Eduardo Ambrosio


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CINEMA e FOTOGRAFIA

STORIA > DIDATTICA E LAB.

DIDATTICA DELLA STORIA

STRUMENTI ESSENZIALI: CINEMA - FOTOGRAFIA


IL CINEMA


L'immagine fotografica, cinematografia e ultimamente video, oltre a rappresentare una rivoluzione di qualità quantomeno pari a quella dell'invenzione della stampa, prevale su tutti gli altri mezzi di comunicazione. Essa riesce a darci una veloce sintesi narrativa della realtà che può anche sostituirsi alle parole. Però, data la grande facilità di manipolazione, è necessario promuovere una razionale e indispensabile educazione all'immagine.


BREVI CENNI STORICI

La storia del cinema inizia ufficialmente il 28 febbraio 1895 nel Salone Indiano del Grand Cafè di Parigi con la prima proiezione, per un pubblico pagante, di alcuni cortometraggi realizzati di
fratelli Lumiére con un procedimento, il cinematographe, da loro brevettato.
Sono c
asette rudimentali, l'uscita di una fabbrica, un bimbo che gioca, l'arrivo di un treno da una stazione, ecc.
Il primo montaggio è inglese, pratica che verrà perfezionata in America con la produzione del primo film (western).
In Francia nasce il
film d'art anche se non si perde d'occhio il pubblico popolare con episodi fitti di cadaveri e colpi di scena.


CINEMA E STORIA

Il cinema italiano ha subito incontrato la storia intrattenendo con essa sempre un rapporto privilegiato: il primo film italiano ‚ LA PRESA DI ROMA, della durata di 5 minuti e appunto a soggetto storico.
Nel contempo gli
storici italiani non hanno avuto quasi alcuna considerazione per il cinema ignorandolo completamente; eppure all'estero, il cinema di finzione è servito a costruire storie, tradizioni, ecc.: esempio principe è il western americano, con esso è passato come genere (cinematografico) epico il genocidio dei Pellerossa (solo in minima parte controbilanciato recentemente da film come BALLA COI LUPI).

Negli
Anni Dieci il cinema esce dal circuito del divertimento di fiere e baracconi, come era stato sino ad allora, e diventa opera artigianale e successivamente anche d'arte; i primi autori sono quelli teatrali, a Napoli, è l'autore teatrale Roberto Bracco, perseguitato poi dal fascismo, a promuovere il primo cinema con SPERDUTI NEL BUIO, andato distrutto ad opera dei tedeschi, con la regia di altro uomo di teatro Martoglio: il film è, per la prima volta d'ambientazione esterna, rappresenta, attraverso la storia di una trovatella, il contrasto sociale tra il vicolo e il quartiere - bene, con la tecnica del montaggio alternato, poi, ripreso abbondantemente dal cinema dell'Est, soprattutto sovietico.
Il film, senz'altro il capostipide del Novecento, fu censurato dal fascismo che favoriva filmetti d'intrattenimento, costruiti in studi ovattati, dei cosiddetti
TELEFONI BIANCHI.

Negli
Anni Venti i cineasti in importanti centri fioriti a Roma, Torino e Napoli (con Troncone) sviluppano il cinema REALISTA, con riprese della vita reale, ma ben presto il fascismo con CINECITTA' accentrerà tutto negli studi cinematografici (il cinema potente propaganda).

Negli
Anni Trenta, Napoli, e non solo, viene filmata in studio con una addomesticata immagine da cartolina (artefatta), scompare la dura realtà attraverso anche campi lunghi su paesaggi dove non si distingue il disagio particolare, si prediligono le canzonette per rappresentare la spensieratezza, ecc.
A t
ornare per le strade alla ricerca della realtà, dopo i timidi tentativi già durante la guerra, sarà Roberto Rossellini con il filone del NEOREALISMO, non più soggetti artefatti d'intrattenimento ma realtà e il proletariato come protagonista.
Nel
'44/45, con ancora i tedeschi in Italia e in netta rottura col passato, esce dagli studi e gira per le strade con riprese della dura realtà della guerra (nelle vere macerie e con divise militari autentiche) ROMA CITTA' APERTA, film rivoluzionario per eccellenza. Seguirà PAISA', film in 6 episodi di cui la metà sul Meridione e uno su Napoli (lo scugnizzo che ruba le scarpe ad un sergente negro americano, il quale, prima l'insegue per punirlo poi si unisce a lui in un affettuoso abbraccio sulle macerie fumanti, perché entrambi vittime di un destino di emarginazione) prima vera rappresentazione di Napoli.

Si registra, poi, una d
escrizione programmatica e didascalica della Resistenza con MACCHINA AMMAZZACATTIVI, VIAGGIO IN ITALIA, MIRACOLO (con Anna Magnani).
A pochissimi mesi dall'occupazione,
nel '45, Girolamo Gentilomo gira 'O SOLE MIO , primo film sulle Quattro Giornate di Napoli, dove un ufficiale americano si fa paracatutare su Napoli e dalla Radio Napoli canta canzoni per fornire messaggi in codice agli Alleati.
Il film, molto criticato dai cattolici perché mostra la Napoli meno nobile, con una patina di tradizione e neorealismo ricalca
ROMA CITTA' APERTA, il film, girato nei luoghi stessi ancora intatti con lo specifico intento di riconoscerli, ha anche uno spessore documentario, fornendo una chiara rappresentazione di una élite (borghese, intellettuale, ecc.) che partecipa alla Resistenza ed il popolo attento solo alla sopravvivenza con la borsa nera, solo alla fine riscattato con una partecipazione attiva alla lotta.

Le 4 Giornate non furono per niente filmate, unico documento originale è di un certo Amoruso, regista popolare, che filmò l'esecuzione di un marinaio sulle scale dell'Università, anche il film MALASPINA contiene generiche scene reali (come i bombardamenti della stazione) - la classica immagine dello scugnizzo che lancia la bomba molotov contro il carro armato è finzione cinematografica.

La sezione documentaria della cinematografia non sempre è oggettiva come dovrebbe proprio per la facilità della manipolazione e ogni regime, tanto più se in guerra, usa il documentario per la propaganda (
il fascismo tramite l'Istituto LUCE - La Unione Cinematografia Educativa - ed i cinegiornali, proiettati prima e dopo i film nelle sale).
IL film
Le QUATTRO GIORNATE di Nanny Loy del '62 viene dopo il decennio alquanto spensierato cinematograficamente degli anni '50 senza alcuna produzione realista, è poco amato dagli intellettuali per il suo carattere eccessivamente popolare (si parla in dialetto), epico e populista. Il regista, molto disinvoltamente, afferma che la tinta forte è voluta, il film fu girato per motivi politici era forte allora la tentazione a destra (Tambroni).

Con gli
Anni Sessanta, quindi, riprende, anche se senza capolavori ma con una certa dignità, una produzione con solo una parvenza di realismo (commedia) come TUTTI A CASA di Zampa (dove memorabile è la frase del tenentino protagonista - Sordi - preso da due fuochi e imbarazzato: "Signor comandante, i tedeschi si sono alleati con gli americani").
Questo filone avrà più successo di quello neorealista e si diffonderà nelle masse per cui la riflessione degli italiani sul cinema storico arriverà su quello meno impegnato.

Il
NEOREALISMO fu un fiasco commerciale, De Sica, Eduardo, Borboni ed altri realizzarono film di cassetta per potersi poi permettere l'opera d'arte, del resto il cinema è arte ma anche industria.

IL FILM STORICO HA DUE PRINCIPALI CHIAVI DI LETTURA:
1) IL RACCONTO DEL FATTO IN SE';
2) LA LETTURA DEL PRESENTE CHE SI FA NEL MOMENTO STORICO, cioè la lettura che il regista propone con il punto di vista del SUO presente.

A Napoli distinguiamo la cinematografia del periodo Laurino con la produzione di Rosi: LA SFIDA, la camorra dell'entroterra che si trasferisce in città, da un fatto di cronaca (Pascalone 'e Nola) racconta tutte le fasi dell'inurbamento camorristico; LE MANI SULLA CITTA', film-inchiesta sul saccheggio di Napoli, anche gli attori sono caratterizzati: accanto al puro attore Rod Staiger, recitano l'impulsivo Alberti (quello del liquore Strega) e Carlo Fermariello protagonista anche nella realtà di quanto raccontato; IL CASO MATTEI, la corruzione ad alti livelli. Dello stesso periodo è DELITTO D'ONORE di Germi, nella formula commedia si racconta il costume, il filone letterario di De Sica e le varie tipizzazioni ridicole dell'italiano medio di Sordi; formule non sempre apprezzate in Italia ma molto rivalutate in Francia.
Aspetto importante e da rivalutare è il
documentario d'arte del periodo '40/50 con firme prestigiose dei principali cineasti italiani (Risi, Strade di Napoli - Emmer, Miracolo di S.Gennaro - Lizzani, Nel Mezzogiorno qualcosa è cambiato - I sassi di Matera, ecc. - ancora De Sica ed altri), che, girati alla scoperta della sua parte marginale, forniscono l'immagine del Mezzogiorno dalle tradizioni centenarie e millenarie prima dello scompaginamento provocato dall'emigrazione.

Negli Anni Cinquanta, oltre l'immagine cartolina, si rappresenta una città dolente, con numerose rappresentazioni con film napoletani e inserti in vari film non partenopei (PROIBITO RUBARE, il prete parte per missione per l'Africa ma si accorge, nel viaggio, che l'Africa era a Napoli - in Sciusà è presente l'orfano napoletano - ecc.), insomma "LA NOTTATA NON PASSA"; non vi è alcuna rappresentazione della Resistenza (Lauro non celebra lo scugnizzo imprigionato dalle tradizioni, pur da grande imprenditore quale era - Berlusconi è un altro aspetto: quello proiettato in Europa), né può essere considerato esaustivo il limitato apporto del teatro (Napoli Milionaria di Eduardo).

Dagli
Anni Sessanta, anche se non si può definire, rifiutata dagli stessi autori, una scuola napoletana, molti autori di cinema, come Corsicato, hanno portato una ventata di novità con un cinema d'autore.

Anche i temi risorgimentali, in varie epoche, hanno corposamente interessato il cinema.
Da segnalare:

  • 1860. I Mille di Garibaldi del 1934 di Alessandro Blasetti.
  • Senso del 1954 di Luchino Visconti con Alida Valli e Farley Granger.
  • Piccolo mondo antico del 1941 di Soldati sempre con la Valli.
  • Viva l'Italia! del 1961 di Roberto Rossellini con Renzo Ricci.
  • Nell'anno del Signore del 1969 di Luigi Magni con Nino Manfredi.
  • Il Gattopardo del 1963 di Luchino Visconti con B. Lancaster, C. Cardinale e A. Delon.
  • I Viceré del 2007 di Roberto Faenza.


Materiale:

FILMS :
1) LE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI,
2) " IL G A T T O P A R D O " marzo 1963 (tratto dall'omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa)
Il film, ideato in seguito allo scalpore suscitato dal romanzo del 1958, rappresenta molto da vicino, vista l'affinità tra regista e scrittore, l'eredità aristocratica, il sentimento di dissoluzione e fine del suo ceto, l'ambientazione siciliana, gli interessi meridionalisti, la denuncia del trasformismo politico, il Risorgimento tradito, ancora la proustiana ricerca del tempo perduto e presenta il protagonista come l'ultimo campione romantico della decadenza imminente.
Come il libro, il film susciterà interesse soprattutto dal punto di vista storico e sociale con il trapasso dei poteri dall'aristocrazia feudale alla rampante borghesia liberale, dall'esercito borbonico a quello sabaudo, la congiura degli antichi privilegi e dei nuovi profittatori per spogliare l'impresa garibaldina della sua forza rivoluzionaria. L'ideologia del nobile milanese è più avanzata di quella del nobile siciliano, ma anche l'ideologia combina i suoi guai.
L'ultima illusione dell'aristocrazia di arrestare col compromesso il cammino della storia s'infrange nell'impatto con la realtà. Una borghesia vorace e volgare, tutta tesa ad assicurarsi il monopolio delle ricchezze e del potere, seppellisce ogni impulso liberale. La formula del plebiscito popolare è vanificata dall'insorgere di un altro autoritarismo. Il rosso delle camicie dei volontari si stinge nel pallido riflesso puramente commemorativo delle divise regolari dei nuovi servitori di una nuova Maestà. E la povera gente, che per un attimo ha sperato in cambiamento radicale, rimane sempre più sullo sfondo, ingannata, ignorata, marginalizzata.
Il fatalismo rinunciatario che sovrasta, però, non ignora tali passaggi, Marx ("quell'ebreuccio tedesco") è molto considerato con il calcolo di economia politica che sfocia nell'alleanza di due classi abissalmente distanti (e che fa sopportare al principe perfino il frac indossato dal sindaco don Calogero, per lui ancora più traumatico dello sbarco garibaldino).
Il matrimonio tra il blasonato ma squattrinato Tancredi e la bella e avida ereditiera Angelica codifica l'avvento della borghesia mercantile, mentre segna la fine del feudo e insieme della signorilità raffinata e solitaria del suo estremo rappresentante.
Dal film riemerge la Sicilia sonnolenta e voluttuosa, con la sua luminosità implacabile e i suoi paesaggi aspri da western, con gli interni opulenti dei suoi vetusti palazzi di città e di villeggiatura, con la polvere del viaggio di trasferimento da Palermo a Donnafugata che, addensatasi sui nobili, nell'oscurità della chiesa li fa assomigliare a una teoria di mummie, o di spettri.
Già il rituale del rosario viene interrotto dalla notizia dello sbarco dei Mille, l'immobilità statuaria della famiglia è una delle chiavi stilistiche del Film. Per contrasto risulta fortemente idealizzata la figura del capofamiglia: il principe, imperioso e lucido, non torreggiante e tenero ma vibrante di dolorosi rimpianti, compatito nei suoi irriducibili egoismi. E tuttavia troppo preveggente per cui in lui si avvertono sin da principio le linee di sviluppo dei mutamenti in atto: mutamenti che hanno lo scopo confessato di far mutare il meno possibile il sistema dei privilegi. Anzi quasi nulla se non, necessariamente, nelle forme. Che è poi la celebrata MORALE GATTOPARDESCA.
Il colloquio tra il Gattopardo e il Chevaley, modesto gentiluomo di provincia, il leale funzionario inviato dal governo piemontese ad offrire il seggio senatoriale al principe, testimonia egregiamente lo scontro, o meglio il confronto tra due mondi, quello dell'orgoglio aristocratico e quello dell'operosità borghese, entrambi manifestati in piena buonafede, e oltrepassa il dissidio delle forme per calarsi nei recessi del cuore.
Il vero congedo del film sul piano storico e psicologico è il lunghissimo ballo che segue, dove l'affresco fastoso, con sottigliezza e malignità, si dilata in una contemplazione mondana unita ad un cantico mortuario (GLI ORINALI RIPIENI).

3) I VITELLONI,
4) IL NOME DELLA ROSA,
5) ROMA CITTA' APERTA,
6) LA GATTA CENERENTOLA,
7) DOCUMENTARI STORICI (film vero - istituto Luce, elenco a parte),:
la Grande Guerra contenuto del video
"… il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il 24 maggio, l'esercito marciava verso la frontiera per fare contro il nemico una barriera …" così cominciava il documento filmato sulla cosiddetta " Grande Guerra", in cui non si racconta la storia della prima guerra mondiale e della sua origine, ma si cerca di capire cosa accadde con materiali d'epoca.
Ci si rende conto che proprio nelle canzoni, sia le patriottiche che quelle di protesta si evidenzia maggiormente lo stato d'animo dei combattenti. Nei testi, con versi anche un po' freddi e diretti ma che al tempo stesso mettono in luce l'amore per la vita, si esprimeva la rassegnazione, la sofferenza, l'amarezza e la paura di morire. E da un'attenta lettura si può trarre un'immagine della guerra diversa da quella che può offrirci la pagina di un libro di storia.
"Esposizione di Torino" 1911
Mostra interamente dedicata all'industria che celebra una " Nuova Italia" che entra nella modernità.
Nel 1911 l'Italia dichiara guerra alla Turchia, per occupare la Libia. Questa guerra anticipa un particolare agghiacciante che caratterizzerà le successive: la scienza moderna applicata allo sterminio.
Per convincere la Turchia ad arrendersi, l'Italia conquista Rodi (primavera 1912) e le isole del Dodecaneso.
Il conflitto turco fu la "scintilla" che provocò "l'incendio dei Balcani".
L' Italia, per essere considerata una grande potenza, era pronta ad usare, in Libia, metodi e mezzi atroci di guerra.
Re Pietro di Serbia accolto da Vittorio Emanuele III
Tanto sfarzo ricorda una sovranità profonda e antica che al tempo era ancora viva:
all'autorità del re si riconosceva ancora qualcosa di sacro "si era Re per Grazia di Dio".
Re Nicola del Montenegro a Belgrado.
Più che un sovrano era considerato un "capo-bandito e capo-pastore", e sua figlia aveva sposato Re Vittorio Emanuele III.
Da Scutari, un angolo barbarico e remoto d'Europa, partirà la Grande Guerra.
Nei Balcani c'era anche un grande e antico civile impero: quello austro-ungarico.
L'Imperatore Francesco Giuseppe ebbe una vita non molto felice: suo figlio Rodolfo si era suicidato insieme alla giovanissima amante; la moglie, la regina Elisabetta d'Austria era stata assassinata a Ginevra da un folle italiano.
Francesco Giuseppe non comprendeva e non amava la "Nuova Europa", di conflitti sociali, di nazionalismi esagerati.
L'erede al trono sposò una donna di piccola nobiltà ciò era inammissibile agli occhi dell'imperatore.
Dietro uno scenario di castelli, di feste, di giovani sorridenti e governanti premurose c'era la malattia di un mondo incapace di scegliere fra medioevo e futuro.
Il 28 giugno 1914, l'erede al trono Francesco Ferdinando e la sua consorte furono assassinati a Sarajevo da terroristi serbi che (già allora) volevano unire la Serbia alla Bosnia.
La catena di eventi che porterà alla guerra si era messa in moto. Il vecchio imperatore, che sosteneva in modo convinto di attuare una politica di pace, non capì quanto stava succedendo.
L'arciduca Carlo era il nuovo erede al trono, trono dal quale la famiglia austriaca era stata definitivamente allontanata.
Nel maggio 1915, Gabriele D'Annunzio commemorò Garibaldi e chiese che l'Italia si schierasse contro l'Austria-Ungheria.
Il 24 maggio l'Italia, alleata con Francia, Inghilterra e Russia ("Triplice Intesa") dichiarò guerra all'Austria-Ungheria, eppure l'Italia era stata alleata con l'impero austro-ungarico e la Germania fino a poco prima.
La decisione di mandare l'Italia in guerra fu presa da tre persone: il re, il primo ministro Salandra e il ministro degli Esteri Sonnino.
L'economista Francesco Saverio Nitti scrisse che stava per avvenire qualcosa che somigliava ad un colpo di Stato.
"Monfalcone è rasa al suolo"
Nei primi giorni di guerra gli italiani entrarono a Monfalcone per giungere subito a Trieste, ma per due anni rimasero inchiodati sul Carso.
La guerra , combattuta con armi pesantissime trainate dalla sola forza umana, in buona parte si svolse sulle montagne innevate, dunque arredatrici di notevoli disagi, infatti, gli Alpini si recarono a presidiare le vette".
Benito Mussolini, che allora era bersagliere, scrive con una umanità, che in seguito, sembrerà strano, cambierà radicalmente!!! "Su queste montagne le truppe italiane si muovono impacciate, senza essere ben equipaggiate per quelle ardue scalate" (infatti, ad esempio, utilizzavano muli da soma per trasportare materiale bellico).
Mussolini, al tempo, era uno dei leader di una piccolo minoranza di sinistra che voleva la guerra perché si aspettava dalla guerra la rivoluzione. Come è noto le sue idee sulla rivoluzione cambieranno!!!
Sulle Alpi si combatteva la guerra più dura: non solo nazione contro nazione, o uomo contro uomo, ma anche uomo contro temperature glaciali.
Le truppe erano accampate in tende e le comunicazione avvenivano attraverso piccioni viaggiatori.
Nel filmato non si vede il combattimento vero e proprio, ma i morti e i feriti.
Infatti, in sottofondo vi sono le parole che fanno quasi da commento alle immagini: "… la carrozza, che parte da Novara […] e va diretta a Monte Santo, il cimitero della gioventù …"
Ora vi è "la guerra di montagna", combattuta dalla parte degli Alpini austriaci e si nota quanto le scene dei due battaglioni siano simili, infatti lo sfondo è lo stesso.
Si vede un attacco dei kaiser austriaci sul Monte Pasubio che sparano sulle posizioni italiane, i quali a loro volta rispondono all'attacco.
"La prima guerra mondiale fu uno stillicidio di morti e di feriti per conquistare o perdere pochi metri".
"il Carso parve un calvario e la vita del fante fu in quel calvario"
Un volontario triestino arruolato con gli italiani, descrive quei momenti sul Carso: "Ad ogni nuovo sibilo che si avvicina, i corpi si raggomitolano ancora di più, le teste si ritirano dentro le spalle, cercano riparo fra i corpi dei compagni, frugano nel terreno come per entrarvi. Soltanto dopo lo scoppio è concesso un breve sollievo e poi un rombo terribile si abbatte si schianta più in là, sopra le nostre teste".
Carlo Salsa, nel libro "Trincee", racconta: "Il mio compagno uscì prima di me dal rifugio strisciando, "buona fortuna" mi disse dopo avermi stretto la mano, ma una ventata ci investì. Con l'occhio sinistro vidi l'ombra che mi stava davanti lanciata nel vuoto con le braccia spalancate, come in croce: così si moriva sotto le cannonate sul Carso."
Le opposte trincee stavano a pochi metri le une dalle altre e tirati scelti, i Cecchini, sparavano a tutto ciò che si muoveva.
"Sui riflettori di prima linea convergeva inesorabile il tiro nemico, essere di guardi per questi equivaleva arrischiare la vita ad ogni secondo."
"Gettare un ponte sotto le raffiche del tiro nemico era impresa ardua e rischiosa"
Gli uomini costruivano ponti, passerelle e ogni tipo di via d'accesso che facilitavano il loro passaggio.
"Nelle trincee del Carso, scavate a zigzag e battute dalle mitragliatrici si camminava, come con ironia battezzò il fante, a punto interrogativo".
Emilio Lussu descrive così un attacco "Chi non ha vissuto quei momenti non ha conosciuto la guerra; vidi due soldati aggiustarsi il fucile sotto il mento, uno fece partire il colpo e si accovacciò su se stesso, l'altro lo imitò e stramazzò accanto al primo".
Queste frasi sono prova delle disperazione di quei momenti.
"E la terra del Carso fu arrossata zolla per zolla da purissimo sangue".
Questi primi anni di guerra furono uno sterminio di morti. La morte era, infatti, dovunque. Ungaretti scriverà "Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie".
"L'Adriatico fu solcato in ogni senso da esploratori incrociatori in vedetta".
Diversa fu la guerra della marina, rari gli scontri, in minor numero, quindi, i morti e i feriti. Chi pagò di più la guerra, per i sommergibili, fu la marina mercantile.
"Treni armati della R. Marina vigilarono le linee costiere".
Con la fine del 1915 e il principio del 1916, la nostra marina, con 202 viaggi, protetta da 584 crociere portò in salvo 115 mila uomini dell'esercito serbo, che poté così ricostituirsi.
Infatti, l'esercito serbo nel dicembre 1915, si ritirò attraverso l'Albania e fu evacuato per mare dalla Francia e dall'Italia.
"l'arrivo del S.E. Antonio Salandra a Torino, 31 gennaio 1916"
La forza degli alleati, Francia, Inghilterra, Russia (Triplice Intesa) e degli Imperi Centrali, Austria-Ungheria, Germania e Turchia si equivaleva.
Il generale Luigi Cadorna era convinto di fare una "guerra lampo", come quella di Napoleone, quindi di marciare, subito, senza problemi, su Vienna, ma come sappiamo non fu così e il malcontento cresceva.
"Sulle eterne Alpi, l'Italia rafforza le sue linee di difesa".
Paolo Monelli così scrive: "Arrivano le barelle con i primi feriti e i medici non fanno a tempo per lavare e bendare la carne fresca. Il lagno del ferito steso a terra è sommesso e interminabile, pieno di rinunce e abbattimento".
Il generale austriaco Franz Conrad von Hotzendorff è uno dei grandi responsabili della guerra, perché era convinto che i confini dell'impero dovessero espandersi verso sud, a spese della Serbia e dell'Italia. Aveva, infatti, studiato la possibilità di un attacco all'Italia e tentò di realizzarlo fra il maggio e il giugno del 1916: gli austriaci volevano scendere deal Trentino, lungo l'Adige e prendere alle spalle l'esercito sul Carso. I Kaiser guadagnarono solo pochi chilometri di territorio, ma non riuscirono a sfondare.
Luigi Barzini, un inviato di guerra, così scrive a proposito della presa di Gorizia, avvenuta nel maggio-giugno 1916: "Il monte Sabotino, truce montagna divoratrice di uomini" e poi " Vi sono cadaveri di battagli ormai lontani, ecco cadaveri di nostri soldati caduti in fila ieri mattina, falciati da una mitragliatrice". "… Gorizia, tu sei maledetta …" queste sono le parole della canzone dedicata alla città simbolo della guerra.
Si combatte ancor e si vedono cavalieri a piedi per offrire un bersaglio meno facile.
Paolo Caccia scrive: "La guerra è al punto di partenza, tranne che abbiamo preso Gorizia, perso una fetta del Trentino e diverse centinaio di migliaia di morti".
Gorizia è distrutta, tutto è andato in rovina.
Vittorio Lotti, un giovane scrittore che morì in guerra, ebbe grande successo con il poema su Gorizia, oggi dimenticato, "Acqua azzurra d'Isonzo e sangue rosso d'Italia" scriveva.
Francesco Giuseppe morì il 22 novembre 1916. Per l'ultima volta fu celebrato il vecchio rito funebre. Era la fine non solo dell'impero austriaco ma anche della vecchia Europa e delle dinastie screditate dalla guerra. Si sperava seguisse un'era di democrazia e pace, ma i tempi non erano maturi. Nel dopoguerra vennero i grandi dittatori (Mussolini, Hitler, Stalin).
Nell'agosto 1917 ebbe inizio l'ultima battaglia (l'undicesima) sull'Isonzo: i segni di crisi e cedimento per le stragi si moltiplicarono.
Paolo Caccia racconta ancora: " Un colonnello si è ucciso con un colpo di rivoltella e due reggimenti sono stati massacrati". Una pattuglia italiana cerca nemici ancora vivi.
Dodicesima battaglia sull'Isonzo, dice il cartello in tedesco. Nell'ottobre 1917 la situazione si capovolge: gli italiani subiscono un attacco, la rivoluzione ha paralizzato la Russia. L'esercito tedesco scende in Italia per aiutare gli austriaci con i quali ha sfondato a Caporetto. "Gli italiani in ritirata strategica dietro le nostre linee".
Le didascalie nei filmati tedeschi sono sprezzanti. Un ufficiale austriaco scrive: "Nelle caverne giacciono circa 800 italiani, tutti morti; non devono essersi accorti di niente". I gas erano una delle cause di queste centinaia di morti. La sconfitta fu catastrofica e ci fu il timore di una resa. Fra le cause vi erano gli errori, anche gravissimi, dei comandanti, e molti furono quelli di Badoglio.
Molti che combattevano in trincee, si arresero poiché erano persuasi che della loro vita non importasse molto a chi comandava. La ritirata sull'Isonzo fu caratterizzata da saccheggi e ubriacature.
A Venezia la marina fece sbarcare i suoi uomini per combattere a terra.
I diciassettenni costituirono i nuovi reggimenti. Facce di ragazzini si sostituiscono ai ventenni, che sono tutti, morti, mutilati e prigionieri, … il mulino infernale della guerra macinava gli adolescenti.
Ci si preoccupa, se anche per loro sarebbe toccata la stessa sorte dei precedenti, di come sarebbero stati sostituiti.
A questo punto si vede un manifesto di incitamento alla guerra, il quale dichiarava " L'austriaco ha rubato le tue cose e la tua vita, ammazzalo e riprenditi ciò che ti appartiene. "L 'Italia è degli italiani!!!"
Con il comandante Armando Diaz ci si divertiva (quando era possibile) dietro le linee.
I soldati, infatti, organizzavano gare per mostrare la loro abilità.
La gente era stremata dalla guerra, ma non poteva neanche tornare sotto il governo austriaco.
Gli italiani, in seguito all'intervento degli americani, acquistano la supremazia aerea. (Si vedono scende di guerra nei cieli).
L'imperatore Carlo d'Austria, con la moglie, in visita a Bolzano (maggio 1918) cerca un complotto di pace, ma non viene ascoltato da nessuno.
10 giugno 1918: un motoscafo della marina italiana affonda con migliaia di persone a bordo.
12 giugno 1918: nuova grande offensiva austriaca. Armi atroci vengono adoperate: i lanciafiamme.
28 ottobre 1918: il comandante Diaz diede inizio alla controffensiva italiana.
L'Austria, costretta a cedere, firmò l'armistizio alle ore 15 del 4 novembre.
Hupe Dalton racconta: " La prima notte il cielo era illuminato da fuochi d'artificio, si sentivano distanti le campane e canti e applausi: è stato un momento di grande gioia. Il suono delle campane proveniva da tutti i paesi il cui campanile non era stato distrutto durante gli attacchi e si sentì di suonare per giorni, dall'alba al tramonto".
Musetti scrive: "Delle ragazze ci applaudivano, una di esse mi diede un bacio, non l'ho mai più rivista: fu uno dei momenti più belli della mia vita".
I soldati alzavano la bandiera e sfilarono per le città. Trieste poté finalmente accogliere il suo Re. Ma non fu festa per tutti: migliaia di soldati mutilati tornavano a Caporetto e vennero chiusi in un campo speciale. Carlo Salsa scrive: "A un ex prigioniero che voleva del pane un generale rispose: per voi ci vorrebbe del piombo". I prigionieri, infatti, erano considerati traditori.
Fra i prigionieri austriaci si erano diffuse largamente la sofferenza e l'amarezza: ben presto lo stesso avverrà anche nei Paesi vincitori. La guerra, protrattasi per quattro anni, finì con un tragico bilancio:
1. 10 milioni di morti;
2. 30 milioni tra mutilati e feriti;
3. Debiti di guerra che non si sapeva come pagare.
Nel 1921 venne scelto uno tra i milioni di caduti in guerra, che li rappresentava tutti e che venne seppellito a Roma, sull'altare della Patria a piazza Venezia: " i
l Milite Ignoto".
Che avrebbe dovuto dare senso a tutti i morti, i feriti, i mutilati e ai conseguenti dolori che questa Grande Guerra ha provocato???
E il filmato si conclude con il susseguirsi di tragiche scene: con la sequenza di immagini che ci mostrano i mutilati di guerra.
Questo documento filmato, come si è ben capito ci propone di percorre, tappa per tappa, questa guerra che inaugura un secolo di trasformazioni politiche con il suo inizio nel 1914, le quali trasformazioni si ripercuotono fino ai nostri giorni. È molto importante ed educativo che una materia basilare, quale la storia, la nostra storia, ci sia proposta non solo come lettura sterile e richiesta come studio mnemonico, ma con un apporto visivo che ci induce a personali riflessioni e ci fanno conoscere anche quei particolare che un libro non può mostrarci perché non riesce a stimolare la nostra facoltà immaginativa. Infatti, questo può essere solo un punto di partenza per uno studio più approfondito che si basa sui costumi, le armi, le tattiche di guerra, le musiche di quell'epoca.
Comunque la riflessione più importante da fare su questa studiata, attrezzata, preparata, combattuta Guerra è che questa è la prima volta che la scienza non viene usata a beneficio dell'uomo ma per distruggere se stesso.

8) IL 900 SU CD (distinta a parte);

Opuscoletti:

1) COMUNICAZIONE E STORIA,
2) STORIA DEI MEDIA,
3) LE ORIGINI DEL CINEMA.



LA FOTO

Ricercare ed esaminare una foto vecchia di luoghi e soggetti conosciuti, poi riprodurne una attuale, possibilmente con lo stesso punto di vista.
Confrontare le due foto individuando le variazione che verranno poi giustificate attraverso la storia generale.

Il materiale fotografico, utilissimo il testo di Messina "Fotografia e storia d'Italia" della Loffredo.






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