Eduardo Ambrosio


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Modernizzazione e identità nazionale

UNIVERSITA' > LEZIONI SVOLTE IN ANNI PRECEDENTI > STORIA: IL NOVECENTO

Modernizzazione e identità nazionale

La MODERNIZZAZIONE è l'insieme di processi che investono produzione e innovazioni con interazione di persistenze antiche e che non vuol dire affatto democrazia anzi spesso l'opposto.

La MODERNIZZAZIONE dello Stato deve fare i conti con il problema della IDENTITA' NAZIONALE: nazione democratica, nazione/patria, "invenzione della memoria" discontinuità guerra e resistenza, comparazioni con il caso tedesco, inglese (il WELFARE STATE), francese (passaggio dalla 4^ alla 5^ repubblica);
collaborazione internazionale con un appiattimento sulla posizione americana, il rapporto con le culture dei partiti, l'idea dell'Europa.

La MODERNIZZAZIONE della ECONOMIA, riduzione della figura del bracciante, fine della cultura della cascina o villaggio, rapporto sociale privilegiato (la famiglia, dopo la migrazione, resta tale anche nella cultura urbana in quanto essa, ricomponendosi, facilita l'adattamento);
- lo sviluppo dei consumi: (la "vespa"); la casalinghità (o post mondina), dove non trova posto la donna operaia, la donna è la consumatrice che sceglie i consumi (analisi del destinatario del messaggio pubblicitario cronologicamente: famiglia -> casa, giovani -> oggetti firmati, giovanissimi -> giochi videogames);
- l'emigrazione/immigrazione sarà selvaggia, per l'assenza dello Stato, senza sedimentazioni, l'emigrato è dimenticato; il welfare state solo nella scuola con una massiccia alfabetizzazione (indispensabile per lo sviluppo industriale) e nella sanità (si partorisce in ospedale);
- il processo di terziarizzazione in cui si elimina il lavoro autonomo, si sviluppa lo stato ed il parastato con clientele politiche e dipendenza della società da partiti o sindacati, la profonda trasformazione, gestita soprattutto dalla DC, non determina l'unità nazionale, non c'è cultura di solidarietà (il nostro comportamento verso gli extracomunitari è lo stesso che fu riservato a noi emigranti).

La MODENIZIZZAZIONE delle MICROISTITUZIONI: la famiglia, preposta all'interazione pubblico e privato, registra: - mutamenti nella sua struttura,;- uno sviluppo nucleare, affermazione coniugale, lei "caccia le carte" e nei rapporti con lo Stato (la sua dose critica è sempre molto limitata);
- la presenza/assenza dello Stato assistenziale, rapporti amicali e parentali Il tutto sviluppa la famiglia ed il FAMILISMO che determina una coscienza civile volta molto più al privato che al pubblico.

Da rilevare che solo la cultura cattolica, portando la donna fuori casa, in parrocchia, ha determinato una, pur se minima, interazione con il pubblico; per contro non è più visibile la donna che, nelle occupazioni operaie, lotta da protagonista come le mondine.

La MODENIZZAZIONE del MEZZOGIORNO, difficile modernizzazione senza sviluppo che per i peculiari rapporti istituzionali deputato - prefetto - notabile - l'influenza del mercato che ha inserito elementi dinamici nell'economia del Sud; l'agricoltura del sottosviluppo;
- élite urbane.
I PARTITI all'indomani della Liberazione
Democrazia Cristiana (DC), il Partito Comunista Italiano (PCI) ed il Partito Socialista Italiano (PSI), Partito Liberale Italiano (PLI) vecchi notabili, specificatamente nel Mezzogiorno, il partito dei proprietari terrieri e dei professionisti.
Il PCI, benché avesse pochi iscritti, aveva una base molto.
IL GOVERNO I partigiani del Nord si erano impadroniti di molte industrie e proceduto alla sostituzione di molti dirigenti che avevano avuto a che fare con il nazifascismo. Venivano costituiti i Consigli di Fabbrica e ne entrarono a far parte quegli amministratori e proprietari dal "passato pulito", ma la minaccia alla proprietà privata e al regime capitalistico era evidente. Favorire la piccola impresa (colt. Diretti), Alleati manifestavano la loro opposizione.


ASSEMBLEA COSTITUENTE E COSTITUZIONE
La Costituzione, dopo un lungo periodo di stallo - fino ai primi del '47, ed una forte accelerazione in seguito al viaggio in America di De Gasperi (la scelta di campo internazionale), fu approvata il 27 dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1 gennaio 1948 (cento anni dopo la promulgazione della precedente - lo Statuto Albertino). Essa rifletteva l'azione delle forze contrastanti affermatesi con le elezioni: fu un incontro di dottrine cattoliche, marxiste e liberali; insieme al rispetto della proprietà private fu proclamato il principio del controllo sociale e politico sull'economia; si sanciva di fatto il sistema di economia mista pubblico/privato (ma si affermava l'esproprio per interesse pubblico) già ampiamente operante nel paese. I voti comunisti furono determinanti per l'approvazione dell'art. 7 (trascrizione integrale dei Patti Lateranensi del '29), che garantiva alla Chiesa cattolica una posizione privilegiata nel Paese, nello Stato e nell'educazione pubblica.
Occorsero molti anni per istituire alcuni organi importanti, previsti dal dettato costituzionale: la Corte Costituzionale fu istituita nel '55, il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) nel '58, regioni a statuto ordinario nel '70.
In definitiva, nonostante la presenza qualificata di forze progressiste, la Costituzione - che fu un compromesso - riprodusse in sé stessa le contraddizioni dei processi reali in atto. De Gasperi si preoccupò esclusivamente di ricostruire gli istituti politici della democrazia, di arrestare l'inflazione e di far rivivere l'economia senza mutare le basi. I partiti della sinistra moderata utilizzarono il loro potere per strappare importanti concessioni come la "scala mobile" e il blocco dei licenziamenti nell'industria.
La grande crisi economica, dovuta sia all'inflazione per l'enorme presenza di moneta circolante che all'instabilità politica che pregiudicava il rispetto della legge da parte della popolazione, poté ricevere una svolta all'indomani della nomina dell'economista Einaudi a vicepresidente del Consiglio e poi a ministro del Bilancio aumentando le riserve della Banca d'Italia e bloccando spietatamente i prestiti bancari.



La FORMA del SISTEMA POLITICO e del SISTEMA dei PARTITI, definita all'interno e a lato del dettato costituzionale, si fissa su un rigido PROPORZIONALISMO e un forte GARANTISMO (equilibrio dei poteri) che sarà la caratteristica dominante del nuovo assetto (centralità partito = immobilismo).
Le prime applicazioni sono solo quelle dei principi: nazionalizzazioni (ENEL) e unificazione della scuola media ('62-'64), statuto dei lavoratori e regioni ('70); non si attua una vera DEFASCISTIZZAZIONE dello Stato.

Il SISTEMA dei PARTITI in Italia fino agli Anni Ottanta può essere esaurientemente descritto nelle seguenti formule POLITOLOGICHE (da notare che i politologi rappresentano più degli storici l'immagine dell'Italia all'estero):
- bipolarismo imperfetto (Galli), la DC con il monopolio del potere assicura impunità e il PCI è un'eccezione per la mancata alternanza;
- pluralismo polarizzato (Sartori) o estremizzato, vi sono spinte estremistiche (dal PCI a sinistra) che alzano sempre più il tono rivendicativo sicuri di non dover mai affrontare le richieste da governanti, la formula va in crisi con la secolarizzazione, la legittimazione e la distribuzione;
- pluralismo centripeto (Farneti), dal '65 i partiti si omologano al centro per ridurre le distanze ideologiche;

IL POTERE NON VUOLE POLITICA NELLA SUA BASE (DC CON POCA PRESENZA NELLE SEZINI PERIFERICHE, PCI GRANDE MOVIMENTO DI BASE).

Negli Anni Settanta la diversità comunista:
Il PCI (per alcuni il principale elettore della DC) isolato dal '45 al '54, si caratterizzerà come garante della repubblica, per una strategia dell'obesità senza scopo politico, per il legame con l'URSS e per la forte struttura partitica: il mito di Stalin e Stalingrado si ripresenta per ogni generazione saltano (perdita di memoria) i guasti dell'URSS (negli Anni Novanta si è ancora una volta presentato il mito), il PCI ha riconosciuto tali guasti sempre a posteriori, l'élite evita di parlarne per non deludere le masse della base.
Ipotesi CONTROFATTUALE: nel '57, il PCI taglia con l'URSS si sarebbe realizzata in Italia l'alternanza.

La specificità italiana è ottimamente esemplificata negli studi sul sottosistema parlamentare:
- sopravvivere senza governare, le leggi si fanno in commissione con poca trasparenza;
- il ceto politico parlamentare si sente frustrato perché esautorato dai decreti legge, né si delinea un vero CONSOCIATIVISMO ma solo confusione di ruoli.

Per Bobbio, l'Italia ha coniugato governi instabili e parlamenti inefficienti, si sono prodotte troppe leggi ripetitive e limitate, solo MICROPROVVEDIMENTI di facile accordo, che hanno bloccato le riforme strutturali, esempio esauriente la mancata riforma della scuola o elettorale (caoticamente e solo in piccola parte mutata coi referendum).

Elezioni: tratto fondamentale dell'anomalia italiana.
L'analisi parte dall'individuazione degli elementi di specificità che sono la:
- alta affluenza alle urne, oltre il 90%, determinando un voto immaturo (negli Stati Uniti la percentuale non va oltre il 20-25%, bisogna chiederlo per votare e i partiti sono solo macchine elettorali che si vitalizzano solo in occasione delle elezioni poi scompaiono);
- continuità, dal 1953 al 1987 si sono avuti solo piccoli spostamenti di voti provocando un "immobilismo sussultorio", non fa testo lo spostamento di voto più visibile del periodo '46-'53 in quanto la fase dell'impianto dei partiti è ancora incognita;
- diversificazione territoriale del voto: Nord - Est bianco o DC, Centro rosso o PCI, Sud disgregato bianco con voto mafioso (e di scambio), Nord - Ovest (il triangolo industriale) unica realtà con sviluppo di opinione politica.

QUANTE ITALIE ELETTORALI: quattro, cento, due?

Illuminante è la interpretazione della tipologia persuasiva o motivazione del voto: - di opinione, elusiva e con voto libero; - di scambio, nel Sud e per il posto; - di appartenenza (ideologica), nel Centro - Nord.
Nei referendum, dove è quasi nulla la possibilità dello scambio, il Sud vota pochissimo: un grafico sulle percentuali di voto allo schieramento governativo per comparti geografici per la camera dei deputati (dal 1876 al 1987) vede il Mezzogiorno costantemente in testa.

Le TENDENZE ELETTORALI degli Anni Ottanta e la centralità del tema delle riforme istituzionali hanno determinato una politica spettacolo e personalistica (Craxi), segni concreti della riforma istituzionale, la crisi già strisciante della DC e del PCI (non attrae più i giovani), il pentapartito con riduzione del bipolarismo, una lieve modernizzazione con i governi laici (Spadolini, Amato, ecc.) e una minore evidenza nel voto di appartenenza.

La FASE di TRANSIZIONE (1990-1994) registra la DESTRUTTURAZIONE dei partiti e la conseguente modificazione dei processi di mobilitazione: prima DC e PCI, quali partiti integratori di massa, facevano politica porta a porta con propri sindacati e specifiche organizzazioni, ora si utilizza la TV, l'immagine, ecc.; assistiamo alla evoluzione dalla democrazia bicefala alla prospettiva popolare (nascono i due poli) ed alla affermazione dei nuovi soggetti (uomini nuovi).


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