Eduardo Ambrosio


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La GUERRA FREDDA (testo completo)

STORIA > NOVECENTO > LA GUERRA FREDDA

IL SISTEMA INTERNAZIONALE TRA IDEOLOGIA E GEOPOLITICA:
LA
GUERRA FREDDA, IL BIPOLARISMO E L'EUROPA

Il dibattito storico sulla GUERRA FREDDA ( epoca post-europea) è tuttora aperto con diverse interpretazioni, gli storici tutti, allo stato, sono in pieno accordo solo sul fatto che è finita.
Molto rilevante in tutti i dibattiti è il cosiddetto FATTORE FENICE (risorgere dalle ceneri), cioè le potenze sconfitte nella seconda guerra mondiale si sono ampiamente riprese ed addirittura hanno sorpassato le potenze che le hanno battute. Insomma le due guerre mondiali non hanno sconvolto i sistemi di potere precedenti (Germania).
E' necessario tuttora dare una spiegazione della guerra fredda. Possibili letture:
- conflitto ideologico .tra USA e URSS (possibile retrodazione al 1917);
- episodio della GUERRA CIVILE MONDIALE (Nolte);
- storico-politica fase molto determinata temporalmente Anni Quaranta e Cinquanta fino alla guerra di Corea e la morte di Stalin;
- proiezione politico-militare di un progetto di tipo economico (il vero motore);
- sovrastruttura di un sistema internazionale INEDITO: bipolarismo non come occasione episodica, ma modalità permanente di un sistema di potere di portata mondiale (qui si parla di azzeramento ideologico);
- razionalizzazione in chiave ideologica di un problema geopolitico: riempire il vuoto lasciato dalla sconfitta Germania con la sua forte connotazione statuale (lo Stato etico);
- periodo di straordinaria stabilità internazionale con una sorta di CONDOMINIO di potere.
La politica sull'orlo dell'abisso per la tendenza dei due poli a conquistare il monopolio del potere. La fine del bipolarismo ha liberato energie e la guerra, non più totale, diventa di nuovo possibile, si tramuta in strumento di politica. La guerra nucleare faceva parte del giogo strategico.
Queste tesi sopraelencate sono i FUOCHI CONCETTUALI, che se estremizzati sono tra loro incompatibili.

LA STORIOGRAFIA
Bisogna innanzitutto rilevare che l'intero dibattito storiografico è interno al mondo occidentale (polo americano) e può essere distinto in:
- ortodosso (sviluppatosi a ridosso della guerra fredda militante, cioè fino alla destalinizzazione a metà degli anni cinquanta);
- revisionista (di carattere alternativo di rovesciamento - storiografia arruolata),
- post-revisionista (in formazione e privo dei forti connotati precedenti).
La storiografia ortodossa indaga in modo privilegiato sui sistemi politico-sociali sviluppando le tematiche sulla responsabilità sovietica nell'avvento della guerra fredda, sull'analisi delle origini e della natura dell'espansionismo sovietico, sull'antagonismo tra sistemi ideologici inconciliabili e sulla critica alla diplomazia rooseveltiana, accusata di miopia e di ingenuità; il motivo conduttore è il conflitto insopprimibile tra sistemi economici, politici e sociali incompatibili. Nell'analisi della condotta sovietica, caratterizzata dalla visione della libertà contro l'oppressione totalitaria, dibatte una tesi della discontinuità: necessità di espansionismo per l'affermazione del marxismo, e due tesi della continuità: interpretazione geopolitica con analogia tra impero zarista e Russia sovietica (dal marzo '47 la necessità di contenimento, la dottrina Truman), interpretazione cultural-psicologica (storico senso di insicurezza prima dei russi, poi dei sovietici circa l'integrità territoriale dello Stato, sia per la sensazione di aver vinto la guerra ma perso la pace, sia per la mancanza di confini naturali).
La storiografia ortodossa denuncia i suoi limiti nella continua motivazione ideologica della politica dell'avversario e nell'assenza di un'analisi della politica americana e degli interessi mondiali degli Stati Uniti.
La storiografia revisionista privilegia l'indagine sui sistemi economici sviluppando le relazioni tra URSS e paesi occidentali dal 1917, le responsabilità americane nello scatenamento della guerra fredda e la contrapposizione tra modelli politico-sociali antagonisti; il motivo conduttore è l'espansionismo economico americano e natura aggressiva e controrivoluzionaria del suo capitalismo. Nell'analisi della condotta sovietica, anche qui caratterizzata dalla visione della libertà contro l'oppressione totalitaria, riprende il tema della paura russa e del trauma dell'invasione. Nell'analisi della condotta americana dibatte quattro punti:
1) dottrina dell'open door (porte aperte), politica imperialista di apertura dei mercati internazionali e di sostegno all'espansione del capitale americano;
2) piano Marshall e condizionamento del prestito a precise richieste economico-politiche;
3) monopolio atomico;
4) il deterioramento delle relazioni sovietico-americane avviene nel passaggio dalla diplomazia americana rooseveltiana (di apertura) a quella trumaniana (di chiusura), il dibattito di Posdam fu più condizionante della conferenza di Yalta.
I limiti del revisionismo sono rappresentati dall'assenza di un'analisi degli interessi sovietici e della condotta internazionale dell'URSS.
Il campo d'indagine privilegiato della storiografia post-revisionista è orientato verso le problematiche geostrategiche e politiche di national security sviluppando le tematiche sugli esiti della seconda guerra mondiale e ricerca di nuovi equilibri di potere, sulla sconfitta e divisione della Germania e "vuoto di potere" in Europa centrale, e sulla centralità degli imperativi della national security. Questa storiografia critica gli "ortodossi" in quanto l'ostilità ideologica non è una variabile decisiva, ma quasi una razionalizzazione del problema geopolitico, essa infatti diventa efficace solo dopo la vittoria sovietica sulle armate hitleriane; la critica ai "revisionisti" è mossa in quanto questi ignorano la dimensione geostrategica delle problematiche post-belliche e attribuiscono un valore esplicativo assoluto alle variabili di ordine economico.
Nel dibattito post-revisionista, mentre scompaiono o perdono del tutto rilevanza gli attori, le forze, le dinamiche e le problematiche non-statuali (ciò è senz'altro un limite), si segue lo schema delle scienze politiche: prevale la "percezione" dell'altro, si perde la dimensione statuale e l'esame è rivolto ad altri aspetti come burocrazia, apparato, società, ecc.

L'EQUILIBRIO MONDIALE
Analizziamo il "sistema dell'equilibrio" (balance of power) ed il "sistema bipolare elastico" (prodotto dalla guerra fredda) con le rispettive regole (secondo Morton A. Kaplan, 1966).
Il primo è un sistema sociale internazionale che non ha come sua componente un sottosistema politico ed è collettivo cooperativo con relazioni multilaterali; benché strutturato su rapporti di forza, la gerarchia non è il principio istituzionale d'ordine; gli attori che ne fanno parte sono esclusivamente attori nazionali (come Francia, Germania, Italia, ecc.); devono esserci almeno cinque attori nazionali essenziali perché il sistema possa funzionare ed il ruolo equilibratore o volano (come ad esempio è stata l'Inghilterra) rappresenta una funzione integrativa , che serve a prevenire il predominio di un'alleanza.
Anche il bipolare elastico è un sistema sociale internazionale che non ha come sua componente un sottosistema politico, ma gli attori che ne fanno parte possono essere sovranazionali (o attori di blocco, come NATO e WTO) o universali (es.: ONU), quasi tutti gli attori nazionali (sicuramente i più importanti) sono compresi nell'organizzazione dell'attore universale (o organizzazioni sovranazionali, in pratica i due blocchi). Il sistema è gerarchico ma non formalizzato (con varianti solft: egemonia, leadership, influenza), sviluppa relazioni di tipo stellare o multibilaterale (ogni membro tratta con il centro ed è a pari dignità con gli altri) con una struttura asimmetrica di tipo feudale tra membro egemone e clienti, determina uno scambio protezione/obbedienza con una garanzia unilaterale da parte del membro egemone e un effetto livellatore con una sostanziale eguaglianza tra i clienti (si parla di desovranizzazione o denazionalizzazione).
Il sistema dell'equilibrio presenta le seguenti 6 regole:
1. incrementare le proprie risorse, ma trattare piuttosto che combattere;
2. combattere piuttosto di non poter incrementare le risorse;
3. smettere di combattere piuttosto che eliminare un attore essenziale;
4. opporsi ad ogni coalizione o attore singolo (es.: l'avventura napoleonica) che tendano ad assumere una posizione predominante nel sistema;
5. opporsi agli attori che sottoscrivono i principi dell'organizzazione sovranazionale;
6. permettere all'attore nazionale sconfitto o in difficoltà (es.: la Germania dopo la prima guerra mondiale) di rientrare nel sistema come partecipante accettabile, o agire per portare un attore prima non essenziale in questo ruolo.
Trattare tutti gli attori essenziali come partner accettabili.
Le regole del sistema bipolare elastico sono invece 12:
1. i blocchi fondati su principi di integrazione gerarchica o a gerarchia mista cercano di eliminare il blocco rivale;
2. i blocchi fondati su principi di organizzazione gerarchica o a gerarchia mista preferiscono negoziare piuttosto che combattere, combattere guerre minori piuttosto che grandi guerre e, a certi rischi e costi, combattere grandi guerre piuttosto che perdere l'occasione di eliminare il blocco rivale;
3. tutti gli attori di ogni blocco cercano di incrementare le loro risorse rispetto a quelle del blocco opposto;
4. gli attori dei blocchi che non si fondano su principi gerarchico negoziano piuttosto che combattere per incrementare le proprie risorse, combattono guerre minori piuttosto che perdere l'occasione di incrementarle, ma non intraprendono grandi guerre per questo scopo;
5. gli attori dei blocchi entrano tutti nelle grandi guerre piuttosto di permettere al blocco rivale di raggiungere una posizione di preponderanza;
6. tutti i membri di un blocco subordinano gli obiettivi dell'attore universale a quelli del proprio blocco, in caso di grave contrasto tra questi e quelli, ma subordinano gli obiettivi del blocco rivale a quelli dell'attore universale;
7. tutti gli attori nazionali che non appartengono ai blocchi (i non allineati) cercano di adeguare i loro obiettivi nazionali a quelli dell'attore universale e cercano di subordinarvi anche quelli degli attori dei blocchi;
8. gli attori dei blocchi cercano di allargare la partecipazione al loro blocco ma tollerano la posizione di non membro di un determinato attore nazionale se l'alternativa è quella che l'attore sia costretto a raggiungere il blocco rivale o a sostenerne gli obiettivi;
9. gli attori nazionali che non fanno parte dei blocchi cercano di ridurre il pericolo di guerra tra gli attori dei blocchi;
10. i non membri dei blocchi rifiutano di sostenere la politica di un blocco contro l'altro se non in quanto membri di un attore universale;
11. gli attori universali cercano di ridurre l'incompatibilità tra i blocchi;
12. gli attori universali cercano di mobilitare gli attori nazionali non membri di blocchi contro i casi di grave deviazione, come il ricorso alla forza da parte dell'attore di un blocco. Questa regola, se non controbilanciata da altre, potrebbe portare l'attore universale a diventare il prototipo di un sistema internazionale universale. (Gli USA snobbano le assemblee dell'ONU perché in esse la maggioranza è di attori minori del Terzo Mondo).

LA GEOPOLITICA
La storia è dominata dal conflitto tra le potenze continentali e le potenze marittime. Secondo Mackinder (1861-1947) il primato spetta al potere continentale che trae origine da quella gigantesca fortezza naturale insediata nel cuore dell'Eurasia: essa è definita Pivot (perno) Area o Heartland. Da qui si sono irradiate nella storia (a partire dai barbari) le grandi invasioni verso la fascia peninsulare, la "mezzaluna interna" (inner or marginal crescent), soprattutto in direzione dell'Europa. Dopo la scoperta dell'America, gli Stati della mezzaluna interna (o anello marginale interno) hanno occupato la "mezzaluna esterna" (outer crescent): cioè le Americhe, l'Africa subsahariana, l'Australia, rovesciando i rapporti di potenza e determinando la superiorità delle potenze marittime continentali.
Alla fine dell'Ottocento, la costruzione delle ferrovie in Russia e l'espansione industriale della Germania ridanno vigore e prospettiva alla Pivot Area o Heartland. Di qui la necessità per la Gran Bretagna di abbandonare lo "splendido isolamento" dell'età vittoriana: allearsi con la Francia, rompere con la Germania, allestire un esercito e stabilire un asse preferenziale con la "mezzaluna esterna" (cioè gli Stati Uniti). L'Alleanza transatlantica - cuore della strategia occidentale nella guerra fredda - si avvalse di questa visione geopolitica.
A giudizio di Spykman (1893-1943), sono invece le potenze del Rimland (Europa, Medio Oriente, Sud Est Asiatico, Giappone) a provocare i grandi conflitti. Dal Rimbland sono partiti storicamente gli assalti al potere mondiale (Napoleone, la Germania prima guglielmina e poi nazista, il Giappone, ecc.).
Dopo la guerra fredda e la fine della "minaccia" sovietica, gli Stati Uniti stanno rivalutando la visione geopolitica di Spykman, guardano con sospetto e timore al successo della nuova Germania unificata, del Giappone (i suoi storici avversari nella seconda guerra mondiale) e al futuro di grande potenza della Cina: le tre potenze sono tutte comprese nella fascia peninsulare che circonda l'Eurasia (denominata, appunto, Rimland).
Da quanto premesso si possono sintetizzare due teorie, una del potere continentale e una del potere marittimo, le stesse restano comunque binarie.
Per la prima, valutando con Mackinder le varianti Pivot Area o Hertlant (cuore dell'Eurasia e centro propulsore della conflittualità mondiale), Isola del mondo (Asia-Europa-Africa), inner or marginal crescent (Cina, India, M.Oriente, Europa) e outer crescent (Americhe, Africa subsahariana, Australia), si ottiene:
- TESI: chi domina il cuore della terra, domina L'Eurasia e chi domina L'Eurasia, domina il mondo;
- OBIETTIVI: contrastare l'eurasismo, impedire l'unità continentale euro-asiatica e tenere separate Germania e Russia;
- STRUMENTI: ideale geopolitico: la "pace" di Versailles, valorizzazione del ponte atlantico (Mahan);
- SUCCESSO TEORICO CON LA GUERRA FREDDA: indiretta influenza ideologica sulla guerra fredda, sulla dottrina del containment di Truman - Kennan e sull'approccio navalista degli USA.
Per la seconda, considerando con Spykman le varianti Heartland (potenza continentale) e Rimbland (fascia peninsulare e insulare che circonda l'Eurasia, centro propulsore della conflittualità mondiale), si ottiene:
- TESI: chi domina il Rimbland domina il mondo;
- OBIETTIVI: prevenire l'unificazione del Rimbland, impedire che il Rimbland assoggetti l'Eurasia;
- STRUMENTI: basi militari in Europa e in Estremo Oriente, rapporto preferenziale con la Russia;
- RIVALUTAZIONE DOPO LA GUERRA FREDDA: evitare la formazione di una o più egemonie nel Rimbland (ad es.: della Germania, del Giappone e della Cina), opzione strategica del "Russia First" con preoccupazione per l'unità politico-militare dell'Europa.

IPOTESI DI PERIODIZZAZIONE DELLA GUERRA FREDDA
Si possono distinguere 4 periodi nello sviluppo della guerra fredda:
- il primo (1946-1962), quello della guerra fredda propriamente detta, si evolve attraverso la divisione della Germania e sistemazione dell'Europa postbellica, il discorso di Churchill a Fulton su "la cortina di ferro" del 1946, l'enunciazione della dottrina Truman del "containment" ed il Piano Marshall del 1947, l'istituzione del Cominform e le tesi zdanoviane sui "due campi" del 1947, la guerra di Corea (1950-53), il lancio dello Sputnik sovietico e questione del "missile gap" del 1957, e, infine, la crisi dei missili a Cuba del 1962;
- il secondo (1963-1976), la distensione, è caratterizzato dalla crisi della dottrina della "rappresaglia massiccia" (massive retaliation), dalla "perdita" da parte della Russia della Cina (1964), dai dissensi interatlantici (l'annuncio del 1965 della uscita della Francia dal comando integrato della NATO), dagli accordi sulla parità strategica e coesistenziali (Strategic Arms Limitation Talks - SALT,1971 - e Mutual and Balanced Reduction - MBFR,1973), e, finalmente, dall'Accordo di Helsinki per la stabilità in Europa;
- il terzo (1977-1987), la cosiddetta "seconda guerra fredda", s'impernia sulle innovazioni militari sovietiche in Europa (SS20 e bombardiere Backfire) e attivismo nel Terzo Mondo (Angola, Etiopia, ecc.), sul legame (dibattito tedesco) tra il deterrente nucleare americano e la difesa dell'Europa (vincolo strategico e decoupling), sul programma (1977-'79) di difesa a lungo termine della NATO (installazione degli "euromissili" Pershing II e Cruise), sull'invasione sovietica dell'Afghanistan del 1979, sulla dottrina Carter sul Golfo Persico del 1980, e infine, nel 1983, sul riarmo nucleare e Iniziativa di difesa strategica (SDI, altrimenti detto "guerre stellari");
- il quarto (dal 1987), l'eclisse del nemico e la nuova era negoziale, è caratterizzato dalla presidenza di Gorbaciov e il problema della "sovraesposizione imperiale", dall'accordo di Washington sugli euromissili del dicembre '87 e dal tentativo di riforma, presto trasformatasi in dissoluzione, dell'Est.

L'EVOLUZIONE DEL PENSIERO STRATEGICO - LE DUE SCUOLE SULLA "BOMBA"
Gli armamenti nucleari, uscendo dagli schemi convenzionali, hanno condizionato in modo sempre crescente le strategie di difesa e di offesa. Gli attori in gioco perseguono soprattutto la strategia del "secondo colpo" o di replica per un effetto paralizzante, anche se resta poca la credibilità sulla reale possibilità della guerra nucleare, comunque il bisogno di rendere efficace la deterrenza impone una ricerca sempre più sofisticata.
Sull'utilizzo della bomba atomica possono essere distinte due scuole di pensiero:
- per la prima, la WAR AVOIDANCE, le armi nucleari non sono "armi e hanno pura funzione "dissuasiva, la guerra nucleare è un unico e incontrollabile evento per cui le armi nucleari hanno solo valore strategico (ultima estrema risorsa); target: obiettivi controvalore (città, grandi concentrazioni urbane, aree industriali, ecc.); infine sono deterrence by punishment (deterrenza per punizione) quindi concetto dissuasivo, se fallisce la dissuasione si passa alla massive retaliation (rappresaglia massiccia) o Mutual Assured Destruction (MAD);
- per la seconda, la STRATEGIA DELLA VITTORIA, le armi nucleari sono vere "armi" e possono essere usate in caso di crisi, la guerra nucleare può gestita e l'escalation può essere controllata per cui le armi nucleari possono acquisire un valore tattico (intra-war deterrence); target: obiettivi controforza (basi militari, installazioni, difese strategiche, ecc.); infine deterrence by denial (deterrenza per impedimento) quindi concetto operativo per cui una risposta flessibile (passaggio dal convenzionale al nucleare) con opzioni nucleari limitate (armi tattiche miniaturizzate.

IL "DOPOGUERRA" FREDDA
Con la caduta del Muro di Berlino (1989), l'Europa sicuramente varca le soglie di equilibrio precedentemente determinate: quella del 1919 stabilita a Versailles e quella della cortina di ferro stabilita a Yalta. La Germania da fronte antisovietico e linea di confine orientale dell'Europa, con l'unificazione, diventa nuovo centro aggregante dell'Est e soprattutto della Russia (a ovest vi è lo storico sbarramento francese), di conseguenza non è più definibile il confine orientale dell'Europa. La Russia mette in discussione, anzi dismette tutte le conquiste prima zariste e poi sovietiche-staliniane: il tentativo del C.S.I. ( Comunità degli Stati Indipendenti) resta molto blando e stenta a decollare. In questi anni, poi, finisce l'effetto livellatore del sistema stellare. Infine, dopo l'unificazione, la Germania diventa centro anche dei paesi dell'Est e di conseguenza va in crisi il progetto occidentale di unificazione europea.



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