Eduardo Ambrosio


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POLITICA ITALIANA E FORME POLITICHE

STORIA > III MILLENNIO




POLITICA ITALIANA

Sommario: LA DEMOCRAZIA ITALIANA - IL SISTEMA DI POTERE (tangentopoli) – LIBERISMO - TEORIA DELLO ZERO POLITICO - FORZA ITALIA (disponibile programma 2001 e pubblicazione “Una storia italiana) - La LEGA - IL FEDERALISMO – ALTRE FORME POLITICHE: comunismo, socialdemocrazia, fascismo, dottrina sociale cattolica, anarchismo. - Le nuove sfide della globalizzazione.



LA DEMOCRAZIA ITALIANA
La storia repubblicana, sviluppatasi sul filo dell'antifascismo dal 1943 in forma sì democratica, ma molto variamente connotata sia per la forte conflittualità delle classi sia per la forte diversità geografica, va rigorosamente analizzata nelle sue fasi politiche per una corretta applicazione della storia al presente.
Si possono individuare in ordine cronologico varie DEMOCRAZIE:
-1943-47 Democrazia di TUTTI, uniti in questo intento dall'avversione unanimemente dichiarata al fascismo.
-1948 (18 aprile)-53 Democrazia BLINDATA (Scelba), si afferma l'idea, nella classe dominante, di difendere la democrazia contro gli estremismi (ritorno fascista o comunismo) con la polizia spiegata a tutto campo e bloccando ogni tipo di riforma.
-1962-63 Democrazia CONCORDATA o PATTEGGIATA (centro-sinistra), i soggetti sociali contrattano e privilegiano i rapporti sociali (istruzione, lavoro, ecc.).
-1968-78 Democrazia CONFLITTUALE, si liberano i contrasti tra le parti sociali.
-1978-91 Democrazia dell'EMERGENZA, la necessità di bloccare le spinte anarchiche (terrorismo) e di esagerata conflittualità spinge la classe politica a varare leggi speciali (fermo di polizia, ecc.). ispirate al codice Rocco.
-1992 /94 Democrazia dei FANTASMI, mancano i soggetti fisici della politica, al contrario ci sono le forme vuote di persone, tutto è affidato alle leve istituzionali, il governo Amato incarna appunto la svalutazione della politica, funzionano le commissioni bicamerali e la magistratura.
-1995/...... Democrazia delle LOBBY
(corridoi), rivendicazioni corporative, che al Nord mette insieme gli industriali (3000 tutti insieme alla riunione con il presidente Amato) contro ogni forma di dialettica con le componenti operaie, e al Sud fortifica i sodalizi mafiosi e clientelari.
Le Lobby vengono fuori allo scoperto e non si accontentano di essere rappresentati dai partiti compiacenti (pratica molto in voga negli Anni Settanta e Ottanta: un protettore qualsiasi alla ricerca di coperture o affermazioni personali comprava il simbolo di un partito minore e dettava legge), ma si espongono con propri uomini (Forza Italia - Berlusconi) e chiedono di gestire direttamente la cosa pubblica in un concerto armonico di interessi tra imperi clientelari del Sud e Industriali del Nord proponendo forme di liberismo e federalismo.


Per cercare di interpretare la politica italiana dalla fine del Secolo Breve (1989 -1991), possiamo rilevare che non essendosi più alimentata, per la formazione dei partiti, dai movimenti collettivi di massa, questi ultimi sono improvvisamente esplosi perché le élites istituzionali non sono più riuscite a dar voce alle forze sociali; così queste, come un terremoto, hanno rotto la crosta istituzionale, creato mete, valori e si sono affidate alla guida di leader carismatici.
Caduto il fascismo la nuova classe politica e i nuovi partiti emersero dai movimenti di liberazione; tutti i leader di quel periodo avevano statura carismatica: Togliatti, de Gasperi, Nenni, Amendola.
Alla fine degli anni Settanta si sono succeduti movimenti tanto politici come il movimento studentesco quanto di costume come gli hippy e il femminismo, che hanno portato alla laicizzazione della società e alle leggi sull'aborto, il divorzio, ecc. Dal movimento studentesco sono emersi piccoli partiti marxisti e il rafforzamento della coalizione sindacale formata da Cgil, Cisl e Uil. I movimenti sono finiti quando gli eccessi del terrorismo hanno fatto coalizzare i maggiori partiti.
Il nuovo equilibrio si è rotto alla fine degli anni Ottanta con il crollo del muro di Berlino. Molti che votavano Dc per timore di una dittatura di tipo sovietico si sono sentiti liberi. È nato così nel Nord il primo nuovo movimento collettivo, la Lega col suo capo carismatico Bossi. Poi c'è stato il movimento Mani Pulite con Di Pietro. Sotto l'urto di queste forze e della sinistra sono stati distrutti, i partiti di governo, Dc, Psi, Psdi e Pri,. Doveva essere il trionfo del rinnovato Pci, ormai Pds, ma, nel 1994, improvvisamente è esploso il movimento di Forza Italia sotto la guida carismatica di Berlusconi.
Tutti questi movimenti oggi sono diventati istituzioni stabili con gli stessi leader originari: due al governo il Popolo della Libertà e la Lega, uno all'opposizione, l'Italia dei Valori.
La Sinistra, invece, dopo il '68, non ha più avuto movimenti, ma solo agitazioni come la pantera, i girotondi, l'onda che non hanno portato alla formazione di nuovi progetti, di nuovi leader: ed è per questo che oggi si trova indebolita.

IL SISTEMA DI POTERE ( tangentopoli)
Le rivelazioni sull'affare ENIMONT, sono un'ulteriore prova che IL SISTEMA DI POTERE sorto sulle ceneri del fascismo e dell'immane martirio della seconda guerra mondiale, era molto complesso e univa strettamente circoli economici e finanziari a partiti e gruppi politici.
Per decenni, infatti ha prosperato un unico GRANDE PARTITO, quello della CORRUZIONE E CONCUSSIONE, che ha lasciato inquietanti ombre sull'arduo cammino della democrazia. Il fatto che esistessero molteplici ed intrigati rapporti fra il mondo politico ed il ceto imprenditoriale per l'assegnazione degli appalti relativi alle opere pubbliche era risaputo già da molto tempo, ma nessuno lo denunciava poiché il sistema serviva a tutti, a quelli che venivano pagati e a quelli che pagavano.
I soli a rimetterci sono stati i cittadini, attraverso la crescita abnorme del debito pubblico.
Bisogna però affermare che un'analisi ancora più accurata della situazione porta alla conclusione che la colpa di tutto quello che è avvenuto e sta ancora avvenendo non deve ricercarsi solo nella classe dirigente, di questo sistema di potere costituito prevalentemente da uomini politici, ne hanno beneficiato molti che non sono né imprenditori né industriali, ma impiegati e pensionati, cioè tutti coloro che godono di un reddito di cui, in base al loro lavoro, non avrebbero mai potuto godere.
BASILARE per la nostra repubblica è: CAMBIARE IN MODO RADICALE il sistema CULTURALE E SOCIALE.
È la cultura che deve mettere in moto un grande processo di rigenerazione del tessuto etico e politico del nostro paese, progettando le riforme che necessariamente non devono guardare all'indietro ma devono mirare a costruire (e non demolire) uno stato moderno attraverso lo sviluppo del pubblico, del sociale.


LIBERISMO
Il tentativo, come prospetta una vistosa porzione della politica, di relegare lo Stato in uno spazio operativo ridotto al minimo indispensabile e privilegiare l'azione individuale è un processo culturale ma molto anacronistico: è come se spostassimo all'indietro l'orologio della storia riportandolo ai tempi del liberismo ottocentesco, ma, nell'Ottocento (e in alcune realtà meridionali fino all'età repubblicana avanzata), la stragrande maggioranza della popolazione europea viveva in campagna, lavorava i campi, aveva scarsissimi contatti con la città, non mandava i figli a scuola, non aveva diritto di voto, non frequentava né medici né ospedali, conosceva soltanto il prete, i gendarmi e la coscrizione militare obbligatoria. L'individualismo liberista era dunque limitato ad una porzione estremamente esigua della popolazione e la struttura economica era caratterizzata opportunamente da una robusta politica protezionistica che mortificava i consumatori e favorivano alcune imprese forti ed alcune colture agricole di base.
Nucleo generativo: intangibilità della libertà individuale. Uomo: individuo (punto di vista ontologico), fallibile (p.v. gnoseologico), relativista (p.v. etico). Società: è un concetto non una cosa, è strutturalmente, è imperfetta, è competitiva, è meritocratica. Stato: è un male necessario, deve essere democratico (fondato sulla pratica alternanza del potere). Economia: mercato fondato sulla libera concorrenza, possibilità di diseguaglianza nella libertà e nella pace.

TEORIA DELLO ZERO POLITICO
La realtà politica nazionale e locale richiede ancora un passaggio tra il PRIMA e il DOPO si deve riconoscere CHI è il PRIMA e CHI è il DOPO: molti personaggi discutibili, grazie al voto di clientelare, si riciclano nella nuova visione politica.
La mancata sostituzione del materiale umano porta inevitabilmente ad una sostanziale continuazione della concezione della politica, il cambiamento non può consistere nella semplice trasformazione dello STATO-PARTITO in STATO-PARTITI con una graduale, sistematica e concordata (consociativismo) occupazione di tutte le parti dello Stato (lottizzazione) da parte di tutti i partiti politici, ottimamente legittimati dallo strumentalizzato voto popolare.
L'invocato cambiamento vorrebbe il TOTALE AZZERAMENTO degli attuali "POLITICI" (politicanti), con la formulazione di regole nuove (già sufficientemente definite per la politica locale e in discussione per quella nazionale) che permettano controllo e trasparenza.
Le nuove formazioni politiche non dovranno in alcun modo somigliare ai vecchi partiti, cosiddetti ideologici (l'ideologia è stata una cambiale che l'elettore ha firmato in bianco al politico), alla meglio riciclati con nomi e simboli nuovi (purtroppo questa è la spinta più forte, dura a morire: es.: la riapparizione del craxismo prima con Boselli e poi con Bobo Craxi e De Michelis, dei Democratici cristiani con Vito e Pomicino, ecc.), ma MOVIMENTI di OPINIONE capaci di aggregare su PROGRAMMI POLITICI e di sviluppare idee originali per la soluzione concreta dei problemi sociali, economici, ecc.
La nostra società ha bisogno di uno scossone innovativo (rivoluzionario), che, purtroppo, difficilmente avverrà spontaneamente per cui è necessario osare con IDEE-FORTI, frutto non dello sterile connotato ideologico, ma di una serena e rigorosa analisi dei reali bisogni; compito, quest'ultimo, degli intellettuali (unici capaci di mediare necessità e moralità), finora, latitanti nella contesto politico italiano.

FORZA ITALIA
Con l'inchiesta "mani pulite" del 1992 si avrà la disfatta del CAF (Craxi, Andreotti, Forlani) alle elezioni politiche del 5 aprile. Nel 1993 Craxi, colpito da numerosi avvisi di garanzia e dimissionario dal PSI, si reca ad Arcore e sollecita Silvio Berlusconi a dar vita a un nuovo partito in chiave anticomunista. A giugno Berlusconi annuncia il proposito di "scendere in campo" e dà vita al Movimento Forza Italia. Dalle elezioni politiche del 1994 nasce il 10 maggio '94 il Primo Governo Berlusconi sorretto da una coalizione composta da Forza Italia, Lega, Alleanza Nazionale, oltre ad ex DC, PRI e PSI. Tale prima esperienza di governo si concluderà il 22 dicembre 1994 non senza decisivi interventi legislativi: ad esempio, tra i principali, il condono edilizio fino al 31 dicembre 1993 che avrà come effetto, nei 4 anni successivi, la costruzione di 207.000 nuove case abusive, con il record nel 1994.

LA LEGA
Il movimento è la più netta applicazione della potenza del mito che affonda nella Storia, cioè la mitopoiesi ( = attitudine delle comunità umane a creare i miti) espressa attraverso l'acqua del Po, il giuramento di Pontida, il simbolo del Sole delle Alpi, al fine di alimentare la processione laica, la diversità non omologabile o l'orgoglio dei pionieri dove si riconosce la Lega.
Il 20 maggio 1990 sul <<sacro prato>> viene pronunciato il giuramento dei novecento cavalieri della Compagnia della morte guidati da Alberto da Giussano, che il 29 maggio del 1176 difesero il carroccio, simbolo della Lega lombarda, contro l'esercito imperiale di Barbarossa. Il rito si rinnova ogni anno e, dal 1996, è stato arricchito dal rito dell'ampolla in vetro di Murano, che raccoglie le acque del Po. Si parte dalle pendici del Moviso, si finisce a Venezia, Riva degli Schiavoni. Dalle Alpi alla Laguna, dal Piemonte al Veneto passando per Lombardia ed Emilia: è il corpo della Nazione Padana.
Nel corso degli anni si passerà dalle radici celtiche (
...le foreste marciano, gli alberi si muovono..., ...nella Lombardia profonda è cominciata una fiaba: un uomo del popolo ha estratto la spada dalla roccia...) all'esaltazione di Annibale, dall'indipendentismo scozzese di Braveheart ai Longobardi, dal regno lombardo-veneto alla rivoluzione antinapoleonica delle Pasque veronesi; per approdare infine, recentemente, alle radici cristiane del Continente, dall'anti-Risorgimento (Cavour federalista tradito da Garibaldi) e all'Europa del denaro.
Nell'estate 2010, a Calazo in provincia di Belluno, diventa <<sacro>> anche il tratto dell'
antica via Claudia Augusta Altinate, che al tempo dei Romani collegava l'area veneta con il Danubio, terre nido di tribù germaniche mai dome, ma anche di traffici mercantili decisivi nell'Europa medioevale (altro che Italia, Mameli, tricolore). Nella locale chiesetta di San Giacomo e Sant'Anna è conservata la tonaca del beato Marco d'Aviano, un predicatore e mago a cui venne affidata da papa Innocenzo XI una missione: ricreare la Santa Lega delle nazioni cristiane contro l'impero Ottomano. Fu l'ultimo crociato che guidò gli eserciti a liberare Vienna dall'assedio e fermare l'Islam.

L'ultima frontiera della Lega sembra quella di riscrivere l'Italia, puntando al Dna della Nazione per mutarne il codice genetico. Ciò emerge dal disordinato lavorio di figure minori, apparentemente secondarie, macchiettistiche, caricaturali: sindaci brianzoli, assessori lombardo-veneti, tribuni di periferia, parroci sanfedisti, cronisti di gazzette locali, intrattenitori da balera, adoratori del <<sacro Po>> e di ampolle celtiche. La scuola di Adro, il nomi di ponti di piazze, vie ecc. sono chiare marcature di gesti di appropriazione del territorio. Nel '98 in <<Eridano alle prese con la scuola italica>> un giovane padano col nome antico del Po, era vittima dei suoi professori, tutti meridionali. <<Il Colonialismo - scriveva Bossi - controlla il nostro futuro: è nella scuola che ci sono le radici della libertà oppure dell'asservimento>>. Di solito si liquida ciò come folclore interpretato da protagonisti tutto sommato di rozza e semplice cultura; invece bisogna fare attenzione, data anche la forte instabilità del quadro istituzionale, a questa semplicità non sempre innocente o innocua, al contrario hanno un terribile potenziale di contagio, nei punti di caduta della storia, e una distruttività pari alla semplicità elementare del suo linguaggio (anni Trenta docet). Inoltre, dietro i volti impenetrabili di questi nuovi barbari, si può intravedere la minacciosa voglia di mettere le mani sulla base antropologica del vivere associato, di generare cioè un nuovo <<tipo umano>> misurato sul nuovo habitat che si è disegnato a colpi di soli padani. Sul <<territorio>> appropriato a un'altra umanità più dura, gelosa della propria <<coscienza di luogo>>, votata ad altri dei, meno comprensivi ed ecumenici, <<rieducata>> anche nei suoi atti più nobili: le pratiche di volontariato ripiegate sull'egoismo di sangue.
L'homo padanus: emergente, per secessione di comportamenti prima che politica, dall'incompiuto <<italiano>>, causa lo scricchiolio del grande edificio nazionale anticipatore della <<morte della patria>>, uno nuovo strisciante 8 settembre.


FEDERALISMO
Nel quadro dei mutamenti che stanno interessando la società contemporanea si è venuto affermando, sempre più, la necessità di un rinnovamento dell'attuale assetto politico istituzionale. Tra le varie teorie politiche la più autorevole sembra il federalismo, già utilizzata in numerosi paesi del mondo (USA, Svizzera, Austria, Australia, Germania, Canada), auspicata da più parti anche in Italia, nonché, quale vero lasciapassare per l'Europa, per meglio e giustamente affrontare la sfida dell'Euro.

Ma che cosa è il federalismo? Quali sono i principi fondamentali ai quali si ispira?
Lo Stato federale affianca alla tradizionale divisione del potere (esecutivo al Governo, legislativo al Parlamento e giudiziario alla Magistratura) una territoriale tra i diversi livelli di governo al tempo stesso indipendenti e coordinati.

Il Federalismo si identifica come unica alternativa possibile all'autoritarismo e al paternalismo statale, alla verticizzazione del potere, alla massificazione ed alla alienazione culturale.
La sollecitazione delle differenze interne al corpo sociale, lo sviluppo del libero gioco delle conflittualità, il pluralismo non sono realizzabili se non attraverso un moltiplicarsi delle istituzioni di autogoverno che garantiscono il necessario equilibrio tra gli interessi delle parti in modo che le prime si muovano ed esprimano la funzione del secondo e viceversa.
Inoltre, la creazione di "
centri viventi" [organizzazione di gruppi sociali quale veicolo di progresso verso la democrazia e la libertà: la democrazia è pluralità di idee e di iniziative, è rinnovarsi dei meccanismi istituzionali per alimentare di volontà collettiva il governo della cosa pubblica: è permanente rivoluzione democratica; una domanda che non cessa mai di riproporsi a garanzia delle ragioni di libertà, di iniziativa, di solidarietà e di uguaglianza] è sinonimo di un potere che diviene vivibile, responsabile ed accessibile, capace di contrapporsi a quello delle oligarchie di vertice.
Il potere non può essere limitato se non dal potere decentrando a livello locale le funzioni legislative ed esecutive. In pratica si tratta di superare lo stadio, di stampo liberale-democratico, della democrazia parlamentare rappresentativa quasi sempre sfociata nello statalismo e nell'accentramento dell'organizzazione partitocratica del consenso.
Il federalismo -
che non è il prodotto di un concepimento astratto o di un processo meramente deduttivo, ma "istituzione in funzione ed in ragione della storia, della vita concreta, dell'utilità oltre che della morale sociale" - si pone anche la "teoria della libertà": un individuo può dirsi libero solo quando sia in grado di disciplinarsi autonomamente tramite "l'esercizio della ragione" e autocontrollo, allo stesso modo un popolo è libero solo quanto è capace di darsi in piena autonomia proprie leggi tramite l'autogoverno e l'autodeterminazione. La libertà, quindi, è "pianta di molte radici" e non si esaurisce nel mero rispetto di una serie di diritti inviolabili in quanto sacri, quasi fossero di origine divina: non vi è libertà senza autonomia dove l'individuo acquista coscienza di sé ed allarga l'orizzonte dei suoi pensieri ed interessi.


Lo schema più diffuso è quello di affidare ad organi di gestione politica più vicini ai cittadini
(con denominazioni diverse per i vari Paesi: comuni, comunità, distretti, cantoni, stati, lander, ecc.) cioè decentrati i settori della istruzione, sanità, forze dell'ordine, protezione civile, vigili del fuoco, politiche culturali, ambiente, tutela del territorio, politica economica, politica del lavoro. Lo Stato può, su queste materie, definire leggi quadro, ma la competenza normativa vera e propria tocca ai governi locali che rappresentano, comunque, la suddivisione, il frazionamento territoriale più o meno esteso delle nazioni (l'Europa delle Regioni). Interamente affidate allo Stato centrale le competenze in tema militare, politica estera, gran parte del welfare state (ad es. il sistema pensionistico).
Anche se l'Italia ha già dei governi locali - comuni, province e regioni - non è federale perché tali governi sono solo amministrativi, cioè amministrano in base a decisioni politiche (leggi) prese altrove, materia in trasformazione parziale per le regioni, dove sono presenti alcuni timidi tentativi di autonomia politica. Nei Paesi federali, invece, il Comune legifera su temi di sua competenza ed è dotato di potere legislativo, esecutivo e, talvolta, giudiziario.
Gli Stati federali esistenti nelle varie realtà geografiche sparse per il mondo si ispirano fondamentalmente a due diversi modelli politici ed organizzativi: un modello concertativo (la Germania) ed uno competitivo (USA). Un terzo modello, cosiddetto misto (Svizzera), trae elementi da entrambi, nel tentativo di ricavare le caratteristiche, ritenute migliori, di ciascuno dei due sistemi.
Quello
concertativo è caratterizzato dal massimo livello di cooperazione tra i governi locali. E' necessario che tra gli stati membri vi sia pieno accordo su tutto, soprattutto sull'economia. In tema fiscale è previsto che una parte del prelievo vada a costituire il flusso per la finanza locale, mentre una parte cospicua delle tasse sia destinata alla finanza centrale. Questo modello è considerato un sistema rigido, poco flessibile, che può portare notevoli problemi nel caso di brusche variazioni delle condizioni politiche, sociali e economiche. In Germania, dove viene applicato, ad esempio, il sistema, nel suo complesso, è andato incontro a serie difficoltà, peraltro in parte ancora irrisolte, legate alla riunificazione con l'ex Germania Orientale. In generale, comunque, il modello concertativo dovrebbe essere attuabile in quei Paesi con una notevole omogeneità politica, sociale ed economica tra le diverse zone geografiche che costituiscono l'insieme federale.
Nel sistema
competitivo, la cooperazione tra le diverse regioni geografiche è limitata a pochissimi temi e c'è una diffusa libertà di competizione fra le diverse strutture locali - gli Stati negli USA - che riguarda specialmente i settori dell'economia e del fisco. Il sistema fiscale prevede le cosiddette "finanze separate".
Ogni organismo locale è totalmente autonomo nel prelievo e la finalizzazione del pareggio tra le entrate e le uscite è di sua stretta competenza. Questo sistema dimostra, rispetto a quello concertativo, una maggiore flessibilità ed il suo destino non è legato modificazioni brusche e consistenti della vita politica, economica e sociale che dovessero verificarsi sul territorio della nazione che lo adotta, o su una parte di essa.
Tra quello concertativo e quello competitivo esistono modelli intermedi: in Svizzera, ad esempio, il sistema è tipicamente competitivo dal punto di vista economico e fiscale, mentre è concertativo per alcuni aspetti di cooperazione tra i vari governi locali che vengono addirittura decisi in riunioni periodiche dei ministri dei vari Cantoni.
In questo panorama, quale modello è il migliore per l'Italia?
Il dibattito è in atto e dura da anni proprio perché la scelta è difficile, ultimamente si è fatto più intenso con commissioni bicamerali, ma siamo a livello zero sarà il parlamento, ci auguriamo, che uscirà dalle elezioni del 13 maggio 2001 compiere questo passaggio ormai inderogabile.
L'esperienza mondiale insegna che tutti e tre i modelli funzionano, anche se è innegabile tuttavia che tanto più funzionerà quanto più si correlerà alle condizioni specifiche del territorio, anche geografico, sul quale vanno ad incidere.
Nello specifico attuale italiano, il centro-sinistra predilige il sistema concertativo ed il centro-destra quello competitivo. Certo ogni soluzione deve fare i conti con la forte differenza Nord/Sud e cercare di non acuirla ma tendere ad eliminarla, del resto, la solidarietà e la competizione sono due tra le caratteristiche peculiari di tutti i sistemi federali.
Questi due principi sembrano in contrasto fra loro e la loro coesistenza può apparire inattuabile. Ma è invece proprio nella capacità di trovare un equilibrio, quanto più perfetto possibile, tra solidarietà e competizione, che dipende il destino dell'Italia.

ALTRE FORME POLITICHE:

COMUNISMO: Nucleo generativo: irresistibilità degli sfruttati, se uniti. Uomo: essere sociale, essere storico. Società: oggi: somma di due classi antagoniste, domani: monoclasse o senza classi. Stato: oggi: lo strumento della dittatura della borghesia, domani: lo strumento della dittatura del proletariato (in vista dell'estinzione). Economia: prima fase ("socialista"): proprietà statale e pianificazione centrale, seconda fase ("comunista"): abolizione della proprietà e pianificazione centrale.

SOCIALDEMOCRAZIA: Nucleo generativo: sintesi tra libertà e giustizia sociale. Uomo: personalità morale, liberalismo reso effettivo. Società: un mezzo al servizio delle singole persone, oggi: non è bi-classista, domani: non sarà monoclassista, pluralisticamente dialettica. Stato: non va conquistato con la violenza, non va gestito monopartiticamente, non va eliminato conclusivamente. Economia: mista e pluralista (pubblica e privata), Welfare State (stato sociale).

FASCISMO: Nucleo generativo
: centralità assoluto dello Stato (totalitario). Uomo: membro dello Stato, combattente antipacifista. Società: generata dallo stato e in questo risolventesi. Stato: soggetto spirituale, immanente negli individui, imperialistico per essenza. Economia: controllo statale dell'economia senza abolire la proprietà privata, organizzazione corporativa (capitalisti, lavoratori e tecnici settore per settore).

DOTTRINA SOCIALE CATTOLICA: Nucleo generativo: necessità del vangelo per una società pienamente umana. Uomo: persona in comunità. Società: assemblea visibile e spirituale finalizzata al “bene comune”. Stato: organizzazione autorevole finalizzata “bene comune”, quale che sia il regime, deve rispettare il “principio di sussidiarietà”. Economia: criterio di fondo: garantire la “destinazione universale” dei beni economici, indicazioni metodologiche: un moderato intervento dello Stato oltre la pianificazione centralizzata (comunismo) e la sola legge del mercato (capitalismo).

ANARCHISMO: Nucleo generativo: “Né Dio né padroni”: la “sovranità dell'individuo”. Uomo: la soggettività moderna (Rivoluzione francese): libertà, uguaglianza, solidarietà. Società: dalla società borghese/capitalistica attuale alla società anarchica (senza Stato e senza padroni). Stato: al posto dello Stato borghese, una federazione di “comunanze anarchiche” (federalismo politico) senza passare per lo Stato dittatoriale a guida “proletaria”. Economia: fine ultimo: espropriazione delle terre e delle ricchezze da mettere a disposizione di tutti (mutualismo economico), metodo: lotta graduale, “pacifica o violenta secondo le circostanze”, per strappare miglioramenti e, alla fin fine, per abolire il governo.



Le nuove sfide della globalizzazione

Le sfide della globalizzazione, per noi italiani, devono essere affrontate con vigore e dinamismo, senza attendere ricette dettate dall'alto, ma facendo leva sui punti di forza individuati lì dove sono.
Tutti abbiamo la possibilità di incidere cominciando dalla comunità viviamo e lavoriamo. La dimensione piccola - il luogo di lavoro, l'università, la città, , la regione - è quella in cui possiamo agire immediatamente.

Riconquistare un senso di padronanza del nostro destino è una risposta alle tendenze populiste dell'ultimo decennio (1998 - 2008), le quali trasformano la società civile in audience televisiva.

Una riforma dal basso, che ciascuno può promuovere, è quella che riguarda i valori della società italiana, i principi di responsabilità, di merito, di competenza , di dovere vivile. La valorizzazione dei talenti, la costruzione di una società più aperta e più giusta, la guerra alle mafie e ai clan di ogni tipo (forze centrifughe) sono impegni lunghi che durano una generazione e coinvolgono più di una legislatura.
Fino agli anni Settanta gli italiani furono capaci di imprese eccezionali: la ricostruzione e il decollo dell'Italia furono l'opera di uomini e donne normali, delle loro idee, generosità, costanza, lavoro di squadra, anche quando il paese era ideologicamente diviso dallo
"scisma religioso" della Guerra Fredda.
Vennero poi i decenni dell'illusorio galleggiamento, di una sopravvivenza fasulla che in realtà distruggeva talenti e scaricava debiti sulle nuove generazioni. La Cassa per il Mezzogiorno e le cattedrali nel deserto, Tangentopoli e le sue continue riedizioni, gli immensi sprechi, le appropriazioni private e le distruzioni dei beni pubblici, i tradimento dell'establishment che depredava la nazione. Una classe dirigente, che non è solo politica ma include vaste élite, affondava nella mediocrità egoista e restava cieca di fronte alle svolte della storia.
La caduta del Muro do Berlino, l'avvento dell'euro, l'ingresso delle potenze emergenti nella globalizzazione, i nuovi scenari geostrategici dell'era postamericana, la grande crisi finanziaria e lo shock deflazionistico del 2008: tutto questo ha colto impreparati, distratti e rissosi gli esponenti di un piccolo italico dominato da leader provinciali e autoreferenziali.
Possiamo ritrovare l'ispirazione di un passato non tanto remoto. I nostri genitori e i nostri nonni furono negli anni Cinquanta i
"cinesi d'Europa": stupirono il mondo per la grinta con cui risollevarono un paese stremato ed umiliato. I loro valori non sono scomparsi: li abbiamo dentro di noi. Per affrontare il futuro occorre riscoprire la parte migliore del nostro passato; è così che si comportano le potenze emergenti, quelle che oggi dominano la scena mondiale e appena poche decenni fa sembravano prigioniere di una decadenza interminabile.

La storia non è una prigione, tocca a noi scrivere la nostra.
Ci riusciremo: smentiremo i profeti della paura.



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