Eduardo Ambrosio


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ETNICITA', RAZZA, IDENTITA'

CULTURE E RELIGIONI > MULTICULTURALITA'


PARADIGMI DELLA DIFFERENZA attraverso il TEMA DELL'ALTRO.

L'Unione europea, allo scopo di salvaguardare tutte le culture, ha deciso, almeno per il momento in attesa di opportune soluzioni, di non adottare alcuna lingua ufficiale, sono cadute una dopo l'altra le tendenze per il francese, per l'inglese e per lo sperimentale esperanto (in Italia, ancora esiste un'Associazione pro Esperanto con oltre mille iscritti), emettendo tutti i suoi documenti nei diversi idiomi linguistici presenti nell'area comunitaria.

ANTROPOLOGIA

Allo scopo, risulta utile la disciplina antropologica che, delineando metodi, tecniche e oggetti specifici, studia l'ALTRO nel tempo e nello spazio: il suo oggetto è la conoscenza dello straniero volto a valutare modi di vita diversi (costruzione di una identità collettiva), inizialmente di quantità poi di specificità. Anche l'Etnologia, descrivendo soggetti di un'altra civiltà, offre uno studio comparato: la definizione avviene da parte di ognuno in base agli altri (l'Occidente cultura dominante e alterità per tutti gli altri, ha viziato la decodificazione dell'altro).

Nell'Antropologia fisica il dato fondamentale è la razza.
Nell'Antropologia culturale (urbana, delle società complesse, ecc.) la cultura influenza la razza e non viceversa.

La crisi del Colonialismo ha determinato la crisi dei modelli interpretativi negando come RADICE la pretesa razionale (il positivismo pretendeva di ridurre magia, religione, ecc. a scienza) di narrare il mito degli altri (il MITO E' COMUNE A TUTTE LE CULTURE) e la ricerca si è orientata verso: una valutazione dei tempi della storia (il primitivo preistorico è il noi di prima) tra uniformità e molteplicità (le alterità si riconoscono solo nell'altro); il relativismo culturale; il tema dell'ALTRO tra etnocentrismo ed esotismo; la disputa sulla natura e sulle convenzioni: uomo/uomini, cultura/culture.

Nella società improntata sulla caccia era necessaria solo l'abilità a cacciare non c'era bisogno del capo, pari opportunità, è con la società contadina che si delinea la dipendenza dalla natura, dal divino, dal capo: si delineano nessi potere/economia.

La religione crea modelli interpretativi, in quanto svolge operazioni non giustificabili dalle necessità immediate, e, con la magia, è la scienza della nascita.
Sono buddista perché credo nella mia debolezza, cristiano perché la confesso, ebreo perché so scherzare su di essa, musulmano perché mi batto contro di essa, infine, sono ateo perché Dio è onnipotente.

Come nasce l'anima: il primitivo dualizza sonno e veglia, il sonno è associato alla morte ed il sogno alla vita di tale stato e quindi diventa ALDILA', il percorso è culto dei morti e del sovrano =dio in terra.
Il primitivo, come lo scienziato, vuole agire sulla natura solo con metodi più rozzi deri-vati dalla somiglianza (ad es., danze rituali: per la pioggia si pratica una danza rit-mata in forma ossessiva che ripete la dinamica della pioggia), è necessario, in queste società PRELOGICHE che il rito sia rigorosamente ripetuto senza sbagliare per piegare la natura per cui sono necessarie l'ossessività e le caste (sacerdoti capaci, stregoni ecc.) preposte a questi uffici (Pitagora: la casta dei matematici).
L'antropologia coniuga l'altro con il noi, il punto di vista interagisce con l'oggetto. L'ipotesi comunista del matriarcato e della terminologia della parentela si basa sulla teoria che solo la donna aumenta la specie in quanto nella comunanza delle donne il padre è indefinito (alcune società primitive usano il termine padre per tutti i fratelli del padre).


La linea ereditaria è madrilinea (il maschio eredita dal fratello della madre) non padrilinea, il resto è congettura.

L'antropologia deve orientarsi nei luoghi tematici della proibizione dell'incesto, delle forme di organizzazione della famiglia con i suoi aspetti rituali: nascite, matrimoni, morti (molto rilevanti e celebrati in ogni società) perché solo questi accomunano e permettono la ricerca.
Gli etnografi di professione, indagando su riti e miti, forniscono agli storici il materiale di studio perché la storiografia, basandosi su elementi concreti (scrittura, architetture), non è in grado di andare oltre la storia e entrare nella preistoria, alla radice (società precolombiane utili come rilettura della grecità e dell'Occidente). L'evoluzionismo è stato demolito dalla scuola americana (influenzata da Freud) con alcune dimostrazioni antropologiche come la non sempre affermazione dell'eredità madrilinea.

Il
FUNZIONALISMO inglese e lo STRUTTURALISMO francese (il cui teorico, Lévi Strauss, nega apertamente la concezione antropocentrica dell'universo, superando anche la convinzione giudaico-cristiana e cartesiana secondo la quale la creatura umana è la sola ad essere stata creata ad immagine e somiglianza di Dio) affermano che per comprendere lo spirito umano è necessario astrarsi dal soggetto: arbitrarietà e convenzionalità dei segni (in alcune realtà l'agnello è uguale simbolicamente al nostro asino e il maiale all'agnello: il missionario cattolico come fa a dire:"...ecco il maiale di Cristo o ... ecco l'asino di Cristo") mettono in dubbio il soggetto, la lingua si pensa negli uomini a loro insaputa, essi fanno la storia ma non sanno di farla.
La società riflette se stessa e pone regole su cui si fonda: è sempre presente l'
INTERDETTO (non si può fare). Con lo studio della religione non si cerca l'entità originale ma i legami più interni di quelle particelle non più riducibili che, comune a tutte le religioni, sono la condizione dualista e di opposizione di sacro (l'interdetto, non si fa) e profano. Il rituale (espressione di memoria collettiva è sempre spiegato con un racconto e fondato sul sangue) non si caratterizza sull'oggetto sacrificato (che simboleggia il male da superare: Cristo) ma sull'azione.
Ciò, infine, che ci permette di comprendere è la valutazione dell'
IRRAZIONALE (rituali, miti), compito dello scienziato (logica) è solo di rilevare i meccanismi (strutture).


MULTICULTURALITA' E MULTIETNICITA'

L'adattamento fisico e la flessibilità offerti dal nostro smisurato cervello hanno fatto di noi uomini la specie più creativa nella storia del pianeta. L'Homo Sapiens si è insediato in tutti i continenti, divenendo la specie più diffusa. Come si spiega ciò? La risposta risiede in una sola parola:
CULTURA.
Abbiamo prodotto cultura ma, allo stesso tempo, siamo un prodotto della cultura. Creiamo il nostro ambiente sociale inventando e condividendo le regole e i modelli di comportamento che disciplinano la nostra vita e utilizzano la nostra conoscenza appresa per modificare, a nostro favore, l'ambiente naturale.
In questo modo, però, si sono delineate differenze nell'ambito della stessa specie: ogni popolo, infatti, ha sviluppato una propria dottrina nella quale si potesse ritrovare, com-piacere. Da ciò possiamo distinguere due principali filoni che comprendono tutte le culture minori: que1lo orientale e quello occidentale (divisione non necessariamente geografica).
Il primo, più esteso ed antico, si caratterizza per sistemi più originali, creativi, a volte anche estrosi, ma statici, incentivati da personaggi quali Cristo, Maometto, Averroè, per citarne solo alcuni. Differentemente l'occidentale, posteriore e più contenuto, si caratterizza per sistemi puramente razionali, evolutivi e dinamici. Esso ha prodotto lo sviluppo economico favorendo così il progresso, il consumismo e, quindi, il benessere diffuso. Tutto questo non è presente in Oriente dove il progresso è minimo e il benessere è limitato solo a pochi.
Gli Orientali, in ambito culturale, si caratterizzano in termini statici e irrazionali: per fare un esempio basti pensare che, secondo la religione islamica, le donne sono considerate "oggetti" impuri e per questo devono vivere nascondendo persino gli occhi. Quest'idea risale a circa 1300 anni fa, al tempo di Maometto, eppure, in alcune realtà, è ancora valida tutt'oggi (si pensi ai risorgenti integralismi e fondamentalismi).Così, nello stesso ambito cristiano, mentre quello storicizzatosi in Occidente si evolve attraverso i concili e le riforme, quell'Ortodosso, storicizzatosi in ambito orientale, resta fedele alla più rigida tradizione.
Anche se statica per ciò che concerne lo sviluppo, l'orientale è una cultura che attrae per le sue originalità spesso anche gli occidentali: i Beatles, all'apice del successo, si recarono in Oriente per avvicinarsi ai santoni indiani o, per non andare troppo in là con gli anni, attori quali R. Gere o calciatori come R. Baggio, si rivolti all' Oriente alla ricerca di una diversa interiorità.
Perché tutto questo? Semplicemente perché l'Occidente, essendo troppo razionale, manca di quel pizzico di fantasia culturale che è propria dell'Oriente.
Da quanto premesso e in considerazione dell'insopprimibile diversificazione della condizione umana che è al pari tanto razionale quanto irrazionale, scaturisce la necessità di un'integrazione delle due culture, entrambe portatrici di valori esemplari, necessità quanto mai evidente proprio nel Meridione d'Italia dove, anche per motivi geografici, convivono sia l'originale ma statica cultura orientale (arte dell'arrangiarsi, poesia, canzoni e ecc.), sia la sterile ma evolutiva cultura occidentale (industrie, anche se fallimentari!).
La storia, inoltre, è già stata testimone sia di un modello unico mediterraneo (Impero Romano), sia di un modello unico europeo (Sacro Romano Impero), perciò, in definitiva, le divisioni sono solo culturali.

Queste brevi notazioni per significare un progetto mirante ad individuare un percorso possibile per la comprensione dell'altro, sicuramente il primo passo verso una reale in-tegrazione culturale
<<se io dò un euro a te e tu dai un euro a me, abbiamo un euro ciascuno, se io dò un'idea a te e tu dai un'idea a me,abbiamo ciascuno due idee>>.


NAZIONALISMO E XENOFOBIA
Alle soglie del terzo millennio la convivenza multietnica sembra la soluzione unica ed inderogabile del futuro del genere umano. Essa, purtroppo, è messa in pericolo dal fenomeno sempre crescente della xenofobia che, come risulta dalle ultime indagini effettuate, è in forte aumento, in particolare nel nostro continente e interessando anche il nostro Paese.Il fenomeno xenofobo non va confuso col nazionalismo, anche se a volte sembra così. Il nazionalismo è una dottrina politica, in cui la politica e la cultura sono in stretta relazione. La xenofobia è l'avversione verso l'altro, che è diverso per cultura, per organizzazione sociale. In tutti i Paesi, queste differenze hanno generato e generano ostilità e tensioni. Questo è un fatto quasi " normale " e generale che non desta eccessiva preoccupazione.
Quando invece, il nazionalismo per circostanze varie trasforma ed usa la xenofobia nazionalistica in una forza distruttrice, tutto il sistema sociale è in pericolo. Una di queste circostanze emerse con il processo di industrializzazione, quando nacque una distanza incolmabile tra le nuove classi operaie sempre più povere e le classi degli imprenditori, che beneficia del nuovo benessere. Come reazione la " destra" politica affermò il ritorno ai valori rurali tradizionali ( territorialità; gerarchia; coesione; ordine; ) e li mescolò al nazionalismo. L'Europa centro- orientale, nella prima metà del XX secolo, attuò quella scelta, ma, dopo, la fine del secondo conflitto mondiale si comprese bene la che la crescita industriale da più ricchezza e potere delle imprese militari.
Negli ultimi tempi l'industrializzazione ha provocato un altro fenomeno : la massiccia emigrazione di forza- lavoro. I cittadini dei paesi tecnologicamente più avanzati rifiutano lavoro di grado inferiore, non cambiano residenza per cercarsi lavoro. Gli abitanti dei paesi più poveri, invece, sono pronti a tutto, anche a migrare, pur di occupare i posti rimasti " vuoti". Essi cercano di integrarsi faticosamente con le popolazioni che li ospitano, poi, se sono fortunati, si uniscono ad altri loro concittadini, creando delle vere e proprie comunità subalterne che, a causa delle mancanza dei diritti e delle discriminazioni, a volte svolgono attività illegali.
In questo modo la divisione etnica è in conflitto con il bisogno di una cultura omoge-nea di cui la nostra società necessita, per funzionare con ordine e sicurezza. Qualsiasi società liberale non può proibire l'emigrazione di massa, anche se non è ancora in possesso di leggi e provvedimenti capaci di affrontare e risolvere questo problema e le sue conseguenze.
Un ' altra circostanza politica capace di far esplodere la xenofobia nazionalista è stato il crollo dei sistemi totalitari dei Paesi dell'Europa dell'Est. Si sa che il comunismo pianifica tutte le strutture sociali che non fanno parte della sua ideologia politico- economica e quando ciò è avvenuto si è creato il vuoto e il disordine. Allora si è cercato di promuovere la solidarietà tra le masse etnicamente diverse facendo appello ai loro strumenti. Ancora oggi esiste il pericolo, che nel tentativo di aver maggiore ordine e sicurezza, queste popolazioni possono cercare risvolti nazionalistici, ri-tenendoli l'unica soluzione, tuttavia sono consapevoli che questa via porta all'auto distruzione.

IDENTITA' PERSONALE E SOCIALE

Si può definire identità personale " un nucleo intrapsichico dinamico che agisce come principio attivo di integrazione funzionale nella vita psichica ". In altre parole siamo coscienti del nostro IO dalla nascita e con il tempo questa identità viene a svilupparsi e ad integrarsi in un determinato contesto socioculturale. La nostra personalità viene a consolidarsi dapprima attraverso la famiglia e poi attraverso la scuola. E PROPRIO LA SCUOLA, TEMPIO DI CULTURA, DOVREBBE PORTARE OGNI INDIVIDUO AD ACCETTARE LE DIVERSITA' PROPRIE E QUELLE ALTRUI, ANCHE PERCHE' AVERE UNA IDENTITA' SIGNIFICA ESSERE "DIVERSI" DAGLI ALTRI, intendendo la diversità come fattore positivo che rende piacevole la vita di ogni individuo.
La scuola è attenta solo al lato multiculturale del discorso sull'identità personale, proprio per l'introduzione nelle scuole di individui provenienti da altri paesi con cultura e tradizioni differenti. Purtroppo, invece di intendere queste caratteristiche come punto di incontro tra individui che la pensano allo stesso modo, fin dall'antichità ciò è stato motivo di forti differenze sociali e di emarginazioni.
Infatti le tradizioni, ad esempio, sono elementi integranti della personalità di un indivi-duo, il quale fin dalla nascita ha imparato a convivere, di conseguenza essi sono diventati parte integrante della sua esistenza. Se a ciò viene dato il giusto peso, ecco che dalla diversa personalità si passa ad un concetto di etnia o razza e attraverso questi stereotipi si classificano individui che sono accomunati dagli stessi caratteri psicosomatici, ma che forse non hanno le stesse tradizioni.
Poiché é è facile dire che chi ha la pelle scura e vive in America è della stessa razza di un individuo che vive in Congo anche se il primo non fruisce di tutte le comodità di una società tecnologicamente avanzata, mentre l'altro vive ancora nelle capanne. Ciò nonostante, non si può eliminare definitivamente dai vocabolari le parole quali razza e etnia proprio per le diversità che intercorrono tra i vari individui che non sono solo sociali e somatiche, ma anche religiose.
In effetti la multietnia tende alla realizzazione di un progetto di convivenza globale anche perché, se così non fosse, le diversità tra i vari uomini non avrebbero permesso neanche la formazione di città e paesi abitati da persone che, come diceva Confucio, " in natura sono simili, in pratica si trovano diversi ".
Le società semplici, preindustriali del passato erano generalmente piccole ed omogenee. Al loro interno tutti parlavano la stessa lingua, condividevano gli stessi valori, adoravano gli stessi dei ed avevano tratti somatici simili.
Invece nel mondo moderno molte società sono grandi ed eterogenee. In seguito ad insediamenti coloniali, ad attività missionarie, a migrazioni e all'arrivo di rifugiati spinti dalla carestia, dalla povertà e dalle persecuzioni, in queste società esistono spesso delle minoranze che hanno sembianze fisiche e abitudini culturali diverse da quelle del gruppo dominante.
Accade allora che il gruppo dominante operi delle differenziazioni tra i suoi membri e la minoranza. Tratta coloro che compongono quest'ultima in modo ineguale, cioè nega loro di solito la possibilità di avere uguale accesso al potere, alla ricchezza e al prestigio di cui godono i membri del gruppo dominante.
Una minoranza viene identificata attraverso le caratteristiche del gruppo socialmente visibili. Le caratteristiche e i confini di un gruppo minoritario sono definiti socialmente in base ad elementi arbitrari. Tutti gli individui che hanno in comune qualche caratteristica visibile o riconoscibile, come il colore della pelle, la religione o la lingua, vengono messi nel mucchio di una singola categoria. Indipendentemente da quale sia la caratteristica usata per fare questa distinzione, ad essa viene attribuita una grande importanza. Le caratteristiche degli individui che appartengono a una minoranza sono considerate meno importanti di quelle, presunte, che contraddistinguono il gruppo al quale l'individuo appartiene. Coloro che appartengono a una minoranza, come gli ebrei, i negri americani o i palestinesi tendono a provare un forte senso di affinità gli uni con gli altri. La loro "coscienza di specie", o "senso di un'identità comune", è spesso tanto forte da mettere in ombra le differenze interne al gruppo di fronte alla comune lealtà al "popolo". La comune esperienza delle sofferenze del gruppo minoritario accresce questi sentimenti e quanto più i suoi membri sono oggetto di persecuzione, tanto più intensa è probabile che diventi la loro solidarietà di gruppo. Il senso di comune identità deriva dalla consapevolezza di avere una discendenza e delle tradizioni comuni. Spesso è difficile per il membro di una minoranza abbandonare il gruppo, perché il gruppo dominante considera chiunque discenda da un ceppo di minoranza come un membro permanente di essa. Per libera scelta o per necessità i membri di un gruppo minoritario si sposano generalmente all'interno del gruppo. Questa pratica (detta endogamia) viene incoraggiata dal gruppo dominante, dal gruppo minoritario o da entrambi. I membri del gruppo dominante sono restii a sposarsi con i membri della minoranza stigmatizzata, mentre la "coscienza di specie" del gruppo minoritario predispone i membri di questo a cercare il proprio coniuge nell'ambito del gruppo. Di conseguenza, lo status di minoranza all'interno di una so-cietà tende a trasmettersi da una generazione all'altra.

ETNICITA'

I DOMINI ETNICI NELLA STORIA
Nel vasto campo di interazione tra organizzazione sta-tale e tradizione regionale, si sono venuti costituendo gli attuali gruppi etnici, alcuni, come abbiamo già detto, consolidati in maggioranze nazionali e in nazioni, altri presenti solo in forma di minoranza. Complessivamente, dall'Islanda agli Urali, si contano circa 200 etnie tra maggiori e minori. Le popolazioni neolatine, testimoniano l'espansione politica e culturale dell'Impero Romano in Europa. Dopo il declino della potenza romana, queste popolazioni svilupparono meglio la propria identità nazionale di italiani, francesi, spagnoli, portoghesi, rumeni. Alcune minoranze che si costituirono allora sussistono ancora oggi : è questo il caso dei baschi, che rappresentano una vera e propria isola etnica ; infatti questo popolo collocato su entrambi i lati dei Pirenei, parla una lingua preindoeuropea presumibilmente di derivazione caucasica. Gli eterogenei gruppi etnici germanici dell'Europa centrosettentrionale, subirono sia l'influenza dei Celti sia dei Romani. Nel II e III secolo d.C. si unirono però in tribù numerose, le quali penetrarono nel territorio romano e vi fondarono regni.
Nel Medioevo questi regni si fusero consolidandosi e riformulando i rapporti politici ; iniziò così lo sviluppo delle attuali maggioranze etniche.
Altri gruppi germanici si stabilirono tra il X e il XIV secolo a est del confine Elba-Saale, e fin da quell'epoca gruppi di colonizzatori tedeschi si stanziarono nell'Europa sudorientale e orientale. Le tribù germaniche nordoccidentali migrate sulle isole britanniche, posero fine al dominio romano in questi territori a metà del V secolo. Dalla loro fusione con una parte dei bretoni celti autoctoni si costituì l'attuale popolazione inglese, che estese il proprio dominio e la propria lingua sull'intero territorio insulare. Nel X secolo, invece, ebbe inizio il processo di formazione degli attuali popoli danesi, norvegesi e svedesi. La storia degli insediamenti nell'Europa orientale, dopo la prima ondata di migrazioni, fu fortemente influenzata dagli Slavi. Questi, dopo essersi stabiliti lungo il fiume Bug, penetrarono lungo la linea Elba-Saale e nella penisola balcanica. Con queste migrazioni e con la successiva invasione dell'Ungheria da parte dei magiari (progenitori degli attuali ungheresi), l'unità degli Slavi si spezzò ed ebbe in questo modo inizio la differenziazione tra Slavi orientali, occidentali e meridionali. Tra gli Slavi orientali si produsse una tripartizione, condizionata da fattori non tanto etnici quanto storico-politici.
Con russi si designano gli abitanti dell'antico stato moscovita, con ucraini gli Slavi dell'antico principato di Kiev e bielorussi quegli Slavi orientali che furono incorporati nello stato russo-lituano. Una posizione del tutto particolare nell'Europa sudorientale è quella dei rumeni, che, in conseguenza dell'occupazione romana hanno assunto lingua romanza, ma in seguito hanno assimilato nella propria cultura elementi slavi. Nel sud della penisola balcanica, invece, si costituì la popolazione dei greci che raggiunse l'unità nazionale nel XIX secolo. Praticamente impossibile da esplorare è la varietà etnica del Caucaso, poiché accanto a popolazioni turche, l'area accoglie anche gruppi di origine iraniana e addirittura un gruppo linguisticamente autonomo, quello degli armeni.

I MODELLI DEI RAPPORTI RAZZIALI ED ETNICI
I rapporti razziali ed etnici possono se-guire modelli assai diversi che vanno da un'armoniosa coesistenza al conflitto aperto.
Assimilazione In taluni casi un gruppo minoritario viene semplicemente eliminato per assimilazione nel gruppo dominante. Questo processo può comportare l'assimilazione culturale e si verifica quando il gruppo di minoranza abbandona i propri tratti culturali specifici e adotta quelli della cultura dominante ; l'assimilazione razziale si verifica quando le differenze somatiche tra i gruppi spariscono in conseguenza degli accoppia-menti incrociati. L'assimilazione si è verificata ad esempio in Svizzera, dove Tedeschi e Francesi hanno potere e collocazione sociale uguali. In alcuni casi i gruppi etnici, evitando i matrimoni incrociati, sono in grado di mantenere tratti culturali e fisici distinti. Questo stato di cose è detto pluralista.
Sterminio L'eliminazione fisica di gruppi etnici o di minoranze culturali in nome dell'unità nazionale, è una politica di distruzione dell'entità culturale di un gruppo etnico ; non va perciò confuso con i normali processi di acculturazione e di scambio culturale presenti in tutto il mondo. Molti paesi hanno praticato e praticano l'etnocidio come una politica di stato : lo hanno fatto la Francia sino a poco tempo fa nei confronti della Bretagna, della Corsica e della Provenza ; il governo franchista in Spagna nei riguardi di Baschi e Catalani ; l'Inghilterra nei confronti di Irlandesi e Scozzesi ; l'Unione Sovietica e la Polonia nei confronti degli Ebrei ; i vari paesi arabi verso le minoranze non arabe ; i paesi latinoamericani verso le popolazioni indigene ; gli Stati Uniti nei confronti delle popolazioni sopravvissute al genocidio originario.

LE MINORANZE ETNICHE IN ITALIA E LA COSCIENZA DELL'ALTRO
Dopo l'unità d'Italia una circolare del governo ordinava agli insegnanti elementari di cominciare ogni giorno la lezione facendo esclamare ad alta voce nelle classi : "Chi siamo ? Siamo I-TA-LIA-NI". Da allora ad oggi, un secolo di vita unitaria ha favorito il sorgere di una coscienze nazionale, ha cioè portato alla formazione di un "popolo italiano". Il comune confine politico, le guerre combattute dopo l'unità hanno portato a una società nuova. La consapevolezza di essere italiani, di appartenere a una "nazione" a sé, ha via via raggiunto la coscienza di tutti i cittadini. In particolare, negli ultimi decenni, i moderni mezzi di comunicazione del pensiero hanno esercitato una forte azione unificatrice, specie per l'uso della lingua. Anche se la radio e la televisione hanno livellato e condizionato molti caratteri delle culture locali, hanno contribuito a rafforzare l'italianità degli italiani. Questo non significa che l'Italia di oggi possa considerarsi, sotto l'aspetto culturale e civile, uniforme e compatta ;le differenze da luogo a luogo sono sempre esistite e ancora oggi persistono. Appartenere ad una comunità, ad un'etnia, vuol dire avere si un fondamento di valori unitari, ma non per questo essere uguali per modi di vita, per comportamenti, per costumi. Il primo fattore unificante degli italiani è senza dubbio, l'uso di una lingua comune, che si è avuto nel corso dell'800, grazie a Manzoni. L'italiano è compreso da tutti e viene parlato dalla grande maggioranza della popolazione. Le vicende linguistiche italiane hanno seguito quelle storico-politiche attraverso lunghi periodi di separazione. Al di sopra del latino si erano venuti a formare molti dialetti diversi : mentre il latino rimaneva negli atti pubblici, la maggior parte del popolo usava le lingue del volgo (il "volgare") e, tra queste, la parlata fiorentina che divenne simbolo delle classi colte. Solo dopo l'unità nazionale l'italiano divenne lingua imposta dal potere a tutti i cittadini. Tra le isole etniche all'interno dell'area culturale italiana hanno particolare rilievo gli albanesi, sparsi in numerosi comuni del sud. Nuclei più compatti e coscienti della propria etnia si trovano in Sicilia. Esistono in Italia anche lingue che si distinguono sia dall'italiano che dai dialetti come le lingue italo-romanze che si parlano in Friuli (il "friulano"), sulle Dolomiti (il "ladino"), in Sardegna (il "sardo"), in Molise (il "croato") ed in Valle d'Aosta (il "franco-provenzale" e l'"altoatesino"). In Italia, c'è un grande esercito pacifico con lingua, religione e cultura diversa ; tre milioni di persone che convivono da secoli con i propri idiomi da salvaguardare e proteggere perché patrimonio nazionale. Stirpi diversissime che hanno lasciato memorie, opere, patrimoni e che hanno dato vita a questo mosaico ineguagliabile. Ma in questa "Babele" siamo in grado di apprezzare l'infinita ricchezza della diversità nell'unità ?
Siamo capaci di apprezzare la multiculturalità come valore e di assumerla come ricchezza e patrimonio comune ? E' difficile dirlo, se dall'altra parte c'è l'orrenda pulizia etnica, le piccole patrie ribelli, deliri di secessione. Anche noi italiani dobbiamo convincerci che siamo stati formati da culture diverse e che a queste minoranze va data sempre maggior attenzione, anche da parte dei media, indaghino su di esse, anziché corteggiare un'evanescente "razza padana". La questione delle minoranze linguistiche sarà all'attenzione dei lavori parlamentari, guidati dal prefetto Pietro Giacco.
Dopo aver effettuato un'analisi del problema possiamo dire che l'altro che è fuori di noi, di cui noi abbiamo paura e dal quale ci difendiamo emarginandolo o annientandolo, non è che il riflesso dell'altro che è in noi. La paura dell'estraneo e del diverso è segno essenziale dell'incapacità di accettare le differenze che segnano la nostra interiorità : tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere, tra ciò che eravamo e ciò che saremo, tra ciò che sappiamo e ciò che ignoriamo di noi stessi.
L'estraneità di ciò che è diverso è sempre qualcosa di affascinante e di inquietante contemporaneamente, che tendiamo a rimuovere, in quanto in noi genera un senso di angoscia.
L'abisso tra noi e l'altro ci lascia separati, incoerenti e per questo tendiamo a dissimulare le differenze, eliminandole il più possibile dal nostro raggio di esperienze.
Esempio emblematico: "La Montagna Sacra" Nella ripresa di antiche spiritualità, un'eredità millenaria è quella greco-ortodossa, rivitalizzata nell'ascetica vallata bizantina dello Stilaro (Locride - CZ). Qui padre Cosmos, insieme a padre Nilo, ha ristabilito un dialogo tra presente e passato sepolto all'inizio del millennio. Tutto è iniziato quasi quattro anni fa, quando il comune concesse a padre Cosmos e padre Nilo il monastero di San Giovanni e da quel momento sono rimasti lì, vivendo in fredde celle e cibandosi di ciò che dà la natura. Essi vogliono far rivivere l'ascetismo greco - ortodosso in un monastero legato da sempre all'Athos., tra le icone e i ruderi millenari, dove erano vissuti tre santi: S. Giovanni, S. Ambrogio e S. Nicola. La zona è così tornata a nuova vita: vi affluiscono comitive di religiosi, studenti, ambasciatori e gruppi cattolici. In fondo i monaci sono qui come mille anni fa, proprio per dare una mano ad una "terra" che emana storia, la Calabria, a liberarsi del proprio fatalismo perché, citando un'espressione di Dostoevsky, "se un popolo non ha orgoglio, non ha futuro".

E T N I C I T A' E R A Z Z A
Gli uomini recano in sé non soltanto la loro individualità, ma anche l'intera umanità con tutte le possibilità .
( W.Goethe)

Lo strano è dentro di me e quindi siamo tutti stranier
i. ( J. Kristeva).
Io non incorro mai in quell'errore comune di giudicare un altro secondo la mia misura. Mi è facile credere che ci siano cose diverse da me. Per il fatto che mi sento portato ad una certa maniera, non vi obbligo gli altri, come fanno tutti ; e credo e concepisco mille maniere diverse di vivere e, al contrario della gente, considero in noi più la differenza che la somiglianza. Libero più che è possibile un altro essere dalle condizioni e dai principi che sono miei, e lo considero semplicemente per se stesso, senza paragoni, formandolo sul suo proprio modello ( M. Montaigne)

LE DISUGUAGLIANZE RAZZIALI ED ETNICHE
Uno degli aspetti più affascinanti della specie umana è costituito dalla straordinaria diversità fisica e culturale degli individui che la compongono. Ma spesso questa diversità è all'origine di conflitti e di disuguaglianze: troppo spesso i rapporti umani sono stabiliti in base alle differenze non alle somiglianze.
Tutte le società operano delle distinzioni tra i loro membri, e tali distinzioni generalmente si traducono in disuguaglianze sociali. Uno dei modi più comuni per differenziare tra loro gli individui consiste nel distinguerli in base alle caratteristiche somatiche o ai tratti culturali . La conseguenza di queste differenziazioni sociali è che i diversi gruppi finiscono per considerare se stessi e per essere considerati dagli altri come "diversi". I rapporti razziali ed etnici sono i modelli di interazione tra gruppi i cui membri hanno delle caratteristiche somatiche o dei tratti culturali particolari.
Razza: gruppi di individui con comuni caratteristiche somatiche.
Etnia: gruppi di individui con comuni tratti culturali.
Per tutto il corso della storia i rapporti tra gruppi razziali ed etnici sono stati contrasse-gnati dal pregiudizio, dall'antagonismo, dalla guerra e dalla disuguaglianza sociale. Persino nell'ultimo decennio, centinaia di persone sono state massacrate e milioni di persone sono state sottoposte a crudeltà e ad ingiustizie per la sola ragione di appartenere a dei gruppi disprezzati. Negli Stati Uniti, che pure sono un paese formalmente impegnato nella promozione dell'uguaglianza umana, le differenze somatiche e culturali esistenti tra i vari gruppi influenzano ancora profondamente lo status sociale degli individui che ad essi appartengono.
Intesa come concetto biologico, la parola <<razza>> è pressoché priva di qualsiasi si-gnificato. I 5 miliardi di individui che popolano la terra presentano una grande varietà di caratteristiche, quali il colore della pelle, la struttura dei capelli, il rapporto tra gli arti e il tronco, la conformazione del naso, delle labbra, delle palpebre. Anche se la presenza dell'animale uomo risale a più di due milioni di anni fa, le differenze razziali che vediamo oggi sono un fenomeno relativamente recente, visto che la loro origine non si spinge oltre i 50.000 anni fa. Stando alle nostre conoscenze, queste differenze evolutive influenzano solo i tratti somatici. Non ci sono dati attendibili che mostrino l'esistenza di una trasmissione ereditaria di caratteristiche psichiche nei diversi gruppi, sia che si tratti di caratteri generali come l'intelligenza, sia di caratteri specifici come il talento artistico. Di fronte a questo ampio spettro di tipi fisici, gli antropologi hanno tentato per decenni di formulare un qualche tipo di ordine concettuale dividendo la specie umana in razze e sottorazze. Il numero delle razze scoperte dipende tuttavia in larga misura dal singolo antropologo che ha fatto la scoperta, cosicché lo spettro va da tre razze a oltre cento. La causa di tanta confusione sta nel fatto che non esiste una "razza" pura.
Gruppi di popolazione diversi si sono incrociati per decine di migliaia di annidando luogo ad un continuum di tipi umani. Le categorie della "razza" sono il prodotto dell'osservazione, non della natura.
La classificazione che in passato ha goduto del maggior consenso divide la specie umana in tre categorie principali : i caucasici dalla pelle chiara e dai capelli lisci o ondulati ; i mongolidi dalla pelle giallastra e dalla tipica piega sulla palpebra ; i negroidi dalla pelle nera e dai capelli lanosi.
Però esistono molte popolazioni alle quali questa classificazione non si adatta convenientemente. Le popolazioni dell'India, ad esempio, hanno lineamenti caucasici, ma la loro pelle è scura ; gli aborigeni australiani hanno la pelle scura, ma i capelli ondulati e spesso biondi. Esistono molti milioni di persone i cui progenitori sono a tal punto mischiati che non è possibile assegnarli a una delle principali categorie. Oggi molti antropologi, forse la maggior parte di essi, hanno messo da parte ogni tentativo di classificare la specie umana secondo la razza e non attribuiscono a questo termine alcun significato scientifico.
Mentre la razza si riferisce esclusivamente alle caratteristiche somatiche, il concetto di etnia ri-guarda i tratti culturali. Questi comprendono la lingua, la religione, l'origine nazionale, le consue-tudini alimentari, il senso di un'eredità storica comune ed ogni altra specificità culturale. Molti gruppi, come i negri e gli indiani d'America, hanno una connotazione sia razziale che etnica. Per-tanto la loro "diversità" è duplice. In altri casi, i gruppi etnici non si distinguono dal resto della popolazione per le loro caratteristiche somatiche. Gli americani di origine tedesca e polacca, per esempio, non si distinguono gli uni dagli altri, ma gli appartenenti ai due gruppi formano delle subculture distinte basate sul loro diverso retroterra culturale.
Un gruppo etnico è costituito da un rilevante numero di persone che, in conseguenza dei tratti culturali comuni e dell'alto livello di interazione reciproca, considerano se stessi e vengono consi-derati dagli altri come un'unità culturale. Contrariamente a ciò che avviene per le differenze raz-ziali, le differenze etniche non vengono ereditate per via genetica, apprese attraverso la cultura. La cosa è meno ovvia di quanto sembri se si pensa quanto spesso la gente presume che le prete-se caratteristiche dell'"intelligenza", della "industriosità", delle "attitudini militari", della "pigrizia" o di altre ancora attribuite a un gruppo etnico siano delle qualità innate dei suoi membri. Nessun gruppo etnico possiede dei tratti culturali innati, li acquisisce invece dal proprio ambiente. I giap-ponesi che vivono in Giappone e gli americani di origine giapponese hanno lo stesso patrimonio genetico, tuttavia mostrano di avere norme e valori culturali assai diversi.




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