Eduardo Ambrosio


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IL DRAMMA: L'ETNOCIDIO DEI BALCANI

STORIA > I TEMI DEL '900 > NAZIONALISMI, JUGOSLAVIA


I L D R A M M A:
L' ETNOCIDIO NEI BALCANI

Uno degli esempi più concreti di etnocidio è avvenuto proprio in Europa, tra i Balcani, dove la guerra ha sconvolto e messo in ginocchio l'ex-Jugoslavia. Questo conflitto, che ha eroso considerevolmente il capitale di pace e stabilità di cui beneficiava il vecchio continente, rimarrà nella memoria degli uomini come una delle più spaventose conseguenze addebitabili alle potenzialità del fanatismo nazionalista, rivelandosi in grado di far leva sulle differenze etniche, linguistiche e religiose per scatenare un vero e proprio genocidio perpetrato sotto gli occhi dell'umanità. Mezzo secolo fa la Jugoslavia si ribellava al proprio governo che l'aveva legata all'Asse firmando il patto tripartito durante la seconda guerra mondiale con Italia, Germania e Giappone. Alla ribellione seguì la punizione nazista con spietati bombardamenti e con l'invasione. Andava in pezzi lo stato Jugoslavo nato dopo la prima guerra mondiale come regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni. Era una formazione fragile, divisa da differenze storiche, religiose e linguistiche. Croati e sloveni sono cattolici, usano l'alfabeto latino e, avendo fatto parte dell'impero austro-ungarico, vantano una superiorità non solo in fatto di livello di vita. Serbi, macedoni e montenegrini sono ortodossi, scrivono in cirillico e sono stati a lungo soggetti alla dominazione turca con le relative conseguenze.
Con tutto ciò la Serbia, la regione più numerosa, pretendeva di essere il cuore dello stato. Nei primi vent'anni i contrasti non mancarono. Ci furono sparatorie e uccisioni anche nel parlamento. In ogni regione si diffusero i movimenti separatisti e la seconda guerra mondiale, ormai finita negli altri stati, continuò in Jugoslavia diventando una ferocissima guerra civile. Chi rese possibile l'unione delle forze della resistenza fu Tito.
Dopo la guerra
TITO creò una repubblica "federativa" costituita da sei repubbliche (Serbia, Croazia, Slovenia, Bosnia-Erzegovina, Macedonia e Montenegro), più due province autonome (Voivodina e Kossovo). Convinto di non avere eredi degno di lui, Tito lasciò alle sue spalle un complicato sistema di governo basato su una periodica rotazione delle cariche che ha retto solo pochi anni. Gli ha dato il primo colpo il tracollo economico , con un'inflazione andata alle stelle e con la crisi dell'autogestione. Alla fine la guerra civile è tornata a incombere sull'intero paese cosicché questa parte del mondo balcanico è di nuovo al punto di partenza della prima metà del secolo.

SLOVENIA
La geografia ha influito molto sulle vicende di questa regione. Se si eccettua un brevissimo tratto di costa adriatica, la Slovenia s'incunea tutta tra Italia, Austria e Ungheria. Non può sorprendere dunque se gli sloveni si sentono legati a quell'Europa di centro che si identificò a lungo politicamente con l'impero asburgico. Se non fosse stato per la loro lingua, che appartiene al ceppo degli idiomi slavi, gli sloveni ben difficilmente si sarebbero uniti alle altre nazionalità della Jugoslavia. Il caso della Slovenia è un esempio tipico in cui il fattore linguistico si confronta col fattore geografico. Quale di questi due fattori è il più forte ?
Quanto è avvenuto nel corso di questo secolo dimostra un continuo alternarsi. Ci sono stati momenti in cui gli sloveni hanno dato un contributo non indifferente al consolidamento dello stato Jugoslavo. Ci sono stati momenti in cui gli sloveni hanno dato un contributo non indifferente al consolidamento dello stato jugoslavo. Ma il ruolo svolto all'interno della federazione Jugoslava non ha impedito agli sloveni di fare i conti con lacome appunto quella geografica e quella economia in cui la prima condiziona per forza la seconda. Così quando gli sloveni hanno compreso che il naufragio de sistema comunista Jugoslavo avrebbe finito per trascinare il loro piccolo paese nei gorghi hanno deciso che era venuto il momento di voltare le spalle alla Jugoslavia per agganciarsi al carro europeo.
Grandi lavoratori, cittadini disciplinati e rispettosi delle leggi e delle autorità, gli sloveni sono convinti che hanno la possibilità di far rifulgere le loro doti in un'Europa che ha messo da parte le barriere ideologiche e che crede più in quei valori che essi ritengono possedere.

SERBIA
In Jugoslavia i serbi formano il gruppo nazionale più numeroso, sono fieri combattivi, hanno alle spalle un passato di lotte e di battaglie raramente fortunate che nella loro tradizione danno vita a un'ininterrotta epopea. Il popolo serbo ha una storia di sofferenze e di sacrifici, ha sempre ritenuto di avere un'eroica missione da svolgere. Proprio questa sorta di presunzione permise a Slobodan Milosevic di fomentare una rivolta. Egli promise alle folle infuocate di restituire alla Serbia il suo ruolo centrale in Jugoslavia. Con ciò riuscì dapprima ad imporsi a Belgrado, poi mobilitando la piazza sottomise la provincia della Voivodina dove vive una consistente minoranza ungherese. Infine Milosevic si lanciò alla riconquista dell'altra provincia autonoma del Kossovo popolata adesso da albanesi che tuttavia i serbi considerano la loro culla storica. Ma proprio questa strumentalizzazione del patriottismo serbo avrebbe innescato reazioni a catena in altre parti della Jugoslavia. Nella cartina sono rappresentate le zone con maggiore concentrazione serba nelle altre regioni della Jugoslavia.

BOSNIA - ERZEGOVINA
La prima impressione che un visitatore ricava arrivando a Sarajevo è che la Bosnia sia una piccola Svizzera, ma con in più i minareti. Il paesaggio è ricco e ondulato, con impetuosi corsi d'acqua. Ma ovunque spuntano le sagome bianche delle moschee per ricordarci che siamo nell'Islam europeo.
La Bosnia subì danni gravissimi durante la seconda guerra mondiale e inoltre fu anche il teatro di una sanguinosissima guerra civile. Infatti la composizione etnica di questa regione è molto complessa. La religione vi gioca una parte decisiva. Gli ortodossi si considerano serbi, i cattolici si professano croati. Accanto a questi due gruppi ce n'è uno maggioritario costituito dalla popolazione di fede musulmana. Alla fine della guerra si pose per il regime comunista il problema di come pacificare una regione dove praticamente non esisteva villaggio in cui non si era verificata una strage. Si poteva ancora lasciare che le due comunità dei serbo-ortodossi e dei croato-cattolici col rischio che ricominciassero dopo poco a darsi battaglia ? Fu qui che Tito ebbe un'idea decisamente brillante. Anche se può apparire strano per un regime che si professava ufficialmente ateo, si stabilì che l'appartenenza alla religione islamica era la prerogativa di una terza nazionalità. Così fra i due gruppi etnico-religiosi, che si erano selvaggiamente combattuti in tempo di guerra, fu inserita un'altra componente con lo scopo preciso di appianare i contrasti e d'impedire gli scoppi.
Attualmente nella repubblica della Bosnia-Erzegovina le proporzioni stanno in questi termini : i musulmani sono grossomodo la metà, i serbo-ortodossi sono un trenta per cento abbondante e i croato-cattolici sono uno scarso venti per cento. Questo equilibrio ha fatto sì che per tutti questi anni la Bosnia-Erzegovina ha potuto vivere in pace.

CROAZIA
Fu un vescovo cattolico croato a perorare per primo nel secolo nel secolo passato l'idea di unione tra gli slavi del Sud (Jugo vuol dire sud). Ma egli trovò adesioni solo in una parte dei croati. Un'altra parte non si sentiva affatto disposta all'unione con i serbi ortodossi che, pur parlando la stessa lingua, la scrivono con caratteri cirillici. Per circa un quarantennio il regime titoista (titoismo : linea politica di non allineamento tra due blocchi dominanti praticata dal presidente jugoslavo Tito) ha fatto il possibile per sanare le ferite dell'odio fra croati e serbi. Ma ci è riuscito solo nelle apparenze. Lo si capì all'inizio degli anni Settanta quando i croati videro nella nuova politica liberalizzatrice in materia economica uno strumento per affrancarsi da Belgrado. Fu allora che tutte le fazioni politiche croate esplosero in rivendicazioni nazionali contro il potere centrale. Davanti a ciò il regime reagì facendo intervenire in Croazia l'esercito. Si trattò di un'operazione che, per la sua brutalità, somigliò a un'occupazione straniera. Le stesse motivazioni nazionalistiche di vent'anni fa, sono state il motivo dell'entrata recente in guerra della Croazia contro la Serbia.

MACEDONIA
Si dice Macedonia e si pensa a scontri di etnie e di nazionalità. La questione macedone esplose fra la fine dell'altro secolo e l'inizio di questo. All'origine c'era il processo di disgregazione dell'impero turco-ottomano. Secondo molti la popolazione di questa parte dei Balcani, anche se poteva richiamarsi a gloriose reminiscenze delle antichità, non costituiva un nucleo omogeneo. Per alcuni i macedoni non si distinguevano dai bulgari, per altri essi non erano che "serbi del sud". A ciò si aggiungevano le mire dei greci su una parte della regione indicata con lo stesso nome. In altre parole la Macedonia non si presentava una bensì trina. Va pure detto che la Macedonia ha una collocazione strategicamente importante. Da un lato la sua valle porta all'Egeo ; dall'altro poche decine di chilometri la separano dall'Adriatico. Ciò spiega i conflitti d'interesse tra grandi potenze di cui la regione è stata oggetto e le guerre che si sono combattute in questo secolo per il suo controllo. Con lo scopo di porre fine a questi conflitti Tito diede alla Macedonia uno statuto di repubblica a se per quanto facente parte della federazione Jugoslava. Così il Maresciallo Tito concesse alla Macedonia propri istituti nominalmente autonomi, e soprattutto riconobbe il macedone come lingua particolare (poiché era considerata uguale al bulgaro). Ma tutto questo risolse solo in parte il problema.

KOSSOVO
I serbi hanno considerato da sempre il Kossovo culla della loro storia. Col passare del tempo però, della presenza serba in questa regione non restano che alcune isole etniche dove spiccano i monasteri ortodossi. Anno dopo anno la popolazione serba è stata progressivamente sostituita da una popolazione di lingua albanese, in gran parte di fede musulmana. Ora il rapporto tra serbi e albanofoni nella regione è in pratica di uno a nove. Nonostante tutto, le pretese dei serbi su questa regione sono state sempre molto forti, tanto forti da usare anche le armi. Infatti per tenere a freno le pressioni secessionistiche della maggioranza albanese il governo serbo vi ha inviato l'esercito con grande dispiegamento di mezzi blindati. Il Kossovo da regione sotto occupazione serba con forte riduzione dei diritti umani (prima del 1990 garantiti da una forte autonomia), nel 1999 ha vissuto una feroce guerra civile con l'apporto dei bombardamenti della N.A.T.O, crisi, allo stato, ancora in atto e ben lontana dall'essere risolta anzi si assiste ad un veloce capovolgimento di fronte con la popolazione indigena (maggioranza albanese) che, grazie alla protezione Nato, da vittima sta diventando carnefice nei confronti della minoranza serba ancora presente in Kossovo.



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