Eduardo Ambrosio


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IL SARNO E POGGIOMARINO


IL FIUME SARNO
storia geografia attualità

di Eduardo Ambrosio
2006






sommario:

IL FIUME SARNO -IL SARNO NELLA STORIA -COSTRUZIONE DEL CANALE CONTE
NASCITA DI POGGIOMARINO
POPOLAZIONI ANTICHE E BREVE STORIA DELLA VALLE DEL SARNO
Una lettura del 1844 della Vallata del Sarno e le coeve proposte di soluzione
DISINQUINAMENTO DEL SARNO -L' ITER DELLA BONIFICA DEL SARNO, UN LUNGO FIUME DI MELMA
LO STATO ATTUALE DEI LAVORI E PROSPETTIVE 10 FIUME E FANGO - OSSERVATORIO E AGENDA 21
I PARCHI FLUVIALI: ESPERIENZE A CONFRONTO






Il Sarno, in Campania, con la sua vallata costituisce un'estesa pianura fluviale di circa 500 kmq (4% della superficie della Campania) formata da depositi vulcanici sedimentari, delimitata ad occidente dal complesso vulcanico del Somma Vesuvio, ad oriente dalla catena dei Monti Lattari, ed è aperta al meridione sul golfo di Napoli. Il Sarno , lungo 24 km, arricchendosi di volta in volta delle acque di numerosi affluenti, divide la piana in due settori, quello occidentale in provincia di Napoli e quello orientale in provincia di Salerno, attraversando in forma calma e sinuosa i comuni di Sarno, San Valentino Torio, San Marzano, Striano, Poggiomarino, Scafati , Pompei, Scafati, Castellammare di Stabia per sfociare, dopo aver realizzato un'ansa in direzione della località Sant'Abbondio di Pompei, in mare di fronte allo scoglio di Rovigliano.
Le problematiche del Sarno, causa una elevata pressione antropica con relativo impatto determinato da scarichi domestici (fecali, agricoli, pesticidi, fertilizzanti, ecc.) e industriali, sono tutte relative al suo forte inquinamento (il più alto d'Europa) che si ripercuote nell'intero golfo di Napoli, fino agli anni Sessanta, era un fiume pescoso e termale caratterizzato da ambienti salubri e incontaminati. Nel 1992 il fiume è stato dichiarato ad elevato rischio ambientale ed è iniziato un tortuoso percorso per il disinquinamento (più avanti ampiamente rendicondato): allo scopo si è divisa l'area in tre comprensori:
" dell'Alto Sarno con 8 comuni, una popolazione di 69mila abitanti e una densità di 398 ab/kmq;
" del Medio Sarno con 21 comuni, una popolazione di 445mila ab. e una densità di 1430 ab/kmq;
" di Foce Sarno con 10 comuni, popolazione di 225mila ab. e una densità di 2338 ab/kmq.


IL SARNO NELLA STORIA

Le principali fonti del Sarno (per il Giliberti, da Sarinus, termine di origine preitalico; per altri, da Sarus, nome del monte che sovrasta le sorgenti di Foce. Il nome Sarus è comune a vari fiumi e monti dell'Asia Minore, da dove provenivano il popolo dei Sarrastri, probabili colonizzatori della Valle del Sarno; per il Siani, da Saron con cui i Fenici avrebbero designato la regione, che si presentava fertile come la terra omonima della Palestina) sono alle pendici dei monti che sovrastano la città ed il territorio di Sarno.

Il Sarno, il cui tracciato più antico compare nella Tabula Peutingeriana (da Peutinger, possessore di una copia della tavola che si trova a Vienna) , è stato nell'antichità oggetto di culto: statuine votive sono state rinvenute negli scavi di Foce, gli oggetti raffigurano donne e parti del corpo umano quali ex voto offerti alle divinità delle acque per impetrare salute, fertilità, abbondanza. Altri rinvenimenti a Pompei hanno messo in luce un particolare culto del Sarno come per il Nilo con i suoi apporti di limo, da parte di immigrati orientali di origine egiziana. I resti (magazzini, un'ancora da ormeggio, ecc.) nel borgo marinaro di Pompei ne sono la testimonianza. L'abbandono dopo la caduta di Roma trasformò la pianura in una pianura malsana e la fantasia popolare cambiò il mito del Sarno, da dio benefattore a fetido drago, divoratore di uomini; persino il nome si tramutò in Dragone.

Il fiume ha numerosi ordini di sorgenti, ma le più importanti sono quelle di Palazzo, di Santa Maria e di Foce - da fauces (stretto passaggio) nome per indicare probabilmente lo sbocco di un corso d'acqua sotterraneo, l'impressione che le sorgenti danno all'osservatore, nel modo con cui sorgono copiose dal monte S. Angelo a Foce, è propria quella di un fiume.
Altre scaturigini vengono fuori dagli altri monti che circondano l'agro Nocerino - saenese, ma tutte dopo breve cammino si riuniscono in un solo corso, e con lo stesso nome, Sarno, vanno a mescolarsi con il mare nel Golfo di Stabia. La direzione principale del fiume è quella che va da Tramontana a Mezzogiorno, e quella dei suoi influenti da Greco, o da Levante a Ponente.
I monti, alle falde dei quali sorgono tutte quelle vivissime acque sono, quello di Sarno - detto Monte Saro - i monti di Castel S. Giorgio, di Montoro (con la Solofrana che ha una lunghezza maggiore dello stesso Sarno), di Cava dei Tirreni (con la Cavaiola che unendosi alla Solofrana forma il Canalone di Nocera che a sua volta confluisce nella sinistra del Sarno nei pressi di S. Marzano) - detti Diecimari - e l'Albino che signoreggia su Nocera.
Tutti questi monti in generale sono di struttura calcarea terrosa a strati orizzontali con frammenti di quarzo; in alcuni punti di calcarea grossolana con strati argillo-sabbiosi, e in altre di resti marini mescolati con sabbia quarzosa ed argillosa.
Questa natura di monti è appropriatissima a raccogliere e a dar via alle acque, formando nei suoi interni seni, ricettacoli dove hanno inizio i fiumi. Però in quell'ampio terreno, che tra i descritti monti come in una profonda cavità si fa dentro, meravigliose sono le vive fonti che si vedono per ogni posto, e basta cavar di poco in terra per vederle rigogliose e zampillanti. E poiché è la natura dei monti che varia, e a ragione pure del vicino Vulcano (Vesuvio), esse sono di diversa qualità e carattere: alcune sono chiare e salubri a segno che un tempo si facevano venire a Napoli, e si partivano nei pozzi per uso degli abitanti e sono quelle dette del Palazzo e della Foce; altre minerali come quelle dette della Rogna di sapore acido e disgustoso; altre ancora le quali tra masse calcaree si caricano di diverse particelle tenute in dissoluzione, e cagionano il fenomeno della pietrificazione o meglio dell'incrostazione; infine, vi sono delle acque dette della Cerala che solidificano il terreno e collegano ogni sua parte insieme, siano foglie, o steli o pezzi di legno, sicché appena si cacciano dalle cave, e sono esposte all'aria, acquistano cotanta durezza che s'impiegano generalmente per la fabbricazione delle case. Tale curioso fenomeno si verifica nell'estesa superficie detta "Tartareto".
Il territorio Sarnese è formato da un profondo strato di terreno argilloso siliceo con massi arenosi e lapillosi di differente tenacità. Ma a molte e diverse variazioni quei luoghi hanno dovuto soggiacere per le alluvioni e per la vicinanza del Vesuvio, di conseguenza si dice che il Sarno stesso fosse stato, per quelle passate terribili eruzioni del Vulcano, deviato in qualche parte del suo corso, o che altre acque che vi fluivano da quel lato si fossero disperse. Di qualità non diversa, anzi migliore sono le terre delle pianure di Angri e di Nocera; le quali soprattutto sono arene, lapilli, e sassolini di alluvioni, hanno da 1 a 2,5 metri di terreno vegetale argilloso - calcareo - siliceo: per cui sono di una meravigliosa fertilità.
In quei piani l'aria in generale è umida: conseguenza necessaria della bassa situazione di quelle terre circondate dai monti, e solo aperte dalla parte del Mezzogiorno. Ma, basta che ci si sollevi poco più sui colli e sulle coste dei monti che l'aria è salubre. Se non che attenuava la natura dagli inconvenienti come lo spirare dei venti di Tramontana a Ponente, e di Ponente a Mezzogiorno, che talvolta sono tanto impetuosi, che rovesciano i letti delle case, e sradicano alberi robustissimi. Ma più di questi naturali e passeggeri perturbamenti, che sono comuni a tutti i luoghi vicini, sono causa di gravi danni i cambiamenti avvenuti per mano dell'uomo in tempi non molto lontani, cosicché ne rimaneva alterata profondamente la condizione propria di tutti quei siti.
Dalle falde del Vesuvio non discende alcun ruscello, al di fuori di quei corsi temporanei d'acqua, cioè di quei torrenti che sono causati dalle piogge. Dai monti di Sarno sulla sinistra, nella parte più bassa della sua pendice nasce l'acqua della Foce, della quale, parte va a Torre Annunziata per via di un fosso manufatto, detto del Conte (di Sarno) parte viene giù per unirsi con un altro corso d'acqua, detto del Palazzo, di cui le scaturigini sono nella stessa città di Sarno. Questi corsi d'acqua, dopo circa un miglio o due di cammino per ognuno, e poiché quello del Palazzo ha nel suo letto accolto l'altro di S. Marina, confluiscono nel sito detto l'Affrontala, e dove con il nome comune di fiume Sarno s'indirizzano le acque riunite al mare.
Il Sarno fino agli inizi del 1500 era il veicolo del commercio dal mare nell'interno delle terre di Nola, Angri e di Nocera, attraverso il quale le merci s'importavano e si esportavano. Aveva un corso invariabilmente determinato, un alveo stabilito e profondo. Il latino Stradone parla di una via navigabile fra Nola, Acerra e Nocera.

COSTRUZIONE DEL CANALE CONTE

I laboriosi e costosi lavori di costruzione del canale iniziarono nel 1592 per volontà del conte Maurizio Tuttavilla, che voleva rifornire d'acqua i molini di sua proprietà situati in torre Annunziata, molini ordinati in tre file per cui occorrevano tre dislivelli. Nonostante il lungo contenzioso promosso dalla Mensa Vescovile di Sarno, che vantava diritti sulla proprietà delle sorgenti; l'opposizione dei conti di Celano, signori di Scafati e di Torre Annunziata, quali proprietari di due mulini in località Bottaro di Scafati, temevano sia un rovinoso impoverimento del letto del fiume Sarno, sia la forte concorrenza dei mulini di Torre Annunziata, più vicini a Napoli; le difficoltà di natura tecnica come la scarsa pendenza del terreno e il superamento dello sperone di Pompei (la cui soluzione fu la costruzione di una galleria di 1764 metri, in tale occasione vennero scoperti i ruderi romani Pompei), nonché l'approssimazione nei lavori di scavo; finalmente, nel 1605, superate tutte le difficoltà, l'opera fu completata come si rileva nell'istrumento del 26 settembre 1605. Così il conte Muzio Tuttavilla teneva fede alla promessa fatta nell'istrumento del 1 settembre 1597, lasciando la figlia Maria unica erede dei suoi beni, la quale, nel 1608, andò sposa al principe gallicano Pier Francesco Colonna.
Lo scavo,oltre alla trasformazione nella molitura del grano, attirò molta manodopera (da galeotti imprestati ai conti di Sarno dalle regie galere, con la promessa di libertà a lavoro compiuto a personale più specializzato per direzione e sorveglianza) che abitò in capanne e abitazioni di fortuna, poi in dimore sempre più stabili: questi sono i primi insediamenti lungo le sponde del canale che daranno vita all'attuale Poggiomarino.


NASCITA DI POGGIOMARINO

Rilevante fu la bonifica del territorio attraversato dal canale, lo scavo, infatti, oltre a convogliare le acque di Foce, raccoglieva le acque delle fiumare che scendevano dalle pendici del Vesuvio; il tutto rese vivibili luoghi insalubri e procurò grandi quantità di terra fertilissima: il lavoro si moltiplicò per la manutenzione e l'irrigazione dei campi e la zona di popolò di contadini, artigiani, pastori, carrettieri, bottegai, ecc.
L'alto costo del canale, però, aveva prosciugato le sostanze della famiglia Tuttavilla, che sopperì con lo smembramento del feudo: nel 1613, la terra di Striano fu ceduta alla contessa di Castro con atto regio del 17 dicembre 1639, successivamente i di Castro vendettero il feudo alla marchesa Ippolita Spinola. Intanto, Pompeo, unico erede di Pier Francesco Colonna, si compromise con la rivolta di Masaniello e subì la confisca dei beni, alla sua morte nel 1649, tutti i suoi beni vennero devoluti alla Real Corte.
Un altro evento che contribuì al popolamento delle sponde del canale fu l'eruzione del Vesuvio del 1631, gli abitanti delle ricche e, fino ad allora, sicure pendici del vulcano si riversarono nella valle sottostante. In tale occasione la quota del Vesuvio si ridusse di 168 metri e la principessa donna Maria Ippolita Spinola Juniore presentò alla Regia Camera della Sommaria una supplica per chiedere una riduzione delle tasse nei territori danneggiati dalla lava, lapilli e incendi.
La principessa donna Maria Ippolita Spinola, soprattutto per difficoltà economiche, sposò Giacomo de' Marini dei marchesi di Genzano, provenienti da Genova dove esercitavano ricchi commerci. Il nuovo marchese si fece costruire un palazzo nella località Tavernapenta (da una bottega che aveva per insegna una penta o tacchino sita sulla strada del canale Palma -Torre Annunziata). Il palazzo diede lustro al luogo e in breve sulle cartine comparve il toponimo poggio Marino: il poggio, dal latino podio, era un basamento dove i de' Marini usavano salire per montare a cavallo, esso si trovava nei pressi delle scuderie di palazzo (tale luogo è ancora oggi detto stallone). Il nome Podio Marino appare per la prima volta nell'atto di battesimo di Fortunato, Giovanni Sorrentino, di Gaetano e di Maria Pellegrino, madrina Ippolita Di Martino, redatto il 26 febbraio 1719 dal rettore e parroco di Striano, don Nicola Mura. I primi documenti civili sono due atti amministrativi del Regno di Napoli: il primo è 6 luglio 1734 che registrava la morte della principessa di Striano Maria Spinola e la intestazione del feudo al figlio Stefano de' Marini; il secondo è trattato dal catasto generale della terra di Striano (tale feudo si estendeva fino al Vesuvio e comprendeva Poggiomarino, parte di Terzigno, San Giuseppe Vesuviano, Boscoreale), redatto nel 1748 e contiene l'elenco dei possedimenti del principe.

POPOLAZIONI ANTICHE E BREVE STORIA DELLA VALLE DEL SARNO

Le tracce più antiche evidenziate dai vari scavi (Foce, Striano, San Valentino Torio, San Marzano) sono di capanne appartenenti ad una civiltà silvo-pastorale indigena: probabilmente gli Osci, detti anche Oschi od Opici (segni di questa civiltà sono ritenuti toponimi come Oschito): sono state rinvenute tombe con oggetti che vanno dall'VIII al II secolo a.C., testimonianze che fanno pensare all'esistenza di numerosi villaggi.
La valle nell'età del ferro e tra il IX e l'VIII secolo a.C. è abitata da popoli con la cultura dei morti, come testimoniano le tombe a fossa (i morti vengono riposti nella posizione supina, coperto di abiti, ornamenti e del vasellame di corredo utile nell'aldilà, in fosse scavate nella nuda terra) che, essendo assai rade, evidenziano una grande disponibilità di suolo.
I resti di un teatro del III o II secolo a.C. denotano (anche per la parte ancora coperta) la presenza di una città che molti indicano con il nome di Ad Teglanum (attuale Palma Campania).
Successivamente risalgono il Sarno popolazioni di origine greca come i Sarrastri (della famiglia dei Pelasgi). Ancora si notano evidenti tracce degli Etruschi (Tirreni per i greci - Tusci per i romani) che, anche se incerte, sono chiare a Capua, a Nola, ad Acerra, a Nocera e a Paestum. Etrusca è la via Aquilia che partiva da Capua, toccava Suessola, collegava la Campania interna con Nola (Ad Teglanum) e da qui, seguendo la via pedemontana, raggiungeva la città alle sorgenti del Sarno e si dirigeva attraverso il valico del campanile dell'orco alla città di Nuceria.
I territori tra Palma Campania e Pompei, dal 340 al 309 a.C., furono teatro degli scontri la Lega dei latini e degli Opici contro la Lega tra Romani e Sanniti. Nel 309 a.C. la Longola fu teatro di una battagli tra Romani e Sanniti (Tito Livio, IV libro, verso 40). Nel periodo della seconda guerra punica, subito dopo la battaglia di Canne (216 a.C.), Annibale assediò inutilmente Napoli, assaltò Acerra e si diresse contro Nola, proseguendo nella Valle del Sarno, allo scopo di impadronirsi di Nuceria, attraversò il valico che poi fu detto "Passo di Annibale" (Ecco perché il valico tra Siano e Sarno è indicato come campanile dell'orco, perché l'eroe cartaginese cieco ad un occhio sembrava un orco.
La valle del Sarno sarà sconvolta dal terremoto del 63 d.C. ed il corso del Sarno sarà deviato con la copertura di tutti gli affluenti di destra dall'eruzione del 79, la linea di costa avanzò per qualche centinaio di metri nel mare.
Dopo le numerosissime razzie dei barbari, nel 1066, fu istituito il vescovato di Sarno ( Sarno, San Marzano, San Valentino Torio, e Striano) con l'arcivescovo Alfano di Salerno.
Nel 1460, nella lotta per il trono di Napoli vi fu a Longola una battaglia campale tra Ferdinando d'Aragona, bastardo di Alfonso, e il principe di Taranto, Giovanni Antonio Orsini, partigiano di Giovanni D'Angiò. Nel 1464, Ferdinando tolse il contado sarnese all'Orsini e , per riconoscenza lo concesse a don Francesco Coppola, nobile napoletano di origine amalfitane, questi fu grande mercante e tesoriere del re ma prese parte alla "congiura dei baroni" contro Ferdinando e, nel 1486, dopo essere stato attirato in un tranello, fu decapitato. I suoi beni, tra cui il contado sarnese, divennero proprietà reale.



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Una lettura del 1844 della Vallata del Sarno e le coeve proposte di soluzione
(sintesi del DISCORSO STORICO-IDRAULICO di Vincenzo degli Uberti )


I CAMBIAMENTI AVVENUTI A PARTIRE DAL 1500 AL 1800 A DANNO DELLE TERRE E DELLE POPOLAZIONI DELLA VALLATA SUPERIORE DEL SARNO A RAGIONE DEGLI OSTACOLI ELEVATI NEL FIUME.
ESPOSIZIONE DELLE DIVERSE PERIZIE ESEGUITE DAL 1630 SINO AL 5 APRILE 1817 PER RIMEDIARE ALLE INONDAZIONI E ALL'INFEZIONE DELL'ARIA.

Nel 1500 il fiume Sarno era in ottime condizioni, però già con l'inizio del 1600 lo troviamo interrotto da vari ostacoli, cresciuti in numero d'anno in anno. Il Sarno ha, infatti, cominciato ad avere problemi nel momento in cui furono costruite delle chiuse. La prima chiusa, fu costruita per trasferire le acque ad uso dei mulini, per sentenza del Consiglio Collaterale del 9 gennaio del 1680 fu demolita. Quanto tempo prima fosse stata costruita s'ignora. Le chiuse costituivano dei veri e propri ostacoli per la navigazione, producevano inondazione, stagnazione, ed infezione d'aria e somiglianti. Per sopprimere il problema degli allagamenti furono scavati dei fossi di modo che l'acqua fosse versata nei fiumi. Avvenne però il contrario con devastazione delle campagne e malattie. Ciò significa che le chiuse danneggiavano il territorio del Sarno, ma passarono ben 73 anni finché qualcuno non si rendesse conto del male che facevano le chiuse.
Si arrivò al 1810, quando una commissione d'ingegneri, per le incessanti querele della Città di Sarno, si riunì. Dopo molte ed aggiustate osservazioni si venne a concludere quella verità che vedono tutti quelli che guardano con i propri occhi e col proprio giudizio, e cioè che dalle chiuse viene il male. Dopo di ciò le cose rimasero come stavano, vale a dire fertilissimi terreni subissati nell'acqua o tra pantani, ed un'industria ed operosa popolazione condannata ad un improbo lavoro, ed a tutte le tristi conseguenze di un'aria malefica.
Venuto il 1815, ecco un'altra visita al Sarno, i risultati furono sempre gli stessi, e cioè che gli allagamenti erano causati dalla chiusa di Scafati, che effetto degli allagamenti era l'infezione dell'aria ecc…., e che la distruzione della chiusa avrebbe restituito fertilità a molti terreni. Ma questo avviso conforme a quanto sin dal 1630 si era opinato e riconosciuto da tutti non solo, ma anche provato non ebbe altro effetto che essere inviato al Consiglio d'Intendenza di Salerno, per cui ne venne fuori un'altra perizia.
Alla fine di tutto, si comandò: se vi fosse modo di sanare i luoghi infetti , e di conservare gli edifici idraulici, si proponesse; in ultimo caso si distruggessero gli ostacoli.

DESCRIZIONE DELLA VALLA TA DEL SARNO E DEL FIUME NELLO STATO OSSERVATO NELL' OTTOBRE DEL 1843
L'importanza del discorso esige, che dopo aver fatto una sommaria descrizione dei luoghi riferendoli alla loro antica condizione, un'accurata descrizione dello stato del fiume nel suo stato attuale (1843).
Recandovi dalla Città alle sorgenti della Foce, la strada che si percorre ci svela subito le continue alterazioni alle quali sono state e sono tuttora soggette quelle terre per le alluvioni montane. Non si vedono che aride e scarne coste di monti insufficienti a ritener le acque. E siccome facilmente franano per la loro fragile natura, perché composti da strati lapillosi calcarei, scendono e si spargono sui terreni.
Sono veramente meravigliose le fonti dette della Foce, le vedi in parte raccolte in una vasca costruita a piè del monte; cui, se presti attente le orecchie, ne ascolti il mormorante gorgoglio nel venir fuori; e più sotto, come dalle viscere del suolo, vi è un getto di acqua vivissima che par che fosse appena uscita. Queste acque sono divise in due: parte derivate, e sono quelle superiori, che per il fosso del Conte si recano a Torre Annunziata. Le rimanenti formano il ramo detto della Foce, il quale dopo avere animato l'edificio d'Ottaviano, viene giù ad unirsi all'altro, detto del Palazzo. Dall'una e dall'altra delle sponde dei due fiumi, s'incontrano lunghissimi fossi colmi d'acque stagnanti, che formano uno stagno con l'acqua dei due ruscelli. Miserevole è la condizione delle terre in mezzo alle quali passa l'altro, detto della Foce. Quando piove lo spettacolo di queste terre è da vedere per comprendersi. Vedete la pioggia che vi percuote, acqua degli stagni che si solleva; i fossi traboccano e si spandono, basta attendere pochi minuti e vedrete formarsi una palude, dove scamparci è fortuna.
Lo stato delle terre e le cose degne di nota osservate lungo i due corsi sono in breve queste. Il pelo ed il fondo dei due corsi è visibilmente e notevolmente alzato a ragione delle materie alluvionali, le quali per l'impedito corso del fiume devono per forza rimanervi accumulate. Il ponte di Striano sul ramo Foce è del tutto affogato, lungo il Corso Palazzo, una vegeta produzione d'erbe fluviali, di nasturzio ceppi selvatici e simili ne ingombra il letto di guisa che è un altro ostacolo al libero efflusso delle acque.
Prima di arrivare all'Affrontala mette nel fiume Palazzo, l'altro detto di S. Marina. Questo influente, che nasce nel cavo della rivolta dei monti di Sarno, nel territorio di Nocera viene nel Sarno percorrendo lentamente le terre adiacenti di cui per natura è l'asse principale di scolo, come esso fa figura di asse secondari a rispetto del recipiente nel quale va a confluire. Il quale, trovatolo in uno stato del tutto contro natura, ed alzato di pelo e di fondo, con la perdita della sua cadente diventava anche flagello dei terreni circostanti; per questo vi vedete fossi stagnanti, e malanni d'ogni sorte come altrove.
Dall'Affrontala, dove i due corsi riuniti costituiscono più specialmente il fiume Sarno, con un maggiore corpo d'acqua, ma alquanto più ristretto si cammina sempre fra rigogliosa messe di erbe fluviali. La condizione delle terre è la stessa finora descritta, fossi infiniti, luoghi stagnanti che in mille guise le frastagliano. Quasi nuda è la superficie del terreno, particolarmente sulla destra: e là dove c'erano foreste, vigneti, ulivi ed ottimi pascoli, non vi è che terreno umido e fangoso, e stagni pestilenziali.
Passando più avanti troviamo la foce del fosso Imperatore, il quale è un canale manufatto, dove si versano acque colatizie. Giunti al ponte di Scafati si osserva sulla sinistra parte dell'antico alveo abbandonato la cui superficie è sottoposta al pelo del fiume alzato dalla chiusa; e questa superficie non è affatto uguale a quella dell'antico fondo, dovendo stare almeno un metro più sotto; inoltre il pelo dell'antico corso doveva scorrere indubbiamente tra alte rive. Fino al 1812 questo era l'unico ostacolo presente sul fiume, ma nel 1813 sono state costruite altre chiuse. Questo fatto, condannevole perché eseguito senza alcun permesso, divenne dannosissimo per il fiume. Contrariamente alla prima parte del fiume, il terreno adiacente il secondo tratto del fiume non presenta quel carattere di grave devastazione della vallata del Sarno, anche se comunque le chiuse impediscono la navigazione del fiume: poiché esso scorre per lunghi tratti tra buone sponde, e anche perché non riceve quei copiosi e torrenziali influenti come nella vallata superiore.
Eccetto rari luoghi l'agricoltura vi è prospera e rigogliosa e la quasi totale mancanza di fossi di scolo indica l'assenza del male che tanto si ha ragione di lamentare nella vallata superiore. Tutto questo perché si riconosca la necessità d'efficaci rimedi, e non di provvedimenti avventati, dispendiosi o peggiori del male.

CONSIDERAZIONI GENERALI SULLE CAUSE CHE PRODUCONO LA STAGNAZIONE DELLE ACQUE E INFEZIONE DELL'ARIA
Descritto ormai lo stato del fiume e delle terre nel 1500, e sommariamente esposto il suo stato nel 1800, con quali espedienti si recherà riparo a tanti danni, conciliando interessi tanto divergenti!
La questione sul Sarno è tutt'altro che difficile ed intricata se si ha la forza di rispettar la logica. Infatti, con la rimozione delle chiuse e di gran parte dei muri, si vede il letto del fiume essersi profondato molto con le piene, gli scoli delle pianure aver recuperato la loro caduta ed il beneficio di queste da tutti gli spassionati esser conosciuto. È importante ricordare che l'indole del fiume Sarno è tale che ha bisogno di scorrere al mare senza alcun ostacolo. Essendo il recipiente comune di tutte le acque fluenti in quelle piane campagne, come si può sostenere di mantenere il suo corso nel suo stato presente?
I traboccamenti cui va soggetto non solo per le chiuse ma per la natura degl'influenti, non possono essere dominati se il fiume non riacquistasse la velocità perduta, e ristabilisca l'antico fondo che rechi liberamente le acque al mare. Ma cosa provoca l'infezione dell'aria?
I ristagni prodotti dall'alzata del pelo del Sarno provocano l'infezione dell'aria. Anche altre sono le ragioni dell'infezione dell'aria, vale a dire, i maceratoi delle canape e del lino, le insalubri esalazioni di quell'erba fluviale e tante altre cause di malattie e dolori.
I malanni prodotti dallo stagnamento delle acque derivanti dalla violenza fatta al fiume, hanno un carattere particolare e distinto. Maceratoi, letami, poca cura delle persone, malsane abitazioni, scarso e pessimo cibo, insomma povertà e vizi ve ne sono dappertutto, senza le chiuse; mentre una costante infezione per l'incessante permanenza di un ostacolo; una devastazione continua di terre, per l'esistenza perpetua della causa che la produce, un semenzaio sempre vivo di morbi per l'inesauribile azione del male…. Tutto questo esiste solo nella vallata del Sarno, o anche altrove, se come qua, vi è una chiusa che barri tutto un fiume e ne faccia un pestifero pantano. Dopo quanto detto si riporta una relazione scritta nel gennaio del 1841 in seguito ad una malattia diffusasi nel comune di S. Marzano.
"Nel mese di gennaio del 1841 il comune di S. Marzano, soggetto all'umidità e alle intemperie, soffrì anche una non lieve inondazione, poiché cresciute le acque del Sarno e fatto turgido il suo letto, non fu più capace di ricevere piogge, le quali si sparsero per tutte le campagne circostanti. La gente povera, sollecitata dal bisogno di procurarsi da mangiare si aprì un passaggio tra le acque, o per riparare ai danni dei loro campi. Dopo ciò si può immaginare qual effetto poteva produrre sopra questa gente, già desolata per un grave infortunio, la necessità di trattenersi in mezzo alle acque…. Era quindi da aspettarsi una malattia popolare….Ma più… alle piogge impetuose successe una temperatura piuttosto dolce, e molti giorni asciutti. Le acque prontamente si abbassarono, e cominciarono a lasciare allo scoperto la melma trasportata ed i vegetali semi corrotti, ed i bei giorni erano turbati dal fetore che emanava dai terreni che s'asciugano…. La mortalità fu assai grave, e si noti che il morbo ha scelto le sue vittime fra la gente disagiata esposta al contatto dell'aria e dell'umidità, ed i primi infermi furono alcuni di quei che nel rigore dell'inverno furono costretti a guardare le acque delle paludi, e quelle versate dal fiume Sarno, o che lavoravano intere giornate, inumiditi dalla nebbia colma delle esalazioni delle acque che andavano asciugando".
E NON È' QUESTO LO SPETTACOLO CONTINUO CHE SI OFFRE IN QUELLLE TERRE!!!!!!!!!

ESAME E CONFUTAZIONE DEL PROGETTO DI BONIFICAZIONE PER MEZZO DEI CONTROCANALI
Canali, controcanali, lagnuoli, basta indicarli perché in questo caso possano dirsi appropriati!
Dopo aver descritto l'Agro Sarnese e Noverino; dopo aver osservato che il Sarno, comune recipiente di tutti gli scoli, è in una condizione di non poterli smaltire con libertà tutti i canali, controcanali e lagnuoli non sono né rimedi, ma sono le cure peggiori del male. Quanto scompigliate siano le nostre colture montane, quali devastazioni vi si siano recate, non s'ignora. Quei monti, che ora sono nudi, scarni e senza il bello e salutare rivestimento di lussureggianti foreste, ci fa capire che non è gran tempo, a confronto con quei monti ricoperti di robusta e rigogliosa vegetazione. Disboscati i monti, e le piogge che cadendo non trovano più nel terreno la prima consistenza e durezza, facilmente si separano le molecole di terra e sono trascinate nelle pianure inferiori. Ed è questa la ragione dell'interrimento dei letti dei fiumi e dell'alzamento del pelo delle loro acque, e di tanti altri mali che tutt'oggi si deplorano. Ora se questi danni sono la conseguenza necessaria di un tale stato di cose, ponete un fiume barrato spietatamente, fiume che accoglie tutti gli scoli delle campagne, e ditemi se è il caso di canali di scolo, controcanali o lagnuoli?
Quando una campagna coperta d'acqua stagnante si vuole prosciugare, si ricercano le direzioni dell'asse principale di scolo, e poi dei secondari: in questo caso s'intende il valore e l'appropriatezza del rimedio; ma quando il fiume stesso, è asse principale di scolo, quando i suoi influenti fanno da assi secondari, il rimedio consiste nell'adoperarsi che adempiano bene alle loro funzioni, e non a rovinare le campagne con altri tagli ed opponendosi agli scoli naturali.
Ma oltre a questo; s'ignora forse che il Sarno è una vera e propria riserva d'acqua, dove basta cavar pochi palmi sott'acqua per averne in quantità. Dunque, sarà mai possibile che cavandosi a 3 o 4 metri di profondità vicino al fiume, non si veda riempito dalle acque sotterranee, non si veda occupato dalle acque stesse del Sarno!
E dopo questi, tanti e tanti altri sono i motivi per cui canali, controcanali e lagnuoli non sono un beneficio, anzi….!
Quindi, che questo progetto si proponga in campagne deserte o poco popolate o tra terre di pessima qualità, e senza alcun corso naturale. Non c'è dubbio che questo progetto rechi profitto per quelle terre che potranno essere richiamate a nuova vita con le opere di bonificazione; ma dove vi è una popolazione agglomerata, e che ricava sussistenza da queste terre per la loro fertilità, cotali opere sarebbero nuovo elemento di rovina. Se utili altrove, e in taluni casi, non possono esserlo qui, questi famosi controcanali. Certamente i motori idraulici sono i più economici e sicuri; ma se sono causa di perenni inondazioni, di stagnamenti pestiferi, di malattie, e d'infezione dell'aria, non sono da raccomandare, se stiamo tra gente umana e civile.

ESPOSIZIONE DEL PROGETTO CHE SI CREDE SOLO CAPACE DI RIDONARE ALLA VALLATA DEL SARNO LA PERDUTA FERTILITA', DISTRUGGERE L'INFEZIONE DELL'ARIA, E RENDERE NAVIGABILE IL FIUME CON LA CONSERVAZIONE DI TUTTI GLI EDIFICI IDRAULICI
Tutti i dati per la soluzione del problema sono nella livellazione del fiume, e basta osservarla per conoscere la grandezza del male, l'aumento progressivo d'anno in anno, e la necessità indeclinabile del solo rimedio che si può proporre. La livellazione vi rivela la differente condizione dei due tronchi del fiume Sarno, separati dalla parata di Scafati. L'inferire che mette al mare, permanente ed antico alveo del fiume, lo vedete depresso; per lo più tra sponde elevate, ed anche nei luoghi aperti scorre senza danno delle campagne. L'altro invece, minacciose sopra un'immane massa di fabbrica……e poteva essere così costituita l'antica cadente del fiume liberamente fluente! Impossibile!
Il sollevamento del fondo e del pelo del fiume sino alle sorgenti, ha fatto alzare ancora di più il fondo degl'influenti e ed è stato causa, e lo sarà sempre di più, di tutte le devastazioni e di tutte le disastrose alterazioni avvenute in quelle contrade. Il fiume non è più navigabile, e senz'altro sulla navigabilità del fiume non vi è da dubitare, non solo per la testimonianza degli scrittori, ma per i nomi degli stessi luoghi. Infatti, nella città di Sarno vi è un luogo chiamato Porto e poco lontano ve n'è un altro con il medesimo nome.
Il rimedio vero ed efficace e che concilia due condizioni sinora credute in sociabili, e cioè la libertà dello scolo del fiume, e la conservazione degli edifici idraulici, esiste.
1. Il fiume deve esser ristabilito per quanto più si può nell'antica profondità, e però lungo tutto il suo corso si deve eseguire un calcolo sulla misura media della larghezza.
2. Nel luogo Corridore, il fondo è di 14 palmi inferiori al pelo presente, si dovrebbe stabilire uno stramazzo, uno sfioratore ad uso di un canale di derivazione, munito di una porta marinaia, e di due portine laterali.
3. Il canale di derivazione recandosi sulla destra del fiume verso Scafati, come sarà prossimo alle prime case del paese dovrà sboccare nell'alveo, mentre il fiume dovrà essere recato sulla sinistra per fluire nell'antico letto. Il canale giungendo sotto il ponte, e toccando la gran chiusa dovrà arrivarvi con un pelo inferiore al presente.
4. Il ponte presente di Scafati dovrebbe essere distrutto e ricostruito con due archi, uno per il passaggio del canale e l'altro per il ristabilito alveo del fiume; il quale a ragione del profondamento dei due corsi diverrebbe quasi a livello della strada, senza quella sconcia e pericolosa gobba dell'attuale.
5. Ridonata al fiume la libertà delle acque, profondato il suo letto, e però data la facoltà a tutti gli scoli di ridursi agevolmente, e acquisita la perduta caduta degli influenti; sarà rimossa quindi dalla radice la causa dei pestiferi impaludamenti, e della malefica corruzione dell'aria, e gli edifici idraulici saranno stabilmente provveduti dal motore.
Così saranno soddisfatti tutti i bisogni.
Vediamo ora come con un tale canale il problema resta sciolto a riguardo della conservazione degli edifici idraulici. Il canale eseguito sulla riva destra del fiume Sarno, procedendo verso Scafati poco lontano dalle prime case verrà a sboccare nel suo presente alveo, dove per sotto all'arco destro del ponte ricostruito si recherebbe all'esistente partitoio. Mentre il profondato alveo del fiume, che procede all'ingiù sulla sinistra occupando il suo antico letto, passerebbe sotto l'altro arco del nuovo ponte. E raggiunto il partitoio, dove per una bocca regolata s'immetterà la quantità d'acqua necessaria per l'edificio Laville. A ragione della chiusa Salvatore l'edificio Laville lavora ben poco, ma subito dopo demolita acquisterebbe una caduta uguale all'altra. Ma dovrebbe essere fatto qualche cambiamento. L'edificio riceverebbe l'acqua per mezzo di un secondo partitoio e di un altro canale quasi perpendicolarmente al suo prospetto.
Il pelo dell'acqua nella vasca è inferiore a quella del canale di distribuzione che passa parallelamente all'edificio. Chiusa la sua vasca dalla parte del fiume, la chiusa sarebbe demolita interamente. Con queste operazioni l'edificio resterebbe del tutto come si trova. Dopo di questo, il canale recherà il motore al Bottaro, dove non vi è nulla da cambiare. Non tutta l'acqua che arriva serve all'edificio, e ne resta una buona parte per l'irrigazione. Ma qualcuno potrebbe sostenere che in ogni modo si lascia un ostacolo nel fiume, è vero, ma quest'ostacolo rivolge le acque in un canale ugualmente profondo; e nel nuovo regime che acquisterà il fiume il suo ingorgo è così breve che non nuoce per niente. Anche gli altri edifici Joio e Troiano e l'altro al ponte della Persica ad uso di un mulino, e gli altri due Carrese e Piscicelli per macchine irrigatorie. Le chiuse eseguite per questi edifici sono della maniera più grossolana e disacconcia; poiché si barrava il fiume per tutta la larghezza senza pensare ad altro. Il problema delle chiuse può essere risolto in due modi diversi: distruggendole o ricostruendole con date condizioni. La libertà data dalle acque del Sarno, ed il profondamento del suo letto.

VANTAGGI DELLA NAVIGAZIONE FLUVIALE: LA NAVIGAZIONE DEL FIUME È UNA COSEGUENZA DEL PROGETTO ESPOSTO; NON È UN PROGETTO PARTICOLARE
Infine abbiamo il fiume libero da ogni ostacolo; ora, detto ciò, perché il fiume non sarà navigabile?
Per tutta la nostra industria, fondata sui prodotti del suolo, le spese di trasporto compongono la maggior parte del valore, e però la loro diminuzione è un aumento indubitato di ricchezze. Inoltre dato che non solo il Sarno è navigabile, ma anche tutti i suoi influenti, la navigazione fluviale offrirebbe immensi vantaggi, perché darebbe comodità ai coloni e ai proprietari di recare direttamente le derrate , senza essere soggetti al pesante monopolio di pochi accaparratori di altri paesi, e specialmente del trasporto dei carboni e del legname.Rimane una sola domanda: il Sarno si potrà navigare?
Se si riguarda al futuro regime del Sarno quando sarà liberato da tutti gli ostacoli, essa, come lo è stato sempre, sarà navigabile ancora una volta. Vicino la strada di ferro, a destra del ponte vi è una piccola valle, dove si potrebbe formare un porto, comodo della navigazione fluviale. Ed il progetto non è complicato, basta poco.

MODO DI ESEGUIRE I LAVORI, E CENNO DELLE SPESE
Per quanto riguarda le spese bisognerà:
1. Costruzione del nuovo stramazzo;
2. Scavamento del canale di derivazione;
3. Spurgo dei fiumi;
4. Ristabilimento della parte abbandonata, dall'antico alveo vicino Scafati in continuazione dall'esistente;
5. Ricostruzione del ponte Scafati con due archi, uno per dare via al canale di derivazione, e l'altro al fiume;
6. Piccolo tratto di canale per dare il motore all'edificio Salvatore, mediante il nuovo partitoio e demolizione di questa chiusa;
7. Demolizione o modificazione delle altre tre chiuse;
8. Lavori di conseguenza per la realizzazione di quanto detto.
Tutti questi lavori sono della più facile esecuzione. Si dovrebbe nello stesso tempo intraprendere la costruzione dello stramazzo, l'apertura del canale o ricostruzione del ponte. Fatto ciò, si recherebbe il fiume nell'antico alveo, e passare sotto la nuova luce, e si abbasserebbe il tratto lasciato con la pendenza prestabilita in proseguimento del canale di derivazione per recarsi ai due partitoi ed al Bottaro. Quindi, si effettuerebbe la derivazione chiudendo stabilmente l'adito inferiore con il quale si è fatto passare il fiume nel vecchio alveo. Tuttavia, rimanendo quasi asciutta questa parte del fiume dallo stramazzo all'ingiù, il suo scavamento è l'operazione più facile del mondo. A questo punto si renderebbe il fiume assai agevole.

PROGETTO 1
1. Il fiume ridotto alla giusta profondità e scorrendo senza alcun ostacolo, provocherebbe il prosciugamento dei fossi che diventerebbero coltivabili;
2. Gli influenti, abbassato il fiume, acquisteranno una maggiore caduta e subito si vedrebbero muniti di sponde: laterali, anche le più lontane terre godrebbero il beneficio della cresciuta velocità e profondità;
3. Essendo il fiume libero e spurgato, il suo mantenimento annuale è facile e sicuro. Le sponde naturali offrono una sicurezza che non si potrà mai ottenere con le opere manofatte.
4. Con il corso libero del fiume, l'altezza non sarà mai maggiore di 3 o 4 palmi: dissipato il terrore delle inondazioni, l'aria diventerà la migliore possibile.
5. Si conservano tutti gli edifici idraulici, con espedienti sicuri e permanenti, senza ulteriori danni delle terre, le quali risanate aumenteranno di valore: e tutto ciò con una spesa minima.
6. Il ristabilimento della navigazione del fiume è un acquisto prezioso, un grandissimo beneficio per quelle contrade, un monumento di gloria dell'attuale sovrano.
PROGETTO 2
1. Conservandosi la chiusa Scafati rimane il fiume nel suo stato presente, ed il prosciugamento dei fossi, di esito incerto, sarà di grave dispendio con danno dei terreni vicini;
2. Gli influenti seguiranno a spianarsi a fior di terra sul Sarno; i fossi laterali stagneranno e le inondazioni seguiranno a fare scempio delle terre vicine e a devastare quelle contrade;
3. Chiuso il fiume, i depositi si accumuleranno d'anno in anno e le opere dei canali, degli argini, dei sifoni, la loro grave e scrupolosa manutenzione ne sono la dimostrazione, che non offrono nessuna garanzia contro gli svariati incidenti che causano le acque in piena;
4. Conservandosi il fiume nel presente stato di profondità, nonostante i canali e gli argini la terre rimarranno sempre esposte alle inondazioni; gli influenti non rimarranno in stato più propizio, e l'aria non riceverà alcun miglioramento:
5. Gli edifici si conservano in parte con espedienti temporanei; poiché la loro durata è legata alla riuscita e alla difficile conservazione delle opere: e in verità se il Sarno si fa strada nei fossi stessi, o si rompe una botte, ecc…gli edifici perderanno il motore, le terre decadranno di valore; tutto ciò con una spesa massima;
6. La navigazione sarà perduta e per sempre con grave e generale discapito materiale e morale.
Fatte le differenze tra i due progetti, è chiaro quale tra i due sia il più conveniente ed il più sicuro ed il più utile.


DISINQUINAMENTO DEL SARNO


UTOPIA O REALTÀ! Le autorità, finalmente, parlano di reali lavori di bonifica per il fiume Sarno

Sembra proprio che il fiume Sarno, da anni la vergogna dell'Italia meridionale ed il fiume più inquinato d'Europa, sia sulla strada giusta per diventare il fiore all'occhiello di San Marzano.
Oggi il fiume Sarno si presenta come una cloaca a cielo aperto, dove molte industrie della zona vi scaricano i loro rifiuti pur avendo opportuni impianti di depurazione e dove molte reti fognarie vi si immettono abusivamente.
Ma le cose sembra che vogliano cambiare.
Questo grazie al generale Jucci, il quale vuole riportare le acque del fiume Sarno alla limpidezza di una volta, quando con esse si potevano irrigare i campi e nel fiume si poteva anche pescare. Ed è questo lo scopo del generale, che avvale del valido aiuto di tante associazioni che si sono unite formando un'unica associazione "Gli Amici del Sarno", avente un unico scopo, far rinascere il fiume Sarno.
E di questa nuova nata, fa parte l'A.P.S. San Marzano, la quale oggi vanta più di quaranta soci agonisti e più di duecento soci simpatizzanti.
L'A.P.S. San Marzano partecipa al progetto "adotta un tratto di fiume", dove si prendono la responsabilità di gestire e salvaguardare un tratto di fiume. L'associazione ha come scopo principale quello di fare diventare il fiume Sarno un campo di gara a livello nazionale paragonabile ai campi di Umbertine, Anita e Arno pisano. Ma per fare questo non basta la costanza, la passione e l'ardore di cui i soci sono animati, ma c'è bisogno di tanto aiuto e sostegno dalle autorità e dalle altre associazioni.
Speriamo solo che le autorità competenti non accantonino il progetto nel dimenticatoio.


L' ITER DELLA BONIFICA DEL SARNO, UN LUNGO FIUME DI MELMA

La storia inizia nel 1973, anno dell'allarme per il colera, con il progetto speciale per il disinquinamento del Golfo di Napoli (PS3) elaborato negli anni Settanta dalla Casa per il Mezzogiorno. Nel 1986, con lo scioglimento della Cassa, la competenza passa all'ente Regione Campania ed al Commissario Straordinario di Governo: il PS3 viene recepito e ampiamente modificato dal Piano Regionale di Risanamento delle Acque. Partono finanziamenti per appalti relativi a lavori mai completati (a volte neppure iniziati). Nel 1992 il Consiglio dei Ministri affida al Ministero dell'ambiente il compito di predisporre un piano per il disinquinamento che tenga conto delle condizioni profondamente mutate dell'area e persegua l'obiettivo primario di abbattere il livello di rischio esistente.
Il 17 ed il 18 novembre 2004 la Commissione di inchiesta sulle cause dell'inquinamento del fiume Sarno ha tenuto presso la Prefettura di Salerno audizioni di numerosi soggetti pubblici, con lo scopo di acquisire elementi utili alle indagini demandate dal Senato della Repubblica alla Commissione. La nomina del generale Jucci a commissario per l'emergenza Sarno è un ulteriore elemento di stimolo per tale argomento. Il fiume Sarno nasce nella regione Meridionale della Campania da tre sorgenti: il Rivo Palazzo, la Santa Marina e la Cerola; è lungo 24 Km e attraversa 36 Comuni, per una popolazione di circa 700.000 abitanti. Agli albori del XIX secolo, grazie al flusso delle sue acque che poteva sostituirsi all'energia sviluppata dal vapore, lungo il fiume si insediarono molti opifici che hanno dato lavoro a centinaia di persone. Sorse la prima Cartiera del Regno delle Due Sicilie, e le note industrie tessili che ricavavano energia dal flusso dell'acqua per il funzionamento dei loro macchinari.
A partire dalla sorgente il fiume scorre per circa 2 Km nel comprensorio del Comune di Sarno, per entrare poi in quello di Striano. Dalle pendici della montagna le acque della sorgente scorrono chiare per circa 200 m. In esse si possono distinguere trote e anguille, e sotto il pelo d'acqua la vegetazione è rigogliosa, sul fondo la ghiaia si presenta molto sottile e di un bel colore giallino. Il miracolo, però dura poche decine di metri, tanto è vero che gia dalla località di Striano lo stato ambientale del fiume è "pessimo" . Dal Comune di Striano, il Sarno entra per circa 2 km nel comprensorio di San Valentino Torio dove le 3 sorgenti si riuniscono. Successivamente le acque entrano nel comprensorio di Poggiomarino per poi procedere per circa 4 km fino al Comune di San Marzano, dove incominciano a farsi melmose e l'odore diventa nauseante In contrada Campa di Cavallo confluiscono nel Sarno le acque dell'alveo comune che nasce dall'abbraccio dei torrenti Solofrana e Cavatola. Lungo il letto del fiume, in particolare in questa contrada cresce una pianta particolare chiamata "Lemma" e ribattezzata dai contadini "Lenticchia d'acqua" che ha una forte azione fitodepurante e rigeneratrice, quasi che la natura volesse difendersi dalle violenze dell'uomo.
A partire dalla stazione ferroviaria di Scafati le acque del fiume diventano putride e le sue sponde costituiscono l'Habitat naturale di enormi ratti. Lungo i tratti melmosi, di osservano rifiuti e scarti di ogni genere scaricati abusivamente. Dopo circa 10 km di corso, accanto al palazzo comunale e alla Villa Scafati, si ergono le chiuse del Sarno, monumento Nazionale, che macinano l'acqua. Quest'ultima, nonostante la grossa spinta, non riesce mai a schiarirsi. Gli apporti del canale Marna e di Fosso San Tommaso, che raccolgono le acque nere di oltre 200.000 abitanti e i probabili scarichi industriali di decine di fabbriche insediatesi lungo gli argini, aggravano ancor di più la salute del fiume. Il Sarno, attraversando il Comune di Pompei, arriva, dopo circa 2 km, alla foce nella frazione di Rovigliano del Comune di Torre Annunziata in condizioni di salute pessima. Perciò, il golfo di Napoli riceve un carico inquinante difficilmente degradabile in breve tempo.
Già dal 1973, anno in cui fu varato il Progetto di risanamento del Golfo di Napoli, dopo l'epidemia del colera , fu prevista anche la bonifica del fiume. Legambiente, insieme ai cittadini ed al Coordinamento di Difesa del Sarno, si muove per fermare il PS3, divenuto ormai obsoleto, ed elabora nuove proposte. Nell'aprile del 1993, un anno dopo la dichiarazione di " area di elevato rischio ambientale", la Regione incaricò l'ENEA di studiare la costruzione di un megadepuratore. Tale idea fu successivamente accantonata e fu decisa la costruzione di sette impianti più piccoli e quindi più facilmente gestibili. Il bacino del Sarno è suddiviso in tre grandi aree: Alto Sarno, Medio Sarno e Foce. Per l'Alto Sarno, nel 1995 partirono i lavori di costruzione dei depuratori di M.S. Severino e Solfora. Il funzionamento dei due depuratori non ha prodotto la svolta che tutti si aspettavano in quanto l'incidenza del carico inquinante proveniente dal polo conciario di Solfora è ancora altissima. In realtà occorre che i Comuni dell'Alto Sarno, nonché le industrie, si dotino di depuratori per evitare ogni scarico diretto nel torrente Solforano, affluente del Sarno. Il mancato decollo del sistema di depurazione dell'area del Medio Sarno è una delle cause principali del degrado del fiume. Per il Medio Sarno sono previsti quattro impianti di depurazione. I lavori, iniziati nel 1999, sono attualmente bloccati. Per la Foce del Sarno è funzionante l'impianto di depurazione costruito sulla sponda sinistra ed è in corso la progettazione dell'impianto biologico e la costruzione di collettori fognari e di depuratori da parte dei comuni che gravitano nell'area della foce, per evitare che le acque luride vengano versate direttamente nei canali affluenti del fiume. Tra le funzioni dell'ARPAC c'è la vigilanza e il controllo tecnico e analitico sulle fonti di inquinamento fisico, chimico e biologico delle acque, dell'aria e del suolo e sull'igiene dell'ambiente. I tecnici del Dipartimento Provinciale di Salerno e di Napoli sono impegnati nel monitoraggio del fiume Sarno, al fine di stabilire la sua qualità ambientale in funzione della sua capacità di autodepurazione e di mantenere ecosistemi ampi e diversificati, nonché di stabilire la sua qualità per specifica destinazione ovvero particolari funzioni o destinazioni d'uso. La stessa normativa prevede la classificazione della qualità ambientale dei corpi idrici superficiali in cinque classi: elevato, buono, sufficiente, scadente, pessimo. Dall'ottobre 2001 a tutt'oggi i Dipartimenti Provinciali di Salerno e di Napoli hanno proseguito l'attività di monitoraggio sul fiume Sarno. Ciò ha permesso di individuare le classi di qualità ambientale per ciascuna stazione, evidenziando un andamento generale dallo scadente al pessimo lungo l'asta del fiume, dal Comune di Striano alla foce. L'analisi dei dati si è incentrata sul livello d'inquinamento del "Sarno" espresso dallo stato ecologico e dallo stato chimico. Lo stato ecologico, inteso come la complessità degli ecosistemi acquatici e della natura fisica e chimica dei sedimenti, è descritto dai macrodescrittori. Lo stato chimico è definito in base alla presenza di sostanze chimiche tossiche e nocive: microinquinanti organici e inorganici e concorre con la comparazione dei dati relativi allo stato ecologico alla definizione dello stato ambientale del fiume. I risultati ottenuti evidenziano la situazione disastrosa del fiume e confermano che la parte del fiume Sarno in cui maggiormente si risente dell'impianto antropico è localizzata all'altezza della contrada Ciampa di Cavallo di S. Marzano, dove il Sarno riceve i canali Solofrana e Cavatola che confluiscono per formare l'Alveo Comune. Per quanto detto, il fiume Sarno è classificato come qualità ambientale "pessimo".

LO STATO ATTUALE DEI LAVORI E PROSPETTIVE

I lavori del depuratore di Poggiomarino sono stati fermati per i noti ritrovamenti archeologici di Longola. Molto rallentati per fallimento della ditta appaltatrice sono i lavori del depuratore S. Antonio Abate/ Scafati. Mancano fondi per le fognature. Queste difficoltà sono state avviate recentemente a soluzione e, entro il 2005, il sistema depurativo del Sarno dovrebbe essere funzionante.
Bisogna completare i lavori per tre nuovi depuratori e realizzare le fognature nell'intero bacino; poi occorre portare a conclusione la riduzione degli apporti inquinanti delle industrie; infine bisogna migliorare il depuratore di Solfora e riportare a norma quello di Foce Sarno. I nuovi depuratori sono siti in diversi luoghi: Nocera Inferiore, Angri/S. Marzano, S. Antonio A./Scafati. Anche la rete di collettori fognari è in costruzione: del sub comprensorio 1, da avviare; del 2, in fase di progettazione; del 4, a breve ultimata; dell'Alto Sarno, quasi ultimata; e di Foce Sarno, in ultimazione.
Il completamento è previsto entro il 2005 anche se le industrie conserviere dovranno necessariamente dotarsi di sistema di trattamento primario, altrimenti , il sistema depurativo del Medio Sarno non sarà in grado di eliminare tutto il carico inquinante. Molta preoccupazione viene dalle industrie conciarie di Solfora che, ubicate a monte, condizionano tutto il sistema. In sintesi:
" Completamento del sistema depurativo (completamento sistemi fognari dei comuni di Poggiomarino, Terzigno, Ottaviano, Striano, Scafati, Pagani, Angri, Castel S. Giorgio, Corbara, Siano, Cava dei Tirreni, S. Antonio, Abate, S. Marzano sul Sarno, Nocera Inferiore, Roccapiemonte, S. Egidio Montalbino, S. Giuseppe Vesuviano);
" Consistente riduzione degli apporti inquinanti degli scarichi industriali (monitoraggio e controllo scarichi industriali conciari e conservieri);
" Abbattimento dell'inquinamento diffuso (miglioramento politiche ambientali comunali);
" Un piano ed un'azione integrata di bacino (la realizzazione del Parco fluviale del Sarno).

FIUME E FANGO

Le frane sono causate dall'imbibizione dell'acqua, la distruzione del manto vegetale(incendi) e il disboscamento possono risultare fattori determinanti. Nelle frane per colata i movimenti e le deformazioni dei materiali di degradazione, ed i detriti incoerenti, presentano un comportamento analogo a quello dei fluidi viscosi: si tratta di dissesti di portata varia, che interessano materiali sia imbibiti d'acqua, sia secchi; il distacco è generalmente improvviso, il movimento da lento diventa rapido.
Il territorio intorno a Sarno è caratterizzato da rilievi con versanti pericolosamente ripidi, ricoperti di macchia mediterranea; per questa ragione si può escludere il disboscamento quale causa determinante degli smottamenti del 4-5 maggio 1998. Piuttosto, le ragioni sono da ricercarsi principalmente in due condizioni particolarmente sfavorevoli: la natura dei geologica dei rilievi (formazione piroclastiche spesso incoerenti e facilmente impregnabili da acque meteoriche associate a bancate calcaree inclinate) e la ripidità dei rilievi.

OSSERVATORIO E AGENDA 21

L'11 Aprile 2003, la Provincia di Salerno, d'intesa con il Patto Territoriale per l'Occupazione dell'Agro Nocerino Sarnese, ha presentato alla stampa il Progetto Sarno i cui obiettivi primari sono dettati dall'esigenza degli enti locali e di tutti i cittadini, di ottenere un'informazione puntuale ed una partecipazione attiva in merito al Progetto di risanamento del fiume Sarno. Esigenza dettata sia dagli evidenti interessi socio-economici e del concreto impegno nella riqualificazione di tale area, sia dal necessario recupero ambientale, visto il documento Strategico sull'Area Protetta del Fiume Sarno sottoscritto nel 2002 dalle Province di Salerno e di Napoli, dai Comuni di Poggiomarino, Scafati, Striano, Sarno, San Marzano sul Sarno e San Valentino Torio, cui fa seguito l'istituzione dell'area protetta del fiume Sarno da parte della regione Campania.
Strumenti del progetto Sarno sono un Osservatorio di monitoraggio ambientale del fiume Sarno e l'Agenda XXI Locale.
L'ISSI, l'Istituto Sviluppo Sostenibile in Italia è stata incaricata dalla Provincia stessa di svolgere l'attività d'indirizzo e coordinamento dell'attività dell'Osservatorio e di supporto tecnico-scientifico al Forum di Agenda XXI Locale.
Tra i suoi compiti immediati l'Osservatorio Sarno, in qualità di struttura tecnica della Provincia a disposizione di tutti gli Enti territoriali locali, effettuerà un'azione di monitoraggio dell'andamento dei lavori per il completamento del Progetto di depurazione del fiume Sarno, con particolare attenzione alle fasi di completamento del sistema di depurazione, di collettamento delle fognature, nonché le azioni di risanamento e recupero ambientale del fiume. Al contempo, verrà attuato un monitoraggio della qualità delle acque: nello specifico dovrà riguardare lo stato di qualità eco-biologica, lo stato di qualità chimico-fisica ed, infine, lo stato igienico. Inoltre, verrà creata una rete di comunicazione puntuale ai cittadini mediante gli organi d'informazione tradizionali, periodici ed, infine, lacerazione e l'aggiornamento di un sito internet dedicato sia all'Osservatorio ed alle proprie attività, sia all'Agenda XXI locale, allo scopo di assicurare l'accesso generalizzato, soprattutto in via informativa, ai dati raccolti ed alle elaborazioni effettuate.

Inquinamento del fiume Sarno: il monitoraggio ed i controlli ambientali.
Il 14 Ottobre, presso Villa Nunziante a Scafati, nel corso del Convegno "Inquinamento del Fiume Sarno: il monitoraggio ed i controlli ambientali", gli Enti territoriali amministrativi e di controllo con un ruolo diretto ed attivo nell'ambito della realizzazione del piano di risanamento del fiume Sarno sono stati messi a confronto gli uni con gli altri e con il mondo universitario e tecnico-scientifico in merito all'indispensabile riduzione degli inquinanti che quotidianamente vengono riservati nelle acque del fiume ed all'urgente necessità di completamento del sistema depurativo e fognario.
Dopo i saluti del sindaco di Scafati Francesco Bottoni, hanno preso la parola l'Assessore Provinciale all'Ambiente, Angelo Paladino, ed il Presidente dell'Istituto Sviluppo Sostenibile in Italia e Responsabile dell'Osservatorio, Edo Ronchi.
Rilevanti sono stati gli interventi degli enti attivamente impegnati azione di risanamento del fiume Sarno tra i quali, l'Alto Commissario per l'Emergenza del Sarno, rappresentato da Fabio Trezzini, il Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Napoli, Massimo Russo, il Segretario Generale dell'Autorità di Bacino Sarno, Marcello Postiglione, il Direttore Dipartimento A.R.P.A.C. Salerno, Roberto Napoli e l'A.T.O.3 Sarnese Vesuviano, con il contributo di Giuliano Cannata. In rappresentanza del mondo universitario e tecnico scientifico sono intervenuti Giovanni Damiani della facoltà Agraria e Giuseppe Nascetti della facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, entrambi dell'Università degli Studi della Tuscia di Viterbo, Chiara Boschi della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell'Università degli Studi di Bologna. Giuseppe Bullieri è intervenuto in qualità di Presidente Consorzio di valorizzazione dei prodotti tipici dell'Agro Nocerino Sarnese " Hortus Felix", Leonardo Mancusi ha presentato l'impegno dell'EnelHydro S.p.A. sul territorio campano, mentre Massimo Guerra, Hecolog, ha affrontato la delicata questione del trasporto dei fanghi, una volta determinata la loro natura. Hanno chiuso i lavori il Presidente dell'ANICAV, Luigi Salvati, ed il Presidente del Comitato Piccola Industria, dott. Paolo Traci, i quali hanno illustrato il punto di vista delle aziende presenti sul territorio e ribadito l'impegno e la volontà di collaborazione con le autorità locali nell'ambito del piano di risanamento e recupero del fiume Sarno, come occasione di rilancio dell'economia locale.


I PARCHI FLUVIALI: ESPERIENZE A CONFRONTO

Martedì 18 Novembre presso il Castello Fienga a Nocera Inferiore, si è svolto il Convegno Nazionale "I parchi fluviali: esperienze a confronto", organizzato dall'Osservatorio Fiume Sarno, in collaborazione con la Provincia di Salerno, il Patto Territoriale dell'Agro S.p.A e l'Istituto Sviluppo Sostenibile Italia.
Al convegno, cui sono stati inviati i 39 sindaci dei Comuni ricadenti nel bacino del Sarno e le associazioni imprenditoriali ed ambientalistiche presenti sul territorio, sono intervenuti presenti sul territorio, sono intervenuti il Presidente della Provincia di Salerno Alfonso Andria, l'Assessore Provinciale all'ambiente Angelo Paladino, il sindaco di Nocera Inferiore, Antonio Romano, l'Alto Commissario per l'Emergenza Sarno, Generale Roberto Jucci, l'Amministratore Delegato della Patto Territoriale dell'Agro S.p.A. Guglielmo Vaccaio, il Presidente dell'Istituto Sviluppo Sostenibile Italia e responsabile dell'Osservatorio Edo Ronchi. Molte altre sono state le persone che sono intervenute, di grande importanza sono stati gli interventi dei rappresentanti dell'Associazione per l'Arno, del Parco dell'Adda Nord e di quello dell'Adda Sud, del parco del Delta del Po dell'Emilia Romagna, del Parco Naturale di Montemarcello - Magra, del Parco dell'Oglio Sud e di quello dello Stirone.
Il convegno ha rappresentato un'utile occasione di dibattito e confronto per la definizione del progetto strategico di risanamento e riqualificazione dell'Area Protetta del Fiume Sarno.


Da registrare, dicembre 2004, la definitiva sistemazione del parco Foce ed il concreto avvio dei lavori per la sistemazione delle sponde del fiume nella parte iniziale, al fine di assicurare una passeggiata lungo il fiume di circa 2 km.


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