Eduardo Ambrosio


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NIETZSCHE

FILOSOFIA > OTTOCENTO

Federico NIETZSCHE
nacque Il 15 ottobre 1844 a Rocken in Sassonia, a 24 anni, era già professore di filologia greca nell'università di Basilea, poi, per motivi di salute, girovagò per mezza Europa componendo le varie opere, nel soggiorno a Torino si ammalò di nervi e, dopo una permanenza in manicomio a Jena, morì presso la sorella a Weimar nel 1900.


Quale simbolo del disordine spirituale e vittima dei contrasti che in lui suscitava l'epoca in cui visse, Nietzsche (influenzato dalla filosofia dell'azione e dall'evoluzionismo darwiniano) si propone come una violenta reazione all'assolutismo scientifico del positivismo, all'idealismo, al razionalismo ed allo spiritualismo, ed incarna da solitario (solitudine scandita da volontà di potenza, eterno ritorno dell'eguale, nichilismo, superuomo o oltreuomo, il mondo come interpretazione) l'espressione più acuta della grave crisi del pensiero di fine Ottocento - "chi pensa la verità non può essere sano: deve essere malato" (nello spirito, psicologicamente).
L'ermeneutica (interpretazione) di Nietzsche, riguardo alla sua visione del mondo e della conoscenza, si basa sul delicatissimo rapporto tra la soggettività (che ha il limite nello specifico luogo mentale dal quale l'interprete guarda il suo oggetto) e l'oggettività della cosa interpretata.

Nietzsche accoglie le considerazioni di Schopenhauer sulla vita come
dolore, lotta, mancanza di senso e di finalità (a causa della volontà: alfa e omega per la filosofia di Schopenhauer, simmetrica allo Spirito assoluto di Hegel e Schelling, per Nietzsche, solo una nuova denominazione della "cosa in sé" kantiana), anche se non giungerà mai alla rassegnazione e all'ascetismo: tipici del cristianesimo a cui si oppone decisamente (DIR DI NO ALLA VITA). Al contrario, la vita è da accettare così com'è (DIR DI SI ALLA VITA), come esaltazione della potenza della natura, forza ingenua, spontanea e primitiva. Simbolo di tutto ciò è DIONISIO, il dio della gioia e dell'ebbrezza: esaltazione dello spirito dionisiaco dell'umanità greca primitiva, tutta la volontà di vita, di lotta, di potenza senza limiti.

Il simbolo della "tirannia del razionalismo", della nascita della scienza, a loro volta responsabili della distruzione della spontaneità dell'uomo per sostituirvi l'ipocrisia e la finzione, è SOCRATE, il grande traditore dell'originale spirito greco.

Nietzsche respinge così i valori tradizionali (etica degli schiavi) quali la rinuncia, l'abnegazione e la remissività: essi sono menzogneri perché nascondono il risentimento dei deboli verso i forti, i primi costruiscono perciò una visione astratta e razionale della vita ("spregiarono corpo e terra, e inventarono il cielo"). Nietzsche realizza così una inversione dei valori morali ("Una volta avevi passioni e le chiamavi cattive, ma ora hai soltanto le tue virtù: esse nacquero dalle tue passioni").
Virtù sono, perciò, la fierezza, la gioia, la salute, l'amore sessuale, l'inimicizia e la guerra, la volontà del forte, la disciplina dell'intellettualità superiore, la volontà di potenza, tutte virtù terrene e corporee: "Io sono corpo e null'altro all'infuori di ciò, e l'anima è solo una parola per qualche cosa del corpo".
E' questa una
MORALE DELLA POTENZA, della volontà dell'uomo di assoggettare con la lotta il mondo, perché la vita è lotta per l'esistenza.
"
Imprimere al divenire il carattere dell'essere: è questa la supema volontà di potenza" - poi Heidegger, cogliendo finemente questo passaggio, ne dedurrà che la trasformazione del divenire in essere avvenga attraverso la creazione dell'ente.
"
Dolce e che vi siano - dallo Zarathustra - parole e suoni: non son forse, parole e suoni, arcobaleni e parvenze di ponti tra ciò che è separato dall'eternità? Ad ogni anima appartiene un mondo diverso; per ogni anima, ogni altra anima è un mondo dietro al mondo (che è la sua circonferenza, la sua periferia). Per me come potrebbe esistere un al-di-fuori-di-me? Non esiste un fuori! Ma questo noi lo dimentichiamo in ogni suono che emettiamo; come e dolce che noi dimentichiamo! ... Il parlare è una follia bella: con esso l'uomo danza sulle cose... il nostro amore danza su arcobaleni multicolori" :
La danza è la coscienza interpretativa, grazie alla quale noi e le cose siamo centro o periferia e viceversa: si intravede la futura "meccanica dei quanti" e si ricorda l'antico atomismo. Si interpreta anche il "sé", il corpo interpreta se stesso. L'uomo può far questo ma non può stare dentro le cose, ne interpreta la fenomenologia prescindendo da ogni metafisica. La vita è il divenire che supera continuamente l'attimo, la vita diveniente è l'essere, così come ci appare, così come lo interpretiamo mentre diviene e mentre noi diveniamo con lui.

LA MORTE DI DIO, di quello cristiano o, al più, della trascendenza a cui l'uomo aveva trasferito tutte le potenze e gli affetti per rassicurare se stesso, della concezione antropomorfica già cancellata, del resto, da Cartesio, da Spinoza soprattutto, da Kant, da Feuerbach.
Nel mondo tutto è retto dal caso : "
La condizione generale del mondo è, per tutta l'eternità, il caos, non come assenza di necessità, ma come mancanza di ordine, di struttura, di forma, di bellezza, di saggezza".
Ma, benché lontano da ogni ordine, dominato dal caso, il mondo contiene in sé una necessità che è la volontà:
un eterno riaffermarsi, un eterno ritorno su se stesso.

I cicli del mondo si ripetono: chiuso un ciclo ne inizia un altro, che ripete il precedente. Il divenire ritorna al punto di partenza e perciò è apparente: "
Tutto passa e insieme tutto ritorna. Tutto ciò che è, è già stato infinite volte e tornerà infinite volte" - è il risultato della improvvisa "grande separazione" o disordine spirituale e della "grande solitudine" , o meglio, l'"attimo" dal quale partono le due strade proiettate nell'eternità, una verso il futuro, l'altra verso il passato, che si incontreranno nella finitezza dell'infinito configurando l'anello dell'eterno ritorno. L'uomo non deve sentirsi schiacciato dell'eterno ritorno, che è espressione cosmica dello spirito dionisiaco, ma deve accettare il proprio destino.

Questo "
Amor fati" concilia l'uomo col passato, perché gli fa trasformare ciò che è stato in ciò che voleva che fosse, cioè la necessità del passato in libertà: "tutto ciò che fu è frammento, enigma, caso spaventevole, finché la volontà creatrice aggiunge: così come io volevo che fosse, così io voglio che sia, così io vorrò che sia".

Solo riscoprendo i valori dello spirito dionisiaco l'uomo potrà affermare se stesso. Ma l'uomo di cui parla Nietzsche non è l'uomo comune:
"l'uomo va superato", nello stesso modo in cui tutti gli esseri hanno creato qualche cosa che li sorpassa: "Io vi annunzio il superuomo - dice lo Zarathustra di N.- e il superuomo è il senso della terra … . L'uomo (figlio della natura) è una fune tesa tra il bruto e il superuomo , una fune sopra l'abisso".

Il
superuomo è il risultato necessario della volontà di potenza, che mette in discussione due grandi leggi della natura: quella della gravitazione universale e quella della non contraddizione. Nietzsche contesta che questi principi che regolano la natura siano appicabile alla specie umana; forse il <<sé>> ne sente ancora l'influsso, ma non l'<<io>> (prezioso prodotto della coscienza nel momento in cui diviene autocoscienza, il nome con il quale la mente riflessiva nomina se stessa nel momento in cui diviene consapevole della propria finitezza), depositario della spinta di andare oltre se stesso.

Gianni Vattimo sostiene che, grazie ad un maggiore rigore nella traduzione, non si deve parlare, in Nietzsche, di "superuomo" (termine proposto dal marito della sorella, che era un gerarca nazista) ma di "oltreuomo" (= genio aristocratico)..

Nel superuomo (figlio, amante e complice della natura) si incarna la volontà di potenza; è il filosofo dell'avvenire, chiuso nella sua solitudine inaccessibile, nella sua individualità eccezionale. Solo il superuomo è l'attore della vita; egli rigetta tutte le convenzionalità e tutte le leggi; domina la storia ed è al di là del bene e del male.
In quanto all'uomo, "
Ciò che è grande in lui è d'essere un ponte (o parvenza di ponte) e non uno scopo: ciò che si può amare nell'uomo è il suo essere un passaggio o un tramonto".
Le specie viventi, inconsapevoli dei propri limiti, non possono superare la coattività ripetitiva dei propri istinti. L'evoluzione opera in loro solo attraverso le azioni combinate da molti elementi esterni, a cominciare dal clima e dai processi di adattamento selettivo. Ma non attraverso la volontà di potenza creativa, tanto meno attraverso la consapevolezza dei limiti. L'uomo che riflette su se stesso e si nomina, quindi oggettivizza se stesso e si guarda vivere e pensare, si vede anche invecchiare, si vede innamorarsi, si vede morire. Per sfuggire a questi limiti è spinto a creare e, per paura della morte, persino Dio, trascendente, che "atterra e suscita | che affanna e che consola" e ci guida verso di lui, verso il mondo che sta oltre il mondo.
Nietzsche denuda questo Dio creato dagli uomini a loro immagine e somiglianza e costruisce un <<io>> consapevole e responsabile dalla propria autonomia, ma, essendo perennemente diveniente, si deve superare: l'<<io>> deve autosmantellarsi senza dimenticarsi di sé, questo è il culmine della volontà di potenza, è il culmine della contemplazione, è il culmine della sofferenza e della gioia.

Tramonta l'idealismo tedesco e entra in scena in modo ingombrante Nietzsche ma non è la dottrina dell'eterno ritorno o l'dea del superuomo a spiegare il caso Nietzsche. Le sue iperbole filosofiche talvolta ambigue portano però alla luce il movimento attraverso cui il
cristianesimo distrugge se stesso e apre un vuoto che nessuno saprà come riempire.

La fine del sistema di valori forti che hanno orientato la filosofia occidentale da Platone in poi, ovvero il crollo dei valori tradizionali, rappresenta per Nietzsche il nichilismo che ispirerà una nuova valutazione dei valori, basata sulla loro relatività e sull'autonomia di ciascun individuo nel porli a se stesso e offrirli all'attenzione degli altri: viene, attraverso una relativizzazione degli obiettivi, capovolto il sistema di valori esistente mettendo al centro la volontà di potenza. Nietzsche non eliminò il mondo morale ma gli pose come fondamento l'autonomia della coscienza individuale.

Secondo Karl Jaspers il cristianesimo è la nostra provenienza e il nostro destino, per superarlo bisogna farsi carico di ciò che ne resta e di ciò che ne ha rappresentato lo sviluppo storico. Non basta contrapporre al cristianesimo una prospettiva di segno contrario come la sola verità è quella della scienza.
Nietzsche ha imparato che la battaglia contro il cristianesimo dev'essere condotta con armi cristiane. "
A chi oggi mi risulta ambiguo nei riguardi del cristianesimo non do neppure la mano: c'è un solo modo di essere onesti in proposito: un no assoluto". "Anche noi che oggi indaghiamo, noi atei e animetafisici, continuiamo a prendere il fuoco dell'incendio scatenato da una fede millenaria".
Solo Dio contro Dio, ci vuole Dio per far fuori Dio. La negazione e la soppressione del cristianesimo sono cosa del cristianesimo; quello che costringe l'uomo ad aprire gli occhi sulla morte di Dio. Resta il
grande niente o sperdimento mentale che si tenta di colmare con i detriti della storia come l'eterno ritorno e il superuomo, nonché la sostituzione del dio cristiano con Dionisio.

OPERE PRINCIPALI: La nascita della tragedia, Umano troppo umano, Il viaggiatore e la sua ombra, L'aurora, La gaia scienza, Così parlò Zarathustra, Al di là del bene e del male, La genealogia della morale, Il caso Wagner, Il crepuscolo degli idoli, D'anticristo, Ecce homo, ecc.



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