Eduardo Ambrosio


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LA SAGGEZZA E LA POLITICA

SAGGISTICA E POLITICA

LA SAGGEZZA E LA POLITICA (QUELLA FRATTURA TRA L' ANTICO E IL MODERNO)

La nostra civiltà presenta drammaticamente un ordine scientifico completamente indipendente dai valori etici ed esistenziali, ciò preclude l'affermarsi di una saggezza, di un sapere, di una coscienza non legati agli oggetti del conoscere ma alla vita nel suo vissuto quotidiano, nel modo di vivere, di esistere.
Nel mondo antico con saggio e saggezza
(sophos e sophia) si indicavano sia l'abilità tecnica che l'eccellenza nell'arte, nella filosofia, nella poesia, che alludono ad una competenza o all'insegnamento di un maestro, depositario di una lunga esperienza grazie ad una divina ispirazione - Atena ispira l'arte del costruire al carpentiere, le Muse suggeriscono parole e musica a poeta - infatti, costante della dottrina dell'antica saggezza, essa è a totale appannaggio degli dèi, il segno della distanza che separa gli dèi dagli uomini.
I termini
sophos e sophia si applicavano anche per la competenza politica.

I
Sette Savi, figure storiche del VII e VI secolo a. C., divenute leggendarie, possiedono contemporaneamente la competenza tecnica e politica. Sono legislatori ed educatori, come Solone. Sono attribuite alla loro saggezza le massime visibili a Delfi - "Conosci te stesso", "Nulla di troppo", "Riconosci il momento favorevole", "La misura è la cosa migliore", "L'esercizio è tutto" - destinate a rendere gli uomini consapevoli dell'inferiorità del loro sapere rispetto agli dèi, dunque saggi - il più sapiente è colui che, come Socrate, si sia reso conto di "sapere di non sapere".

Grazie a Socrate e Platone la philosophia riconosce il carattere sovraumano della saggezza - stato trascendente e divino - rispetto al quale l'uomo non può che riconoscere di essere separato da una distanza immensa; nel contempo, essa si identifica sempre più con l'episteme, ossia un sapere certo e rigoroso, che non è mai concepito come il moderno sapere scientifico, perché coincide sempre con saper fare, saper vivere, insomma un certo modo di vivere. Dopo Platone, infatti, i Greci diventano molto consapevoli del fatto che non esiste vero sapere che non sia un sapere di tutta l'anima, che trasformi dunque la totalità dell'essere di colui che lo esercita.

Il saggio antico non rinunzia all'azione politica, anzi cerca di esercitare sempre un'azione politica sugli altri uomini; anche se il grado di influenza differisce da scuola a scuola, il fine è sempre uguale: convertire, liberare, salvare gli uomini. Epicuro lo realizza attraverso la formazione di piccole comunità ferventi, permeate dall'amicizia. Platonici, aristotelici e stoici cercano di convertire intere città, agendo sulle costituzioni o sul re - tutte le scuole filosofiche si descrivono re ideali sempre ispirati al modello del saggio ideale. I Cinici, inoltre, cercano di agire con l'esempio impressionante del loro genere di vita.
La figura del saggio, come spesso erroneamente intesa, non invita alla fuga e alla evasione dalla realtà quotidiana invita, invece, il filosofo all'azione interiore ed esteriore: agire - dice Marco Aurelio - secondo giustizia al servizio della comunità umana.

La figura del saggio è ineluttabile essendo l'espressione necessaria della tensione, della polarità, della dualità inerente alla condizione umana: l'uomo, infatti, ha bisogno, per sopportare la propria condizione, di inserirsi nel tessuto dell'organizzazione sociale e politica, e nel mondo rassicurante, familiare e comodo del quotidiano. Questa sfera del quotidiano, però, non lo protegge interamente: egli inevitabilmente si confronta con ciò che si potrebbe chiamare l'indicibile, l'enigma terrificante del suo esserci, qui ed ora, condannato a morte nell'immensità del cosmo: diventare cosciente di sé dell'esistenza del mondo è una rivelazione che rompe la sicurezza del dell'abitudine e della quotidianità. La figura del saggio risponde dunque ad un bisogno indispensabile: quello di unificare la vita interiore dell'uomo. Il saggio sarebbe così l'uomo capace di vivere su entrambi i piani: perfettamente inserito nella vita quotidiana, come Pirrone, e tuttavia immerso nel cosmo; votato al servizio degli uomini, eppure perfettamente libero nella vita interiore; consapevole eppure sereno; sempre memore di ciò che è essenziale; e, infine e soprattutto, fedele fino all'eroismo alla purezza della coscienza morale, senza la quale la vita non meriterebbe più di essere vissuta. Questa è la missione del filosofo, cioè quanto deve cercare di realizzare.

OVE ARRIVA LA PAROLA MANAGER ESCE L'UMANITA'.






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