Eduardo Ambrosio


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SCHEDA storica riassuntiva

TERZIGNO > STORIA

SCHEDA STORICA SINTETICA

TERZIGNO


U
na realtà storicizzata da oltre due millenni:

  • Nel 79 d.C. è suburbio pompeano con numerose le ville rustiche.
  • Dopo il 79 d.C. lungo oblio e trasformazione in Silva Mala.
  • Dopo il 1000 minuscoli insediamenti agricoli e religiosi nel 1631 arrivi da Ottaviano, distrutta dal Vulcano, aumentano gli insediamenti, le denominazioni sono innumerevoli e sono il none delle famiglie.
  • Dal 1633 circa, una sola denominazione: "TERZIGNO"; sull'etimologia (da notare che è l'unica realtà del vesuviano ad avere un nome bello - purtroppo solo quello - e originale coniato ad hoc) le interpretazioni non sono sempre unanimi:
  • la più acclarata viene fatta derivare dal latino "Oppidum ter igne ustum" = Rione bruciato tre volte dal fuoco (il terzo incendio, quello del 1631, o fuoco = Tertius ignis), la tradizione orale, nel tempo, ha escluso la prima e l'ultima parola ed ha semplificato utilizzando solo "ter" e "igne", o" unite con l'aggiunta della "z" per congiungere e la trasformazione della "e" latina nella "o" volgare finale.
  • il tre, sempre ricorrente, sta ad indicare le suddette attività vulcaniche del 1550, del 1568 e, appunto, del 1631.
  • "Tertium Miliarium" terzo miglio da Pompei; -"Torcigno" luogo del torchio;
  • infine, per una labile tradizione orale, da "terza zona" militare dove, per strategia, le truppe stanziavano prima di passare alla seconda (l'attuale Boscoreale) e sorprendere o respingere i predatori saraceni avvistasti dalle Torri (Annunciata e del Greco) della prima zona.
  • 1742, (anno da considerarsi della nascita di Terzigno), mons. Trojano Caracciolo del Sole comprò un fondo per costruire la chiesa.
  • 1832 In occasione della devastante eruzione del 23 luglio nasce "BORGO NUOVO (CASENOVE)", esempio di sintesi urbanistica tra la tradizione locale (il cortile) e il nuovo razionale (vie che si incrociano ad angolo retto e confluenti in una piazza centrale - attuale piazza Immacolata - al centro della quale, come nel cortile, vi era una grande cisterna).
  • 1865 - 1886 L'AUTONOMIA SEZIONALE decreto del 15 novembre 1865, n. 2602, di re Vittorio Emanuele II, da Firenze capitale.
  • 22 giugno 1913, Terzigno, COMUNE AUTONOMO: Vittorio Emanuele III, con decreto n. 661 (ratificato, per la guerra, il 1° gennaio 1917) .
  • Infine nel 1944: LAPILLO E "VERA LIBERAZIONE"


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SCHEDA sintetica più' AMPIA

TERZIGNO


SORVOLANDO sulla storia antica, questo territorio rappresentava il suburbio pompeano, come ci indicano le ville rustiche venute alla luce sotto la lava in cava Ranieri.
L'attuale cittadina comincia a determinarsi dopo l'eruzione del 1631, quando si aprì un cratere che danneggiò molto il centro urbano di Ottajano, tale evento spinse gli abitanti a rifugiarsi nei rari e minuscoli insediamenti abitativi e religiosi della campagna, risalenti al periodo che va dal 1306 al 1500, (riposo assoluto del Vesuvio) ove molti si stabilirono definitivamente aumentando vistosamente la popolazione di questi minuscoli insediamenti.
Si costituirono così dei nuclei abitativi, spesso completamente diversi da quelli originari, che presero la denominazione, talvolta cambiando quella precedente, dai nomi dei nuovi abitanti quali: Avini, Bifulchi, Miranda, Giugliani, ecc.; processi similari interessano anche la contigua San Giuseppe Vesuviano.
Questa minuscole realtà urbane, per la comune provenienza, la vicinanza di ubicazioni e il comune destino, venivano costituendo una realtà alquanto omogenea e, dal 1633 circa, cominciarono a darsi una sola denominazione: "TERZIGNO"
Sull'etimologia le interpretazioni non sono sempre unanimi, la più acclarata viene fatta derivare dal latino "Oppidum ter igne ustum" = Rione bruciato tre volte dal fuoco (il terzo incendio, quello del 1631, o fuoco = Tertius ignis), la tradizione orale, nel tempo, ha escluso la prima e l'ultima parola ed ha semplificato utilizzando solo "ter" e "igne", o" unite con l'aggiunta della "z" per congiungere e la trasformazione della "e" latina nella "o" volgare finale. Il tre, sempre ricorrente, sta ad indicare le suddette attività vulcaniche del 1550, del 1568 e, appunto, del 1631.
Altre interpretazioni fanno derivare il toponimo da:
" "Tertium Miliarium" terzo miglio da Pompei;
" "Torcigno" luogo del torchio;
" infine, per una labile tradizione orale, da "terza zona" militare dove, per strategia, le truppe stanziavano prima di passare alla seconda (l'attuale Boscoreale) e sorprendere o respingere i predatori saraceni avvistasti dalle Torri (Annunciata e del Greco) della prima zona.

La storia del periodo è debolmente documentata, i rari documenti indicano la zona genericamente con "terre di Ottajano"; e per quella ancora precedente con "terre nolane".

Dopo il 1631, faticosamente riprende la vita nelle campagne, ora Terzigno, una vita molto misera con precarie abitazioni, che cominciano a cambiare nella forma e nei materiali per renderle più resistenti alla furia del Vesuvio: da paglia e pozzolana si passa alla pietra lavica per i muri portanti e al lapillo battuto per le coperture, allo scopo di sopportare il peso dei lapilli, modellate, a volta (è riconoscibile una certa influenza arabo/saracena, popoli razziatori, presenti sul territorio tra l'828 e il 937).

Nel 1739, il virtuoso Vescovo di Nola, mons. Trojano Caracciolo del Sole , visitando la parrocchia di Ottajano, considerò che quel popolo aveva molte chiese, mentre le campagne lontane ne difettavano completamente, onde numerosi contadini, oltre ad essere abbandonati e oberati di servitù feudali, non potevano assistere alla santa Messa nei giorni festivi, né avevano alcun aiuto spirituale, vivendo così nella totale ignoranza. .
Il progetto, per paura di perdite nella gestione delle rendite (una nuova comunità cittadina avrebbe prima o poi rivendicato una sua autonomia), fu subito ostacolato dal potere religioso e politico di Ottaviano che, mal vedendo il progresso del popolo di campagna, contestò l'iniziativa negando il suo aiuto. Ostacoli furono prodotti anche dai frati francescani del convento di San Gennaro di Palma, i quali vedevano nel progetto una probabile riduzione del loro abituale bacino di utenza da cui attingere elemosine.
Ma, nel 1740, il Vescovo ritornò personalmente in Ottajano, e dal Procuratore del Principe ottenne, temporaneamente, una casa di campagna, nella quale mandò due Padri missionari, affidando ad essi la piccola Cappella di S. Francesco/Lorena, concorrendo per il loro mantenimento con cento ducati annui: i missionari furono il P. D'Agnello Cirillo ed il P. D'Angelo Bianco ed un laico, questi cominciarono il 16 maggio gli esercizi spirituali, che risultarono molto graditi e frequentati dai contadini.

Fra quelle masserie lontane da Ottaviano vi era una proprietà terriera di Agostino Catapano, ubicata ai cosiddetti Catapani di Terzigno e pignorata dai creditori fino al 1662, di dodici moggia di terreno che, oberata da tanti debiti, da cinquanta anni nessuno aveva potuto comprare, chiamata "lo Terzigno". Al determinato Caracciolo parve idonea (esclamando: "E' questo quel campo che il Signore ha preservato a Gloria della sua Santissima Madre, perché vi germoglin frutti di non mai pensata pietà, e devozione alla Regina de' Cieli, ad allo spirituale profitto di tante Anime abbandonate")
Finalmente, verso la fine del 1742 (anno da considerarsi della nascita di Terzigno), comprò il fondo, iniziando subito i preparativi per la fabbrica.

Nel maggio del 1743 il Vescovo Caracciolo si portò in una villa tenuta dai Padri Carmelitani Scalzi di Santa Tersa (la "Casa del Vescovo") e, il 21 luglio dello stesso anno, pose la prima pietra.

Sicuramente il senso di identità e di appartenenza, come comunità cittadina, si svilupperà intorno alla chiesa dell'Immacolata voluta da questo grande Vescovo, per il qual motivo lo si può definire senz'altro il fondatore di Terzigno.

Al Caracciolo, anche se tardivamente (solo il 7 dicembre 1991) , l'Amministrazione Comunale, su iniziativa del parroco don Vito Menna, dedicherà la piazza principale del paese (già Piazza Vittorio Emanuele III°), ponendo, sulla facciata della chiesa al centro della piazza, la seguente lapide:

D.O.M.
TERZIGNO
MEMORE E DEVOTA
TRAMANDA AI POSTERI
IL NOME SANTO E LE OPERE
DEL SUO PIO FONDATORE

TROIANO CARACCIOLO DEL SOLE
VESCOVO

CHE AMO' QUESTA TERRA
RIARSA MA SEMPRE RISORTA
COL DURO FECONDO LAVORO
DEI SUOI INTREPIDI FIGLI
CUI DONO' QUESTO TEMPIO
ALLA VERGINE SACRO MONUMENTO
E FARO DI FEDE

LA COMUNITA' GRATA
POSE
TERZIGNO, 7 DICEMBRE 1991


Da ricordare anche il vano tentativo, dopo l'autonomia amministrativa del primo Novecento, dell'Amministrazione podestarile fascista di inserire nello Stemma Civico un ricordo dell'opera del Caracciolo.

In occasione della devastante eruzione del 23 luglio 1832, furono distrutti i rioni di San Giovanni, Cerasari, Caposecchi e Caprari con 225 famiglie senzatetto, in seguito a tale disastro, vi furono opportuni provvedimenti della Corte di Napoli: fu nominata una commissione per scegliere le povere famiglie danneggiate da ricoverare perché non in grado di sopportare il disagio, mentre furono erogate indennità in danaro per i danni subiti per chi era in grado di provvedere alla propria sistemazione.

La Commissione, con un indennizzo annuo di 150 ducati, ottenne dal parroco, don Ignazio Boccia, il consenso per utilizzare le già menzionate 12 moggia della parrocchia Immacolata, le quali, insieme ad altre 70 moggia, furono distribuite tra 105 famiglie povere con porzioni esentasse da mezzo a due moggia.
Da queste disposizioni e con una decisa opera di ricostruzione sorse un nuovo quartiere, "BORGO NUOVO (CASENOVE)", esempio di sintesi urbanistica tra la tradizione locale (il cortile) e il nuovo razionale (vie che si incrociano ad angolo retto e confluenti in una piazza centrale - attuale piazza Immacolata - al centro della quale, come nel cortile, vi era una grande cisterna).
Una cappellina, più recente, troneggia al centro della piazza con una statua dell'Immacolata che guarda il Vesuvio (per tenerlo buono!).

L'AUTONOMIA SEZIONALE
Dal fascicolo "Divisione delle frazione" dell'Archivio municipale di Ottaviano si rileva il decreto del 15 novembre 1865, n. 2602, con il quale il re Vittorio Emanuele II, da Firenze capitale, stabiliva che agli uffici di Terzigno già esistenti dal 1809 si aggiungessero gli altri per completare l'autonomia sezionale, sancita in forma esecutiva da un altro decreto del 28 aprile 1886.

Agli inizi del secolo, dopo il ristoro dei danni dell'ennesima eruzione del Vesuvio, quella del 1906, si palesa una prima timida emancipazione cittadina attraverso la realizzazione di vari ammodernamenti (una sistemazione stradale; la costruzione, nel 1911, di una prima rete di distribuzione idrica, arrivano, come a Napoli, le pregiate e fresche acque del Serino, recentemente integrate con acque del Sarno, distribuite dall'Acquedotto Vesuviano; la realizzazione, nella primavera del 1924, di una prima rete elettrica), a Terzigno, si eleva forte la richiesta al Governo di autonomia amministrativa, uno dei più accesi sostenitori fu il notaio del comune di Ottaiano Gregorio Gionti; finché re Vittorio Emanuele III, su proposta del capo del Governo,
il 22 giugno 1913, con decreto n. 661 (ratificato, per la guerra, solo il 1° gennaio 1917) eleva Terzigno a Comune autonomo con un territorio di 2.351 ettari.

La lentezza della burocrazia, però, determinò come Ufficiale dello Stato Civile solo nel 1916 un Commissario Prefettizio nella persona dell'avv. Emilio Petrocelli.
Nei Registri degli Atti di nascita, di morte e di matrimonio nel settembre 1916 compare la dizione "Terzigno Comune autonomo": il primo in assoluto, alla pag. 46, è l'atto n. 135 delle nascite del 21 settembre.
Il periodo particolare - era in corso la Grande Guerra - non permise, come in tutta Italia, di tenere elezioni comunali.
Finalmente nell'estate del 1920 si tennero le prime elezioni comunali e il 28 ottobre il primo Consiglio Comunale di Terzigno elesse l'Avv. Cav. Nicola Bifulco, primo sindaco del Comune di Terzigno.


Infine nel 1944: LAPILLO E "VERA LIBERAZIONE"

Nel marzo, il Vesuvio pose fine alla fase attiva, cominciata agli inizi del secolo, con una copiosa pioggia di lapilli e Terzigno fu coperto, in media, da uno strato di circa mezzo metro. Furono completamente perdute le colture, bruciarono boschi secolari e crollarono molti solai di abitazione per il peso del materiale vulcanico, nonostante il tempestivo intervento degli abitanti che, coperti il capo alla meglio, sotto l'imperversare del vulcano spalavano i tetti.

Gli Alleati dovettero smantellare e trasferire l'aeroporto militare (appena costruito in località Camaldoli, per i bombardieri impiegati contro la linea Gustav a Cassino), in quanto il lapillo aveva danneggiato le turbine degli aerei. L'evento se da un lato privò il paese di una risorsa, data le gravissime condizioni imposte dalla guerra, dall'altro pose fine al dilagante malcostume di asservimento agli spavaldi ed esigenti americani (spesso alcolizzati alla perenne ricerca di vino in ogni ora del giorno e della notte), soprattutto per la dilagante prostituzione, molte donne si concedevano, sotto le tende del campo, per fame.

Inoltre, molti sfollati (in genere cittadini con abitudini e comportamenti spesso incompatibili con la vita paesana), con non poco sollievo del paese, abbandonarono precipitosamente Terzigno.

Pertanto, grazie all'eterno "amico" Vesuvio, ci liberammo in un colpo solo dei "liberatori" e degli "ospiti" per niente desiderati.



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