Eduardo Ambrosio


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NEOCRITICISMO E SPIRIT.

FILOSOFIA > NOVECENTO

SPIRITUALISMO e NEOCRITICISMO


Verso la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, in forme differenti nei vari paesi, si viene sempre più accentuando un generale moto di reazione al positivismo, sia per l'approfondirsi dell'indagine scientifica, la quale diviene sempre più consapevole dei propri limiti, sia per il persistere di istanze etiche e metafisiche anche dopo che il positivismo aveva cercato di soffocarle come espressioni dell'immaturità dell'uomo delle età prescientifiche. La risposta sarà di tipo spiritualista e neocritica.

L'istanza critica che aveva indotto Kant a verificare la pretesa della "ragione metafisica" viene estesa anche alla "ragione scientifica" in tal modo si mostra come il metodo stesso di cui questa si serve non le consenta di cogliere pienamente non solo certe dimensioni non immediatamente riconducibili alla materia (come la vita, la conoscenza, la volontà, ecc.) ma neppure la materia stessa, tanto poco questa coincide con gli aspetti quantitativi cui la scienza pretende di ridurla.
Si sviluppa così tutta una serie di filosofie spiritualistiche (filosofia della vita, dell'azione, dell'intuizione, della volontà, dell'essere, dei valori, ecc.) le quali si appellano ad attività spirituali non riducibili alla ragione ed ad esse assegnano una portata metafisica, cioè la capacità di cogliere la profondità e l'essenza del reale e dello spirito, e di afferrare i fondamenti ultimi della morale e della religione.
Insomma l'inadeguata concezione del positivo, dissolto in una pluralità di dati, non tutti sicuri, né sicuramente fusi in una concezione organica e compiuta del reale, le difficoltà dello scientismo, incapace di soddisfare l'esigenza di una visione integrale della realtà e dell'evoluzionismo, che non è in grado di spiegare la coscienza e la finalità, aprirono la crisi del positivismo.

La crisi inizia con
Wundt (1832-1920) che delinea un monismo psico-fisico, il cui principio si manifesta nelle serie parallele dei fatti naturali e psichici, ed enuncia la teoria dell'eterogenesi dei fini.

L'empiriocriticismo di
Mach e Avenarius cerca di riportare l'io il mondo, l'ambiente alla corrente vitale indifferenziata dell'esperienza pura, il sapere delle sensazioni, concepite come atomi fisio-psichici, le leggi scientifiche, simboli riassuntivi di esperienze già fatte e anticipatori di esperienze future, alle esigenze dell'economia mentale.

Il ritorno a Kant viene concepito come il ritorno ad un equilibrio fondamentale, rotto sia dall'idealismo che dal positivismo, per cui
Lange ribadisce il valore dell'io, delle forme a priori della conoscenza, della religione e della poesia; Lotze afferma che il vero reale non è la materia, né l'idea ma lo spirito personale di Dio e il mondo degli spiriti che Egli ha creato; Windelband (1848-1915) sostiene che tutti i giudizi logici, etici, estetici sono costruiti sulla convinzione che c'è una coscienza normale, nel senso di normativa, alla quale dobbiamo elevarci. Le scienze idiografiche o storiche riguardano il particolare, le scienze nomotetiche o naturali formulano le leggi che regolano gli accadimenti naturali; Rckert (1863-1936) rileva che conoscere è giudicare ossia valutare, la valutazione non sarebbe possibile senza una norma ossia senza un valore: la realtà empirica, considerata nelle sue strutture universali, è natura, considerata nell'individualità dei fatti è storia.
G. Dilthey (1833-1911) contrappone alle scienze della natura, che ci rimane estranea, le scienze dello spirito, che trovano nella immediata intuizione, capace di vivere o di rivivere un'esperienza umana, l'organo più efficace di approfondimento e di indagine. Ogni epoca storica ha un suo proprio centro e il suo proprio orizzonte: la filosofia è intuizione del mondo, che varia nelle diverse epoche.
Non mancano tentativi di sviluppare lo storicismo come estremo relativismo storico o di conciliare la relatività della storia con l'esigenza dei valori assoluti.

E. Boutroux (1843-1921) accetta il principio generico "dal più semplice al più complesso" e lo applica nella disamina critica delle leggi che caratterizzano le diverse sfere del reale.
I principi logici aristotelici sono le leggi logiche più semplici, più universali, cui seguono le leggi matematiche, implicanti gli elementi propri dell'intuizione matematica, non contenuti nelle legge logiche. Le leggi della meccanica sono caratterizzate dall'idea di forza estranea alla matematica. Le leggi chimiche presuppongono vari elementi inalterabili, ognuno col suo peso specifico.
Le leggi biologiche implicano il concetto di essere vivente. Parlando di queste ultime il B. critica il darwinismo che ha identificato la selezione naturale con la selezione artificiale. La finalità domina tutto il sistema evoluzionista.
Passando alle leggi psicologiche B. rileva che la concomitanza di fenomeni fisici non significa che essi determinano i fenomeni psichici, a cui si accompagnano. L'essere dotato di anima non è solo obiettivamente un fine, in quanto è capace di proporsi a sua volta dei fini. La psicologia animale non è la psicologia umana.
Le leggi sociologiche tendono ad identificarsi con le leggi storiche, eliminando ogni iniziativa umana, da cui pur dipendono gli antecedenti storici di ogni singola azione. L'uomo non subisce passivamente né il passato né le condizioni esteriori della sua vita.
Le cifre statistiche esigono una interpretazione. Il movimento delle idee e dei sentimenti religiosi non può essere valutato, per esempio, in base allo scambio degli oggetti che servono al culto.
Ciò che noi chiamiamo leggi della natura è il complesso dei metodi che noi abbiamo trovato per assimilare le cose alla nostra intelligenza e per piegarle al compimento della nostra volontà. La scienza è dunque uno strumento della libertà e non già la sua negazione. In ogni gruppo di leggi, che domina un corrispondente gruppo di fenomeni, rileviamo qualcosa di nuovo, un elemento irriducibile non determinato, ma contingente. La vita umana è condizionata dalla fede, dalla rappresentazione di un ideale e dall'amore per esso.

E. Bergson (1859- 1941) critica l'evoluzionismo spenceriano come un artificioso tentativo di ricostruire la continuità e la vitalità di un processo tuttora in atto coi frammentari prodotti del suo passato. L'evoluzione è un processo di ininterrotta creazione che non ha né principio né fine, che si svolge in forme sempre nuove e imprevedibili, è una corrente di vita mobile e pulsante che si genera da uno slancio vitale e non obbedisce ad un piano precostituito.
Lo slancio vitale è come una marea che sale e in questa fase ascendente, crea la coscienza, la memoria e lo spirito, mentre nella fase in cui si ritira diventa materia e si disperde nell'estensione, salvo a risalire nuovamente, in un eterno ritmo. La materia nasce dalla provvisoria interruzione, dal ristagnare e dal cristallizzarsi della corrente vitale.
Non l'intelletto astraente né il pensiero astratto, ma l'intuizione ci fa cogliere la durata concreta, il fluire della vita, l'incessante produzione di forme.
Dalla società chiusa emergono la morale statica, stratificazioni di abitudini sociali, e la religione statica risultante di una funzione fabulatrice che è una reazione difensiva contro le minacce che insidiano la coesione sociale. La morale dinamica è fatta per una società aperta, per l'umanità.
La religione dinamica è vissuta ed esemplificata in sé dal mistico, che vive la sua unione con l'Essere e l'Amore e anela a trasformare tutta l'umanità, comunicandole qualcosa di sé.

M. Blondel (11861-1949) perviene ad una sublimazione dell'azione, intesa dal pragmatismo nel suo significato esteriore ed utilitario. Egli ravvisa nella volontà, a cui chiede il segreto della vita, una perenne inadeguazione tra la volontà voluta, quale si è realizzata nell'imperfetta attuazione del già voluto, e la volontà volente, guidata dall'aspirazione ad una perfetta realizzazione del nostro essere. Solo Dio può ristabilire l'equilibrio interiore.
Alcuni spunti, intesi in senso pragmatistico, furono inalveati nel modernismo, cristianesimo senza Cristo. Blondel invece rimase nell'ortodossia cattolica, chiarendo come l'insufficienza dell'ordine naturale e storico schiude la via al riconoscimento del soprannaturale.
Anche il pensiero è travagliato dall'antitesi tra pensiero astratto e pensiero concreto, che sollecita l'appello al soprannaturale, che solo è atto a comporla. Purificare significa illuminare e illuminare significa purificare.
Gli esseri sono, ma non sono assolutamente. Tutti gli esseri contingenti, non essendo per sé, né pienamente in sé, implicano il riferimento all'Essere necessario.
Gli esseri spirituali partecipano alla divina causalità del Creatore.
Le verità della filosofia e quelle del Cristianesimo sono autonome e, in un certo senso, incommensurabili tra loro. Tuttavia partendo dalle iniziativa della filosofia, i problemi del pensiero ricevono nei misteri cristiani un coronamento che illumina e consola.



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