Eduardo Ambrosio


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LA CITTA'

TERZIGNO > STORIA

LA CITTA' DI TERZIGNO




Identificazione del territorio cittadino


DENOMINAZIONI E GEOGRAFIA

Avini 1, S. Antonio, Campitelli Vecchio, Monaci, Pagliarone, Campitelli Nuovo, Caprai, Boccia al Mauro, Mauro, Mauro Vecchio, Taverna al Mauro, Caposicchi, Borgonuovo, Croce del Carmine, Cuparella, Giordani, Passanti, Principessa Margherita, Miranda, Camaldoli, Portone a Secca, Ranieri, S. Teresa, Ugliani sono le denominazioni dei principali rioni (oltre a tutta una denominazione popolare di località come: 'e Furchi, 'e Pullieri, 'e Mociuni, 'e Sisandoli, Santa Prizet', 'e Carpiti, 'e Pizzoli, 'e Pern', 'e Rosi, 'e Vvasche, 'e Ccasenove, int' 'e Bbarinat', 'a Rocevia, 'o Varo 'e Passauài, 'a Pescinella, 'e Rosi, 'e Perni, abbàscio 'e Belli, abbàscio 'a Jàtta 2, 'e Lupi, 'e Llògge, 'o Cafurchio, 'a Lavarella, 'e Quadrani, 'o Canalone, 'e Mangemelell', 'e Paglicuni, 'e Scocozz', 'e Crapar', 'a Riserva, e tante altre) che, insieme al centro storico, compongono

TERZIGNO


Comune della Provincia di Napoli e della Regione Campania, con una popolazione di 16.700 abitanti (dati 2002) e una superficie di 23.51 chilometri quadrati; altitudine media 100 metri (da 50 a 700) sul livello del mare (da cui dista circa 10 km). Confina ad Ovest con il Vesuvio ed il Comune di Ottaviano con cui confina anche a Nord-Ovest; a Sud-Est con il Comune di Boscoreale; a Sud con la località Fornillo del Comune di Poggiomarino; ed, infine, a Nord con Casilli, a Nord-Ovest con S. Maria La Scala e Zabatta, località del Comune di San Giuseppe Vesuviano.

1. probabilmente da Patavini = Padovani - Sant'Antonio da Padova)) - Unica indicazione dell'attuale Terzigno che figura sulle antiche carte geografiche rappresentate sulle pareti dei Musei Vaticani.

2. Masseria la Gatta di 143 moggia, di proprietà dei Medici, ai quali fruttava 1000 ducati annui per i canoni versati da molti enfiteuti come Donato Boccia detto Scocozza, Marsilio Guastaferro, gli Auricchio, i Massa, i D'Avino.



QUADRO AMMINISTRATIVO E SITO


Si estende sulle falde meridionali del Vesuvio, è circondato dalla parte montuosa da boschi (circa 265 ettari) e dalle altre parti da vigneti, frutteti e noccioleti. L'abitato si estende nella quasi totalità in pianura e collina, nella parte più occidentale del territorio comunale.
Inserito nella giurisdizione di Nola, anche per l'Ufficio del Registro e le Imposte Dirette; politicamente fa parte dei Collegi Elettorali: Provinciale di Boscotrecase, per la Camera dei Deputati di Palma Campania e Senatoriale di Nola.
La locale caserma dei carabinieri dipende dalla Tenenza di Torre Annunziata, la Guardia di Finanza e il Commissariato di Pubblica Sicurezza competenti sono quelli di S. Giuseppe Vesuviano. Il Distretto Militare è quello di Napoli.
Fa parte del Parco Nazionale del Vesuvio



COMUNICAZIONI

Il territorio è attraversato da Nord a Sud dalla:
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Borbonica e rettilinea (Nazionale oggi L. Da Vinci e A. Volta) Strada Statale (SS 268 del Vesuvio) - negli anni '90 è stata riprodotta in variante più a valle - che da Napoli attraversa tutti i paesi vesuviani;
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Provinciale (SP 361 Zabatta) Ottaviano/Boscoreale (Panoramica) nella parte più a monte, realizzata nella seconda metà degli anni Sessanta su un antico tracciato, ridotto da tempo per le eruzioni a mero sentiero;
"
Ferrovia della Stato (Trenitalia) - linea Cancello /Torre Annunziata 3;
"
Ferrovia secondaria Circumvesuviana - linea (che dopo la stazione di Terzigno piega verso Est) Napoli/Ottaviano/Sarno 4.
Infine, in direzione est, ai primi del Novecento, per agevolare la fuga in caso di minacce del Vesuvio, fu realizzata la Strada Terzigno /Poggiomarino (Via Verdi).


3. Inaugurata il 2 giugno 1884 con la partecipazione del re Umberto I°, ed elettrificata negli anni Quaranta , la linea fu progettata nel 1880 per superare il Vesuvio e arrivare in penisola sorrentina, venne completata il 1° maggio del 1885 (lunghezza 31 km a scartamento ordinario e pendenza massima 16 per mille, 5 stazioni e 3 fermate; trazione a vapore, poi elettrica e infine a diesel).
Finalmente Marigliano, Spartimento di Scisciano, Reviglione di Somma Ves., Ottaviano, San Giuseppe Ves., Terzigno, Boccia al Mauro, Boscoreale, tra le capolinea Cancello e Torre Annunziata (dalle quali si poteva arrivare a Napoli, Avellino, Salerno e Cassino) avevano un collegamento ferroviario.
La linea, oscurata nella prima metà del Novecento dalla concorrenza della Circumvesuviana, riprese vigore dopo la seconda guerra mondiale, dalla quale era uscita quasi indenne, con collegamenti diretti con Caserta (commercio ortofrutticoli, soprattutto patate) verso Nord e con Castellammare e Gragnano verso Sud (pendolari arte bianca e cantieri navali), tali collegamenti diretti furono aboliti negli anni Settanta con la crisi dell'industria costiera e con il terremoto del 1980; inizia una lenta agonia che si aggrava negli anni Novanta con la riduzione del personale le stazioni furono ridotte a mere fermate; nel 1999 circolavano solo 4 coppie di treni, supportati da corse automobilistiche, e dal 12 dicembre 2005 il servizio ferroviario è stato sospeso.

4. Inaugurata il 20 novembre 1887 nel tronco Napoli/S. Giuseppe Vesuviano, completata nel 1904 fino a Sarno.



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L'attività cittadina


L'ISTRUZIONE

L' istruzione è presente a Terzigno dal 1809, quando con lettera dell'11 novembre, il sottointendente alla pubblica istruzione di Napoli, su ordine del re, invitò gli amministratori di Ottaviano ad eleggere un maestro ed una maestra per la campagna, prima ci si recava esclusivamente ad Ottaviano o si provvedeva in privato: il 25 novembre 1809, furono eletti il sacerdote don Domenico Langella a maestro per S. Giuseppe e Carmela Ubaldo a maestra per Terzigno.
Dal
1866 inizia a funzionare una regolare scuola primaria, che si trasformò successivamente in elementare, dipendente dal Circolo Didattico di S. Giuseppe Vesuviano, e completata con la quinta classe solo negli anni Venti del Novecento; il locale che per tutti era l'Edificio è di epoca fascista (anche mie elementari degli Anni Cinquanta si sono svolte all'Edificio). Il 1° ottobre 1963 divenne autonoma e, per il forte interessamento del maestro Pasquale Testa (mio maestro in V^) in uno col Parroco e le Suore Salesiane, la scuola viene intitolata a San Domenico Savio (Nelle foto ricordo delle classi precedenti non figura l'intitolazione).
Nel 1940 viene istituita una Scuola di Avviamento Professionale Agraria femminile, in seguito anche maschile, funzionante fino al 1962 quando, con la riforma, si fuse con la
Scuola Media Unica obbligatoria.
Per l'istruzione superiore, dalla fine degli anni Settanta, funziona un
Liceo Scientifico Statale 5, nato come succursale del Liceo Scientifico Statale "Pascal" di Pompei, agli inizi degli anni Novanta fu associato al Liceo Classico "Rosmini" di Palma Campania e, dalla fine degli anni Novanta, all'Istituto Comprensivo ITCGLS di Poggiomarino. Attualmente (dal 2007) è associato al Liceo "Diaz" di Ottaviano.

5. La scuola, nasce alla fine degli anni Settanta, dopo una grande espansione negli anni Novanta (nel 1 (997 fu concesso anche un Liceo Linguistico), recentemente si è molto ridimensionata per la cronica mancanza di locali, nonostante una richiesta continua da parte dei docenti (è visionabile una voluminosa documentazione) e un timido impegno del Comune che inizia con la delibera di Giunta Municipale n. 852 del 24 gennaio 1984 rivolta al Ministero della pubblica Istruzione. Con l'istituzione del liceo psico-pedagfogico del 2005, l'istituto sta riprendendo faticosamente vigore. Tuttavia bisogna dire che la sua instabilità dipende dalla mancanza di una sede idonea e la conseguente mancata autonomia: è sempre stata una sezione staccata, in ordine cronologico, da Pompei, Palma Campania, Poggiomarino e, dal 2007, da Ottaviano



IL LAVORO


L'attività produttiva e commerciale riguarda tutti i settori:

  • Il tradizionale agricolo, molto rinomato perché su terra vulcanica di singolare amenità in quanto asciutta e collinare, riguarda, dopo un certo disinteresse a favore del nocciolo nel dopoguerra, in massima parte il vino (il mitico Lacrima Christi 6), la frutta fresca (albicocche o "crisommole", pesche, cachi, uva da tavola, fichi, susine), frutta secca (noci, nocciuole, castagne), ortaggi (fagioli, patate, fave, piselli e gli esclusivi e caratteristici pomodorini a "piennolo"). Con varie aziende impegnate nel settore come alcune per la fabbricazione delle botti. La più grande è l'Azienda Agricola Fabbrocini (oggi Villa Dora) di 350 moggi di terreno.
  • Il recente Industriale (soprattutto dagli anni '60) e artigianale, soprattutto nel campo dell'abbigliamento, con innumerevoli industriette a conduzione familiare, la Teleria Tessitura Boccia del 1911, la Ditta Giusta - Confezioni militari del 1962 (realtà che permettono a Terzigno di essere un elemento essenziale della filiera del tessile e dell'abbigliamento presente su quasi tutti i mercati nazionali ed internazionali); e con lo sfruttamento della lava vulcanica, (esistono molte cave, la più grande è la Cava Ranieri, ben 400.000 mq.) il cui materiale viene impiegato per costruzioni edilizie e per la pavimentazione stradale (ne sono testimonianza la quasi totalità delle strade borboniche e numerosi centri storici, come la napoletana Piazza Del Plebiscito). I lavoratori della pietra lavica (il nobilissimo piperno, pietra durissima che, con i suoi cristalli, le sue iridescenze, i suoi infiniti toni di grigio e la sua vitalità al tatto, sembra capace di emanare una magnetica forza interiore che la rende diversa dalle altre fredde pietre ornamentali) sono gli scalpellini che la levigano, la bocciardano e la scalpellano 7; fin dal '700, questi operatori sono richiestissimi per lavori ornamentali delle abitazioni (portali enormi per palazzi signorili, testimonianze eloquenti sono le Ville Vesuviane), colonne, balconi, basoli, cordoli per marciapiedi, oggetti di uso quotidiano come tavoli, mortai, abbeveratoi, ecc.; la loro capacità e maestria spesso risulta vera e propria arte. Da rilevare che manca un ricambio nelle giovani generazioni per cui l'attività va scomparendo in favore delle moderne automazioni che non sempre raggiungono gli stessi risultati.
  • Il terziario e commerciale con molti negozi all'ingrosso di abbigliamento, un mercato settimanale (ogni martedì) dal 1969, una fiera (di S. Antonio) soprattutto di attrezzi agricoli (ultima domenica di agosto) dagli anni Quaranta; dagli anni Settanta si è molto sviluppato il settore impiegatizio soprattutto quando la locale "Banca Fabbrocini", fondata nel 1921, ebbe un grosso sviluppo in tutta la provincia di Napoli, poi assorbita, negli anni Ottanta, dall'Istituto Bancario San Paolo (ora Banco di Napoli) 8.


6. Per la leggenda: "Dio, riconoscendo nel Golfo di Napoli un lembo di cielo asportato da Lucifero, pianse e laddove caddero le lacrime divine sorse la vite" o anche "Gesù, comparso sotto mentite spoglie ad un eremita, fintamente assetato gli chiese da bere e, per ricompensare la pronta generosità di quello, trasformò la sua acqua in nettare di vino". - Per la letteratura enologica: il ricercatore Bruno Bruni afferma che l'appellativo derivi dal modo particolare di vendemmiare del luogo: "Sul Vesuvio vi è un convento di monaci (i Cappuccini insediati nella "Turris Octava", l'ex colonia romana distante otto miglia da Napoli, la quale da allora e grazie all'opera dei frati contadini, assunse il nome di Torre del Greco: la città del vino greco) che producono un ottimo vino che è ottenuto dalla pigiatura delle uve raccolte solo quando dagli acini stilla (lacrima) zucchero".

7. Notizie complete sulle tecniche di lavorazione sono riportate in un lavoro di ricerca progettuale (pensando all' utilizzo dell'ex mattatoio di Terzigno) del 1996 degli alunni del locale Liceo dal titolo "La casa della pietra".

8. Altre ed esaurienti notizie sulla storia delle banche e istituti di credito sono riportate da Di Giuseppe nella sua STORIA CIVILE DI TERZIGNO e da Bifulco nel suo TERZIGNO.



IL SOCIALE

L'attività sociale e culturale si svolge in numerosi circoli ed associazioni, tra cui:

  • Associazione Calcio Terzigno, del 1964, è la sede della locale squadra di calcio, i colori sociali sono rosso - nero.
  • Circolo dei Giovani - fondato nel 1969 e attivo per circa due anni (del circolo sono visionabili un manifesto del 22 novembre 1968 e l'originale tessera).
  • Giovaninsieme - del 1986, riesce solo a progettare il concorso "Vesuvio d'oro" (del circolo sono visionabili il regolamento e la lettera di contributo del Comune).
  • L' Archeo - centro di attività culturali, fondato, con statuto ed atto notarile, da 42 soci l'8 marzo 1990 - festa della donna (celebrata anche successivamente) 9, il simbolo è un'antefissa di epoca romana (proveniente dalle ville romane locali). Dopo l'intensa attività della prima metà degli anni Novanta, con una forte presenza nel sociale con iniziative artistiche, letterarie e ricreative, il Centro ha subito un certo appannamento per il venir meno dello spirito iniziale.
  • Synapsis del 2003.
  • Corale Accademia, fondata nel 1988, Associazione che ha avviato la sperimentazione vocale su canti classici; ha tenuto concerti in tutta la Campania (Reggia di Caserta con Gragnaniello, Santa Maria la Nova a Napoli, ecc).
  • Gruppo Campagnolo folk, del 1975, coltiva la passione per il canto tradizionale 10.
  • Circolo Culturale Sportivo - C.I.S.A.L., del 1975 attivo per iniziative soprattutto sportive.
  • Associazione Commercianti - A.S.C.O.M., vita tormentata per le continue rifondazioni.
  • Trasmissioni Radio Terzigno - T.R.T., del 1977, è una radio libera che ha trasmesso fino al 1978.
  • Radio Smash, del 1978, è una radio libera a carattere sociale (i soci potevano possedere al massimo due quote da lire 50.000 cadauna) che ha trasmesso per soli tre mesi (dell'associazione sono visionabili un invito, il timbro e la ricevuta del versamento quota).
  • Circolo Sportivo S.Antonio, del 1975, si interessa di sport e produce un giornalino.
  • Associazione Venatoria - F.I.D.C. del 1940, Associazione Nazionale Libera Caccia e Circolo Cacciatori Terzigno, i moltissimi soci sono gli appassionati della caccia.
  • Associazione GUIZZO AZZURRO - Circolo ACLI - opera nel sociale dal 2005
  • Associazione Culturale TERZIGNO FUTURA


9. Con una mostre: fotografiche "La donna nella storia" e "La donna oggi", di sculture "La donna"; e in primavera, "Merletti e ricami antichi", "Barriere architettoniche", "valori grafici" con una rassegna di grafica con video sulle tecniche del "Laboratorio" di Nola; inoltre, nello stesso periodo, si effettuarono visite guidate alla Certosa di Padula ed ai "Sassi" di Matera. Negli anni successivi sono stati organizzati: Incontri sull'orientamento universitario, concorsi fotografici, gita sociale a Città di Castello.

10. Caratteristica la "
Tammurriata alla Terzignese" (presentata al 1° Festival della tammorra e del tamburello tenutosi a Giffoni Valle Piana nei giorni 1, 2 e 3 settembre '06).
La tammorra è lo strumento principe della tradizione campana e vanta origini antichissime, legato a culti lunari, è ritenuto strumento essenzialmente femminile; detto anche tammurro, accompagna sia il canto che il ballo tradizionale ed è usato da sola o con altri strumenti a percussione.
La tammorra è un grosso tamburo a cornice con la membrana di pelle essiccata (quasi sempre di capra o di pecora) tesa su un telaio circolare di legno. Il diametro varia da 30 a 60 centimetri. L'asse di legno che compone il cerchio (cornice) può arrivare fino a 15 centimetri di altezza ed è bucato tutt'intorno da nicchie rettangolari dove vengono collocati sonagli di latta, detti ciceri o cimbali. In loro assenza la tammorra è definita muta, caratterizzata da un seducente suono cupo. Sovente i costruttori usano abbellire lo strumento con l'aggiunta di nastrini colorati e decorato con piccoli motivi floreali lungo la cornice o con scene di argomento cavalleresco affrescate sulla pelle. La tammorra non va confusa con il tamburello, che è molto piccolo, con i cimbali di ottone e non di latta.
Come si suona. Si impugna il telaio da basso con una sola mano, tenendolo perpendicolarmente al corpo, mentre la pelle viene percossa ritmicamente dal palmo e dalle dita dell'altra mano. Il modo di impugnare la tammorra è importante anche da un punto di vista rituale: accade, infatti, che quando lo strumento è impugnato con la mano sinistra e percosso con la destra si dice che viene suonato nella maniera maschile. All'opposto, invece, si dice che viene suonato nella maniera femminile e ciò perché lato destro è identificato nelle antiche culture con l'idea dell'uomo, mentre il lato sinistro con l'idea della donna. L'inversione dell'impugnatura dello strumento indica un rovesciamento dei segni del rituale. Molto complessa è la tecnica usata per suonare la tammorra, poiché richiede qualità musicali e ritmiche non comuni accompagnate, inoltre, da una resistenza fisica notevole poiché lo strumento deve essere spesso suonato per delle ore senza che il musicista possa cedere nella costanza del titolo. Critica è, ad esempio, la posizione da tenere per equilibrare il peso e lo strumento in modo da non affaticare eccessivamente il braccio. Non esiste, in proposito, una regola generale in quanto ogni suonatore trova una sua maniera per equilibrarsi costruendo una tecnica alla quale partecipa tutto il fisico.
Dove si usa. La tammorra accompagna sia il canto che il ballo tradizionale dell'Italia Meridionale, in particolare in Campania, dove è usata da sola o con altri strumenti a percussione, quali le castagnette. Qui la forma musicale, ad andamento essenzialmente binario, dallo strumento deriva il nome tammurriata o anche canzone 'ncopp 'o tammurro. A tale struttura ritmica corrisponde una particolare scansione metrica di sei versi, undici sillabe, che durante il canto subisce però modifiche sia nel numero delle sillabe, che nell'organizzazione. In special modo nell'area vesuviana e ancor di più a Terzigno, la tammurriata emerge durante occasioni ludiche e soprattutto rituali - cerimoniali, quali i frequenti pellegrinaggi devozionali alla Madonna.
Un po' di storia. La storia della tammorra, rivissuta attraverso lo studio dei reperti archeologici e delle opere d'arte presso quei paesi che si affacciano sul Mediterraneo prende inizio da alcune statuette fenicie di figure femminili, raffiguranti forse sacerdotesse della dea Astante recanti un disco riconducibile ad un tamburo a cornice, conservate presso il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Alcune pitture di origine greca mostrano donne nell'atto di suonare un tamburo simile all'attuale tammorra denominato tympanon. Questo strumento ha quasi sempre due pelli (vista la presenza di maniglie o di legature a forma di X e di V sul profilo della cassa) tese su un telaio circolare di legno e di bronzo tenuto verticalmente e percosso con la mano nuda. Presso i Romani, lo ritroviamo col nome di timpanum. In un mosaico di Pompei conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli tale tamburo è raffigurato in mano ad uno strumentista, forse un ambulante, che lo percuote tenendo la pelle rivolta verso il basso. Una tecnica di esecuzione, questa, utilizzata per suonare l'attuale tammorra in Italia Meridionale e che si osserva presso tutte le popolazioni del Mediterraneo e del vicino Medio Oriente che utilizzano tamburi di tale forma. La musica del Medioevo eredita quasi tutti gli strumenti a percussione dell'Evo Antico e la tradizione popolare conserva il grosso tamburo detto poi tammorra per scandire il ritmo durante i balli di Corte. La musica colta rinascimentale non disdegna l'utilizzo di questo strumento, dal momento che esso viene raffigurato nelle mani degli angeli musicanti o nelle tarsie dei cori delle chiese, in cui si evidenzia l'uso del tempo di sospendere dei sonagli al telaio o anche di applicare la bordoniera (una corda posta sulla pelle per dare allo strumento il suono rullante).


Manifestazioni e feste religiose

  • Capodanno con la benaugurale "frasca di lauro".
  • Presepe vivente itinerante: allestito di anno in anno nelle varie contrade del centro storico, con violetti, case antiche, pozzi, forni, ecc. e coinvolgimento di tutti gli abitanti della contrada - 6 gennaio.
  • Terzigno: Immagini di ieri e di oggi - mostra fotografica allestita dal Liceo 28 gennaio / 5 febbraio 1984 (sono visionabili manifesto e foto).
  • Carnevale edizioni del: 1984 con la 'ndrezzata della quadriglia (presente con alterna fortuna ogni anno) e testamento di Carnevale (visibile manifesto); 1997 con carri e sagra del migliaccio (visibile attestato partecipazione); 1998 e successive con i carri allegorici dei vari rioni - in genere quattro - e coinvolgimento dell'intera cittadinanza mediante le scuole di ballo ( cliccando qui si accede al sito del Carnevale di Terzigno).
  • Straterzigno - gara podistica per categorie organizzata nella sola 1^ edizione il 21 aprile 1984 (di essa è visionabile il manifesto).
  • Domeniche nel Parco a Primavera.
  • L'antica processione e la recente drammatizzazione del Venerdì Santo.
  • Lunedì in albis - Santa Brigida - dal 1946 si tiene la seguitissima e spettacolare gara, di respiro regionale se non nazionale, di fuochi pirotecnici, ultimamente sospesa 11.
  • Festa della Croce - domenica precedente il 3 maggio, non più effettuata da molti anni.
  • Concorso musicale "Tu che musica parli … ?" in maggio (ed. 2003 e 2004) - festa della mamma, riservato agli alunni delle scuole elementari e medie di Terzigno.
  • Maggio mariano - nelle varie contrade.
  • Corpus Domini - la processione degli altari.
  • Sant'Antonio - 13 giugno ed ultima domenica di agosto - con fiera di attrezzi agricoli.
  • Maria SS. Del Carmelo - 16 luglio.
  • Sagra del vino con la percoca - fine luglio e primi di settembre.
  • Festa patronale dell'Immacolata - 12 settembre.
  • Sagra del vino di Terzigno 11 novembre (con vari appuntamenti fino a dicembre inoltrato) - San Martino ogni mosto è vino - con palio della botte, processo al vino e concorso letterario/poetico/artistico.
  • Alberata natalizia - concorso meritorio per l'adozione da parte dei cittadini di uno piccolo (1 o 2 mq.) spazio pubblico delle villette comunali concesso dal Comune per una simbolica cifra (lire mille), spazio da sistemare, curare e completare con un albero (quello natalizio della propria famiglia). La manifestazione ha avuto solo due edizioni nel '94 e nel 95 con una partecipazione discreta (sono visibili manifesti,diplomi e atto di affido).
  • Marcia della pace, tenuta negli anni Ottanta con un gigantesco mappamondo che percorreva le vie cittadine (vedi foto).


11. Di origine antichissima, la Pirotecnia è uno spettacolo fugace dove si ammirano il tonfo attutito della carica di lancio nel mortaio, il lento roteare della bomba nella sua ascesa segnata solo da debole bagliore della spoletta accesa, il colpo sordo della carica di spacco seguito dall'accensione delle guarnizioni che illuminano il cielo notturno di splendide composizioni colorate, la violenta detonazione del colpo scuro che fa vibrare il plesso solare agli spettatori ed infine l'inconfondibile aroma della polvere nera e della carta bruciata che il vento spande nell'area circostante.
Le origini sono vaghe, si può partire dai falò con cui i greci celebravano grandi ricorrenze; si passa poi al "razzo" e, nel '500, alla "girandola" (macchina pirotecnica costituita da una sorta di ruota di legno messa in movimento da razzi).
Nel Seicento si diffonde in tutta Europa dividendosi in due scuole di pensiero una più orientata verso uno sviluppo tecnico (Norimberga), l'altra verso uno sviluppo più coreografico, allegorico e decorativo (Napoli), qui abbiamo la simulazione degli incendi di campanili, chiese, palazzi e nel 1657, ebbe inizio la tradizione dei fuochi a mare nella festa famosissima di Piedigrotta, (i fuochi, allestiti su più di venti natanti strategicamente posizionati nel golfo, simulavano con un travolgente crescendo una battaglia navale).
Nel XVIII secolo, lo spettacolo si sincronizza con brani musicali, e, alla fine del secolo, diventa vero e proprio spettacolo come l'attuale con l'introduzione del colore: all'esclusivo rosso-viola della polvere nera si aggiungono le scintille brillante con la limatura di ferro, le fiamme giallognole con la raschiatura di ambra, i lampi abbaglianti con il magnesio, il verde con sali di bario, il rosso con i Sali di stronzio, ecc.
La valutazione dei fuochi considera la bomba di tiro, dove si rilevano vivacità e varietà dei colori, tempi di spacco, aperture sempre a forma sferica e complessità; la qualità viene definita dall'abbinamento e varietà dei colori, dal più alto numero degli spacchi caratterizzati da diversi nuclei sferici (detti contrabombe) con stelle all'interno e cannoli all'esterno, dall'altezza uniforme dello sparo; i tempi di deflagrazione, infine, devono susseguirsi con precisione tra gli intrecci e le riprese, sbavature e poca sfericità dei nuclei sono considerate imperfezioni; e finale con l'insieme dello spettacolo, dove si valutano durata, variazioni, novità, sorpresa, meraviglia e spettacolarità; la bontà è definita dalla capacità di appassionare dal primo all'ultimo colpo, senza pause lunghe o interruzioni, presentando emozioni ed entusiasmo; peculiarità sono le "fermate", bombe che sparano in una sequenza cronometrica di intrecci ed aperture e la "scarica", fase finale caratterizzata da un ritmo incalzante di colori e spari che, al culmine, devono occupare tutta la scena (intera volta celeste visibile).



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Archeologia


Gli scavi archeologici promossi dal '700 in poi nel Suburbio pompeiano hanno riportato alla luce innumerevoli ville rustiche di epoca romana, anche il territorio di Terzigno, è stato, anche se solo recentemente (L. Reg. 67/88), interessato corposamente da scavi che hanno rivelato numerosi ritrovamenti di seguito cronologicamente elencati:

  • Nel 1910, in località Scocozza masseria Albano (oggi proprietà Pasquale Auricchio) sono stati rinvenuti delle mura romane e vari attrezzi agricoli.
  • Nel 1976, in località Avini cortile Ferrara, a 21 metri di profondità, sono stati rinvenuti anfore e dolii romani.
  • Nel 1981, in località Caposecchi, lungo l'antica strada che da Pompei conduceva a Nola 12, nella Cava Ranieri ('o tagliapret') che estrae la pietra della colata lavica del 1832-34 13, è venuto alla luce l'intero quartiere rustico (atrio porticato, corridoio, stanzette) e la cella vinaria di una villa romana, la cella contiene dolii in terracotta con una capacità di circa 800 litri, ben conservati, allineati e infossati a file parallele con il marchio di fabbrica impresso sull'orlo. Questo rinvenimento fu preceduto, nel 1976, da segnalazioni incerte di un'altra villa a circa 800 metri più a nord. Successivamente si sono avuti altri cinque rinvenimenti tanto da formare un vero parco archeologico.

Lo sfruttamento dell'ager Pompeianus (seppur molto studiato negli ultimi anni, data la pochezza delle informazioni, non è ancora del tutto ben definito riguardo a estensione e configurazione) era assicurato da queste ville rustiche. Situate su panoramiche terrazze naturali alle pendici del Vesuvio, le ville furono distrutte dall'eruzione del 79 d.C., esse erano composte da una pars urbana (riservata al padrone), una pars rustica (per i servi e l'attività lavorativa), la fattoria era la pars fructuaria. Vi sono anche esempi di ville più modeste solo rustiche (solo per vilicus e schiavi).

Le ville romane di Terzigno 14, in sintesi, sono sei così distinte:

  • villa 1: collocabile tra il II e il I secolo a.C., di 135 mq. (tutte le pertinenze si estendono per 570 mq.), con 42 dolii nella cella vinaria e un deposito del foraggio (dove sono visibili resti vegetali carbonizzati che i vari esami hanno stabilito essere trifoglio, erba medica, fava e pisello selvatico), doveva trattarsi di una grande azienda agricola;
  • villa 2: a 800 metri dalla villa 1, anch'essa collocabile tra il II e il I secolo a.C., qui sono stati trovati vari scheletri umani e di cani, nonché vari monili, monete d'argento e bronzo, una fibula di bronzo, tutto di buona fattura;
  • villa 3: a 200 metri dalla villa 2, consiste in un fondo di cisterna e qualche muro;
  • villa 4: è una struttura muraria in opus incertum, che delimita dei pavimenti di cocciopesto;
  • villa 5: pochissimi elementi;
  • villa 6: è risultata un rinvenimento eccezionale, lo scavo esplorativo si è protratto dal 1993 al 1997, sono venuti alla luce enormi e raffinati affreschi di cicli figurativi mitologici, di Fortuna con timone, di Sacri Lari e di un Baccante e, nel settore rustico, alcuni scheletri.


Recentemente l'archeologia terzignese sta avendo un'adeguato sviluppo. Testimonianza rincipale è la nascita del
MATT (Museo Archeologico Territoriale Terzigno) sito nell'antico macello ampiamente ristrutturato. il Museo si va arricchendo sempre più di vari reperti, anche di pregio, tutti provenienti dalle ville suindicate e già archiviati a Pompei.

12. Nella topografia del Suburbio pompeiano è questa un'antica arteria risalente al periodo medioevale, quando il territorio di Terzigno insieme a tutto il circondario era la "Silva Mala", luogo di caccia degli Angioini.

13. Fino al XVIII secolo, questa strada resta l'unico collegamento tra le località del versante meridionale del Vesuvio, con i Borbone si razionalizzò il tortuoso percorso, quello attuale (la SS 268).
La strada è riportata nella "Tavola Peutingeriana" (da Peutinger nome del possessore della tavola che si trova a Vienna).

14. Il record stratigrafico evidenziato nel sito, un'area di circa 500.00 mq., comincia con depositi di flow e surge di 7900 anni fa e si chiude con la colata Caposecchi del 1834, che poggia sulle lave 1701/1817, mentre i depositi vulcanici del 79 d.C. sono ad un livello moto più basso rispetto all'attuale piano di campagna.
Ampia e dettagliata relazione sulle ville e catalogo completo dei reperti rinvenuti a Terzigno sono riportati nella pubblicazione promossa dalla Gestione Commissariale di Terzigno nel 1989: "Le Ville Romane di Terzigno " a cura di Caterina Cicirelli.

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Monumenti e siti importanti



VILLA BIFULCO


Costruita nel 1748-60 dall'illuminato notabile di Ottajano e amministratore dei Medici: Vincenzo Bifulco, la villa, ben conservata anche per un recentissimo ed oculato restauro, classico esempio di residenza estiva per la coltura vitivinicola, pur rimanendo proprietà privata, è vincolata per legge dalla Sovrintendenza ai Monumenti, dal 1939, fa parte delle "Ville Vesuviane del '700".
Il modello della villa, come un po' in tutto il napoletano, era rispondente alle esigenze dei "galantuomini" che, secondo i loro valori economici e sociali, sperimentarono con tali siti la coniugazione tra otium e interessi.
La villa, con il suo gioco di pieni e di vuoti molto originale, è di scuola vanvitelliana
15, è posta al centro di un grande vigneto (40 moggi) ed un giardino ricco di piante pregiate, soprattutto molte varietà di camelie (una è stata piantata nel 1748), spesso oggetto di studio 16.
La villa è sita in un'area collinare, alle falde del Vesuvio, destinata a vigneto. La facciata si articola su due piani, segnata da un doppio portico a tutto sesto, intervallato da un arco intermedio, con ambienti retrostanti. Il portico superiore è coronato da un frontone al cui centro è una finestra ovale che dà luce ed aera un sottotetto. Il raccordo tra il fronte e le ali dell'edificio è assicurato da belle volute che, insieme alle cornici delle finestre, caratterizzano la villa.
La scala collega il piano terra al piano nobile è posta nel piccolo ambiente rettangolare a destra e presenta una graziosa balaustra in marmo e due finestre in asse che danno sul cortile.
La cantina, con i suoi ambienti a volta, si estende per una superficie di due terzi più ampia dell'edificio sovrastante ed è collegata, da un lato, direttamente con la terrazza alle spalle del piano nobile mediante un efficientissimo sistema di aerazione, in essa si trovano numerosi attrezzi per la vinificazione (pezzo pregiato è un mastodontico torchio del '700 detto "'a cerqua").
L'ampia terrazza, delimitata da una balaustra in pietra lavica che fa corpo con i sedili che la circondano per larghi tratti, elevandosi di poco sul declivo collinare è uno splendido belvedere che si apre sui vigneti e guarda alle falde del Vesuvio.
Il giardino è segnato, nella parte antistante, da un viale e da un ampio spazio semicircolare, è ricco di alberi con varietà particolari e pregiate di camelie.

15. Dall'architetto olandese Vanvitelli, chiamato a Napoli da Carlo III° per realizzare la splendida Reggia di Caserta.

16. Per Monumenti porte aperte, la Fondazione Napoli Novantanove in collaborazione con l'Istituto Tecnico Agrario Statale "E. De Cillis" di Ponticelli - Napoli , il 7 maggio 1994, ha organizzato, nell'ambito della manifestazione La scuola adotta un Monumento, una vista guidata con apporti multimediali alla villa Bifulco ed al suo rinomato giardino delle camelie, nell'occasione è stato allestito un'esposizione di attrezzi agricoli nella cantina con il famoso torchio.



EREMO DEI CAMALDOLI


L'eremo dei Padri Camaldolesi è situato nella zona a valle (nelle campagne che circondano il Cimitero a quota 80 metri s.l.m.), denominata "Masseria e' Camaldoli" estesa per 190 moggia di terreno, verso la metà del '400, era affidata a Girolamo Sangermano da Liveri, poi di proprietà del Comune di Ottaviano, che prima la concesse in fitto per sei anni al sacerdote Andrea del Giudice da Ottaviano e poi, nel 1813, a Francesco Dell'Annunziata.
Il complesso edilizio, costruito prima del XV secolo, è stata la sede del primo istituto religioso stabilitosi a Terzigno (tra il XV e il XVI secolo l'Ordine dei Camaldolesi si diffuse in tutta la zona napoletana), è composto da 7 locali al piano terra con un ampio refettorio, da 10 stanze al primo piano e dalla chiesa con campanile.
Nel 1652, in seguito alla abolizione dei piccoli eremi e conventi ove, per il ridotto numero di religiosi, non era possibile applicare appieno la "regola" di papa Innocenzo X (
IN QUIBUS OB PARVUM NUMERUM RELIGIOSORUM NON POTEST IUXTA INSTITUM SUUM SERVARI DISCIPLINA), i religiosi di circa cento comunità religiose (tra cui questa) dovettero raggiungere i propri istituti in regola con la norma; nell'eremo sopravvisse una incerta vita religiosa fino al 1864 quando fu definitivamente abbandonato dai Camaldolesi, a causa dell'abolizione e spoliazione degli ordini religiosi da parte del Governo unitario.
Nel 1943-44, l'area fu utilizzata dagli Alleati per la costruzione di un aeroporto militare e nello stesso periodo il complesso fu ulteriormente danneggiato con il crollo dei tetti dalla caduta di lapilli del Vesuvio.
Attualmente il complesso è molto diroccato rimane, però, quasi intatto il tronco del campanile della chiesa e l'arco in pietra bianca a tutto sesto dell'ingresso; nel 1917 fu asportata la piccola campana ancora istallata, per sistemarla sul campanile della chiesa di S. Antonio.
Nel 1995, gli alunni del locale liceo scientifico hanno avanzato, dopo studi e rilievi del sito nella ricerca, tradotta anche in francese, dal titolo: "L'EREMO DEI CAMALDOLI DI TERZIGNO", una richiesta all'Amministrazione comunale di adottare il monumento. La cosa, per la poca sensibilità delle autorità, è rimasta lettera morta, anzi, nel 1999, operatori stradali comunali, nella logica del piccolo favore di tipo clientelare, hanno anche arrecato dei danni, per fortuna denunciati in tempo da alcuni cittadini e dal giornale locale "Voce Vesuviana" del novembre 1999, alla struttura per ampliare una stradina interpoderale privata.



CASA DEL VESCOVO


Costruita in seguito al ritrovamento, il 16 dicembre 1631, sotto una ripa di lava di una parete dipinta (la figura rappresentava la Madonna degli Angeli, indicata poi con il nome di Madonna della Ripa ) come casa convento dai Padri Carmelitani Scalzi di Santa Teresa.
Il complesso, allo stato molto degradato, è definito "Casa del Vescovo" perché vi dimorarono i Vescovi di Nola il carmelitano Daniele Scoppa (1695-1703), che inaugurò nel 1699 la cattedrale di Nola e saltuariamente Monsignor Trojano Caraccciolo del Sole (1738-64), per seguire i lavori di costruzione della Chiesa dell'Immacolata e perché, data la cagionevole salute, trovava giovevole respirare l'aria fine e sulfurea di quel sito.


MASSERIA BARRI


L'ottocentesco complesso, allo stato molto degradato, è un edificio rurale sito a valle della chiesa di Santa Brigida, è caratterizzato dal piano celliere interrato con pilastro centrale e coperture a volta per la lavorazione e conservazione del vino, dal piano terra per le stalle e depositi e dal primo piano per abitazioni, qui si estende un'ampia terrazza preposta all'essiccazione di noci e nocciole.
Il complesso è un classico esempio dell'architettura rurale di Terzigno con case a volta estradossata e cortine con comodi (cisterna, lavatoio, forno, ecc.) comuni, utili anche per lo sviluppo di una socialità rionale tutta contadina.





TAVERNA AL MAURO, CASOTTO E PIETRA MILIARE

La seicentesca Taverna della Quercia (la Cercola à Balzano, detta al Mauro - ben conservata grazie ad un recentissimo sapiente restauro) è un'antica stazione di posta (cambio cavalli - ristoro per viaggiatori, briganti, donne allegre, a base di pasta, carne e verdura e con i piatti tipici: trippa, meuza 'mbuttunata, zuffritto, sarachiello, noglia, menesta 'mmaretata, fasule dint' 'o fiasco, puparuole 'mmbuttunate, mulinane a fungetielle o a barchetella, sasiccio e friarielli, stocco arricanate, chiocciare e baccalà, ragù cù 'a braciola, bollito 'e carne 'e capa, ventre 'e stocco, pastiera 'e maccarune - rifornimento viveri - ritrovo di briganti) sita al confine del feudo mediceo. Il voluminoso edificio di cinque grandi ambienti è caratterizzato, nella parte anteriore, da grossi archi e retrostante portico coperto con volte a botte, spazio utilizzato per esporre merci e come ristorante all'aperto.
Nei pressi della Taverna, un centinaio di metri più a sud lungo la strada, si nota il casotto per le guardie e la pietra miliare di confine con lo stemma dei Medici.




VILLE/MASSERIE: DI LUGGO, SAVIANO, MENICHINI, GIORDANO, BUONINCONTRI E CASINO DI CACCIA, COZZOLINO

La villa Di Luggo è una grande masseria di proprietà di patrizi vesuviana del XVIII secolo che, anche se non presenta particolari pregi architettonici, con i suoi portici leggiadri e cortili squadrati denota la tipicità delle fattorie vesuviane preposte alla viticoltura.
Nella villa, situata nella zona nord orientale, oltre all'ampia casa padronale, sono ubicate ampie cantine corredate di tutto quanto necessita per la lavorazione e la conservazione del vino. Il complesso è, allo stato, discretamente conservato.

La
Saviano è una villa patrizia vesuviana del XVIII secolo che, anche se non presenta particolari pregi architettonici, con i suoi prospetti semplici e lineari denota la tipicità delle fattorie vesuviane preposte alla viticoltura.
La villa, nella zona nord orientale, si eleva su tre piani e, nell'interrato, sono ubicate ampie cantine corredate di tutto quanto necessita per la vinificazione. Lo stato attuale di conservazione è discreto.

La villa
Menichini ubicata a ridosso del centro storico, presenta sobrie linee architettoniche; è stata costruita agli inizi del 1700, allo stato ben conservata, fu molto trasformata nel 1870, per adeguarla al commercio del vino, presenta immense cantine attrezzate per la vinificazione.

La
Giordano è una villa patrizia vesuviana del '700 ben conservata ma molto rimaneggiata rispetto al complesso originario, rimangono intatti il cortile e le antiche stalle, che denota la tipicità delle fattorie vesuviane preposte alla viticoltura.
La villa, nel centro storico, è composta da una zona padronale elevata e, nell'interrato, da ampie cantine corredate di tutto quanto necessita per la vinificazione, vi sono ancora due fusti (grandi botti) per la conservazione ed il commercio del vino.

In località Mauro vi sono la villa dei Baroni
Buonincontri che presenta scuderie per carrozze e cavalli, cantine per il vino; e, nella zona detta "Posta del Re", i pochi resti del Casino di caccia dei Principi de' Medici di Ottajano, frequentato anche da re Carlo III di Borbone, che amava molto la caccia, infatti, al suo insediamento a Napoli nel 1734, aveva voluto come sua sede una nuova reggia, quella di Capodimonte, con un ampio Parco (la reggia sarà anche sede di Giuseppe Bonaparte dal 1806 al 1808 e di Giocchino Murat dal 1808 al 1815 - il cosiddetto Decennio francese.

L'edificio
Cozzolino è una residenza padronale, ubicato in località Boccia al Mauro, presenta semplici linee architettoniche molto rimaneggiate nel tempo, è caratterizzata da una torre, alla sommità del corpo scala, con parapetto merlato. Lo stato di conservazione è alquanto discreto.


Museo Emblema

Il museo, splendido spazio espositivo, di Arte Moderna è sito nella casa-laboratorio del maestro Salvatore Emblema 17 e raccoglie la sua produzione artistica.
Con le sue trasparenze, Emblema ha saputo intrappolare con immagini e sculture le energie vitali del vulcano, mostrando un amore viscerale per la sua terra nera, è lui "l'uomo del Vesuvio"; per il qual motivo l'Amministrazione Comunale lo ha nominato ambasciatore nel mondo della pietra lavica vesuviana.
Fa parte del museo anche l'opificio-officina (laboratorio artistico) in cui il maestro opera e conduce una continua ricerca per le più svariate forme di utilizzo dei materiali vulcanici
18, interessante la coniugazione con altri materiali come ceramiche, oro, ecc.


17. Conosciuto in tutto il mondo, ha esposto tra l'altro agli Uffizi ed a New York e figura nel manuale di Storia dell'Arte di Giulio Carlo Argan.

18. La pietra, sotto le sue sapienti mani, diventa monile, mosaico, si polverizza e si ricompone diventa colore o substrato, in un processo che la porta ad essere protagonista dell'opera d'arte.




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