spirito acquista coscienza di come qualsiasi forma sensibile sia insufficiente a esprimere in modo compiuto l'interiorità spirituale. Se nell'arte simbolica il messaggio spirituale è così povero da non trovare la sua espressione figurativa adeguata, nell'arte romantica è così ricco da trovare inadeguata ogni figurazione sensibile.
Il passaggio dall'arte simbolica a quella classica e poi a quella romantica corrisponde per Hegel a un processo di smaterializzazione e spiritualizzazione subito dall'espressione artistica attraverso i secoli. Infatti:
la forma artistica tipica dell'arte simbolica è l'architettura, nell'arte classica si privilegia la scultura e nell'arte romantica si privilegiano la pittura e, soprattutto, l musica e la poesia.

La religione
La religione è la seconda forma dello spirito assoluto, quella in cui l'Assoluto si manifesta nella forma della rappresentazione. Questo significa che la religione, in quanto speculazione teologica, è certamente pensiero ma ancora affetto da un elemento sensibile.
La teologia è pensiero di Dio: Dio è un oggetto del pensare che la mente umana si rappresenta, si pone davanti come se fosse una cosa separata dal mondo e dall'uomo. Non essendo in grado di pensare adeguatamente Dio, la religione si arena di fronte a un presunto mistero dell'Assoluto.

La filosofia
Nella filosofia l'idea giunge alla piena e concettuale coscienza di se medesima.
La filosofia è pensiero di Dio, nel senso che è la comprensione che Dio o l'Assoluto ha di se stesso, l'autocoscienza di Dio, il quale, manifestandosi all'uomo, si svela a se stesso. In tal senso la filosofia è la rivelazione totale di Dio, la sua trasparente manifestazione nella forma limpida e chiara del concetto.
Hegel ritiene che la filosofia, al pari della realtà, è una formazione storica, ossia una totalità processuale che si è sviluppata attraverso una serie di gradi o momenti concludentisi necessariamente nell'idealismo. In altre parole, la filosofia è l'intera storia della filosofia giunta a compimento con Hegel.








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