Eduardo Ambrosio


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MOSCHEA DI ROMA

CULTURE E RELIGIONI

LA MOSCHEA DI ROMA

Il tema coranico "Allah è luce" irrora i travertini, le decorazioni, la cupola e il minareto della moschea di Roma inaugurata il 21 giugno 1995 al solstizio d'estate.

SCHEDA: L'architetto Paolo Portoghesi ("di tutti gli atti il più compiuto è il costruire"), su commissione del Centro Islamico Culturale d'Italia, l'ha realizzata (su progetto dall'architetto iracheno Sami Mosawi) in circa 20 anni ispirandosi, per una "architettura organistica" (che parte dalla "linea-eco" e la sviluppa in un andamento circolare che riproduce l'evoluzione dei cerchi concentrici prodotti da un sasso gettato in acqua), alle superficie curve del Borromini cercando di conciliare la cultura islamica e la natura del luogo: la collina del Monte Antenne, seguendo quella che lui chiama la "teoria dell'ascolto dei luoghi"; il colore è neutro; elemento principale della struttura è il pilastro composto, che diversifica la struttura a calice in cinque elementi a fascia corrispondenti ai cinque fondamenti della religione islamica: :
1. Fede in un unico Dio il cui nome è Allah in base alle leggi dell'Islam (cieca sottomissione). Maometto è il profeta ma sono suoi profeti anche Gesù e Mosè;
2. Obbligo di pregare cinque volte al giorno (alba, mezzogiorno, pomeriggio, tramonto, sera);
3. Ramadan (divieto di bere alcolici, fumare o avere rapporti sessuali prima del tramonto durante il nono mese del calendario lunare);
4. Pellegrinaggio almeno una volta nella vita alla Mecca (città dell'Arabia Saudita dove nacque Maometto) e adorazione della Kaaba, la pietra nera ritenuta sacra, caduta dal cielo (probabil-mente un meteorite) e venerata già dagli Arabi idolatri, santificata da Maometto, secondo il quale Abramo avrebbe legata ad essa il suo cammello giacendovi con la moglie Sara;
5. Elemosina: bisogna versare una percentuale dei propri averi ai poveri.

In origine le moschee erano costruite semplicemente da recinti, visto che l'unica "
necessità liturgica" per la religione islamica è l'orientamento verso la Mecca, direzione alla quale si rivolgono i fedeli in preghiera.
Il muro rivolto alla Mecca presenta la QUIBLA, una nicchia decorata a mosaico detta MHIRAB (altare). Il MINBAR (pulpito) ove sale il MUEZZIN a intonare i versi del CORANO (libro sacro - che, pur scritto in prosa, si recita con cadenza ritmata - scritto da Maometto contenente le 99 lodi si Allah).
A Roma manca il Minareto perché la Moschea è lontana dal centro abitato.
I caratteristici mosaici di stile orientale, realizzati con tecnica millenari da
artigiani di Casablanca, con la loro regolare disposizione delle tessere colorate, ben si prestano a decorazioni aniconiche imposte da una religione che, per volere di Maometto, vieta la raffigurazione di Dio (cultura orientale).
E' questo il senso della struttura che sembra in costante crescita ed evoluzione e che all'interno di ognuna delle sue diciassette cupole presenta una decorazione concentrica che riproduce i sette cieli di cui parla Maometto nel Corano. "
Dio è luce" e la luce diventa elemento fondamentale penetrando, quasi in segreto, all'interno della moschea attraverso la fascia di decorazione che corre continua recitando le lodi di Allah.

La moschea a Roma segna la compresenza nell'Europa contemporanea non solo di più cristianesimi ma, anzi, di più religioni, quella islamica essendo la prima nel mondo per numero seguaci. Indica il grandioso sisma culturale e religioso in corso nella società planetarizzata della modernità: la mappa religiosa europea non si conforma più al principio cuius regio eius et religio che nel 1648 permise ai principi della Pace di Westfalia di chiudere la Guerra dei Trent'anni. Non è solo l'orizzonte della capitale del cattolicesimo a decorarsi della sagoma del santuario musulmano più grande d'Europa.
Milioni e milioni di seguaci di Allah si curvano sui loro tappetini verso la Mecca dalle piazze dell'Occidente. Di più, molti spazi sacri al culto cattolico e persino delle cattedrali, come a Parigi, a Marsiglia, a Colonia, sono messi a disposizione degli immigrati musulmani e risuonano delle sure coraniche.
Le vicende delle crociate, che si autogiustificavano col motivo apparente della Conquista del Santo Sepolcro, cioè del principale santuario del cristianesimo, costituiscono una lezione sufficiente, da parte cristiana, per ricordare quanto sangue umano grondi da molti edifici sacri sui cui frontali campeggia la scritta Ad majorem Dei gloriam. È sotto il peso di questo colpo che la Chiesa romana può rallegrarsi del fatto che anche una moschea si installi in uno spazio tradizionalmente cristiano non già, come talora era avvenuto nei secoli, per forza di conquista militare o di occupazione coloniale, ma sotto il presidio del dialogo e dunque nel segno della pace.
Il tema prescelto dall'architetto iracheno Sami Mosawi, autore del progetto, si svolge secondo un'ispirazione marcatamente universale, se si ricorda che la metafora di Dio come luce è la meno antropomorfica e la più alta nelle tre religioni sorte dal ceppo di Abramo:
la Torah, il Vangelo di Giovanni e il Corano si riuniscono in questa solarità teologica, non meno che le tradizioni mistiche di questa Trinità monoteistica (articolata nelle tre forme del monoteismo: ebraica, cristiana e islamica).
Purtroppo non possiamo permetterci di dire che l'Occidente possa gloriarsi incondizionatamente di questo successo della tolleranza, e anzi del dialogo.
Mentre l'Islam apre la moschea a Roma, e l'universalismo "menzognero" dell'Occidente è messo alla prova dell'età multiversale, la moschea del Bey, costruita nel 1530 a Sarajevo - fino a ieri il più grande santuario musulmano d'Europa - è sforacchiata dai colpi di mortaio dei serbi.
Se a Roma l'Occidente parla di fine delle crociate e di dialogo (che suppone uno sviluppo spirituale al di là della semplice tolleranza), a Sarajevo la parola è alle armi della "pulizia etnica", ultima riproduzione del paradigma della limpieza de sangre con cui la Cattolicissima Spagna di Ferdinando e Isabella aveva ripulito il suo territorio nel 1492 da Ebrei e da Musulmani, liquidando un'esperienza multiculturale di straordinaria fecondità per l'intera Europa.

Nello stesso tempo Stati Uniti, Germania, Francia e Italia lavorano al progetto Medium Extendet Air Defense System rivolto a neutralizzare la minaccia di più ordigni atomici che potrebbero essere sviluppati da paesi islamici ostili, con un investimento iniziale di due miliardi di dollari, secondo una dichiarazione del direttore degli Affari Militari del Pentagono Paul Kaminski. Lo stesso Pentagono preme per l'installazione in Italia e in Francia di missili antimissili Pac 3 per fermare la diffusione dell'estremismo islamico entro il 1998-1999. Sarebbe difficile immaginare due simbologie più contraddittorie, una moschea a Roma e un 'vallo mediterraneo' munito di testate nucleari, nuovo muro di Berlino tra le due rive del 'Mare di Mezzo'.
Tanto più che la religione islamica fa parte integrante di quei detonatori a orologeria che si accumulano nel Sud mondiale, e in particolare in Africa, e che si chiamano aumento demografico, povertà di massa, pandemie devastanti.
Alcuni osservatori ritengono che, nella crisi e, talora, nell'impotenza dei fattori istituzionali (politici, economici, finanziari), non resti che il dialogo fra cristiani, ebrei e musulmani sul piano religioso ad alimentare il respiro della speranza che la spirale della "cultura del nemico" non sbocchi in una nuova e finale guerra mondiale.
Era precisamente per questa visione suprema della necessità del servizio delle religioni alla pace mondiale che Paolo VI aveva respinto agli inizi degli anni Settanta le obiezioni di circoli della curia romana al progetto della moschea a Roma: "La moschea a Roma non piace al Papa? E chi lo dice? Il papa sono io! E io la ritengo un fattore di accrescimento (...). Solo Dio può dare la pace".
Fino al giorno dell'inaugurazione i lefebvriani, che conservano il dente avvelenato verso quel grande Papa, hanno elevato lamentazioni per ciò che considerano una profanazione. È evidente che essi intrattengono una visione geopolitica del cristianesimo. Si può anche osservare che residui di questa ideologia esclusivistica e spaziale della religione - erede della visione della Chiesa come "società perfetta" e madre di ogni integrismo - si infiltrano e intossicano anche le posizioni contrattualistiche che hanno determinato in questa circostanza le rivendicazioni dei dirigenti della Chiesa per la reciprocità del trattamento ai cristiani in paesi islamici, come l'Arabia Saudita, dove nessun edificio religioso che non sia musulmano può essere costruito. Lo stesso Giovanni Paolo II ha auspicato che lo statuto della libertà religiosa possa essere adottato nella piattaforma codificata dal diritto internazionale, in modo che i seguaci di tutte le religioni possano godere ovunque di garanzie per il libero esercizio della loro fede.
Questa richiesta, evidentemente fondata, non può essere confusa con quelle esibizioni di neo-liberismo inter-religioso che hanno profittato della moschea a Roma per presentare il conto all'Islam in nome del do ut des, così rivelando una scarsa attitudine a realizzare il cristianesimo come religione della libertà, della gratuità, del dono senza scambio. Ma i fatti precedono spesso le interpretazioni, e la moschea di Roma è uno dei fatti dai quali è sperabile che possano scaturire frutti di pace tra le due sponde del Mediterraneo. A sua volta essa ricompone quel tessuto che le politiche di potenza dell'Occidente vorrebbero lacerare, nel tentativo di sopprimere l'organica partecipazione dell'Islam alla fondazione della civiltà europea.
La moschea nel cuore della cristianità riattualizza in forma sacra (ma nella moschea ha sede anche il centro Islamico Culturale d'Italia, con la sua biblioteca e l'aula dei congressi) il ruolo europeo della cultura araba che era testimoniato dalle università arabe di Toledo e Cordova, dalla corte di Federico II in Sicilia, dalla scuola di medicina di Salerno (creata nel 1231), cioè dall'inizio islamico della creazione scientifica in Occidente.
Quando si spara sulla moschea di Sarajevo, quando si taglia il tappeto multireligioso della Bosnia, si mette a ferro e fuoco Baghdad, si lanciano missili su Ur (la patria di Abramo) e si calpestano i diritti dei Ceceni, è questa inestinguibile parte islamica dell'origine dell'Europa che si vorrebbe sopprimere con la brutalità dei fatti compiuti della morte, e dell'assimilazione forzata alle supreme leggi del mercato.
Molti sono coloro che considerano che, con l'indifferenza complice di fronte a queste operazioni di chirurgia politico-culturale, l'Europa rischia di uccidere se stessa, e di fatto si sta uccidendo. Qualunque sia il livello delle responsabilità e dei ritardi istituzionali dei paesi islamici, non è questa la via per aiutare l'Islam ad assumere un rapporto migliore con la modernità. Inoltre raramente come in questa circostanza la storia ha portato all'evidenza il fatto che le barricate sono degli inutili e costosi soprusi contro la storia stessa.
Le religioni si spostano con gli uomini e le donne e sono profondamente coinvolte nei processi di esodo che trasferiscono masse di gente da una parte all'altra del mondo. Secondo stime delle Nazioni Unite il 2% circa della popolazione mondiale vive attualmente fuori del proprio paese d'origine.
In Europa occidentale i musulmani sarebbero 6-7 milioni, senza considerare le varie decine di milioni che abitano nelle nazioni dell'ex Unione Sovietica. In Italia stime elaborate da Stefano Allevi indicano in mezzo milione gli immigrati, tra regolari e irregolari, provenienti dai paesi musulmani, ciò che fa dell'Islam la seconda religione presente nel paese.
Gran parte delle società occidentali stanno diventando società miste dal punto di vista etnico e religioso. Soltanto negli Stati Uniti si calcola che vi siano 5 milioni di seguaci di Maometto.
È consigliabile considerare che, qualunque sia la violenza più o meno legale con cui si tenta di respingere l'ondata islamica dall'Occidente, il processo di meticciato in corso è inarrestabile. Milioni di musulmani sperimentano, grazie a questo rimescolamento, cosa significa essere insieme islamici ed europei.
La loro presenza in Europa e a Roma comporta una provvidenziale revisione degli stereotipi assolutisti spesso attivi nella religione maggioritaria e una non meno salutare crisi degli stereotipi esclusivisti spesso ricorrenti nell'Islam che si ripensa come minoranza in contesto non musulmano e fortemente secolarizzato, mentre è abituato a precomprendersi nei paesi islamici come maggioranza, se non come "società islamica" integralisticamente vissuta. È possibile che una politica miope possa ignorare o minimizzare l'ampiezza e la consistenza di fenomeni come questi.
Ma è forse più realistico apprezzare le sollecitazioni, provenienti da studiosi come Diana Eck, la quale sottolineava alla VI Assemblea della Conferenza mondiale delle Religioni per la Pace a Riva del Garda, nel novembre 1994: "Siamo tutti in qualche modo vicini, minoranze in certi luoghi, maggioranze in altri. L'Islam non è in qualche punto lontano della terra, Chicago con le sue cinquanta moschee e quasi mezzo milione di musulmani fa parte del mondo islamico. Ci sono moschee nella Bible Belt di Houston come chiese cattoliche in Pakistan, buddhisti a Boston, indù a Mosca, sik a Londra". Anche la Francia, la Germania, anche l'Italia fanno in certo modo parte del mondo islamico.
In Italia sono più di sessanta le moschee e 120 i luoghi di preghiera musulmani. La mappa geo- religiosa non può più essere colorata per lotti coerenti, ogni parte della terra è tappezzata di tutti i colori, perché ovunque sono molteplici le culture, le tradizioni, le religioni che si approssimano e si mescolano. È lo spazio di sicurezza esterno, fatto di distanza geografica e di potenza sociale, a protezione di un nucleo religioso monocolore, che viene meno mediante questa interpenetrazione reciproca.
La situazione è inedita, il processo di osmosi intrapreso sarà lento e graduale, ma in ogni caso porterà ogni sistema religioso a misurarsi con una pluralità di riferimenti irrinunciabile.
Il muezzin dal minareto di Monte Antenne a Roma suona la campana a morto per l'autosufficienza e l'esclusivismo dei sistemi religiosi chiusi, per le febbri identitarie e le aggressività fondamentaliste scatenate a difesa dei cromosomi religiosi ritenuti originari.
Egli annuncia di fatto che il futuro appartiene ad Assisi, alla profetica via aperta della Giornata di preghiera delle religioni mondiali per la pace nel 1986, anche se all'ombra del Cupolone essa sembra talora colpita dall'amnesia.
Egli obbliga anche la Chiesa cattolica ad uscire dagli ultimi involucri nostalgici della 'religio societatis', per misurarsi senza rete con la necessità di formare ad una convinta e pastorale fede evangelica i seguaci di Gesù Cristo, divenuti minoranza.


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