Eduardo Ambrosio


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L'ITALIA DAL 1940 AL 1945

STORIA > NOVECENTO > LA GUERRA MONDIALE

L 'Italia dal 1940 al 1945

La seconda guerra mondiale durò sei anni e un giorno, iniziò il primo settembre 1939 con l'invasione nazista della Polonia e terminò il 2 settembre 1945 con la resa della Germania e del Giappone.

Nonostante
il patto d'Acciaio con la Germania l'Italia preferì dichiarare la non belligeranza; determinante per questa scelta era stata la consapevolezza dell'impreparazione militare, inoltre il duce pensava di risolvere la pericolosa alleanza con la Germania e orientarsi verso le convenienti offerte dell'Inghilterra. Ma, i numerosi e rapidi successi tedeschi, ed il crollo della Francia nella primavera del 40, fecero maturare la confusa decisione di Mussolini (servono alcune migliaia di morti per sedere al tavolo della pace) ad intervenire a fianco di Hitler, anche per non perdere la propria parte in un bottino che si annunciava sostanzioso e soprattutto imminente.

Il 1
0 giugno 1940 l'Italia dichiarò guerra alla Francia e alla Gran Bretagna; il 27 settembre firmò insieme alla Germania e al Giappone il Patto Tripartito.
Il duce, nonostante l'impreparazione delle truppe italiane, attaccò la Francia, e gli Inglesi sul fronte africano, non riuscendo a ottenere alcuna vittoria a cui poi si aggiunse la clamorosa sconfitta della campagna in Russia che svuotò le riserve italiane di armi.

A partire dalla fine del '42 a Napoli ed in altre città si intensificarono
i bombardamenti degli Alleati, producendo il fenomeno dello sfollamento, in parte cominciato già nel '41.
Il 2 dicembre 1942 Mussolini tenne un importante discorso alla Camera dei Fasci e delle Corporazioni nel quale affrontava
il problema delle distruzioni causate dai bombardamenti e il conseguente problema dello sfollamento, cioè l'abbandono coatto di una città sempre più duramente colpita dagli incursori nemici, invitando i Napoletani a sfollare la città soprattutto dalle donne e dai bambini in esodi serali in modo che nella città ci fossero solo i combattenti.

Sul fronte interno la situazione peggiorava dal punto di vista sociale con il conseguente calo del consenso a causa dell'impreparazione militare, del ruolo marginale rispetto all'alleato tedesco, delle pesanti perdite umane, della distruzione delle fabbriche con i bombardamenti alleati, della riduzione della mano d'opera in agricoltura, del forte regresso economico. Il colpo di grazia venne con la partecipazione alla scellerata campagna di Russia con due corpi militari (A.R.M.I.R.).
I primi cedimenti si avvertirono con gli
scioperi degli operai delle fabbriche settentrionali del marzo 1943 mentre la sconfitta sul fronte africano e l'insediamento anglo-americano su tutto il litorale dell'Africa settentrionale minacciava direttamente l'Italia, a causa delle coste troppo lunghe da essere controllate contro tentativi di sbarco alleato.
Questi furono i primi scioperi in cui i dimostranti non furono condannati poiché Mussolini aveva disposto che chiunque mostrasse anche il minimo dissenso (bastava affermare "Abbasso il duce" o "Abbasso il re") venisse mandato al Confino, nonostante fosse meno dura, questa procedura evitava il processo ed un eventuale dibattito sul fascismo.

Le rivendicazioni operaie erano prevalentemente economiche
(riduzione a 48 ore settimanali e aumento delle razioni alimentari), non mancarono, però, chiari dichiarazioni contro il fascismo e soprattutto contro la guerra.

La pressione delle armate alleate e la minaccia del risorto movimento operaio lasciava intravedere un'imminente crisi del regime. Ad aumentare ancora di più la crisi contribuì l
o sbarco alleato in Sicilia del 9 luglio 1943 che portò all'occupazione dell'isola in soli 40 giorni, grazie anche alle vaghe promesse americane al movimento separatista veniva siciliano
(
vedi scheda specifica: Lo sbarco in Sicilia, i retroscena).

Sotto l'incalzare degli eventi, la notte tra il 24 e 25 luglio, il Gran Consiglio del Fascismo si ribellò al duce. Nell'ordine del giorno presentato da Grandi si faceva appello al re per il ripristino della legalità costituzionale e la riassunzione da parte della Corona delle proprie prerogative, fu votato a grande maggioranza (19 voti contro 7); ciò equivaleva alla richiesta di dimissioni da parte di Mussolini.

Quando il duce i recò a villa Savoia per conferire con il re che cercava di trovare una via d'uscita alla guerra, cogliendo la palla al balzo, fece arrestare Mussolini relegandolo sotto stretta custodia in un albergo sul Gran Sasso. Il governo fu affidato al generale
Pietro Badoglio nel quale incarico fu aiutato dal Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Ambrosio. Badoglio dichiarò sciolto il partito fascista e la continuazione della guerra a fianco dell'alleato tedesco.

Con la caduta di Mussolini la classe dirigente italiana si rinnova riciclando personaggi dissenzienti col duce dal '42 e quelli che gli votarono la sfiducia. Il periodo '42-'43 è il processo inverso a quello del '22-'24, la volontà è quella di uscire in modo indolore dalla guerra.

La principale preoccupazione di Badoglio era quindi quella di arrivare quanto prima ad una pace tanto desiderata dagli italiani in un'Italia ormai a pezzi tra l'incudine tedesca e il martello alleato. L'arrivo all'armistizio non sarà facile. Le trattative, segretissime, cominceranno solo una ventina di giorni dopo, quando il 12 agosto il generale Giuseppe Castellano partirà per Lisbona dove incontrerà l'ambasciatore inglese Campbell, pur senza una vera e propria base per la trattativa.

Intanto gli Anglo-Americani, ritenendo la campagna d'Italia di estrema importanza, Napoli ed il Sud dovevano essere il centro strategico nella conduzione del conflitto, cercheranno di metterci alle strette per accelerare l'armistizio e l'intensificarsi dei bombardamenti nel mese di agosto avrà proprio quest'obiettivo.

Gli Alleati non si fidavano né del governo né della monarchia dal momento che Badoglio era stato generale con il fascismo e il Re aveva appoggiato per vent'anni il governo di Mussolini.
A Casablanca, nel magggio '43, Roosevelt e Churchill formulano i termini della "
resa incondizionata" e decidono lo sbarco in Italia (terzo fronte).

Con l'incontro di Lisbona, l'Italia ottenne solo una radio ricetrasmittente e il relativo codice cifrato per comunicare con il quartiere generale di Eisenhower, ad Algeri.

Il 31 agosto dopo che Badoglio si mise in comunicazione con Algeri, il generale si recherà in Sicilia, a Cassi-bile, vicino Siracusa, per definire l'armistizio. Il risultato più importante ottenuto era che l'esercito italiano si sarebbe schierato dalla parte delle truppe alleate, quindi che l'Italia da paese sconfitto sarebbe divenuto paese cobelligerante.
Il generale Castellano riuscì ad avere anche l'assicurazione che truppe aviotrasportatici alleate sarebbero sbarcate vicino Roma per liberarla subito dopo l'annuncio dell'armistizio. Lo Stato Maggiore Italiano sapeva bene che Roma non poteva essere tenuta, la cosa più importante,però,era garantire la
via della fuga al Re.
Il 1° settembre Castellano riferì a Badoglio le condizioni dell'armistizio. Il 3 settembre Castellano con il generale Walter Bedell Smith sottoscriveranno l'armistizio: saranno restituiti i prigionieri di guerra, la flotta italiana dovrà consegnarsi agli Alleati a Malta e tutti i veicoli dovranno raggiungere le basi meridionali.

Il 6 settembre i due inviati di Eisenhower, che dovevano accordarsi con il governo italiano sulle modalità dello sbarco romano, aspetteranno invano di incontrarsi con Ambrosio che intanto era in vacanza a Torino.

Gli Alleati, stanchi di aspettare, si recheranno direttamente da Badoglio che, colto nel sonno, dichiarerà l'impossibilità dell'invio dell'82° divisione aviotrasportata poiché ingenti truppe tedesche erano già alle porte della capitale, in più l'esercito italiano non avrebbe potuto fornire alla divisione statunitense neanche mezzi e carburante.
Eisenhower accetterà di non affrontare i tedeschi intorno alla capitale ma rifiuterà di rinviare l'annuncio (fu anticipato al 7 da radio New Jork), minacciando pesanti ritorsioni nel caso in cui gli italiani non avessero rispettato gli accordi.
Gli Alleati nel pomeriggio dell'8 settembre annunceranno al mondo intero l'armistizio con l'Italia.
La sera, ore 19.45, Badoglio si precipiterà all'Eiar e informerà il paese che "il governo italiano, riconosciuta l'impossibilità di continuare l'impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, co-mandante in capo delle Forze alleate anglo-americane".

Per gli Alleati l'Armistizio è da utilizzare anche come baluardo aantisovietico.

Avendo rinunciato alla difesa di Roma si lascerà campo libero a Kesserling, il capo delle truppe tedesche in Italia.

Lo scollamento delle forze militari dal fascismo è totale, i capi non riuscirono a far meglio che raccomandare l'ordine formale della divisa e di tenere il copricapo al suo posto: la piazza di Augusta in Sicilia (roccaforte della marina) viene abbandonata prima dell'arrivo degli Alleati, l'invio di coscritti siciliani a difesa della Sicilia, estremo tentativo del fascismo di difendere l'isola sfruttando l'elemento emotivo, si rivelò un fallimento in quanto i militari, appena misero piede in Sicilia, si diressero verso le loro case.
Il fascismo cade per il cedimento del fronte interno anziché per le perdite militari.

Il 10 luglio, dopo l'occupazione in giugno di Pantelleria, con molto potenziale bellico sbarcarono in Sicilia, il 17 l'isola è completamente occupata, dal 3 al 14 inizio e si completa l'occupazione della Calabria, il 10 e 11 è la volta di Sardegna e Corsica, nella notte tra l'8 e il 9 settembre mentre avvenne lo sbarco anglo-americano a Salerno, i
l re abbandonava Roma per rifugiarsi con il governo a Pescara per poi passare a Brindisi (una delle prime province libere).

Alla difesa di Roma parteciparono ai combattimenti,
a Porta San Paolo, la divisione Granatieri di Sardegna e un gruppo di civili insorti ma i tedeschi non ebbero alcuna difficoltà a travolgerli.

Intanto in seguito allo sbarco di Salerno l'esercito italiano andò in briciole e le truppe italiane dopo l'armistizio erano completamente allo sbando. Nel giro di due o tre giorni le caserme si svuotarono. I primi a scappare furono gli alti gradi, i generali, i colonnelli. I soldati, quando potevano, gettavano la divisa alle ortiche, si procuravano abiti borghesi e sparivano.
Questi furono giorni in cui vigeva la legge "
si salvi chi può".
Intanto i soldati tedeschi catturarono, rastrellarono, arrestarono i soldati italiani che riuscirono a trovare e li caricarono su treni piombati per mandarli nei campi di concentramento.
Non potremo mai dimenticare la strage di
Cefalonia in cui la divisione Acqui ,dopo alcuni giorni di aspra battaglia, giunse alla resa e i tedeschi massacrarono quasi tutti i superstiti, circa settemila uomini.
Per tantissimi italiani l'8 settembre significò un giorno di festa segnato da un inatteso ritorno alla guerra.

I tedeschi in Italia erano circa 700.000, verso il Sud erano concentrati soprattutto giovani (20 anni i sottotenenti e 40 anni i colonnelli) speranzosi di far carriera che cercavano la guerra per dimostrare quanto valessero, al Nord invece veterani della prima guerra mondiale, più moderati, meno spinti da quel desiderio inarrestabile di gloria. L'esercito era seguito da un apparato burocratico di controllo civile ed amministrativo per l'organizzazione degli uffici: il controllo esclusivamente militare si limitava al raggio di 30 Km di profondità. Al Nord grazie alla Repubblica di Salò la formula fu applicata del tutto invece al Sud, a causa dei tempi ristretti e dei martellanti bombardamenti, l'organizzazione fu solo militare con gravi conseguenze per la popolazione come le deportazioni indiscriminate di italiani maschi in Germania per sostituire gli operai tedeschi in guerra nelle fabbriche, secondo l'ordine del 17.09.43 le deportazioni previste erano 3.000.000 ma ne furono realizzate 700.000.

I primi rastrellamenti tedeschi si avvalsero del valente aiuto di uomini senza scrupoli, pronti ad indicare il rifugio dei propri compaesani, o di podestà che avevano il compito di raccogliere tutti gli uomini, soprattutto, giovani nella piazza del paese per essere, di lì a poco, caricati sui camion e concentrati a Sparanise, in provincia di Caserta, da dove poi sarebbero stati deportati in Germania.
Lo sbarco alleato a Salerno tra l'8 e il 9 e le difficoltà di vigilanza e di trasporto indussero i tedeschi a privilegiare il rastrellamento di beni di consumo e a incendiare tutto quello che erano impossibilitati a portare con sé nonché la distruzione di tutto il possibile come l'incendio dell'Archivio di Stato e dei documenti nascosti a San Paolo Belsito.
Napoli fu vittima dell'insicurezza tedesca della prima occupazione. La Resistenza del territorio napoletano fu animata non dall'alto ideale della libertà o dall'amor patrio ma da un forte istinto di conservazione, di insofferenza alla fame e dal rifiuto dei giovani ai rastrellamenti, che indussero i napoletani a scagliarsi contro i tedeschi non come oppressori ma come alleati dei fascisti che dovevano pagare per averli condotti in quel pietoso stato.

La Resistenza non interessò solo la città di Napoli ma anche la provincia, come testimoniano i moti di Acerra, causati dal tentativo della popolazione di impedire ai tedeschi il rastrellamento delle macchine, quelli di Ponticelli, nati dal rifiuto giovanile dei rastrellamenti tedeschi ("se dobbiamo essere deportati e morire è meglio morire combattendo").

La Resistenza di questo territorio ha salde radici nella paura e nelle privazioni, nella fame e nella violenza patite dalla guerra in atto, nei bisogni inappagati e nelle necessità legate alla sussistenza, nelle ingiustizie sofferte e negli attacchi subiti alle proprie cose, povere e poche che esse siano, ai propri affetti strappati.

L'opposizione dei Napoletani ai tedeschi cominciò subito, il 10 settembre era già battaglia ma quel moto soffocato allora esploderà di nuovo il 28, quando contemporaneamente, all'insaputa dell'uno e dell'altro, si accenderanno numerosi focolai di rivolta che determineranno le
Quattro Giornate di Napoli.

In quei giorni, senza che nessuno lo dirigesse, il moto collettivo individuò una strategia spontanea: bloccare le arterie di collegamento della città e i nodi viari. Gli insorti innalzarono barricate e vi concentrarono le forze. I tedeschi non potevano più entrare né muoversi nella città. Il percorso della rivolta attraversò quartieri bene e quartieri proletari, era inarrestabile. Hitler il 12 settembre aveva dato l'ordine che "Napoli fosse fango e cenere" ma l'ordine non fu esegui-to. Prima dell'arrivo degli Alleati Napoli era libera non senza aver pagato il suo contributo di vite umane ben 4828 tra partigiani e civili. Gli scontri di Scafati, di Terzigno, di Torre del Greco e soprattutto delle quattro giornate porteranno in novembre alla liberazione dell'intera Campania e al formarsi della linea Gustav a Cassino che produrrà ben 350.000 mila morti (un bilancio molto più grave delle 200.000 mila vittime causate a Hiroshima dalla bomba atomica).

Con la relativa stasi successiva alla liberazione della Campania, i tedeschi si organizzano con maggiore lucidità, badano a mantenere la calma nella popolazione
trasformando le deportazioni in sfruttamento sul posto della popolazione e delle risorse (nel '44 furono deportati solo alcuni scioperanti) il tutto con notevoli contrasti tra il più moderato potere civile e il radicale potere militare (policrazia).
Il diverso atteggiamento dei tedeschi nel Nord, da un lato ritardò fortemente l'organizzazione della Resistenza, dall'altro fece registrare un risposta diversificata della popolazione:
di collaborazione con i 500 mila militarizzati di Salò;
di cooperazione, per evitare il peggio, degli apparati produttivi e burocratici;
di rifiuto totale con la Resistenza che, annunciata nel marzo '43, si sviluppò dopo l'armistizio, data l'immediata presenza tedesca, con un organico di 230 mila partigiani, 70 mila caduti e 40 mila feriti gravi e, oltre alla lotta armata, si proponeva di promuovere un processo di rinnovamento politico e sociale.


La
battaglia di Montecassino (17 gennaio - 18 marzo '44) vedrà la distruzione:
dell
'abbazia, il 15 febbraio '44, ad opera di 229 bombardieri (partivano da Terzigno) con un carico si 454 tonnellate di bombe;
della città, il 15 marzo, con un bombardamento a tappeto di quattro ore effettuato da 775 aerei da bombardamento appoggiati da 250 caccia, che sganciarono 1376 tonnellate di bombe, dopo i bombardamenti entrarono in azione 856 pezzi di artiglieria.
Si è calcolato che in 11 ore di bombardamento su Cassino e sui resti dell'abbazia il 15 marzo siano stati sparati dagli alleati non meno di 200000 proiettili di cannone di vario calibro.

Le forze in campo:
- effettivi tedeschi della Decima Armata con il XV° corpo blindato multinazionale:
40 mila uomini, 290 carri armati, 82 semoventi, 410 pezzi di artiglieria più 200 pezzi leggeri, nessun aereo, comandati dal capo supremo in Italia Kesserling;
da Frido von Senger und Utterlin, comandante del 14° corpo corazzato;
da Heingrich comandante delle forze tedesche a Cassino, da Schrank comandante della Quinta divisione fanteria, da Heil-mann, comandante forze tedesche arroccate su Montecassino;
da Foltin comandante, 2° bat-taglione paracatutisti.
- effettivi alleati dell'Ottava Armata britannica, comandata da Alexander, e della Quinta Armata americana, comandata sul campo da Truscott;
nonché della Quarta divisione fanteria indiana e della Seconda neozelandese, comandate da Freyberg;
della Nona brigata esploratori australiani;
del Primo reggimento fanteria scozzese;
del Primo corpo spedizione francese, comandato dal capo Juin e dal comandande suk campo Guillaime;
del Secondo polacco, comandato da Anders l'Ottavo canadese,
la Prima brigata Israele,
e persino il Trentesimo reggimento bulldozer corazzati: 345 mila uomini, 2000 cannoni, 2300 carri armati, 5000 mezzi blindati, 10000 autocarri, almeno 950 bombardieri pesanti e 400 caccia.
I morti furono 22 mila tedeschi; 230000 alleati, di cui 107000 americani e 1375 polacchi.

Attualmente nell'area ci sono i cimiteri di guerra: polacco, sulla collina di Montecassino all'ombra dell'Ab-bazia, insieme ai suoi soldati riposa anche il generale Anders morto dopo la guerra; tedesco nella frazione Caira a gradoni concentrici che finiscono con un'altissima croce di ferro; inglese al rione Colosseo, con il tradizionale e caratteristico prato all'inglese.

Nel napoletano non si è verificata una vera e propria Resistenza anche per il breve periodo di permanenza degli occupanti tedeschi ma nonostante ciò la rivolta napoletana rappresenta un evento esemplare ed eccezionale perché in queste ore di confusione, non co-noscendo la lotta partigiana del CLN, i napoletani guidati dal proprio istinto e dal desiderio di riscattare la propria condizione di miseria scelsero subito la "strada giusta" quella filoalleata e non filotedesca, che portò nel Nord del Paese, il 27 settembre, alla costituzione della Repubblica Sociale di Salò, indicando la giusta direzione da seguire verso la Liberazione Nazionale.

Con la liberazione della Campania e la risalita delle truppe alleate dalla Calabria, l'Italia risultava divisa in
tre Italie:
- il
Mezzogiorno caratterizzato dalla ricostituzione dello stato monarchico, il Regno del Sud;
- il
Centro dalla presenza minacciosa dei tedeschi e dall'organizzazione politica e militare dei partigiani a Firenze che porterà alla liberazione delle due città avvenuta nel 1944;
- i
l Nord dalla ricostituzione dello stato fascista della Repubblica Sociale di Salò interamente interdipendente dai nazisti - che nasce nel settembre '43 sul lago di Garda; nel gennaio '44, condanna e fucila i cinque gerarchi, tra cui Ciano, che votarono contro Mussolini; nel settembre '44, a Mazabotto uccide 1800 civili; nel dicembre '44, nel teatro lirico a Milano, Mussolini tiene il suo ultimo discorso: "Chi ha tradito? Chi subisce le conseguenze del tradimento? Per arrivare all'8 settembre bisognava realizzare il 25 luglio"; nell'aprile '45, la fuga di Mussolini, che, scoperto, viene catturato e facilitato ed il suo cadavere viene esposto a piazzale Loreto in Milano; An recentemente ha presentato un disegno per il riconoscimento dello status di "militari belligeranti" ai repubblichini di Salò, in quanto, con Tremaglia, ciò non comporta alcun stravolgimento: sono fatti -, dalla lotta senza quartiere nelle file della Resistenza armata antifascista guidata dal CLNAI (Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia), fino alla grande insurrezione di Milano del 25 aprile 1945 nella quale si uniranno i tre tronconi in solo corso storico di nuovo unitario.

Nel febbraio 1944 mentre i tedeschi combattevano per bloccare o, meglio, rallentare l'avanzata alleata su Roma,
il governo Badoglio si trasferì a Salerno, capitale di quello che fu il Regno del Sud. Fu un governo soprattutto formato da tecnici strettamente legato alla corona e tenuto in piedi dall'Inghilterra di Churchill.
Gli intellettuali di quel tempo, la stampa e i giornalisti giudicavano il re troppo compromesso con il fascismo e chiedevano la sua abdicazione.
A Bari, nel gennaio 1944 dopo essere stato precedentemente vietato a Napoli nel dicembre '43 dal comando alleato che lì, in seguito allo sbarco di Salerno, si era trasferito, il Congresso del CLN aveva chiesto l
'immediata abdicazione e la formazione di un governo democratico di guerra, ponendo le basi della futura svolta di Salerno.
Nell'aprile 1944
Palmiro Togliatti, leader del partito comunista, rientrato da poco in Italia in seguito a 18 anni di esilio, dopo un incontro con Stalin mutò il suo atteggiamento di chiusura completa nei confronti del re e del governo diventando più morbido: il re si doveva impegnare a delegare i suoi poteri al figlio, il principe Umberto, al momento della liberazione di Roma.

Il compromesso avrebbe garantito la concentrazione di tutte le forze nazionali, dai monarchici ai comunisti, nella guerra di liberazione. A "guerra vinta", un referendum avrebbe sciolto il dilemma monarchia o repubblica.
La corona accettò il compromesso istituzionale e, dopo lunghe trattative, il 22 aprile 1944, fu composto quello che fu il secondo governo Badoglio e il primo governo dell'unità nazionale antifascista
(svolta di Salerno).
Al governo accanto a Badoglio c'erano liberali, azionisti, cattolici, socialisti e tra i comunisti lo stesso Togliatti. Nel suo programma il ministero pose come primo punto l'impegno di chiamare gli italiani, dopo la fine della guerra, ad eleggere con
suffragio universale l'Assemblea Costituente che avrebbe definito le forme istituzionali del nuovo stato.

In pochi mesi gli alleati riconobbero il CLNAI il cui comando fu affidato al generale
Cadorna.
Il progetto di apertura di un secondo fronte sollecitato da Stalin per alleviare il lungo sforzo sopportato dai Russi, fece diminuire l'attenzione per quello italiano rallentando la liberazione.
Solo nel maggio 1944 fu sferrata la controffensiva che portò alla presa di Roma nel 4 giugno e successivamente di Firenze nell'11 agosto. Qui gli alleati trovarono la città già controllata dai partigiani e la vita pubblica organizzata dal CLN toscano.
I tedeschi costretti ad abbandonare l'Italia centrale si ritirarono a Nord di Firenze dove costituirono la
linea Gotica che correva da Viareggio, sul Tirreno, a Cattolica, sull'Adriatico, ove si attestarono duramente.
Il 25 giugno 1944 in seguito alla liberazione di Roma il re Vittorio Emanuele III rispettando gli accordi presi con il CLN, trasferì i suoi poteri al
figlio Umberto che fu nominato Luogotenente del Regno.
A Badoglio successe il riformista
Bonomi che costituì un governo di unità nazionale appoggiato da tutti i partiti del CLN. Parteciparono al governo come ministri senza portafoglio personalità antifasciste come: il liberale Benedetto Croce, il democratico Alcide De Gasperi, il socialista Giuseppe Saragat, il comunista Palmiro Togliatti, l'indipendente Carlo Sforza.

Nell'autunno del 1944 il generale inglese Alexander invitò i partigiani a sospendere le operazioni questo, purtroppo, facilitò la repressione nazifascista che fu durissima.
Nei primi giorni dell'aprile 1945 mentre gli Americani varcavano il Reno entrando in Germania e la Russia liberata Varsavia, puntava su Berlino e su Vienna anche il fronte italiano si mise in movimento. Gli alleati sicuri della vittoria puntarono sulle grandi città della Pianura Padana.
Mentre Mussolini, travestito da soldato tedesco, cercava di attraversare il confine svizzero, ve-niva catturato e fucilato insieme ad altri gerarchi, Genova, Modena, Reggio, Parma, Cuneo, Torino, Biella, Vercelli, Novara, Milano venivano liberate dalle forze liberali popolari decretando
il 25 aprile 1945 avvenuta la Liberazione d'Italia.



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