Eduardo Ambrosio


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AMERICA LATINA

STORIA > I TEMI DEL '900

L'AMERICA LATINA
Il riverbero del bipolarismo dell'America Latina delle dittature e dei regimi militari



PREMESSA

Il colonialismo ha determinato un mondo eurocentrico con la conseguente copertura delle varie storie e civiltà da parte della cultura e civiltà europee. Le classi dirigenti e dominanti sono state, in genere, una propagine europea con l'esclusione quasi totale delle realtà autoctone (in Usa i Pellerossa - in India i dominatori sono sempre stata una casta chiusa - ecc.). Solo in America latina, la prima a subire la colonizzazione, è sorta una razza mista di colonizzatori e colonizzati quella creola, che è entrata, con alterne vicende, nelle vita politica e sociale.


GLI ANNI TRENTA

Gli squilibri e le tensioni tipici della vita sociale e politica emersero drammaticamente dopo la crisi del 1929 a causa della forte dipendenza dagli investimenti degli Stati Uniti e della drastica riduzione delle esportazioni di prodotti agricoli e minerari; non secondario fu il vivace incremento demografico: dai 90 milioni del 1920 ai 120 del 1940.
La conseguente riduzione del reddito individuale e aumento della disoccupazione determinò il distacco tra i ristretti gruppi dominanti (in genere grandi proprietari terrieri) e le classi subalterne.
Ne derivò una marcata instabilità politica, segnata da rivoluzioni, pronunciamientos, colpi di stato di caudillos (capo, condottiero - caudillismo: regime politico a carattere dittatoriale e militare) e di militari che portarono al potere dittature a difesa degli interessi delle classi dominanti.
Più in particolare si radicalizzano nell'America centrale i regimi dittatoriali:
- della famiglia Trujillo nella Repubblica dominicana (1930),
- della famiglia Somoza in Nicaragua (1937)
- di Fulgenzio Batista a Cuba (1933).
In Argentina, dopo mezzo secolo di relativa tranquillità politica con il progressista Hipòlito Irigoyen, si instaura una dittatura con il potere ai conservatori (1930), seguita dall'esperienza giustizialista di Peron).
In Brasile le tensioni interne svilupparono il
populismo, forte ascendente del capo che incarna le aspirazione delle masse e della piccola borghesia urbana e scavalca i partiti, con la paternalistica dittatura personale di Getulio Vargas (1930-45).
In Messico il populista innovatore Làzaro Càrdenas (1934-40) completò la riforma agraria ed espropriò le compagnie petrolifere straniere facendo del Messico uno degli Stati Latino-americani meno autoritari e meno subalterni agli USA.


IL DOPOGUERRA

La mobilitazione economica generata dalla seconda guerra mondiale interessa anche il continente latino-americano, ma l'industrializzazione è solo superficiale e, ovunque, continuano a dominare gli interessi nordamericani.
Nel dopoguerra una serie di tentativi rivoluzionari cerca di risolvere i problemi sociali ed economici:
- in Guatemala con il presidente Arbenz nel 1944, ma l' esperienza fallisce dopo aver tentato trasformazioni strutturali (nazionalizzazioni, riforme agrarie);
- in Bolivia nel 1952, anche qui le trasformazioni strutturali (nazionalizzazioni, riforme agrarie), non avranno successo;
- a Cuba nel 1959, le trasformazioni strutturali (nazionalizzazioni, riforme agrarie), finiscono per adottare il modello sovietico.

Spesso si pratica la strada del
terrorismo e della guerriglia urbana e rurale (i tupamaros in Uruguay).
Nonostante vari fallimenti, la guerriglia contribuì a rovesciare le dittature
-
di Cuba, dove i guerriglieri di Fidel Castro rovesciarono la sanguinosa e corrotta dittatura di Batista, protetta dagli americani. Il nuovo regime, ispirato inizialmente più a un'ideologia riformista e patriottica che al marxismo, fu però indotto dall'atteggiamento ostile degli Stati Uniti ad avvicinarsi all'URSS, la quale si impegnò ad acquistare lo zucchero cubano - principale risorsa del paese - a un prezzo superiore a quello di mercato;
- in Nicaragua, dove il movimento sandinista da Sandino, nel 1979, rovesciò Somoza;
- ad Haiti, dove nel 1987 fu abbattuto Duvalier.

Alla teoria e alla pratica della guerriglia diede rilevante contributo il medico argentino
Ernesto <<Che>> Guevara. Il <<Che>>, sulla base dell'esperienza fatta a Cuba, attribuiva un'importanza fondamentale al ruolo rivoluzionario dei contadini e alla creazione dei focos (focolai) insurrezionali in aree critiche, così da alimentare la sollevazione nelle regioni vicine. Egli cercò di mettere in pratica queste sue idee in Bolivia, ma fu catturato e ucciso nel 1967 dalle truppe governative.

Dagli ultimi anni del Novecento si è avuta una ripresa dei movimenti di guerriglia in Perù, in Colombia, e anche in Messico (dove nel 1994 lo stato del Chiapas insorge con l'aiuto dei zapatisti per il possesso delle terre).
I movimenti di guerriglia rurale o urbana che tentano di estendere la rivoluzione a tutto il continente vengono schiacciati alla fine degli anni Sessanta e agli inizi degli anni Settanta. Fallisce pure l'esperimento di un "
marxismo legale" avviato da Allende in Cile, vittima della crisi economica e delle contraddizioni della società, indebolito dall'intervento occulto della C.I.A., minato dai suoi errori e divisioni, brutalmente stroncato da un colpo di stato dei militari.
In nome dell'anticomunismo si insedia una serie di regimi autoritari sotto il controllo dei militari (in Brasile nel 1964, in Argentina nel 1966, in Cile nel 1973 …). Altrove ( in Perù nel 1968, in Equador nel 1972) regimi militari che si definiscono "progressisti", spesso prodotti dalle classi medie e d'ispirazione nazionalista, si sforzano di accrescere il ruolo dello stato.

Negli anni che vanno dal 1965 al 1985 si assiste ad una modificazione delle strutture economiche e sociali: alcuni paesi - come il Brasile e l'Argentina- fondano sempre meno la loro sulle esportazioni minerarie e agricole (salvo il petrolio) e danno avvio all'industrializzazione. Le città si ingrandiscono i modo prodigioso per l'afflusso di emigranti dalle zone rurali; ne deriva anche l'aumento della disoccupazione, della delinquenza e la formazione della bidonvilles.

L'oligarchia terriera ha lasciato il posto a un nuovo ceto, legato alle società multinazionali e al commercio estero: l'America del sud dipende infatti dalle attrezzature, dalle tecnologie e dai capitali dei paesi più sviluppati.

Nei primi anni Ottanta, questa dipendenza provoca un indebitamento colossale che spesso conduce i paesi sull'orlo della bancarotta.

Alla fine degli anni Settanta, il fallimento dei tentativi di risolvere i problemi di una serie di paesi piombati in una crisi senza precedenti getta nel discredito i governi militari, sia di destra che di sinistra. Si ritorna così alla democrazia con la sola eccezione, alla fine del 1994, di Cuba. I movimenti di guerriglia hanno deposto parzialmente le armi, l'influenza degli Stati Uniti si è fatta sentire soprattutto a Panama dove, alla fine del 1989, un sanguinoso intervento militare ha rovesciato il generale Noriega e ristabilito il presidente della Repubblica liberamente eletto. Per queste economie in rovine e queste società dilaniate, la riconquista della democrazia non equivale comunque alla risoluzione delle difficoltà.

Dopo il 1990, l'America latina ha abbandonato il modello di sviluppo che aveva privilegiato negli anni precedenti ed è tornata con una certa brutalità al liberismo economico, inserendosi di nuovo nel mercato internazionale. In varie occasioni si accendono gravi crisi economiche: particolarmente pesanti la crisi finanziaria del Brasile del 1999 e la lunga recessione in Argentina, che raggiunge il culmine nel 2001 e provoca tensioni e rivolte.

La mappa politica dell'America latina tende a cambiare nei primi anni del XXI secolo, quando in molti paesi vanno al governo partiti con programmi progressisti e di sinistra che prevedono l'abbandono del neoliberismo e un'attenzione maggiore alle fasce deboli della popolazione.



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