Eduardo Ambrosio


Vai ai contenuti

Menu principale:


STORIA DI TERZIGNO COMPLETA

TERZIGNO

Eduardo Ambrosio
Email: eduardoambrosio@virgilio.it

TERZIGNO
Terra mia bella e violentata, terra di leggenda, di vigneti che si spandono alle falde
del monte, con la musica dei torchi, che, d'ottobre, avverto, qual piacevole danza, dolce
melodia che si fonde con il liquore che, gioioso e rosso come la terra di fuoco che lo ha
generato, a fiumi scende dai tini; dai campi di pesche e crisommole, dagli odorosi
giardini di fiori d'arancio, dai vulcanici pendii d'oro coperti da profumate ginestre.
La tua aria respira con i boschi e, nelle sere d'estate, è carezzata
dal soave sapore di brezza che scende dai colli.
L' originale bel nome è l'emblema della
tua esclusività, è la tua forza di
reagire e, nonostante le tante
mortificazioni a cui
sei costretta,
risorgerai.
Resisti,
sii forte,
sei di
fuoco!
LO STEMMA CIVICO
Scudo diviso in due parti da una striscia argentea orizzontale: nella parte superiore vi è raffigurato un tralcio di vite fogliato con grappolo d'uva nera, in quella inferiore trova posto una stilizzazione del Vesuvio fumante; sopra vi è raffigurata una corona turrita; sotto sono stilizzati due ramoscelli di quercia e alloro, incrociati e annodati da un nastro, che salgono lungo i fianchi dello scudo; sui lati del nastro vi è scritto: "TER-IGNIS".







_______________________________________


__________________________________________________________________________



Sommario:

  • PRESENTAZIONE
  • LA CITTA' DI TERZIGNO, Identificazione del territorio cittadino, L'attività cittadina, Manifestazioni e feste religiose, Archeologia, Monumenti e siti importanti, Museo Emblema
  • TERZIGNO DALLE ORIGINI AL SEICENTO, Il territorio, La denominazione " Terzigno", Nascita della cittadina
  • LA FONDAZIONE DI ORIGINE RELIGIOSA DEL '700, La necessità di sviluppare una città, La parrocchia, i parroci e i doni della Chiesa dell'Immacolata Concezione, Le altre parrocchie e rispettivi parroci di Terzigno, Le altre chiese di Terzigno
  • LO SVILUPPO DI TERZIGNO NELL'OTTOCENTO, La partecipazione alla grande storia, Distruzione e ricostruzione
  • TERZIGNO NEL NOVECENTO, La nascita del Comune autonomo, Gli amministratori del Comune di Terzigno, I primi anni della autonomia amministrativa (il primo dopoguerra), Gli anni Trenta, I terribili anni Quaranta, Gli anni recenti
  • RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI


Istruzioni per l'uso:

  • Le note sono evidenziate con questo sfondo.

_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________

a mio padre
alla mia terra: terzigno


Presentazione


Il presente lavoro vuole essere soprattutto una risposta alle numerose richieste che mi giungono di continuo da parte di giovani studenti di Terzigno sulla storia del proprio paese; poi, per ogni terzignese, può rappresentare un'occasione di identità e storia delle radici, in cui riconoscersi e corroborarsi al fine di partecipare attivamente al progetto del futuro di Terzigno.

Pertanto, mi sono attivato per ordinare, unificare ed assemblare quanto si conosce (in parte già pubblicato) su Terzigno, riferendo anche delle varie fonti esistenti. Nella stesura sono stati inseriti opportuni e continui riferimenti alla grande storia in cui si è sviluppata Terzigno e qualche timida riflessione su questa nostra realtà sospesa tra un preciso passato, identificabile in una cultura contadina caratterizzata dai suoi lenti e armoniosi ritmi sviluppo e un incerto e indecifrabile futuro, identificabile in una cultura a vocazione terziaria ma che non riesce a staccarsi da quella contadina a causa di una trasformazione avvenuta, a partire dagli anni Settanta del '900, in modo repentino saltando l'indispensabile fase di sedimentazione del presente.

È necessario, al fine di definire la vocazione della nostra comunità, ripensare (anche con l'occasione del presente lavoro) e pianificare lo sviluppo di Terzigno tenendo presente che uno società contadina è spontaneamente caratterizzata da alcune specificità: individualismo, fedeltà alla tradizione, spiccato senso della proprietà - 'a rrobb', 'o lemmet', ecc - insomma affermazione del privato; al contrario, uno sviluppo terziario necessita indispensabilmente di una marcata presenza del pubblico con servizi e organizzazioni condivise e collettive: aree pubbliche, mercati, associazioni, ecc. Non è possibile, in assenza di razionali programmazioni capaci di coniugare vecchio e nuovo, uno sviluppo terziario in una mentalità contadina, situazione che, oltre a negare ogni identificazione e appartenenza, genera disordine e sottosviluppo.

Una Città di qualunque dimensione, quale ente nella sua autonomia territoriale, deve avere la sua personalità non solo giuridica, ma soprattutto morale: promuovendo attività di ogni tipo, onora la sua gente, si mostra degna della stima e dell'affetto dei propri cittadini e provoca, infine, l'altrui simpatia attirando l'attenzione dei forestieri che, per la cortesia dei suoi abitanti, la visitano e ne apprezzano il grado di civiltà raggiunto.

A conforto di quanto esposto riporto alcuni passi di un discorso datato, ma per la nostra realtà attualissimo, di Giorgio La Pira
(tenuto al Convegno dei Sindaci di tutto il mondo in Firenze 2 ottobre 1955):
Le città hanno una vita propria: hanno un loro proprio essere misterioso e profondo: hanno un loro volto: hanno, per così dire, una loro anima ed un loro destino: non sono cumuli occasionali di pietra: sono misteriose abitazioni di uomini e più ancora, in certo modo, misteriose abitazioni di Dio: Gloria Domini in te videbitur: Non per nulla il porto finale della navigazione storica degli uomini mostra, sulla riva dell'eternità, le strutture quadrate e le mura preziose di una città beata: della città di Dio!
La nostra disattenzione a questi valori di fondo, che danno invisibilmente ma realmente peso e destino alle cose degli uomini, ci ha fatto perdere la percezione del mistero delle città: eppure esiste e proprio oggi - in questo punto così decisivo della storia umana - esso si manifesta con segni che appaiono sempre più marcati e che richiamano alla responsabilità di ciascuno e di tutti. … si ha il diritto di distruggere le città? Di uccidere questa "unità viventi" - veri microcosmi nei quali si concentrano valori essenziali della storia passata e veri centri di irradiazione di valori per la storia futura - con le quali si costituisce l'intiero tessuto della società umana, della civiltà umana? La risposta, a nostro avviso, è negativa. Le generazioni presenti non hanno il diritto di distruggere un patrimonio a loro consegnato in vista delle generazioni future! Il diritto all'esistenza che hanno le città umane è un diritto di cui siamo titolari noi delle generazioni presenti, ma più ancora quelli delle generazioni future. Un diritto il cui valore storico, sociale, politico, culturale, religioso si fa tanto più grande quanto più riemerge, nell'attuale meditazione umana, il significato misterioso e profondo delle città. Ogni città è una città sul monte, è un candelabro destinato a far luce al cammino della storia. … Storia e civiltà si trascrivono e si fissano, per così dire, quasi pietrificandosi, nelle mura, nei templi, nei palazzi, nelle case, nelle officine, nelle scuole, negli ospedali di cui la città consta. Le città, specie le fondamentali, restano arroccate sopra i valori eterni, portando con sé, lungo il corso tutto, dei secoli e delle generazioni, gli eventi storici di cui sono state attrici e testimoni. Restano come libri vivi della storia umana e della civiltà umana: destinati alla formazione spirituale e materiale delle generazioni venture. Restano come riserve mai esaurite di quei beni umani essenziali - da quelli di vertice, religiosi, culturali, a quelli di base, tecnici ed economici - di cui tutte le generazioni hanno imprescindibile bisogno.
La città è lo strumento in certo modo appropriato per superare tutte le possibili crisi cui la storia umana e la civiltà umana vanno sottoposte nel corso dei secoli. La crisi del nostro tempo - che è una crisi di sproporzione e di dismisura rispetto a ciò che è veramente umano - ci fornisce la prova del valore, diciamo così, terapeutico e risolutivo che in ordine ad essa la città possiede. Come è stato felicemente detto, infatti, la crisi del tempo nostro può essere definita come sradicamento della persona dal contesto organico della città. Ebbene: questa crisi non potrà essere risolta che mediante un radicamento nuovo, più profondo, più organico, della persona nella città in cui essa è nata e nella cui storia e nella cui tradizione essa è organicamente inserita. … essere la città dell'uomo abbozzo e prefigurazione della città di Dio. … non un museo ove si accolgono le reliquie, anche preziose, del passato; è una luce di bellezza destinata ad illuminare le strutture essenziali della storia e delle civiltà dell'avvenire. Le città non possono essere destinate alla morte: una morte, peraltro, che provocherebbe la morte della civiltà intiera.


Sicuramente, infine, Terzigno - di cui si può, al contrario dei comuni viciniori, senz'altro dire di avere un nome bello e originale (purtroppo solo questo!)

Un nome di terra e soprattutto di fuoco, che scende dal monte e furente, come acqua di un torrente in piena o come pioggia impetuosa che cala dal cielo, ripetutamente straripa per la valle fecondando le zolle della fertilissima terra terzignese.
Pur essendo il più vesuviano dei paesi, Terzigno stranamente non ha l'appellativo "vesuviano".
L'aria, il respiro degli alberi, quel sapore di brezza che, nelle sere d'estate, viene dai boschi penetrano nel terzignese, lasciando una traccia indelebile per tutta la vita, qualunque sia il percorso che si compirà.
Chi cresce accanto al Vesuvio non riesce a staccarsene, conscio di gioie (pietre, lapillo, piperno, vigneti, frutta, aria, fiori, panorami, ecc.) e dolori (distruzione, colate laviche, esplosioni, ecc.) che da esso provengono, resta segnato, nel bene (creatività, giovialità, intraprendenza, vulcanicità, ecc.) e nel male (indolenza, pressappochismo, incoerenza, ecc.), dalla sua magica emanazione.
Indimenticabili, per chi vive a contatto col Vesuvio, sono le numerose scalate e particolarmente quelle notturne per poter essere in cima all'alba ed assistere allo spettacolo unico del sole che sorge.

- non può prescindere dalla sua tradizione contadina: in ogni dove si identifica il toponimo col vino, proprio questa peculiarità deve essere il fulcro intorno al quale si deve modellare il futuro della nostra cittadina.

Il vino in termini qualitativi - rigide norme di produzione, specificità del sito, qualificato imbottigliamento, ecc - e non più quantitativi ('o carr' 'e vin') sta conquistando, nella società contemporanea nazionale e internazionale, una nicchia sempre più ampia. Dopo le colpevoli distrazioni del dopoguerra, quando in tutta Italia si incentivavano le colture specifiche attraverso la riforma verde, si deve recuperare il tempo perduto e imboccare decisamente, attraverso una forte presenza dell'ente pubblico e corpose incentivazioni, la strada della cooperazione con l'unico obiettivo di elevare, razionalizzare e migliorare la produzione di questa nostra unica e, storicamente, molto celebrata "ricchezza".

"
Tutte le cose sono figlie della terra" (Eraclito)


________________________________________________________________Al fine di promuovere una sempre maggiore identità e appartenenza alla comunità cittadina, colgo l'occasione per invitare il lettore a fornirmi ogni sua conoscenza (foto, storie, tradizioni, detti, indicazioni di località e nomi - 'o strangianom' - e quanto altro in suo possesso su Terzigno) per poterla inserire nelle future edizioni (sarebbe auspicabile un aggiornamento annuale come un'agenda o un almanacco) del presente lavoro, che vuole rappresentare un modesto contributo allo sviluppo sociale, civile e culturale della nostra Terzigno.
____________________________________________________



PRIMA DI ENTRARE NELLA NOSTRA STORIA, SENTO IL BISOGNO DI PROPORRE AL LETTORE, AL FINE DI DARE PIU' SPESSORE AL MESSAGGIO CHE SPERO GIUNGA CON IL PRESENTE LAVORO, UNA RIFLESSIONE FORTE SUL SOCIALE, SCATURITA DA UNA LIBERA ELABORAZIONE DI UN DISCORSO DI THOMAS MANN

Una comunità per sopravvivere deve fare perno sulle giovani generazioni, purtroppo però si deve registrare un forte abbandono generalizzato, specialmente per i giovani, al proprio piacere ed alle passioni in modo sfrenato tanto che anche ciò che dovrebbe condurre alla beatitudine diventa dannazione: non ci si meraviglia dei misfatti con cui l'uomo infuria contro sé stesso e contro gli altri. La timidezza della vecchiaia, però, non deve impedire di chiamare le cose col loro nome.
I giovani non ascoltano più. Certo per ascoltare ci vuole anche una particolare cultura. Cultura! Le risa beffarde di tutta una generazione rispondono a questa parola. Come se essa non significasse il contrario della volgarità e della povertà umana, il contrario anche della pigrizia, di una miserabile rilassatezza, che rimane tale per quanto prenda atteggiamenti risoluti insomma: come se la cultura, in quanto forma, volontà di libertà e di verità, vita coscienziosamente vissuta, sforzo infinito, non fosse la disciplina morale stessa!
Le giovani leve affermano di avere la vita più difficile per l'avventura, l'assoluta incertezza, per cui rifuggono il significato più elevato e profondo di "cultura" - lavoro in sé stesso, responsabilità e sollecitudine individuale - e si adagiano nella vita collettiva (ad. es. il branco), che è una sfera comoda in confronto con l'individuale, comoda fino alla dissolutezza; quello che la gioventù si augura, si concede ed approva sono le vacanze continuate del proprio io. Essa ama perdersi nella massa, sottraendosi ad ogni serietà di vita personale, senza preoccuparsi molto delle mète della marcia. L'ebbrezza della massa, che libera dall'Io e dal suo peso, o più esattamente la liberazione dalla moralità e dalla razionalità in genere; anche dalla paura naturalmente, paura della vita!
La felice esperienza di essere dispensati dal proprio Io, sottratti ad ogni responsabilità individuale, appartiene alla guerra. Si è inclini a concepire lo stato attuale del mondo, in rapporto sia economico, sia spirituale e morale, come il risultato della guerra, che provoca immense devastazioni ma non il mondo: essa ha il solo compito di chiarificare, rafforzare e spingere all'estremo ciò che esisteva già prima. L'incredibile decadenza culturale e il regresso morale, che minacciano di rigettarci nella barbarie, sono un fenomeno singolare, determinato in prima linea dall'ascesa dell'uomo di massa e dal suo impadronirsi del potere.
È possibilissimo che la massa con tutto l'amore puerile e primitivo per la tecnica (il mezzo che diventa fine) provochi la decadenza anche di questa, perché non sospetta che essa è il prodotto utilitario di uno studio libero e disinteressato per amore della conoscenza e perché disprezza l'idealismo e tutto ciò che ha a che fare con esso, quindi la libertà e la verità. Il fenomeno di questo brusco abbassamento di livello, di questo regresso, di questo ritorno la primitivo, non solo all'ottusità di fronte alla sfumatura, ma fino all'odio violento di essa, riempie di sgomento, in quanto apre ulteriori possibilità e mostra che le più grandi conquiste possono andare ancora perdute e cadere nell'oblio, e che la civiltà stessa non è affatto sicura da un tale destino: l'enorme ondata di barbarie eccentrica e di triviale volgarità primitiva democratico - plebea provoca l'estinzione di concetti benignamente severi, quali cultura, spirito, arte, idea.
Alla ottocentesca convinzione politica di elevare le masse, di istruirle, di apportare loro scienza, cultura, arte, beni della civiltà, si è fatta strada la convinzione che è più importante ed anche più facile dominare le masse, perfezionando sempre più l'arte grossolana di giocare sulla loro psicologia: dunque introducendo al posto dell'educazione la propaganda, non senza l'intimo consenso delle masse, a quanto pare, le quali in fondo si sentono portate in un ambiente più moderno e più familiare da un'estrosa tecnica di propaganda, che da qualsiasi idea di educazione. Esse sono organizzabili, e si vede che sono grate per ogni organizzazione, non importa di che spirito, sia pure lo spirito della violenza. La violenza è un principio straordinariamente semplificatore; nessuna meraviglia che trovi la comprensione delle masse.
Fra il chiasso e lo scampanellio da fiera sono fiorite scienze occulte di ogni sorta, mezze scienze e ciarlatanerie, oscuro spirito settario e insulse religioni da strapazzo, non si è irresponsabilmente compreso che la conseguenza del disprezzo della ragione è un imbarbarimento morale. Anzi da molte persone colte tutto questo non è stato sentito come un volgare ciarpame moderno, come impoverimento culturale, bensì è stato mistificato come rinascita di profonde forze vitali e dell'intimo, rispettabile valore dell'anima popolare. È stato così preparato il terreno anche alla più assurda e vergognosa superstizione collettiva: ma non la superstizione ottusa e senza pensieri delle epoche precedenti, bensì una superstizione modernamente democratica, che presuppone per ciascuno il diritto di pensare, una superstizione con "concezione filosofica".
L'uomo - massa ragionante parla, filosofeggia e scrive, e ciò che mette fuori non è altro che spirito storpiato, intellettualismo a buon mercato. L'aria è piena di pensiero di massa acciarpato ed eccitato, vapori di letteratura corrotta gravano sopra un popolo e rendono impossibile il respiro. L'uomo - massa che filosofeggia ha usurpato, per sé solo, il diritto di pensare, di parlare e di scrivere, chiudendo la bocca a tutti gli altri e, sicuro di ogni contraddizione, fa uso della sua prerogativa in modo tale, che si rimane sbalorditi e si vorrebbe maledire la democrazia, che ha insegnato a ciascuno a leggere e scrivere. Si ha l'impressione che il pensiero stesso e la parola siano disonorati per sempre da un così miserabile abuso. Una cultura del trivio deplorevolmente sovraeccitata butta fuori senza ritegno le sue pseudo - conoscenze, i suoi virulenti teoremi; e solo debolmente, solo con paura una scienza in parte intimidita, in parte vergognosamente simpatizzante osa una lieve reazione. Non passerà molto tempo e questo pseudopensiero avrà dappertutto il potere di attuare le sue "idee", di convertirsi con audace violenza in storia. La storia sarà improntata da esso.
Da tutto ciò questo fenomeno di strana perversione: una riunione di massa di gente molto povera di spirito, morbosamente esaltata, ha applaudito all' abolizione dei diritti dell'uomo, che qualcuno proclamava dall'alto della tribuna per mezzo dell'altoparlante. Dalla semplicità può venire la verità dalla perversità no.
Nel tempo attuale, diversamente dal carattere altruistico della trasformazione cristiana del mondo e della Rivoluzione Francese, si assiste ad un movimento di natura eroica, non quella delle grandi manifestazioni spirituali ma quella piccola giornalistica e romantico - criminale, che ha molto del libro che si smercia sulle bancarelle e del film ad effetto: siamo alla filosofia del piccolo borghese, ammalato di furore speculativo, caratterizzata oltre che dalla violenza anche dalla menzogna e che ha liquidato verità, libertà, giustizia, la verità è odiosa, sostituita dal "mito" nella sola accezione di eliminazione della differenza fra verità e ciarlatanismo.
Il problema della verità, cioè della verità come idea assoluta e nella sua dipendenza dalla via, della verità nella sua eternità e nella sua variabilità, è un problema del più grave peso morale. Che cos'è la verità? Così domanda la filosofia, lo spirito che pensa criticamente sé stesso. Esso vuole vivere, esso ammette che la vita ha bisogno della verità, dalla quale è aiutata, promossa. "Solo ciò che promuove la verità è vero", affermazione che si completa con "solo la verità promuove la vita". Se la "verità" non è data una volta per tutte, ma è variabile, tanto più profonda coscienziosa e sensibile deve essere la preoccupazione dell'uomo spirituale per la ricerca di essa, la sua attenzione ai moti dello spirito mondiale, ai mutamenti nel quadro della verità, a ciò che è giusto e necessario nel tempo, per non dire: a ciò che è voluto da Dio, a cui l'uomo spirituale deve servire, incurante dell'odio degli ottusi, dei paurosi e degli ostinati, degli interessati alla conservazione di quello che è diventato falso e cattivo.
Alla negazione dello spirito in favore dell'utile, segue l'approvazione senza scrupolo del delitto, surrogato dell'assoluto, non si indietreggia neppure dal concetto della falsificabilità, anzi si attribuisce alla falsificazione lo stesso valore della verità, se essa è utile nel suo senso.
Se questa non è la sola identificazione attuale umana, sicuramente è molto diffusa con lo slancio baldanzoso, con cui si accinge a superare un mondo tenuto in svantaggio da inibizioni morali, e a farsi padrone e maestro. È davvero inquietante osservare la debolezza del mondo anziano e colto di fronte a questa violenza unica, assistere al suo indietreggiamento smarrito e costernato. Intimidito, intontito, incosciente di quel che accade, con un sorriso attonito sulle labbra, esso sgombra una posizione dopo l'altra e sembra disposto a confessare che "non comprende più il mondo". Discende al livello spirituale e morale del nemico, adotta il suo stupido linguaggio, si adatta alle sue misere categorie di pensiero, alla maliziosa ottusità delle sue idiosincrasie e alle sue alternative propagandistiche, e non se ne accorge nemmeno. È forse già perduto. Lo è senza dubbio, se non si strappa dall'ipnosi, se non rientra in sé stesso. In ogni umanesimo c'è un elemento di debolezza che va congiunto col suo disprezzo del fanatismo, con la sua tolleranza e col suo amore del dubbio, insomma con la sua naturale bontà, e che in certe circostanze può diventargli fatale.
Ciò che oggi è necessario è un umanesimo militante, un umanesimo che scopra la propria virilità e si saturi della convinzione che il principio della libertà, della tolleranza e del dubbio non deve lasciarsi sfruttare e sorpassare da un fanatismo, che è senza vergogna e senza dubbi.
Un umanesimo che, anziché rifugiarsi in una neutralità fuori dal tempo, sia capace di una gagliarda rinascita delle sue idee e in grado di rendere la propria anima consapevole di sé stessa in una pugnace alacrità di vita.
______________________________________________________________
______________________________________________________________

LA CITTA' DI TERZIGNO



Identificazione del territorio cittadino


DENOMINAZIONI E GEOGRAFIA

Avini 1, S. Antonio, Campitelli Vecchio, Monaci, Pagliarone, Campitelli Nuovo, Caprai, Boccia al Mauro, Mauro, Mauro Vecchio, Taverna al Mauro, Caposicchi, Borgonuovo, Croce del Carmine, Cuparella, Giordani, Passanti, Principessa Margherita, Miranda, Camaldoli, Portone a Secca, Ranieri, S. Teresa, Ugliani sono le denominazioni dei principali rioni (oltre a tutta una denominazione popolare di località come: 'e Furchi, 'e Pullieri, 'e Mociuni, 'e Sisandoli, Santa Prizet', 'e Carpiti, 'e Pizzoli, 'e Pern', 'e Rosi, 'e Vvasche, 'e Ccasenove, int' 'e Bbarinat', 'a Rocevia, 'o Varo 'e Passauài, 'a Pescinella, 'e Rosi, 'e Perni, abbàscio 'e Belli, abbàscio 'a Jàtta 2, 'e Lupi, 'e Llògge, 'o Cafurchio, 'a Lavarella, 'e Quadrani, 'o Canalone, 'e Mangemelell', 'e Paglicuni, 'e Scocozz', 'e Crapar', 'a Riserva, e tante altre) che, insieme al centro storico, compongono

TERZIGNO


Comune della Provincia di Napoli e della Regione Campania, con una popolazione di 16.700 abitanti (dati 2002) e una superficie di 23.51 chilometri quadrati; altitudine media 100 metri (da 50 a 700) sul livello del mare (da cui dista circa 10 km). Confina ad Ovest con il Vesuvio ed il Comune di Ottaviano con cui confina anche a Nord-Ovest; a Sud-Est con il Comune di Boscoreale; a Sud con la località Fornillo del Comune di Poggiomarino; ed, infine, a Nord con Casilli, a Nord-Ovest con S. Maria La Scala e Zabatta, località del Comune di San Giuseppe Vesuviano.

1. Unica indicazione dell'attuale Terzigno che figura sulle antiche carte geografiche rappresentate sulle pareti dei Musei Vaticani.

2. Masseria la Gatta di 143 moggia, di proprietà dei Medici, ai quali fruttava 1000 ducati annui per i canoni versati da molti enfiteuti come Donato Boccia detto Scocozza, Marsilio Guastaferro, gli Auricchio, i Massa, i D'Avino.



QUADRO AMMINISTRATIVO E SITO


Si estende sulle falde meridionali del Vesuvio, è circondato dalla parte montuosa da boschi (circa 265 ettari) e dalle altre parti da vigneti, frutteti e noccioleti. L'abitato si estende nella quasi totalità in pianura e collina, nella parte più occidentale del territorio comunale.
Inserito nella giurisdizione di Nola, anche per l'Ufficio del Registro e le Imposte Dirette; politicamente fa parte dei Collegi Elettorali: Provinciale di Boscotrecase, per la Camera dei Deputati di Palma Campania e Senatoriale di Nola.
La locale caserma dei carabinieri dipende dalla Tenenza di Torre Annunziata, la Guardia di Finanza e il Commissariato di Pubblica Sicurezza competenti sono quelli di S. Giuseppe Vesuviano. Il Distretto Militare è quello di Napoli.
Fa parte del Parco Nazionale del Vesuvio


COMUNICAZIONI

Il territorio è attraversato da Nord a Sud dalla:
" Borbonica e rettilinea (Nazionale) Strada Statale (SS 268 del Vesuvio) - negli anni '90 è stata riprodotta in variante più a valle - che da Napoli attraversa tutti i paesi vesuviani;
" Provinciale (SP 361 Zabatta) Ottaviano/Boscoreale (Panoramica) nella parte più a monte, realizzata nella seconda metà degli anni Sessanta su un antico tracciato, ridotto da tempo per le eruzioni a mero sentiero;
" Ferrovia della Stato (Trenitalia) - linea Cancello /Torre Annunziata
3;
" Ferrovia secondaria Circumvesuviana - linea (che dopo la stazione di Terzigno piega verso Est) Napoli/Ottaviano/Sarno
4.
Infine, in direzione est, ai primi del Novecento, per agevolare la fuga in caso di minacce del Vesuvio, fu realizzata la Strada Terzigno /Poggiomarino (Via Verdi).

3. Inaugurata il 2 giugno 1884 con la partecipazione del re Umberto I°, ed elettrificata negli anni Quaranta , la linea fu progettata nel 1880 per superare il Vesuvio e arrivare in penisola sorrentina, venne completata il 1° maggio del 1885 (lunghezza 31 km a scartamento ordinario e pendenza massima 16 per mille, 5 stazioni e 3 fermate; trazione a vapore, poi elettrica e infine a diesel).
Finalmente Marigliano, Spartimento di Scisciano, Reviglione di Somma Ves., Ottaviano, San Giuseppe Ves., Terzigno, Boccia al Mauro, Boscoreale, tra le capolinea Cancello e Torre Annunziata (dalle quali si poteva arrivare a Napoli, Avellino, Salerno e Cassino) avevano un collegamento ferroviario.
La linea, oscurata nella prima metà del Novecento dalla concorrenza della Circumvesuviana, riprese vigore dopo la seconda guerra mondiale, dalla quale era uscita quasi indenne, con collegamenti diretti con Caserta (commercio ortofrutticoli, soprattutto patate) verso Nord e con Castellammare e Gragnano verso Sud (pendolari arte bianca e cantieri navali), tali collegamenti diretti furono aboliti negli anni Settanta con la crisi dell'industria costiera e con il terremoto del 1980; inizia una lenta agonia che si aggrava negli anni Novanta con la riduzione del personale le stazioni furono ridotte a mere fermate; nel 1999 circolavano solo 4 coppie di treni, supportati da corse automobilistiche, e dal 12 dicembre 2005 il servizio ferroviario è stato sospeso.

4. Inaugurata il 20 novembre 1887 nel tronco Napoli/S. Giuseppe Vesuviano, completata nel 1904 fino a Sarno.



______________________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________


L'attività cittadina


L'ISTRUZIONE

L'istruzione è presente a Terzigno dal 1809, quando con lettera dell'11 novembre, il sottointendente alla pubblica istruzione di Napoli, su ordine del re, invitò gli amministratori di Ottaviano ad eleggere un maestro ed una maestra per la campagna, prima ci si recava esclusivamente ad Ottaviano o si provvedeva in privato: il 25 novembre 1809, furono eletti il sacerdote don Domenico Langella a maestro per S. Giuseppe e Carmela Ubaldo a maestra per Terzigno.
Dal 1866 inizia a funzionare una regolare scuola primaria, che si trasformò successivamente in elementare, dipendente dal Circolo Didattico di S. Giuseppe Vesuviano, e completata con la quinta classe solo negli anni Venti del Novecento. Il 1° ottobre 1963 divenne autonoma.
Nel 1940 viene istituita una Scuola di Avviamento Professionale Agraria femminile, in seguito anche maschile, funzionante fino al 1962 quando, con la riforma, si fuse con la Scuola Media Unica obbligatoria.
Per l'istruzione superiore, dalla fine degli anni Settanta, funziona un Liceo Scientifico Statale
5, nato come succursale del Liceo Scientifico Statale "Pascal" di Pompei; poi, agli inizi degli anni Novanta, associato al Liceo Classico "Rosmini" di Palma Campania; infine, dalla fine degli anni Novanta, fa parte dell'Istituto Comprensivo ITCGLS di Poggiomarino.

5. La scuola, nasce alla fine degli anni Settanta, dopo una grande espansione negli anni Novanta (nel 1997 fu concesso anche un Liceo Linguistico), recentemente si è molto ridimensionata per la cronica mancanza di locali, nonostante una richiesta continua da parte dei docenti (è visionabile una voluminosa documentazione) e un timido impegno del Comune che inizia con la delibera di Giunta Municipale n. 852 del 24 gennaio 1984 rivolta al Ministero della pubblica Istruzione. Con l'istituzione del liceo psico-pedagfogico del 2005, l'istituto sta riprendendo faticosamente vigore. Tuttavia bisogna dire che la sua instabilità dipende dalla mancanza di una sede idonea e la conseguente mancata autonomia: è sempre stata una sezione staccata, in ordine cronologico, da Pompei, Palma Campania, Poggiomarino e, dal 2007, da Ottaviano


IL LAVORO

L'attività produttiva e commerciale riguarda tutti i settori:
" Il tradizionale agricolo, molto rinomato perché su terra vulcanica di singolare amenità in quanto asciutta e collinare, riguarda, dopo un certo disinteresse a favore del nocciolo nel dopoguerra, in massima parte il vino (il mitico Lacrima Christi
6), la frutta fresca (albicocche o "crisommole", pesche, cachi, uva da tavola, fichi, susine), frutta secca (noci, nocciuole, castagne), ortaggi (fagioli, patate, fave, piselli e gli esclusivi e caratteristici pomodorini a "piennolo"). Con varie aziende impegnate nel settore come alcune per la fabbricazione delle botti. La più grande è l'Azienda Agricola Fabbrocini (oggi Villa Dora) di 350 moggi di terreno.
" Il recente Industriale (soprattutto dagli anni '60) e artigianale, soprattutto nel campo dell'abbigliamento, con innumerevoli industriette a conduzione familiare, la Teleria Tessitura Boccia del 1911, la Ditta Giusta - Confezioni militari del 1962 (realtà che permettono a Terzigno di essere un elemento essenziale della filiera del tessile e dell'abbigliamento presente su quasi tutti i mercati nazionali ed internazionali); e con lo sfruttamento della lava vulcanica, (esistono molte cave, la più grande è la Cava Ranieri, ben 400.000 mq.) il cui materiale viene impiegato per costruzioni edilizie e per la pavimentazione stradale (ne sono testimonianza la quasi totalità delle strade borboniche e numerosi centri storici, come la napoletana Piazza Del Plebiscito). I lavoratori della pietra lavica (il nobilissimo piperno, pietra durissima che, con i suoi cristalli, le sue iridescenze, i suoi infiniti toni di grigio e la sua vitalità al tatto, sembra capace di emanare una magnetica forza interiore che la rende diversa dalle altre fredde pietre ornamentali) sono gli scalpellini che la levigano, la bocciardano e la scalpellano
7; fin dal '700, questi operatori sono richiestissimi per lavori ornamentali delle abitazioni (portali enormi per palazzi signorili, testimonianze eloquenti sono le Ville Vesuviane), colonne, balconi, basoli, cordoli per marciapiedi, oggetti di uso quotidiano come tavoli, mortai, abbeveratoi, ecc.; la loro capacità e maestria spesso risulta vera e propria arte. Da rilevare che manca un ricambio nelle giovani generazioni per cui l'attività va scomparendo in favore delle moderne automazioni che non sempre raggiungono gli stessi risultati.
" Terziario e commerciale con molti negozi all'ingrosso di abbigliamento, un mercato settimanale (ogni martedì) dal 1969, una fiera (di S. Antonio) soprattutto di attrezzi agricoli (ultima domenica di agosto) dagli anni Quaranta; dagli anni Settanta si è molto sviluppato il settore impiegatizio soprattutto quando la locale "Banca Fabbrocini", fondata nel 1921, ebbe un grosso sviluppo in tutta la provincia di Napoli, poi assorbita, negli anni Ottanta, dall'Istituto Bancario "San Paolo" (attualmente Banco di Napoli)
8.

6. Per la leggenda: Dio, riconoscendo nel Golfo di Napoli un lembo di cielo asportato da Lucifero, pianse e laddove caddero le lacrime divine sorse la vite. - Per la letteratura enologia: il ricercatore Bruno Bruni afferma che l'appellativo derivi dal modo particolare di vendemmiare del luogo: "Sul Vesuvio vi è un convento di monaci che producono un ottimo vino che è ottenuto dalla pigiatura delle uve raccolte solo quando dagli acini stilla (lacrima) zucchero".

7. Notizie complete sulle tecniche di lavorazione sono riportate in un lavoro di ricerca progettuale (pensando all' utilizzo dell'ex mattatoio di Terzigno) del 1996 degli alunni del locale Liceo dal titolo "La casa della pietra".

8. Altre ed esaurienti notizie sulla storia delle banche e istituti di credito sono riportate da Di Giuseppe nella sua STORIA CIVILE DI TERZIGNO e da Bifulco nel suo TERZIGNO.


IL SOCIALE

L'attività sociale e culturale si svolge in numerosi circoli ed associazioni, tra cui:
"
Associazione Calcio Terzigno, del 1964, è la sede della locale squadra di calcio, i colori sociali sono rosso - nero.
"
Circolo dei Giovani - fondato nel 1969 e attivo per circa due anni (del circolo sono visionabili un manifesto del 22 novembre 1968 e l'originale tessera).
"
Giovaninsieme - del 1986, riesce solo a progettare il concorso "Vesuvio d'oro" (del circolo sono visionabili il regolamento e la lettera di contributo del Comune).
"
L' Archeo - centro di attività culturali, fondato, con statuto ed atto notarile, da 42 soci l'8 marzo 1990 - festa della donna (celebrata anche successivamente) 9, il simbolo è un'antefissa di epoca romana (proveniente dalle ville romane locali). Dopo l'intensa attività della prima metà degli anni Novanta, con una forte presenza nel sociale con iniziative artistiche, letterarie e ricreative, il Centro ha subito un certo appannamento per il venir meno dello spirito iniziale.
"
Synapsis del 2003.
"
Corale Accademia, fondata nel 1988, Associazione che ha avviato la sperimentazione vocale su canti classici; ha tenuto concerti in tutta la Campania (Reggia di Caserta con Gragnaniello, Santa Maria la Nova a Napoli, ecc).
"
Gruppo Campagnolo folk, del 1975, coltiva la passione per il canto tradizionale 10.
"
Circolo Culturale Sportivo - C.I.S.A.L., del 1975 attivo per iniziative soprattutto sportive.
"
Associazione Commercianti - A.S.C.O.M., vita tormentata per le continue rifondazioni.
"
Trasmissioni Radio Terzigno - T.R.T., del 1977, è una radio libera che ha trasmesso fino al 1978.
"
Radio Smash, del 1978, è una radio libera a carattere sociale (i soci potevano possedere al massimo due quote da lire 50.000 cadauna) che ha trasmesso per soli tre mesi (dell'associazione sono visionabili un invito, il timbro e la ricevuta del versamento quota).
"
Circolo Sportivo S.Antonio, del 1975, si interessa di sport e produce un giornalino.
"
Associazione Venatoria - F.I.D.C. del 1940, Associazione Nazionale Libera Caccia e Circolo Cacciatori Terzigno, i moltissimi soci sono gli appassionati della caccia.
"
Associazione GUIZZO AZZURRO - Circolo ACLI - opera nel sociale dal 2005

9. Con una mostre: fotografiche "La donna nella storia" e "La donna oggi", di sculture "La donna"; e in primavera, "Merletti e ricami antichi", "Barriere architettoniche", "valori grafici" con una rassegna di grafica con video sulle tecniche del "Laboratorio" di Nola; inoltre, nello stesso periodo, si effettuarono visite guidate alla Certosa di Padula ed ai "Sassi" di Matera. Negli anni successivi sono stati organizzati: Incontri sull'orientamento universitario, concorsi fotografici, gita sociale a Città di Castello.

10. Caratteristica la "
Tammurriata alla Terzignese" (presentata al 1° Festival della tammorra e del tamburello tenutosi a Giffoni Valle Piana nei giorni 1, 2 e 3 settembre '06).
La tammorra è lo strumento principe della tradizione campana e vanta origini antichissime, legato a culti lunari, è ritenuto strumento essenzialmente femminile; detto anche tammurro, accompagna sia il canto che il ballo tradizionale ed è usato da sola o con altri strumenti a percussione.
La tammorra è un grosso tamburo a cornice con la membrana di pelle essiccata (quasi sempre di capra o di pecora) tesa su un telaio circolare di legno. Il diametro varia da 30 a 60 centimetri. L'asse di legno che compone il cerchio (cornice) può arrivare fino a 15 centimetri di altezza ed è bucato tutt'intorno da nicchie rettangolari dove vengono collocati sonagli di latta, detti ciceri o cimbali. In loro assenza la tammorra è definita muta, caratterizzata da un seducente suono cupo. Sovente i costruttori usano abbellire lo strumento con l'aggiunta di nastrini colorati e decorato con piccoli motivi floreali lungo la cornice o con scene di argomento cavalleresco affrescate sulla pelle. La tammorra non va confusa con il tamburello, che è molto piccolo, con i cimbali di ottone e non di latta.
Come si suona. Si impugna il telaio da basso con una sola mano, tenendolo perpendicolarmente al corpo, mentre la pelle viene percossa ritmicamente dal palmo e dalle dita dell'altra mano. Il modo di impugnare la tammorra è importante anche da un punto di vista rituale: accade, infatti, che quando lo strumento è impugnato con la mano sinistra e percosso con la destra si dice che viene suonato nella maniera maschile. All'opposto, invece, si dice che viene suonato nella maniera femminile e ciò perché lato destro è identificato nelle antiche culture con l'idea dell'uomo, mentre il lato sinistro con l'idea della donna. L'inversione dell'impugnatura dello strumento indica un rovesciamento dei segni del rituale. Molto complessa è la tecnica usata per suonare la tammorra, poiché richiede qualità musicali e ritmiche non comuni accompagnate, inoltre, da una resistenza fisica notevole poiché lo strumento deve essere spesso suonato per delle ore senza che il musicista possa cedere nella costanza del titolo. Critica è, ad esempio, la posizione da tenere per equilibrare il peso e lo strumento in modo da non affaticare eccessivamente il braccio. Non esiste, in proposito, una regola generale in quanto ogni suonatore trova una sua maniera per equilibrarsi costruendo una tecnica alla quale partecipa tutto il fisico.
Dove si usa. La tammorra accompagna sia il canto che il ballo tradizionale dell'Italia Meridionale, in particolare in Campania, dove è usata da sola o con altri strumenti a percussione, quali le castagnette. Qui la forma musicale, ad andamento essenzialmente binario, dallo strumento deriva il nome tammurriata o anche canzone 'ncopp 'o tammurro. A tale struttura ritmica corrisponde una particolare scansione metrica di sei versi, undici sillabe, che durante il canto subisce però modifiche sia nel numero delle sillabe, che nell'organizzazione. In special modo nell'area vesuviana e ancor di più a Terzigno, la tammurriata emerge durante occasioni ludiche e soprattutto rituali - cerimoniali, quali i frequenti pellegrinaggi devozionali alla Madonna.
Un po' di storia. La storia della tammorra, rivissuta attraverso lo studio dei reperti archeologici e delle opere d'arte presso quei paesi che si affacciano sul Mediterraneo prende inizio da alcune statuette fenicie di figure femminili, raffiguranti forse sacerdotesse della dea Astante recanti un disco riconducibile ad un tamburo a cornice, conservate presso il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Alcune pitture di origine greca mostrano donne nell'atto di suonare un tamburo simile all'attuale tammorra denominato tympanon. Questo strumento ha quasi sempre due pelli (vista la presenza di maniglie o di legature a forma di X e di V sul profilo della cassa) tese su un telaio circolare di legno e di bronzo tenuto verticalmente e percosso con la mano nuda. Presso i Romani, lo ritroviamo col nome di timpanum. In un mosaico di Pompei conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli tale tamburo è raffigurato in mano ad uno strumentista, forse un ambulante, che lo percuote tenendo la pelle rivolta verso il basso. Una tecnica di esecuzione, questa, utilizzata per suonare l'attuale tammorra in Italia Meridionale e che si osserva presso tutte le popolazioni del Mediterraneo e del vicino Medio Oriente che utilizzano tamburi di tale forma. La musica del Medioevo eredita quasi tutti gli strumenti a percussione dell'Evo Antico e la tradizione popolare conserva il grosso tamburo detto poi tammorra per scandire il ritmo durante i balli di Corte. La musica colta rinascimentale non disdegna l'utilizzo di questo strumento, dal momento che esso viene raffigurato nelle mani degli angeli musicanti o nelle tarsie dei cori delle chiese, in cui si evidenzia l'uso del tempo di sospendere dei sonagli al telaio o anche di applicare la bordoniera (una corda posta sulla pelle per dare allo strumento il suono rullante).


Manifestazioni e feste religiose

-
Capodanno con la benaugurale "frasca di lauro".
-
Presepe vivente itinerante: allestito di anno in anno nelle varie contrade del centro storico, con violetti, case antiche, pozzi, forni, ecc. e coinvolgimento di tutti gli abitanti della contrada - 6 gennaio.
-
Terzigno: Immagini di ieri e di oggi - mostra fotografica allestita dal Liceo 28 gennaio / 5 febbraio 1984 (sono visionabili manifesto e foto).
-
Carnevale edizioni del: 1984 con la 'ndrezzata della quadriglia (presente con alterna fortuna ogni anno) e testamento di Carnevale (visibile manifesto); 1997 con carri e sagra del migliaccio (visibile attestato partecipazione); 1998 e successive con i carri allegorici dei vari rioni - in genere quattro - e coinvolgimento dell'intera cittadinanza mediante le scuole di ballo (esiste un sito Internet sul carnevale).
-
Straterzigno - gara podistica per categorie organizzata nella sola 1^ edizione il 21 aprile 1984 (di essa è visionabile il manifesto).
-
Domeniche nel Parco a Primavera.
- L'antica processione e la recente drammatizzazione del
Venerdì Santo.
-
Lunedì in albis - Santa Brigida - dal 1946 si tiene la seguitissima e spettacolare gara, di respiro regionale se non nazionale, di fuochi pirotecnici 11.
- Festa della Croce - domenica precedente il 3 maggio, non più effettuata da molti anni.
-
Concorso musicale "Tu che musica parli … ?" in maggio (ed. 2003 e 2004) - festa della mamma, riservato agli alunni delle scuole elementari e medie di Terzigno.
-
Maggio mariano - nelle varie contrade.
-
Corpus Domini - la processione degli altari.
-
Sant'Antonio - 13 giugno ed ultima domenica di agosto - con fiera di attrezzi agricoli.
-
Maria SS. Del Carmelo - 16 luglio.
-
Sagra del vino con la percoca - fine luglio e primi di settembre.
-
Festa patronale dell'Immacolata - 12 settembre.
-
Sagra del vino di Terzigno 11 novembre (con vari appuntamenti fino a dicembre inoltrato) - San Martino ogni mosto è vino - con palio della botte, processo al vino e concorso letterario/poetico/artistico.
-
Alberata natalizia - concorso meritorio per l'adozione da parte dei cittadini di uno piccolo (1 o 2 mq.) spazio pubblico delle villette comunali concesso dal Comune per una simbolica cifra (lire mille), spazio da sistemare, curare e completare con un albero (quello natalizio della propria famiglia). La manifestazione ha avuto solo due edizioni nel '94 e nel 95 con una partecipazione discreta (sono visibili manifesti,diplomi e atto di affido).
-
Marcia della pace, tenuta negli anni Ottanta con un gigantesco mappamondo che percorreva le vie cittadine (vedi foto).

11. Di origine antichissima, la Pirotecnia è uno spettacolo fugace dove si ammirano il tonfo attutito della carica di lancio nel mortaio, il lento roteare della bomba nella sua ascesa segnata solo da debole bagliore della spoletta accesa, il colpo sordo della carica di spacco seguito dall'accensione delle guarnizioni che illuminano il cielo notturno di splendide composizioni colorate, la violenta detonazione del colpo scuro che fa vibrare il plesso solare agli spettatori ed infine l'inconfondibile aroma della polvere nera e della carta bruciata che il vento spande nell'area circostante.
Le origini sono vaghe, si può partire dai falò con cui i greci celebravano grandi ricorrenze; si passa poi al "razzo" e, nel '500, alla "girandola" (macchina pirotecnica costituita da una sorta di ruota di legno messa in movimento da razzi).
Nel Seicento si diffonde in tutta Europa dividendosi in due scuole di pensiero una più orientata verso uno sviluppo tecnico (Norimberga), l'altra verso uno sviluppo più coreografico, allegorico e decorativo (Napoli), qui abbiamo la simulazione degli incendi di campanili, chiese, palazzi e nel 1657, ebbe inizio la tradizione dei fuochi a mare nella festa famosissima di Piedigrotta, (i fuochi, allestiti su più di venti natanti strategicamente posizionati nel golfo, simulavano con un travolgente crescendo una battaglia navale).
Nel XVIII secolo, lo spettacolo si sincronizza con brani musicali, e, alla fine del secolo, diventa vero e proprio spettacolo come l'attuale con l'introduzione del colore: all'esclusivo rosso-viola della polvere nera si aggiungono le scintille brillante con la limatura di ferro, le fiamme giallognole con la raschiatura di ambra, i lampi abbaglianti con il magnesio, il verde con sali di bario, il rosso con i Sali di stronzio, ecc.
La valutazione dei fuochi considera la bomba di tiro, dove si rilevano vivacità e varietà dei colori, tempi di spacco, aperture sempre a forma sferica e complessità; la qualità viene definita dall'abbinamento e varietà dei colori, dal più alto numero degli spacchi caratterizzati da diversi nuclei sferici (detti contrabombe) con stelle all'interno e cannoli all'esterno, dall'altezza uniforme dello sparo; i tempi di deflagrazione, infine, devono susseguirsi con precisione tra gli intrecci e le riprese, sbavature e poca sfericità dei nuclei sono considerate imperfezioni; e finale con l'insieme dello spettacolo, dove si valutano durata, variazioni, novità, sorpresa, meraviglia e spettacolarità; la bontà è definita dalla capacità di appassionare dal primo all'ultimo colpo, senza pause lunghe o interruzioni, presentando emozioni ed entusiasmo; peculiarità sono le "fermate", bombe che sparano in una sequenza cronometrica di intrecci ed aperture e la "scarica", fase finale caratterizzata da un ritmo incalzante di colori e spari che, al culmine, devono occupare tutta la scena (intera volta celeste visibile).

________________________________________________________________________________________

Archeologia


Gli scavi archeologici promossi dal '700 in poi nel Suburbio pompeiano hanno riportato alla luce innumerevoli ville rustiche di epoca romana, anche il territorio di Terzigno, è stato, anche se solo recentemente (L. Reg. 67/88), interessato corposamente da scavi che hanno rivelato numerosi ritrovamenti di seguito cronologicamente elencati:
" Nel 1910, in località Scocozza masseria Albano (oggi proprietà Pasquale Auricchio) sono stati rinvenuti delle mura romane e vari attrezzi agricoli.
" Nel 1976, in località Avini cortile Ferrara, a 21 metri di profondità, sono stati rinvenuti anfore e dolii romani.
" Nel 1981, in località Caposecchi, lungo l'antica strada che da Pompei conduceva a Nola
12, nella Cava Ranieri ('o tagliapret') che estrae la pietra della colata lavica del 1832-34 13, è venuto alla luce l'intero quartiere rustico (atrio porticato, corridoio, stanzette) e la cella vinaria di una villa romana, la cella contiene dolii in terracotta con una capacità di circa 800 litri, ben conservati, allineati e infossati a file parallele con il marchio di fabbrica impresso sull'orlo. Questo rinvenimento fu preceduto, nel 1976, da segnalazioni incerte di un'altra villa a circa 800 metri più a nord. Successivamente si sono avuti altri cinque rinvenimenti tanto da formare un vero parco archeologico.
Lo sfruttamento dell'ager Pompeianus (seppur molto studiato negli ultimi anni, data la pochezza delle informazioni, non è ancora del tutto ben definito riguardo a estensione e configurazione) era assicurato da queste ville rustiche. Situate su panoramiche terrazze naturali alle pendici del Vesuvio, le ville furono distrutte dall'eruzione del 79 d.C., esse erano composte da una pars urbana (riservata al padrone), una pars rustica (per i servi e l'attività lavorativa), la fattoria era la pars fructuaria. Vi sono anche esempi di ville più modeste solo rustiche (solo per vilicus e schiavi).

Le ville romane di Terzigno 14, in sintesi, sono sei così distinte:

villa 1: collocabile tra il II e il I secolo a.C., di 135 mq. (tutte le pertinenze si estendono per 570 mq.), con 42 dolii nella cella vinaria e un deposito del foraggio (dove sono visibili resti vegetali carbonizzati che i vari esami hanno stabilito essere trifoglio, erba medica, fava e pisello selvatico), doveva trattarsi di una grande azienda agricola;
villa 2: a 800 metri dalla villa 1, anch'essa collocabile tra il II e il I secolo a.C., qui sono stati trovati vari scheletri umani e di cani, nonché vari monili, monete d'argento e bronzo, una fibula di bronzo, tutto di buona fattura;
villa 3: a 200 metri dalla villa 2, consiste in un fondo di cisterna e qualche muro;
villa 4: è una struttura muraria in opus incertum, che delimita dei pavimenti di cocciopesto;
villa 5: pochissimi elementi;
villa 6: è risultata un rinvenimento eccezionale, lo scavo esplorativo si è protratto dal 1993 al 1997, sono venuti alla luce enormi e raffinati affreschi di cicli figurativi mitologici, di Fortuna con timone, di Sacri Lari e di un Baccante e, nel settore rustico, alcuni scheletri.

12. Nella topografia del Suburbio pompeiano è questa un'antica arteria risalente al periodo medioevale, quando il territorio di Terzigno insieme a tutto il circondario era la "Silva Mala", luogo di caccia degli Angioini.

13. Fino al XVIII secolo, questa strada resta l'unico collegamento tra le località del versante meridionale del Vesuvio, con i Borbone si razionalizzò il tortuoso percorso, quello attuale (la SS 268).
La strada è riportata nella "Tavola Peutingeriana" (da Peutinger nome del possessore della tavola che si trova a Vienna).

14. Il record stratigrafico evidenziato nel sito, un'area di circa 500.00 mq., comincia con depositi di flow e surge di 7900 anni fa e si chiude con la colata Caposecchi del 1834, che poggia sulle lave 1701/1817, mentre i depositi vulcanici del 79 d.C. sono ad un livello moto più basso rispetto all'attuale piano di campagna.
Ampia e dettagliata relazione sulle ville e catalogo completo dei reperti rinvenuti a Terzigno sono riportati nella pubblicazione promossa dalla Gestione Commissariale di Terzigno nel 1989: "Le Ville Romane di Terzigno " a cura di Caterina Cicirelli.

_______________________________________________________________________________________


Monumenti e siti importanti



VILLA BIFULCO


Costruita nel 1748-60 dall'illuminato notabile di Ottajano e amministratore dei Medici: Vincenzo Bifulco, la villa, ben conservata anche per un recentissimo ed oculato restauro, classico esempio di residenza estiva per la coltura vitivinicola, pur rimanendo proprietà privata, è vincolata per legge dalla Sovrintendenza ai Monumenti, dal 1939, fa parte delle "Ville Vesuviane del '700".
Il modello della villa, come un po' in tutto il napoletano, era rispondente alle esigenze dei "galantuomini" che, secondo i loro valori economici e sociali, sperimentarono con tali siti la coniugazione tra otium e interessi.
La villa, con il suo gioco di pieni e di vuoti molto originale, è di scuola vanvitelliana
15, è posta al centro di un grande vigneto (40 moggi) ed un giardino ricco di piante pregiate, soprattutto molte varietà di camelie (una è stata piantata nel 1748), spesso oggetto di studio 16.
La villa è sita in un'area collinare, alle falde del Vesuvio, destinata a vigneto. La facciata si articola su due piani, segnata da un doppio portico a tutto sesto, intervallato da un arco intermedio, con ambienti retrostanti. Il portico superiore è coronato da un frontone al cui centro è una finestra ovale che dà luce ed aera un sottotetto. Il raccordo tra il fronte e le ali dell'edificio è assicurato da belle volute che, insieme alle cornici delle finestre, caratterizzano la villa.
La scala collega il piano terra al piano nobile è posta nel piccolo ambiente rettangolare a destra e presenta una graziosa balaustra in marmo e due finestre in asse che danno sul cortile.
La cantina, con i suoi ambienti a volta, si estende per una superficie di due terzi più ampia dell'edificio sovrastante ed è collegata, da un lato, direttamente con la terrazza alle spalle del piano nobile mediante un efficientissimo sistema di aerazione, in essa si trovano numerosi attrezzi per la vinificazione (pezzo pregiato è un mastodontico torchio del '700 detto "'a cerqua").
L'ampia terrazza, delimitata da una balaustra in pietra lavica che fa corpo con i sedili che la circondano per larghi tratti, elevandosi di poco sul declivo collinare è uno splendido belvedere che si apre sui vigneti e guarda alle falde del Vesuvio.
Il giardino è segnato, nella parte antistante, da un viale e da un ampio spazio semicircolare, è ricco di alberi con varietà particolari e pregiate di camelie.

15. Dall'architetto olandese Vanvitelli, chiamato a Napoli da Carlo III° per realizzare la splendida Reggia di Caserta.

16. Per Monumenti porte aperte, la Fondazione Napoli Novantanove in collaborazione con l'Istituto Tecnico Agrario Statale "E. De Cillis" di Ponticelli - Napoli , il 7 maggio 1994, ha organizzato, nell'ambito della manifestazione La scuola adotta un Monumento, una vista guidata con apporti multimediali alla villa Bifulco ed al suo rinomato giardino delle camelie, nell'occasione è stato allestito un'esposizione di attrezzi agricoli nella cantina con il famoso torchio.



EREMO DEI CAMALDOLI

L'eremo dei Padri Camaldolesi è situato nella zona a valle (nelle campagne che circondano il Cimitero a quota 80 metri s.l.m.), denominata "Masseria e' Camaldoli" estesa per 190 moggia di terreno, verso la metà del '400, era affidata a Girolamo Sangermano da Liveri, poi di proprietà del Comune di Ottaviano, che prima la concesse in fitto per sei anni al sacerdote Andrea del Giudice da Ottaviano e poi, nel 1813, a Francesco Dell'Annunziata.
Il complesso edilizio, costruito prima del XV secolo, è stata la sede del primo istituto religioso stabilitosi a Terzigno (tra il XV e il XVI secolo l'Ordine dei Camaldolesi si diffuse in tutta la zona napoletana), è composto da 7 locali al piano terra con un ampio refettorio, da 10 stanze al primo piano e dalla chiesa con campanile.
Nel 1652, in seguito alla abolizione dei piccoli eremi e conventi ove, per il ridotto numero di religiosi, non era possibile applicare appieno la "regola" di papa Innocenzo X (IN QUIBUS OB PARVUM NUMERUM RELIGIOSORUM NON POTEST IUXTA INSTITUM SUUM SERVARI DISCIPLINA), i religiosi di circa cento comunità religiose (tra cui questa) dovettero raggiungere i propri istituti in regola con la norma; nell'eremo sopravvisse una incerta vita religiosa fino al 1864 quando fu definitivamente abbandonato dai Camaldolesi, a causa dell'abolizione e spoliazione degli ordini religiosi da parte del Governo unitario.
Nel 1943-44, l'area fu utilizzata dagli Alleati per la costruzione di un aeroporto militare e nello stesso periodo il complesso fu ulteriormente danneggiato con il crollo dei tetti dalla caduta di lapilli del Vesuvio.
Attualmente il complesso è molto diroccato rimane, però, quasi intatto il tronco del campanile della chiesa e l'arco in pietra bianca a tutto sesto dell'ingresso; nel 1917 fu asportata la piccola campana ancora istallata, per sistemarla sul campanile della chiesa di S. Antonio.
Nel 1995, gli alunni del locale liceo scientifico hanno avanzato, dopo studi e rilievi del sito nella ricerca, tradotta anche in francese, dal titolo: "L'EREMO DEI CAMALDOLI DI TERZIGNO", una richiesta all'Amministrazione comunale di adottare il monumento. La cosa, per la poca sensibilità delle autorità, è rimasta lettera morta, anzi, nel 1999, operatori stradali comunali, nella logica del piccolo favore di tipo clientelare, hanno anche arrecato dei danni, per fortuna denunciati in tempo da alcuni cittadini e dal giornale locale "Voce Vesuviana" del novembre 1999, alla struttura per ampliare una stradina interpoderale privata.



CASA DEL VESCOVO

Costruita in seguito al ritrovamento, il 16 dicembre 1631, sotto una ripa di lava di una parete dipinta (la figura rappresentava la Madonna degli Angeli, indicata poi con il nome di Madonna della Ripa ) come casa convento dai Padri Carmelitani Scalzi di Santa Teresa.
Il complesso, allo stato molto degradato, è definito "Casa del Vescovo" perché vi dimorarono i Vescovi di Nola il carmelitano Daniele Scoppa (1695-1703), che inaugurò nel 1699 la cattedrale di Nola e saltuariamente Monsignor Trojano Caraccciolo del Sole (1738-64), per seguire i lavori di costruzione della Chiesa dell'Immacolata e perché, data la cagionevole salute, trovava giovevole respirare l'aria fine e sulfurea di quel sito.


MASSERIA BARRI

L'ottocentesco complesso, allo stato molto degradato, è un edificio rurale sito a valle della chiesa di Santa Brigida, è caratterizzato dal piano celliere interrato con pilastro centrale e coperture a volta per la lavorazione e conservazione del vino, dal piano terra per le stalle e depositi e dal primo piano per abitazioni, qui si estende un'ampia terrazza preposta all'essiccazione di noci e nocciole.
Il complesso è un classico esempio dell'architettura rurale di Terzigno con case a volta estradossata e cortine con comodi (cisterna, lavatoio, forno, ecc.) comuni, utili anche per lo sviluppo di una socialità rionale tutta contadina.




TAVERNA AL MAURO, CASOTTO E PIETRA MILIARE

La seicentesca Taverna della Quercia (la Cercola à Balzano, detta al Mauro - ben conservata grazie ad un recentissimo sapiente restauro) è un'antica stazione di posta (cambio cavalli - ristoro per viaggiatori, briganti, donne allegre, a base di pasta, carne e verdura e con i piatti tipici: trippa, meuza 'mbuttunata, zuffritto, sarachiello, noglia, menesta 'mmaretata, fasule dint' 'o fiasco, puparuole 'mmbuttunate, mulinane a fungetielle o a barchetella, sasiccio e friarielli, stocco arricanate, chiocciare e baccalà, ragù cù 'a braciola, bollito 'e carne 'e capa, ventre 'e stocco, pastiera 'e maccarune - rifornimento viveri - ritrovo di briganti) sita al confine del feudo mediceo. Il voluminoso edificio di cinque grandi ambienti è caratterizzato, nella parte anteriore, da grossi archi e retrostante portico coperto con volte a botte, spazio utilizzato per esporre merci e come ristorante all'aperto.
Nei pressi della Taverna, un centinaio di metri più a sud lungo la strada, si nota il casotto per le guardie e la pietra miliare di confine con lo stemma dei Medici.




VILLE/MASSERIE: DI LUGGO, SAVIANO, MENICHINI, GIORDANO, BUONINCONTRI E CASINO DI CACCIA, COZZOLINO

La villa
Di Luggo è una grande masseria di proprietà di patrizi vesuviana del XVIII secolo che, anche se non presenta particolari pregi architettonici, con i suoi portici leggiadri e cortili squadrati denota la tipicità delle fattorie vesuviane preposte alla viticoltura.
Nella villa, situata nella zona nord orientale, oltre all'ampia casa padronale, sono ubicate ampie cantine corredate di tutto quanto necessita per la lavorazione e la conservazione del vino. Il complesso è, allo stato, discretamente conservato.

La
Saviano è una villa patrizia vesuviana del XVIII secolo che, anche se non presenta particolari pregi architettonici, con i suoi prospetti semplici e lineari denota la tipicità delle fattorie vesuviane preposte alla viticoltura.
La villa, nella zona nord orientale, si eleva su tre piani e, nell'interrato, sono ubicate ampie cantine corredate di tutto quanto necessita per la vinificazione. Lo stato attuale di conservazione è discreto.

La villa
Menichini ubicata a ridosso del centro storico, presenta sobrie linee architettoniche; è stata costruita agli inizi del 1700, allo stato ben conservata, fu molto trasformata nel 1870, per adeguarla al commercio del vino, presenta immense cantine attrezzate per la vinificazione.

La
Giordano è una villa patrizia vesuviana del '700 ben conservata ma molto rimaneggiata rispetto al complesso originario, rimangono intatti il cortile e le antiche stalle, che denota la tipicità delle fattorie vesuviane preposte alla viticoltura.
La villa, nel centro storico, è composta da una zona padronale elevata e, nell'interrato, da ampie cantine corredate di tutto quanto necessita per la vinificazione, vi sono ancora due fusti (grandi botti) per la conservazione ed il commercio del vino.

In località Mauro vi sono la villa dei Baroni
Buonincontri che presenta scuderie per carrozze e cavalli, cantine per il vino; e, nella zona detta "Posta del Re", i pochi resti del Casino di caccia dei Principi de' Medici di Ottajano, frequentato anche da re Carlo III di Borbone, che amava molto la caccia, infatti, al suo insediamento a Napoli nel 1734, aveva voluto come sua sede una nuova reggia, quella di Capodimonte, con un ampio Parco (la reggia sarà anche sede di Giuseppe Bonaparte dal 1806 al 1808 e di Giocchino Murat dal 1808 al 1815 - il cosiddetto Decennio francese.

L'edificio
Cozzolino è una residenza padronale, ubicato in località Boccia al Mauro, presenta semplici linee architettoniche molto rimaneggiate nel tempo, è caratterizzata da una torre, alla sommità del corpo scala, con parapetto merlato. Lo stato di conservazione è alquanto discreto.



Museo Emblema

Il museo, splendido spazio espositivo, di Arte Moderna è sito nella casa-laboratorio del maestro Salvatore Emblema
17 e raccoglie la sua produzione artistica.
Con le sue trasparenze, Emblema ha saputo intrappolare con immagini e sculture le energie vitali del vulcano, mostrando un amore viscerale per la sua terra nera, è lui "l'uomo del Vesuvio"; per il qual motivo l'Amministrazione Comunale lo ha nominato ambasciatore nel mondo della pietra lavica vesuviana.
Fa parte del museo anche l'opificio-officina (laboratorio artistico) in cui il maestro opera e conduce una continua ricerca per le più svariate forme di utilizzo dei materiali vulcanici
18, interessante la coniugazione con altri materiali come ceramiche, oro, ecc.


17. Conosciuto in tutto il mondo, ha esposto tra l'altro agli Uffizi ed a New York e figura nel manuale di Storia dell'Arte di Giulio Carlo Argan.

18. La pietra, sotto le sue sapienti mani, diventa monile, mosaico, si polverizza e si ricompone diventa colore o substrato, in un processo che la porta ad essere protagonista dell'opera d'arte.


_________________________________________________________________________________________
_________________________________________________________________________________________

TERZIGNO dalle Origini al Seicento



Il territorio

Terzigno fa parte del territorio vesuviano che si delineò con la nascita, circa 17000 anni fa, del Vesuvio, conformatosi grazie all'attività vulcanica del Monte Somma, nato a sua volta (circa 350.000 anni fa) dal fondo sottomarino.
La pianura, infatti, che si estende a perdita d'occhio dal Monte Massico ai Monti Lattari, dal mare fino ai monti di Caserta e ai Picentini, in seguito a sprofondamento divenne un braccio di mare e successivamente teatro d'azione di numerosi vulcani. Le eruzioni si svolsero prima sotto il livello del mare e poi sulla terra ferma, costruendo con i materiali eruttivi edifici vulcanici ancora esistenti come i Campi Flegrei, Procida e Vivara, Ischia, Roccamonfina e le isole Pontine (2 milioni di anni). Ultimo a comparire al centro delle acque fu il piccolo cono del Somma-Vesuvio, che, poggiando su un basamento tra i 2 e i 5 km di profondità all'interno di rocce calcaree del Mesozoico e con incessante attività, colmò l'area circostante formando, retrocedendo il mare, la costa attuale.
La vita del Vesuvio, più specificamente, è stata interessata da cicli eruttivi principali con eruzioni esplosive denominati: Codola di 25.000 anni fa, qui i materiali eruttati poggiano sull'Ignimbrite Campana o Tufo Grigio Campano, a sua volta formatosi da eruzioni dei Campi Flegrei da 300000 a 36000 anni fa; Sarno di 17.000 anni fa: fine dell'attività del Somma con la formazione della caldera, testimoniata dall'attuale Punta Nasone alta 1131 metri e dall'assenza di colate laviche recenti su questo versante, al cui interno si formarono con il Gran Cono, che diede inizio a quella vera e propria del Vesuvio, nella parte piana meridionale, il Piano delle Ginestre o La Piana, e nei 5 km di valle che raccorda le pareti dell'antico cratere con la base del cono, la Valle del Gigante, a sua volta chiamata Atrio del Cavallo ad Ovest e Valle dell'Inferno dall'altra parte.; Novelle-Seggiari di 15.000 anni fa; Ottaviano di 8400 anni fa; Avellino di 3.500 anni fa; 79 d.C, la prima storicamente documentata.
Ogni ciclo è iniziato, dopo un lungo letargo (alcuni secoli), con un eruzione di pomici altamente esplosiva: l'ultimo ciclo è iniziato nel 79 d.C. e si è concluso nel 1944.

L'evento del 79 d.C. - preceduto da un terremoto del 5 febbraio del 63 d.C. così descritto da Seneca: "Abbiamo saputo che Pompei, celebre città della Campania verso cui da una parte converge il lido di Sorrento e di Stabia e dall'altra quello di Ercolano, mentre dinnanzi cinge un ameno seno marino, è stata devastata da forte terremoto insieme a paesi adiacenti. E per di più tale terremoto è avvenuto nei giorni invernali, quando, secondo le esperienze dei nostri maggiori, tali tempi sono esenti da questi pericoli. È avvenuto, infatti ai 5 febbraio, ed ha desolato la Campania, che, del resto, non è mai sicura da simile disastro. Porzione di Ercolano è caduta e le case rimaste in piedi sono pericolanti; anche Nocera, se non è rovinata, non è neppure salva. A Napoli sono cadute case private ed edifici pubblici. Moltissimi altri paesi ebbero a soffrire" - è datato 24 agosto del 79 d.C. e durò tre giorni; il 26 il cielo fu di nuovo chiaro. Pompei fu ricoperta da 7 metri di ceneri e lapilli, Ercolano da uno spessore di fango (lahar) alto dai 15 ai 25 m; vi furono più di 2000 vittime.
La cronaca degli eventi, da recenti studi, stabilisce che molti abitanti di Pompei, anche sciacalli, cessata la rima fase dell'eruzione, ritornarono in città ormai quasi sepolta. Ma, dopo una decina di ore, alle 6 del 25 agosto l'attività riprese violentissima con arretramento della linea di costa lungo l'intero Golfo ed emissione di vapore surriscaldato, i pompeiani e gli animali che non fuggirono morirono per soffocamento per l'alta temperatura e per le esalazioni tossiche, in meno di 24 ore l'eruzione terminò dopo aver completamente distrutto la città ed aver sconvolto interamente una campagna fertilissima, che, dove non fu coperta dal manto di cenere, fu bruciata dalle piogge fortemente acide.
Insieme a Pompei, furono distrutte Stabia, Ercolano, Oplonti - l'attuale Torre Annunziata; e altre cittadine non ancora localizzate del tutto come Leucopetra - Pietrarsa; Tora - forse l'attuale S. Valentino Torio; Sora o Sola - presso Torre del Greco, Cossa - ubicata tra Ercolano e Pompei - è ricordata da Patercolo, Floro e Stradone; Civita - situata fra Pompei e Boscoreale forse l'attuale Giuliana; Taurania, citata da Plinio - presso Palma Campania dove oggi vi è un casale chiamato Taurano; Veseri - sulle rive del fiume omonimo, forse le sorgenti dell'attuale Sebeto.
L'eruzione è ben descritta da un osservatore diretto: Plinio il Giovane, che, nelle sue lettere a Tacito (Epistole, Libro VI, 16° e 20°), scrive:
"Mio zio (Plinio il Vecchio) era a Misero, dove egli comandava la flotta. Il IX giorno innanzi l'ore VII (mezzogiorno), mia madre mi indicò un nembo che era apparso, di grandezza e di aspetto straordinario […] (non si capiva bene, guardando da lontano, da qual monte, e si si seppe poi che era il Vesuvio), del quale nessun altro albero meglio del pino avrebbe reso la forma e l'aspetto. Infatti, drizzandosi insù come un lunghissimo tronco, si allargava poi ramificando: credo perché, spinto prima in alto da un soffio impetuoso e poi dallo scemare di questo abbandonato a se stesso oppure anche vinto dal proprio peso, sfumava allargandosi: talora candido, talora morbido e chiazzato, secondo che avesse sollevato terra o cenere.
Nello stesso tempo, la cenere cominciò a cadere su di noi, non ancora fitta; rivolsi e vidi soprastarmi alle spalle una densa nube che ci incalzava come un torrente spargendosi sulla terra. Torniamo, dissi a mia madre, finché ci si vede; affinché sorpresi per via, no fossimo travolti dalla folla che ci veniva dietro. Appena seduti, si fece notte; non di quelle nuvolose e senza luna, ma come in una camera chiusa quando si sono spenti i lumi. Si udivano i lamenti delle donne, i gemiti dei bimbi; il gridare dei mariti; gli uni cercavano a voce di voler riconoscere i padri, gli altri i figli; gli altri i consorti; chi commiserava il suo caso; chi quello dei suoi; vi erano di coloro che, per timore della morte, la invocavano […]. Finalmente fece un po' chiaro; né questo ci pareva giorno; ma come foriero di un fuoco vicino; ma il fuoco non venne; invece nuova oscurità e nuovo nembo di fitta cenere. Noi alzandoci di tanto in tanto, la scuotevamo di dosso, altrimenti ne saremmo stati, nonché coperti, schiacciati. Ma il timore prevaleva, perché continuava il terremoto, e molti lunatici, con le loro malaugurate predizioni, si burlavano del proprio male e dell'altrui.
Già faceva giorno da un'ora; e pur la luce era tuttavia incerta e quasi languente."

Nella zona scorrevano, provenienti dai monti vicini, vari flussi d'acqua, poi riuniti in un fiume in seguito detto "Sarno", che inondavano disordinatamente il territorio rendendolo paludoso. Solo più tardi, circa 10.000 anni fa, i primi abitatori, imbrigliando le acque, resero fertile e coltivabile il territorio, che, nei secoli, è stato sempre meta di nuovi insediamenti umani perché rivelatosi straordinariamente fertile e caratterizzato da un ottimo clima, nonché da una felice posizione geografica.
I primi abitanti, siamo nella preistoria, attratti e atterriti dalle manifestazioni vulcaniche si spinsero ad adorare Giove-Vesuvio come divinità come si rileva da una lapide descritta dall'archeologo Mommsen : "Iovi Vesuvio Sacrum". I pompeiani invece, e siamo nella storia, avevano perso la memoria come vulcano e lo ricordano tranquillo e ricoperto completamente da vigneti, dai quali si produceva il "Vesvinum" e "Vesuvinum"

__________________________________________________________________________________________
La denominazione " Terzigno"


LE PRIME DENOMINAZIONI DELLA TERRA TERZIGNESE IN EPOCA ROMANA

Sicuramente la più antica denominazione che compare sul territorio terzignese, più ampiamente nomato "Terra di Ottajano", è MAURO (oscurare, nascondere nell'ombra).
In epoca romana (età di Augusto), questo territorio faceva parte del suburbio pompeiano ed è stato molto celebrato nella letteratura latina per la salubrità dell'aria, utile a molti malanni, per l'eccellente pozzolana, utile per la fabbricazione (usata da Costantino per costruire Bisanzio), per la fertilità delle balze e per i suoi fiorenti vigneti che producevano il Vesvinum vinum denominato "Lacrima Christi".
Diodoro di Sicilia (I sec. a.C.) rileva che "il monte conservava le tracce di antiche eruzioni.
Lo storico e geografo greco Strabone (di Amasia nel Ponto - 63 a.C.- 20 d.C.) nel 19 d.C. descrive il Vesuvio come "una montagna, rivestita di terra fertile, della quale sembra che abbiano tagliato orizzontalmente la cima: codesta cima forma una pianta quasi piatta, totalmente sterile, del colore della cenere, nella quale si incontrano, di tratto in tratto, caverne piene di fenditure formate da una pietra annerita come se avesse subito l'azione del fuoco; di modo che si può congetturare che lì vi fosse un vulcano il quale si è spento dopo aver consumato tutta la materia infiammabile che gli serviva da alimento. Forse questa è la causa alla quale dobbiamo attribuire la mirabile fertilità delle pendici della montagna". E, ancora, nel V libro della sua "Geografia" scrive: "Il Vesuvio è circondato da ottimi campi".
Il coevo Marco Vitruvio Pollione scrisse che "eravi ricordo che il Vesuvio anticamente avesse vomitato fiamme sulle campagne".
Marziale (40 - 104 d.C.) poco dopo annotava con una certa amarezza: "Questo è il Vesuvio, poco fa verdeggiante di pampini; qui l'uva dorata aveva premuto i bagnati tini. Questo è il monte che Bacco amò più dei colli di Nisa, sua patria; in questo monte or ora i satiri intrecciavano le loro danze … Tutto giace sepolto dalle fiamme e dal terribile incendio. Neppure gli dei avrebbero voluto ciò che fosse lecito ad essi".
Varrone: "Sul Vesuvio, le terre sono più belle , e perciò più salubri".
Plinio (23 d.C. - 79 d.C.) definisce il sito terra incantata.
Cicerone definisce le fertilissime terre vesuviane "Il più bel possedimento del popolo romano, l'ornamento della tranquillità e fonte di imposte".
Columella ( I° secolo) nel suo trattato sui campi e l'allevamento celebra le acque vesuviane.
La tradizione parla appunto di un fiume, il Véseri, alle falde del Vesuvio (nella sua "Storia e fenomeni del Vesuvio" del 1755, il Della Torre parla di un ruscello "verso il bosco d'Ottajano e scomparve sotto la lava"), il quale, dopo aver solcato il territorio di Ottaviano, S. Giuseppe e Terzigno, si dirigeva verso il mare, poi inghiottito dalla lava vulcanica.
Il territorio fu anche testimone nel 73-71 a.C. della ribellione di Spartaco che, fuggito con una settantina di compagni dalla scuola di gladiatori di Capua, si rifugiò sul Vesuvio dove, nel combattere i Romani (Clodio si diede alla fuga), razziò ville e castelli a Nocera e a Nola.
Augusto, di origine nolana, costruì una villa nella parte settentrionale del Vesuvio, poi si costruirono nei dintorni altre abitazioni tanto da formare un centro abitato: Ottaiano.

DAL VESUVIO, LA PRIMA DENOMINAZIONE: "TERZIGNO"


Lo sviluppo di questo territorio, anche dopo la totale distruzione del 79 d.C. continua, di conseguenza, ad essere legato a filo doppio alla storia vulcanica del Vesuvio.

Qui su l'arida schiena
del formidabil monte
sterminator Vesevo,
la qual null'altro allegra arbor né fiore,
tuoi cespi solitari intorno spargi,
odorata ginestra ….

(da "La Ginestra" di G. Leopardi)

Nell'alto Medioevo le pendici del Vesuvio (indicato con "BESUBIUS" dal latino: Vesuvius poi Vesvio, Besobio, Besvio, Besuvio, ecc.), l'ager pompeianus, si coprirono di una fitta, intricata e pericolosa boscaglia che si estese sia per la mancanza di abitanti (vi abbondavano cinghiali, lupi, volpi ed altri animali selvatici), sia per la ridotta attività vulcanica. La proprietà di questo territorio era, in massima parte, o di ordini monastici (Camaldolesi e Carmelitani) o di famiglie nobili (Gonzaga e Caracciolo).

Dopo la grande eruzione del 1306 (le precedenti conosciute sono del: 800 a.C., 79 d.C. (prima descritta), 203 con boati uditi fino a Capua, 472 e 512 precedute da forti terremoti e lancio di massi e ceneri fino a Costantinopoli, 685 con lava fino al mare, 787 molto tipica per il pino vulcanico, 993, 1036, 1049, 1138 con emissione, per circa un mese, di ceneri rosse che arrivarono fino a Salerno, Capua e Napoli e l'incerta apertura delle bocche eccentriche Viulo e Fosso della Monaca) il Vesuvio visse una fase di quiescenza di circa tre secoli con la ripresa della vegetazione fino in vetta e le pareti interne si ricoprirono di querce, lecci, olmi ed altre piante, esistevano coltivazioni e numerose abitazioni nell'Atrio del Cavallo, vi furono solo delle effusioni di modesta entità nel 1550 e nel 1568; ma, Il 16 dicembre 1631, si risvegliò in modo terribile, con centinaia di scosse telluriche, iniziate già da luglio, ed effusioni laviche dal cratere principale e da bocche secondarie.
Nel dicembre, si racconta, che l'acqua mancò nei pozzi e gli animali domestici urlavano nella notte. La mattina del 16 si vide una nuvola strana attraversare l'estremità del cratere, l'aria divenne buia, alle 11 la lava fuoriusciva a Nord invadendo l'Atrio del Cavallo e l'aria divenne, per i gas, irrespirabile: 40000 si rifugiarono a Napoli. Nella notte tra il 16 e il 17 forti scosse danneggiarono le abitazioni, alle 7 del 17 una forte esplosione decapitò la sommità del monte, alle 9 una colata di fango impressionante raggiunse il mare distruggendo tutto al suo passaggio, dalle 10 iniziarono le colate laviche che distrussero portici, Ercolano, Torre del Greco e Annunziata, a mezzogiorno, per la cenere, a Napoli sembrò notte. Il 18 il flusso si arrestò: il Vesuvio era più basso di 168 metri e si contarono 4000 vittime e 6000 animali domestici.
L'accumulo do cenere causò crolli a S. Anastasia, Somma ed Ottaviano, le colate di fango inghiottirono in parte Massa, Pollena e Ottaviano, a Napoli la cenere raggiunse i 30 cm, e le ceneri più sottili raggiunsero Istanbul. La sommità del vulcano raggiunse un diametro di 1600 m (era di 600) e la vegetazione scomparve. La topografia della zona rimase vistosamente mutata.

Le eruzioni successive sono del 12 novembre 1637, 1649, 3 luglio 1660, 12 agosto 1682, 1 luglio 1701, 28 luglio 1707, 15 giugno 1714, 14 maggio 1737, 25 ottobre 1751, 23 dicembre 1760, si aprirono 15 bocche, con grande attività sul versante sud del Somma, 10 aprile 1766, 15 luglio 1794, ore 22, con gran danni a Torre del Greco, 5 agosto 1799, 26 luglio 1805, 7 ottobre 1822, 23 luglio 1832, 1 gennaio 1839, 23 gennaio 1850, 28 maggio 1858 con continua attività fino al 25 agosto 1862.
Nei giorni 26-27 aprile 1872 riprese l'attività vulcanica con la distruzione di Massa e S. Sebastiano, in tale occasione, morirono 20 spettatori imprudenti (lapidi in loro memoria sono visibili sul muro di cinta dell'Osservatorio vulcanologico), il 1° maggio il cratere sprofondò dando luogo ad una caldera; poi i deboli periodi eruttivi: 1874, 1880-83, 1885-86,1891-94, 1895-99 con la nascita del colle Umberto di metri 888.
Delle attività eruttive novecentesche: 7/8 aprile 1906, 6/9 giugno 1929-33, 24/25 marzo 1944, si riferirà, per uniformità cronologica, nelle pagine successive.
L'altezza attuale del Vesuvio è di m. 1276, era di m. 1186 dopo il 1933 e di m. 1336 prima del 1906.

Su Ottajano, nel 1631, come già menzionato, si aprì un cratere che danneggiò molto il centro urbano, tale evento spinse gli abitanti a rifugiarsi nei rari e minuscoli insediamenti abitativi e religiosi
19 della campagna, risalenti al periodo che va dal 1306 al 1500, (riposo assoluto del Vesuvio) ove molti si stabilirono definitivamente aumentando vistosamente la popolazione di questi minuscoli insediamenti.

Si costituirono così dei nuclei abitativi, spesso completamente diversi da quelli originari, che presero la denominazione, talvolta cambiando quella precedente, dai nomi dei nuovi abitanti quali: Avini, Bifulchi, Miranda, Giugliani, ecc.; processi similari interessano anche la contigua San Giuseppe Vesuviano. Questa minuscole realtà urbane, per la comune provenienza, la vicinanza di ubicazioni e il comune destino, venivano costituendo una realtà alquanto omogenea e, dal 1633 circa, cominciarono a darsi una sola denominazione:

"TERZIGNO"



Sull'etimologia le interpretazioni non sono sempre unanimi, la più acclarata viene fatta derivare dal latino "Oppidum ter igne ustum" = Rione bruciato tre volte dal fuoco (il terzo incendio, quello del 1631, o fuoco = Tertius ignis), la tradizione orale, nel tempo, ha escluso la prima e l'ultima parola ed ha semplificato utilizzando solo "ter" e "igne", o" unite con l'aggiunta della "z" per congiungere e la trasformazione della "e" latina nella "o" volgare finale. Il tre, sempre ricorrente, sta ad indicare le suddette attività vulcaniche del 1550, del 1568 e, appunto, del 1631.
Altre interpretazioni fanno derivare il toponimo da "Tertium Miliarium" terzo miglio da Pompei o da "Torcigno"
20 luogo del torchio; infine, per una labile tradizione orale, da "terza zona" militare dove, per strategia, le truppe stanziavano prima di passare alla seconda (l'attuale Boscoreale) e sorprendere o respingere i predatori saraceni avvistasti dalle Torri (Annunciata e del Greco) della prima zona.

La storia del periodo è debolmente documentata, i rari documenti indicano la zona genericamente con "terre di Ottajano"; e per quella ancora precedente con "terre nolane".
Padrone di Ottajano, nel 1532, per dono di Carlo V, è il famigerato Fabrizio Maramaldo (lo stesso comprò anche il feudo rustico di Sancta Maria Jacobi, l'attuale Boscoreale, che, nel 1547, cedette, per debiti, a Mario Sasso), che impoverisce la popolazione per soddisfare le brame del suo esercito (circa 2000 uomini) mercenario; dopo circa venti anni, il Feudo ottajanese passerà nelle mani del mite Don Ferrante Gonzaga, principe di Molfetta, il cui figlio Cesare, per le difficoltà di controllo dovute alla lontananza, nel 1567, lo vendette a don Bernadetto de' Medici di Toscana, questa famiglia governerà saggiamente per circa 300 anni, assicurando un certo sviluppo all'intera Terra d'Ottajano.

19. Camaldoli, S. Felice, S. Maria Paterese del Mille (presenze monastiche favorite dall'espandersi del monachesimo dopo il X secolo, in seguito alla riforma cluniacense), S. Antonio, Chiesa di Lorena o S. Francesco).

20. Toponimo riportato nelle carte geografiche settecentesche.

________________________________________________________________________________________


Nascita della cittadina

Dopo il 1631, faticosamente riprende la vita nelle campagne, ora Terzigno, una vita molto misera con precarie abitazioni, che cominciano a cambiare nella forma e nei materiali per renderle più resistenti alla furia del Vesuvio: da paglia e pozzolana si passa alla pietra lavica per i muri portanti e al lapillo battuto per le coperture, allo scopo di sopportare il peso dei lapilli, modellate, a volta (è riconoscibile una certa influenza arabo/saracena, popoli razziatori, presenti sul territorio tra l'828 e il 937).
Queste abitazioni di dimensioni più o meno standard misuravamo metri 6 x 6 x 6, senza finestre (per assicurare l'intimità familiare) ma solo un'ampia e funzionale porta con un lucernario nella parte superiore, spesso esse erano attrezzate con un ammezzato in rozze tavole di legno ('o mezzanino) per la conservazione dei viveri e per il riposo della prole. L' unico locale serviva per tutti i bisogni: mangiare, dormire, conservazione dei cibi, allevare figli e animali, ecc.
Tali costruzioni erano riunite in rioni composti da uno o più cortili di varie dimensioni ognuno dei quali era fornito dei servizi primari comuni (pozzo, pollaio, forno, torchio, ecc.); nei cortili, attrezzati come coorte, si conduceva una vita solidale, soprattutto in occasione della vendemmia, quando tutto il cortile partecipava alla raccolta e lavorazione dell'uva; le cantine, sempre presenti per la conservazione del vino (unica ricchezza), rimanevano rigorosamente private.
Una sequenza di eventi sfavorevoli condizionarono la vita di quegli anni: numerose, anche se meno devastanti, eruzioni; dal 1636, per circa quattro anni, un invasione di insetti devastatori per l'agricoltura (i moruli
21); nel 1640, in seguito all'invasione francese, molti abitanti costieri giunsero in zona in cerca di asilo; la peste del 1656 (2500 morti nella sola Terra d'Ottajano); nel 1660, per alimentare i mulini della costa (Scafati e Torre Annunziata), fu attuato uno sbarramento del Sarno che straripò e impaludì la zona rendendola malarica, gli abitanti si rifugiarono nella Terra d'Ottajano con forte aggravio demografico soprattutto per i rioni Campitello e Miranda, per l'occasione la Corte napoletana (stranamente sensibile, a Napoli, nel 1647, c'era stata la famosa rivolta delle gabelle - Masaniello, repressa a fatica nel sangue) concesse ad Ottajano la cessazione delle gabelle, lasciando solo quella sul vino a favore alla stessa amministrazione locale.
Nel 1683, in occasione della nascita della parrocchia di S. Giuseppe, si effettuò un censimento delle famiglie volto a definire le diverse giurisdizioni e, per Terzigno, si censirono 32 capifamiglia nel rione Campitello e 31 nel rione Miranda.

21. La Curia vescovile di Nola si interessò nel 1660, 1668 e 1672 per debellare il flagello dei "muroli et le campe" che devastarono le vigne tra Lauro ed il Vesuvio peggio di un biblico flagello e, divorando pampini e germogli, le riducevano a mere sterpaglie. Si decise ogni volta l'intervento del Vescovo che, dopo detto messa in S. Michele di Ottajano, maledicesse gli insetti voraci e, in quanto figli di Beelzebub signore delle mosche, intimasse loro di tornare all'Inferno attraverso le paludi della Longola, lungo il fiume Sarno, o l'Atrio del Cavallo. Nel 1668, poiché le vigne più devastate erano quelle dei Medici a Terzigno, il Vicario del Vescovo lanciò l'anatema contro i muroli anche dalla chiesa di S. Antonio "sita nella massaria di Tommaso Iovino allo Campitello".

______________________________________________________________
______________________________________________________________

La fondazione di origine religiosa del '700



La necessità di sviluppare una città

Nel 1739, il virtuoso Vescovo di Nola, mons. Trojano Caracciolo del Sole
22, visitando la parrocchia di Ottajano, considerò che quel popolo aveva molte chiese, mentre le campagne lontane ne difettavano completamente, onde numerosi contadini, oltre ad essere abbandonati e oberati di servitù feudali, non potevano assistere alla santa Messa nei giorni festivi, né avevano alcun aiuto spirituale, vivendo così nella totale ignoranza (con un linguaggio, soprattutto di donne e bambini, volgare e blasfemo esternato attraverso canzoni popolari) dei misteri della nostra fede, e per di più morivano senza sacramenti e privi dell'assistenza del sacerdote 23.
Il Caracciolo pensò di sopperire alle necessità spirituali inviando subito in quelle campagne due Padri missionari della Casa della Solitudine di San Pietro a Cesarano
24, perché istruissero quei buoni contadini, molto radicati nell'identità contadina con tutta la sua ritualità formale (uso degli stessi attrezzi, stessi bisogni) e temporale (la vita, molto in comune, veniva scandita dal ritmo delle stagioni e delle conseguenti produzioni agricolo, ad es.: 'o tiemp re pesiell'), nei primi elementi religiosi, e, nel contempo, progettava di costruire nella zona una chiesa onde provvedere stabilmente ai bisogni spirituali di quelle numerose anime; il risultato fu immediato e fruttuoso.
Il progetto, per paura di perdite nella gestione delle rendite (una nuova comunità cittadina avrebbe prima o poi rivendicato una sua autonomia), fu subito ostacolato dal potere religioso e politico di Ottaviano che, mal vedendo il progresso del popolo di campagna , contestò l'iniziativa negando il suo aiuto. Ostacoli furono prodotti anche dai frati francescani del convento di San Gennaro di Palma, i quali vedevano nel progetto una probabile riduzione del loro abituale bacino di utenza da cui attingere elemosine.
Ma, nel 1740, il Vescovo ritornò personalmente in Ottaviano, e dal Procuratore del Principe ottenne, temporaneamente, una casa di campagna, nella quale mandò due Padri missionari, affidando ad essi la piccola Cappella di S. Francesco/Lorena, concorrendo per il loro mantenimento con cento ducati annui: i missionari furono il P. D'Agnello Cirillo ed il P. D'Angelo Bianco ed un laico, questi cominciarono il 16 maggio gli esercizi spirituali, che furono risultarono molto graditi e frequentati dai contadini.
Inoltre,
- scrive Don Francesco Catapano, nella sua monografia - i Padri missionari si portavano ora in una cappella ed ora in un'altra di quelle masserie per insegnare la dottrina cristiana e per amministrare i sacramenti, moltiplicandosi senza mai stancarsi, pur di offrire a quella popolazione il conforto spirituale, di far loro sentire e diffondere la parola del Signore; e alla fine licenziavano gl'intervenuti col canto di devote canzonette. Da quel tempo non si udirono più in quelle campagne canti profani, ma da per tutto si cantavano canzoncine sacre. La fatica maggiore però di questi Padri missionari era l'amministrazione dei sacramenti agli infermi e l'assistenza ai moribondi, che li obbligava a correre "notte e giorno tre o quattro miglia per volta or' in una parte or' in un'altra", specialmente nei mesi di giugno e di luglio di quello stesso anno, in cui vi furono molti casi di polmoniti letali. Il P. D'Agnello Cirillo si ammalò di bronco polmonite, per cui, scampato alla morte, fu dal Superiore richiamato alla solitudine del chiostro di S. Pietro.
Ma essendo morto il padre di un missionario di questa Congregazione corse falsa voce per Mugnano che il P. D'Angelo Bianco, che era rimasto solo nelle campagne di Ottaviano, fosse morto di stenti e di patimenti.
Allora i suoi fratelli si portarono in queste campagne ed avendolo trovato invece in buona salute, capricciosamente lo costrinsero, con minacce, a ritornarsene con essi. Sentendo ciò quel popolo accorse numeroso e con lacrime e preghiere lo scongiurò fino a notte avanzata a non abbandonarlo.
Il P. Bianco, commosso a tanta dimostrazione di affetto, promise che non sarebbe partito; ma il mattino seguente però, di buon ora, dovette unirsi ai suoi fratelli e se ne ritornò alla sua amata solitudine di S. Pietro.
Il Vescovo Caracciolo ignorava tal fatto, e quando ne fu informato dal Superiore di S. Pietro rimase addolorato. Gli scrisse che avesse mandato un altro missionario a continuare l'opera, che con tanta spesa e sacrifici s'era cominciata.
Il Superiore però, per circa un mese non prese alcun provvedimento, perché né lui, né i suoi Padri credevano possibile tale fondazione; ma il Vescovo chiamò lo stesso P. Bianco e fece dire al Superiore che mandasse qualche altro missionario nelle campagne di Ottaviano, altrimenti vi avrebbe provveduto direttamente. Allora fu rimandato in quelle campagne lo stesso P. Bianco, il quale apri una serie di esercizi spirituali in quelle Cappelle, esortando il popolo a concorrere alla fondazione della casa e della chiesa.
Vedendo però che il popolo non era affatto proclive a concorrevi, un bel giorno si licenziò con pubblico discorso, dichiarando che non aveva più cosa fare in quelle parti. A tale minaccia tutto il popolo addolorato pianse. Fu allora che un Notaio con atto pubblico donò un moggio di terra, ed una donna donò un altro mezzo moggio, per fabbricarvi la casa e la chiesa; però aggravati da tanti oneri, che vi si dovette rinunziare, come avvenne, per ordine del Vescovo.


22. Nato il 21 ottobre 1685 (muore nel 1764) e discendente da un antico Casato napoletano; umile, si sentiva indegno presbitero, per sottrarsi agli onori del Casato si allontanò varie volte da Napoli; dedito ad attività di carità; colto, conosceva perfettamente il francese, il greco e l'ebraico e componeva versi in latino e italiano.
Alla morte del Vescovo di Nola Francesco M. Carafa (1737), il Nostro continuò l'opera del culto per Giovanni Duns Scoto e, contro la sua volontà, fu nominato, non ancora sacerdote, da papa Clemente XII Vescovo di Nola, dove iniziò l'Episcopato il 19 giugno 1738.
Una biografia completa ed accurata del Nostro è stata pubblicata nel dicembre 1996 da Giuseppe Boccia da Terzigno.

23. Dal 1215 al 1400, infatti, i fedeli dell'intera Terra d'Ottajano per ogni esigenza spirituale si dovevano recare alla parrocchia di S. Michele Arcangelo in Ottaviano, a cui appartenevano. Per il battesimo, che amministrato per immersione dai sacerdoti per i maschi e dalle diaconesse per le donne, invece, come prescritto, direttamente nella cattedrale di Nola unica fonte battesimale della Diocesi. Nel 1400 si costituì un piccolo battistero per ogni chiesa parrocchiale e il rito di immersione fu sostituito da quello attuale di infusione. Dai registri, in parte perduti, dei nati, dei matrimoni e dei morti della parrocchia di S. Michele Arcangelo in Ottaviano si possono rilevare i dati demografici della Terra d'Ottajano.
Nel 1973 chi scrive, studente universitario, nell'approntare la tesi di laurea in demografia storica, ha ordinato analizzato e catalogato i registri esistenti dal 1600 al 1800, producendo un interessante lettura dell'andamento demografico della Terra d'Ottajano.
Con i Bizantini e i Longobardi si diffonde ad est del Vesuvio il culto si San Michele, che da dominatore del fuoco dell'Inferno (culto garganico) diventa il vincitore del Vesuvio. Ottajano, con decreto unanime dell'assemblea cittadina il 15 aprile 1663, dichiarò San Michele suo patrono, tale assembra indicò l'8 maggio come data definitiva e non modificabile della festa (la stessa del Gargano, dove gli antichi riti connessi alla natura che fiorisce in primavera, permettevano di invocare la fertilità della terra, in Ottajano, la protezione delle vigne dalle piogge acide e dalla devastazione di "muroli et campe", nonché dalla carestia). I napoletani il 20 maggio 1691, inseguito a voto fatto in occasione del terribile terremoto del 5 giugno 1688, attribuirono a San Michele la "padronanza della città"; nella relativa solenne processione fu Giuseppe I Medici, principe di Ottajano, a portare lo stendardo, seguito 18 fanciulli vestiti da angeli e da 110 cavalieri, ciascuno con una fiaccola accesa.
Il tentativo da parte di alcuni Ottajanesi (proposta di don Vincenzo Barra, parroco primicerio della Chiesa si San Michele, spinti dal principe Giuseppe III Medici, di sostituire il culto di San Michele (che insieme alla Madonna del Carmine aveva protetto Ottajano dall'eruzione del 1660) con la "Vergine Santissima delle Tre Corone" (culto dell'agro sarnese, che aveva protetto Ottajano "nell'incendio vesuviano" dell'eruzione dell'8 agosto del 1779) trovò deciso dissenso tra la maggioranza dei cittadini e fallì .
A metà Settecento già si teneva, durante la festa patronale, la fiera di cavalli, asini e muli (nel 1922 ben 4190 capi) utilissimi soprattutto per il lavoro nelle vigne alle pendici del Vesuvio. Con la costruzione della scuderia di Palazzo Giuseppe III promosse, in occasione della fiera, corse di cavalli e, nella prima metà dell'Ottocento, divenne rituale anche la corsa degli asini, corse che insieme al palio della cuccagna ('o pal' 'e sapon') e gare di mangiatori di spaghetti divertivano i "galantuomini" spesso alle spalle dei contadini (i cafoni).
A partire dal XIX secolo dai ragazzi vestiti da angioletti in processione si passò, in sostituzione delle brevi azioni teatrali, volte a rappresentare "La caduta degli angeli ribelli" o la vittoria di San Michele su Lucifero, al "volo degli angeli" (pratica comune anche ad altri culti della zona come, ad esempio, a S. Brigida di Terzigno il Lunedì in Albis - anche se negli ultimi tempi è andata scemando), che resta la caratteristica principale della festa. Il "Volo", dopo l'unificazione nazionale, considerato sintomo di arretratezza, fu osteggiato dalle autorità - nel 1864 Miche de' Medici scrisse al Sottoprefetto di Castellammare. "Appena gli Ottajanesi sentono nominare l'Arcangelo Michele, si vedono i loro occhi molli di pianto … muta, squallida è riuscita la festa dell'8 maggio ultimo, perché mancante del Volo che rende entusiasti questi abitanti e nel contempo attira migliaia e migliaia di persone da Napoli e dai paesi circonvicini …". - tale avversione si protrae fino al 1960, ciò nonostante la tradizione è stata salvata. Da oltre un secolo sono i giovani Duraccio a interpretare il ruolo degli angeli, sicuramente perché il commercio multisecolare che la famiglia intrattiene con la Puglia ha solidificato il culto micaelitico. Dal 2008 è tornata la pratica di portare il santo nel Palazzo - quale atto di ossequio ai Medici, ritenuto da alcuni umiliane anche se da oltre cinquant'anni i Medici non ci sono più, anzi il Palazzo è diventato bene pubblico simbolo di legalità come sede del Parco Nazionale del Vesuvio.

24. Vecchio castello con una Chiesa dedicata a San Pietro in Mugnano del Cardinale del duca don Vincenzo dei Marchesi della Gioiosa; nel 1641, Padre Michele Trabucco, rifatta la Chiesa e riattata una parte del castello, ormai in rovina, vi fondò la Congregazione dei padri Missionari della Solitudine.



________________________________________________________________________________________

LA COSTRUZIONE DELLA CHIESA: PRIMO NUCLEO CITTADINO

Fra quelle masserie lontane da Ottaviano vi era una proprietà terriera di Agostino Catapano, ubicata ai cosiddetti Catapani di Terzigno e pignorata dai creditori fino al 1662, di dodici moggia di terreno che, oberata da tanti debiti, da cinquanta anni nessuno aveva potuto comprare, chiamata "lo Terzigno". Al determinato Caracciolo parve idonea (esclamando: "E' questo quel campo che il Signore ha preservato a Gloria della sua Santissima Madre, perché vi germoglin frutti di non mai pensata pietà, e devozione alla Regina de' Cieli, ad allo spirituale profitto di tante Anime abbandonate") per il compimento del suo progetto; e ben presto, svolte le relative pratiche, s'indisse la pubblica asta, avviata, nel gennaio del 1742, dal procuratore Antonio Giuseppe de Luise.

La fase preliminare contempla la ridefinizione completa del bene in oggetto,eseguita, su disposizione del giudice Onofrio Scassa, dal tavolario del Sacro Regio Consiglio, Francesco Attanasio, con l'assistenza degli esperti di campagna locali Giuseppe Carillo e Nicola Bifulco.
La relazione, prodotta il 6 aprile 1742, rettifica i dati catastali antecedenti (determinati dall'ingegnere Carlo Pepe e immessi nelle sue due perizie tecniche del 10 novembre 1671 e 8 luglio 1679) e connota ex novo il terreno in questi termini: "a ponente la strada Ottajano - Scafati; a tramontana la strada vicinale, cha dalla strada pubblica conduce nei terreni situati nella parte inferiore; a levante i terreni di Carmine Minichino e di Aniello d'Arpaia; a mezzogiorno i terreni dei camaldolesi del Sacro Eremo di Nola, nettamente delimitati dal lungo filare di antichi piedi di cerque, lasciati anno per anno in tempo di puta, a capo di monaco".
Il terreno ha una consistenza di "undici moggia, nove quarte, sei none e tre quinte, tutte abbandonate e piene di cespugli, di rostine e salici, tranne una piccola parte arbustata, vitata, fruttata e seminatoria, racchiusa in un moggio e un quarto".
Parte integrante sono anche "i traballanti resti murali di una abitazione diruta e il pagliaro coverto di cannuoli, con annesso un piccolo giardino e pochi alberi da frutta".
Il documento si chiude con la valutazione complessiva: 479 ducati e quarantasette grana, che comprendono 35 ducati a moggio sterile e 90 ducati a moggio fertile.
L'intera perizia viene notificata, nella seduta del 9 maggio 1742, al portiere del Sacro Regio Consiglio, Giovanni Battista Marino, ai creditori, Gabriele de Simone, Camillo Sanfelice, Francesco Portile, Domenico Ubaldino, Michele de Laurentiis, Giuseppe de Santis, Marcantonio de Fusco e Salvatore Casanova.
Su queste premesse il banditore del Sacro Regio Consiglio, Domenico Cinque, attiva l'iter della vendita, dandone la massima pubblicità, in tre sedute preliminari, il 28 maggio, il 1° e il 4 giugno 1742, mediante l'affissione dei rispettivi manifesti nei soliti spazi consentiti della capitale, nelle sale del Sacro Regio Consiglio e della Regia Camera Alta.

Finalmente, verso la fine del 1742 (anno da considerarsi della nascita di Terzigno), comprò il fondo, iniziando subito i preparativi per la fabbrica.

Il Caracciolo, non avendo denaro in contanti, per il forte carico di pensioni, istruisce la pratica presso le autorità laiche ed ecclesiastiche per accendere un prestito a suo nome di 600 ducati presso la banca nolana della Chiesa e Monte delle Anime del Purgatorio, impegnandosi ad estinguere il debito in sei rate annuali di cento ducati.
Avuta la somma, l'avvocato della Curia, Antonio Giuseppe de Luise, presenta nella cancelleria del Sacro Regio Collegio l'offerta iniziale di 317 ducati e 6 grana, versati, come cauzione il 24 agosto 1472, nelle casse del napoletano Sacro Monte dei Poveri, per partecipare al prossimo incanto pubblico. Per la massima regolarità, si svolgono tre bandi ufficiali il 12, 17, e 20 settembre 1742, attraverso il banditore del Sacro Regio Collegio, Domenico Cinque.
Finalmente, il 27 settembre 1742, alla presenza dei componenti il Sacro Regio Consiglio, in seguito a deliberazione del presidente Nicola Fraggianni, allorché, su relazione del commissario Giuseppe Borgia, la candela dell'asta pubblica si estingue a favore del Caracciolo, che impegnando in tutto la somma di 400 ducati, comprensivi anche delle relative spese legali e dell'onorario di 7 ducati dovuti all'ingegnere Francesco Attanasio, diventa l'aggiudicatrio definitivo del bene, prendendone possesso il 17 dicembre 1742; nell'occasione erano presenti il de Luise per il vescovo, Domenico de Marco, scrivano del Sacro Regio Consiglio, fungono da testimoni Arcangelo Guastafierro, Arcangelo d'Ambrosio, Domenico Catapano, Francesco Bianco e Carmine Bianco.
La masseria si presenta come descritta, la porta del pagliaio era chiusa, una donna fornisce la chiave, dentro vi si scorgono un ben ordinato cumulo di legname e vari attrezzi per la vendemmia; più internamente vi era un'altra porta chiusa con serratura la cui chiave, come riferiva una voce anonima, era in possesso di Aniello Arpaia in virtù del censo annuale si 20 carlini, da lui pagati ad un ignoto proprietario locale. Il decreto ufficiale di possesso del 28 dicembre del 1742 supera ogni tipo d'impedimento e inizia i lavori di coltura e di costruzione mediante l'impiego dei restanti 200 ducati.
Nel 1809, quando il re Giocchino Murat confiscò i beni ecclesiastici a beneficio del Comune, una metà della masseria diventerà proprietà comunale.

Nel maggio del 1743 il Vescovo Caracciolo si portò in una villa tenuta dai Padri Carmelitani Scalzi di Santa Tersa (la "Casa del Vescovo") e, il 21 luglio dello stesso anno, pose la prima pietra, benedisse il suolo destinato alla nuova chiesa, piantandovi la croce, e improvvisato un altare, celebrò solennemente Messa Pontificale, assistito del Decano, dall'Arcidiacono, dal maestro di cerimonie, dai seminaristi di Nola, dal clero d'Ottaviano e dall'Abate dei canonici Lateranensi di S. Maria Apparente.
S'incominciarono subito le fondamenta della casa da 7 stanze, la prima più larga e lunga da servire per pubblica Chiesa, finché non si fosse fatta la nuova, le altre all'uso monastico con sottostante cantina.
Il Vescovo
- continua il Catapano - desiderava consacrare questa chiesa alla Vergine Immacolata e voleva fare un bel quadro per esporlo sull'altare alla venerazione dei fedeli. Intanto al P. D'Angelo Bianco, che assisteva alla fabbrica della chiesa, si presentò un pittore di Nocera, di oscura fama per cui non firmò l'opera, pregandolo di fargli dipingere il quadro, accontentandosi di qualsiasi compenso, professandosi devoto della Madonna. Il Bianco lo fece conoscere al Vescovo, il quale gli accordò l'incarico.
Quando il quadro fu terminato e dopo due anni fu portato a Terzigno tutti restarono estasiati in guardarvi l'Immagine dell'Immacolata ben disegnata e colorita, con un volto in cui gareggiano la bellezza , la maestà, la modestia, che ispira tenerezza, devozione e fiducia. Fu portato il quadro al Vescovo di Nola e fu da tutti giudicata opera portentosa, perché tutti sapevano che quel pittore fosse di assai modeste capacità
25.
Il Vescovo continuò, a sue spese, la fabbrica e compiutasi una parte della casa ed un comodo Oratorio, il 16 maggio 1746 fece innalzare il quadro dell'Immacolata.
Alla fine dello stesso mese il Vescovo si portò di nuovo nella villa del Padri di S. Teresa ed il 17 luglio, benedisse solennemente tale Oratorio, accompagnato dal numeroso Clero di Ottaviano, fra le festive acclamazioni di quel popolo e lo sparo di molti fuochi.
La stessa Vergine poi manifestò quanto le fosse accetta questa nuova chiesa, facendosi vedere - secondo una credenza popolare - a chiaror di luna a due donne, accompagnate da un uomo, una sera, ad ora tarda, passavano di là. Esse videro sulla soglia della incompleta Cappella una bellissima giovinetta, coi capelli fluenti sulle spalle. Le si accostarono per conoscerla, ed ella se ne entrò: entrarono anch'esse e non la videro più. E perciò fu da tutti creduto che quella giovinetta fosse la Vergine Immacolata, che con tal visione volle mostrare quanto le fosse accetta la costruzione di quella chiesa in suo onore in quel luogo.
La partecipazione popolare fu continua e numerosa, e il Vescovo fece proseguire a sue spese (per lui:"fides omnia vincit"), impegnando ulteriori 1500 ducati, i lavori di costruzione della Cappella, nonostante il coevo forte impegno di 1000 ducati per riparare le gravi lesioni nella soffitta della cattedrale di Nola. Sicuro che, anche con il contributo popolare, sarebbe stata presto compiuta la casa, molto comoda, e la chiesa maestosa, bella ed ampia: e, secondo il disegno del regio Ingegnere D. Luca Vecchione, ne incominciò le fondazioni nel 1751.
Nell'anno 1752, sempre per questioni di rendite, alcuni ordini mendicanti fecero molte opposizioni alla costruzione di questa chiesa, ricorrendo all'illuminato
26, Re di Napoli Carlo III° di Borbone; il Caracciolo informò immediatamente e di persona il Re del bene spirituale che da questa iniziativa avrebbero avuto tante anime abbandonate in quelle campagne, ottenendo, anche se a certe condizioni, il permesso
di continuare la fabbrica.

25. Il quadro, sull'altare maggiore dal 17 luglio 1746, è stato restaurato recentemente e arricchito di ornamenti preziosi (con la fusione di oro offerto dal popolo tutto) e, il 4 dicembre 1996, in occasione del 250° anniversario, alla presenza di cinquemila terzignesi guidati dal Vescovo di Nola Umberto Tramma e dal Parroco don Vito Menna, in Vaticano è stato incoronato da Giovanni Paolo II. Evento documentato in "L'Immacolata Regina" di Giuseppe Boccia, 1997.

26. I Borbone governano nel regno di Napoli e di Sicilia, poi dal 1815 Regno delle Due Sicilie, dal 1701 al 1707 ancora collegati al trono di Spagna, ereditato, dopo l'estinzione degli Asburgo, dal nipote di Luigi XIV di Francia (il Re Sole) Filippo V di Borbone, a sua volta padre, nel suo secondo matrimonio con Elisabetta Farnese, di Carlo III che nel 1734 diviene re di Napoli e vi regna fino al 1759. quando, chiamato a reggere il trono di Spagna, lascia come re il figlio secondogenito minorenne Ferdinando IV. Quest' ultimo, che diventa Ferdinando I nel 1815, insieme ai suoi eredi, in ordine: Francesco I - Ferdinando II - Francesco II (Francischiello) governa quasi ininterrottamente (breve parentesi della Repubblica del 1799 e del decennio francese con Giuseppe Bonaparte e Giocchino Murat dal 1806 al 1814) fino al 1860 (quando con la Spedizione dei Mille di Garibaldi finì, dopo ben 13 secoli, il regno con Napoli capitale e il Meridione confluì nel regno d'Italia).
Con l'arrivo di Carlo III Napoli ampliò ancor più il suo respiro europeo, meta del GranTuor, illuminata, viva in ogni campo dello scibile, da ricodare Pietro Giannone (autore, già prima dell'arrivo dei Borbone, di un' ISTORIA CIVILE DEL REGNO DI NAPOLI, salutata in tutta Europa come un monumento del pensiero laico e, con la repubblicana del '99 Francesca Pimentel, fece di noi napoletano quasi una nuova nazione), Luca Giordano (ebbe fama d'artista e ammirato in tutta Europa), Solimene nonché il filosofo e maestro di morale Gianbattista Vico. Da re Carlo le energie cittadine ricevettero un impulso di rara forza e qualità, energie che, più affievolite per la minore capacità dei sovrani e la forte presenza conservatrice feudale, poterono svilupparsi anche con i suoi eredi.

_____________________________________________________________________________

EVENTI MIRACOLOSI RELATIVI AL QUADRO DELLA VERGINE IMMACOLATA

Il Vesuvio - riporta ancora il Catapano - era stato calmo fino alla fine di Novembre 1754, ma il 2 di dicembre dello stesso anno verso mezzogiorno con grande scuotimento di terra e di forti detonazioni aprì varie bocche sull'atrio, eruttando torrenti di lava di bitume, che uniti, si incamminarono nella valle delle Acquare per circa un mese, bruciando tutti i querceti, che erano in quei luoghi con gran danno della Università di Ottaviano, e giunta al Mauro con larghissima estensione, la lava s'incamminava verso la taverna dei Passanti. Atterriti i popoli circonvicini, e pel danno arrecato e per l'imminente minaccia ai loro fondi e abitazioni, ricorsero alla divina misericordia.
Il popolo di Ottaviano portò innanzi alla lava la Croce Santa e poi il SS. Sacramento; ma la lava non si arrestò. Anche Boscoreale e Boscotrcase vi portarono con processioni di penitenza, i loro santi protettori, ma inutilmente. Il Figliolo di Dio, Gesù Cristo, aveva riservato la gloria della liberazione alla Immacolata sua Madre.
Il P. D. Antonio Masucci amministratore di questa chiesa e casa, accompagnato dal popolo, che cantava devotamente le litanie e spesso ripeteva ab ira Vesuvii, libera nos, Domine, ai 19 gennaio del 1755 arrivò innanzi all'infuocato torrente, col venerando quadro dell'Immacolata, posandolo innanzi ad esso. Indi con un fervorino ravvivò talmente la fede in tutto quel popolo, che questo con copiose lacrime, domandò al Signore perdono dei peccati, pregando l'Immacolata ad intercedergli la grazia della liberazione. La lava come per incanto si arrestò in quel luogo e nel tempo stesso si arrestarono anche le altre diramazioni che impetuosamente correvano verso Boscoreale e Boscotrecase.
Tredici gironi dopo arrestata la lava sul Mauro, I° febbraio 1755, il Vesuvio per bocca superiore innalzò una nera nuvola di arene infuocate e pietre che caddero nell'atrio senza arrecare danno alle selve ed alle vigne. Il 17 dello stesso mese ed anno, poi, con forti detonazioni si aprirono due spaventose bocche, lontane cento passi l'una dall'altra, che eruttarono due torrenti di lava, i quali riunitisi si precipitarono nella valle delle cantine; ed al 21 dello stesso mese la lava giunse alle vicinanze della villa del Principe di Ottaviano, furiosamente precipitandosi verso quel nobile casino, ove soleva soggiornare Carlo III, Re di Napoli, quando andava alla caccia sul Mauro.
Allora il Principe e la Università di Ottaviano ricordandosi della lava arrestata poco prima dalla prodigiosa Immagine di Terzigno, mandarono due notabili di Ottaviano a pregare il suddetto P. Masucci, che subito portasse la prodigiosa Immagine innanzi alla lava che stava per investire la villa e il casino, dal quale già si era levato il vino ed i migliori mobili. Ma perché pioveva il P. Masucci non voleva esporre il venerabile quadro di tela al danno che gli avrebbe arrecato la pioggia; però furono tante e sì premurose le istanze, che in quello stesso giorno, 21 febbraio, il P. Masucci ordinò subito una devota processione di circa trecento persone, accompagnata del Fattore del Principe e dagli eletti di Ottaviano. Due sacerdoti portavano il prodigioso quadro, e giunti innanzi alla lava che era già arrivata ai confini della villa (circa 8 passi dal casino), lo posero sopra una botte. Il P. Masucci con fervorose parole ravvivò la fede in tutti quelli che erano presenti, li eccitò alla contrizione ed ha pregare con viva fiducia. Poi per timore della lava e della pioggia, ordinò che la venerata Immagine fosse trasportata nella Cappella del vicino Casino. Ma per quanta diligenza e forza si fosse usata non fu possibile aprirne la porta, e si aprì solo quando cessata la pioggia si ordinò la stessa devota processione per ricondurre l'Immagine della Vergine nella sua chiesa. Con tal prodigio la Vergine Immacolata mostrò a quel devoto popolo che il suo altare era quello di Terzigno e che aveva ottenuto a quel popolo la grazia implorata.
Infatti, arrivata la lava a pochi passi di distanza dal luogo ove avevano deposto la cara Immagine sulla botte, improvvisamente si fermò, estendendosi ai lati a modo di semicerchio. Il suo arresto però non avvenne lentamente come suole avvenire, ma con fronte ben alto in atto di traboccare e correre più miglia. Fatto memorabile questo arresto, perché si videro correre colla velocità di prima sulla lava fermata cinque o sei grandi piene di lava che si arrestarono nell'avvicinarsi alla prima e così successivamente tutte le altre.
Seguitando però il Vesuvio a minacciare il popolo di Ottaviano, questo per paura di maggiori danni due giorni dopo accompagnato da altri sacerdoti in processione di penitenza portò nello stesso sito i propri Santi protettori. Si ebbe però con grande meraviglia ad osservare la lava fermata e talmente indurita e fredda che la massima parte delle genti accorse si sedé sopra la lava per ascoltare la parola dei sacerdoti.
Il popolo di Terzigno, che aveva veduto coi propri occhi il prodigio dei giorni precedenti, conobbe il gran beneficio apportato alle proprie campagne, e ne ringraziò vivamente la sua celeste liberatrice. Vi fu anche chi promise alla Madonna, per il fabbricato della sua chiesa, la metà del vino che avrebbe raccolto nella propria vigna nell'anno futuro. Tutti si infervorarono nella devozione dell'Immacolata e nella venerazione dei quella prodigiosa Immagine.

_______________________________________________________________________________________


LA REALIZZAZIONE DELLA CHIESA DELL'IMMACOLATA

Da tal prodigio i missionari presero opportuna occasione di cominciare la nuova chiesa tra l'entusiasmo di tutto il popolo, che si offriva volontariamente a concorrervi come meglio poteva. Nei giorni festivi uomini e donne di ogni età e condizioni si radunavano, le donne nella Cappella e gli uomini nella piazzetta davanti, e dopo aver cantato devotamente il santo Rosario ed altre canzonette, guidati dal P. Masucci si ordinavano in devota processione, sotto lo stendardo della Immacolata, e per circa un miglio di strada andavano cantando le Litanie fino alla cava di Santa Teresa. Ivi ognuno si caricava di una pietra secondo le sue forze, o caricava il carro o l'animale che guidava, e collo stesso ordine ritornavano per deporre quel materiale dove doveva fabbricarsi la nuova chiesa.
Fu fatta così una sufficiente provvista di pietre, calce e pozzolana: mancava però il danaro per pagare gli operai e l'offrì il Vescovo Caracciolo, e subito si diede principio alla grandiosa chiesa, le cui fondazioni si erano fatte nell'anno precedente 1754.
Il lunedì santo 1755 su disegno dell'Ingegnere D. Luca Vecchione s'incominciarono ad alzare le mura che raggiunsero ben presto l'altezza di circa trenta palmi napoletani.
Il disegno di progetto: nel mezzo vi è un gran cerchio che è quadripartito da quattro grossi pilastri ben lavorati; dietro i due pilastri che sono ad oriente si va nel presbiterio ed ai loro fianchi si alzano due mura diritte, in uno dei quali v'è la porta della sacrestia sopra della quale vi è il coro per la musica, nell'altra vi è anche una simile porta sulla quale v'è il pulpito e per essa si entra in un'altra stanza per la quale si scende nel Cimitero. Dopo di questa porta vi è un largo spazio semicircolare. Dietro agli altri due pilastri, che guardano a mezzogiorno e quelli che sono a settentrione, sono altri due spazi semicircolari, ai quali mancano le due diritte muraglie; e in quello un poco più lungo è situato un maestoso altare, negli altri più corti vi sono posti due altari più piccoli. Quivi sono due porte consimile alle altre, che evitano ai sacerdoti, che devono celebrare in questi altari, d''attraversare il centro della chiesa.
Dinanzi poi ai pilastri, che guardano l'occidente, è uno spazio rettangolare, di fronte al quale è la porta della chiesa ed ai lati vi sono altre due porte che corrispondono alle suddette. Per una si entra nell'Oratorio ove nei giorni festivi s'insegna la dottrina cristiana ai bambini, l'altra eretta in un stanza per riporvi i banchi, sedie ed altri arredi. Dalla porta della chiesa fino al termine del presbiterio vi sono cento palmi di lunghezza, e dall'una all'altra Cappella laterale vi sono ottanta palmi di larghezza. La Chiesa è formata con tale simmetria, che in qualunque parte uno si ferma la mira tutta e può sentire la musica, la predica ed assistere a qualunque funzione vi si faccia.
Nel 1756 si fermarono le mura all'altezza di cinquanta palmi, lavorate con ben concertati pilastri di rinsaldo, in mezzo ai quali sono incavate nicchie per riporvi statue e terminano tutte in giro con un maestoso e nobile cornicione. Sui quattro pilastri di mezzo si alzano quattro grandi archi in perfetto semicerchio. Si costruirono prima le tre volte sullo spazio rettangolare; poi la scalinata per salire alle tre camere corrispondenti alle stanze a pianterreno ed un'altra molto più grande divisa con arco, con due camerini, per abitazione del Vescovo quando vi si porta per qualche mese. Sia questa che quelle sono coperte a volta.
Alla fine di settembre 1757 si compirono le volte delle Cappelle laterali al presbiterio, che sono a coccia, e si unirono ai grandi archi con un bellissimo intreccio. Su questi è eretta la maestosa cupola.
Si ricavò la porta del Cimitero (prima defunta fu, nel 1805, dopo l'elezione a parrocchia, Maria Antonia Giugliano) che sta sotto al presbiterio: essa è luminosa, perché di straordinaria altezza ventilata ed asciutta. I cadaveri degli uomini, delle donne e dei bambini restano separati.
Compiuta così la maestosa chiesa Monsignor Caracciolo ordinò che subito si adornasse e si corredasse di tutto ciò bisognava per poterla aprire e benedire solennemente nell'anno seguente 1758, (l'8 settembre) come fece.
L'opera riuscì graditissima alla Vergine Immacolata
- conclude il Catapano -, la quale fin dal principio mostrò il suo gradimento, e continuamente lo mostra a quel popolo devoto, impetrando ad esso le grazie che le chiede. Non si può descrivere la pietà, la devozione e la fiducia di quel popolo verso la prodigiosa immagine: non si possono narrare tutti i portentosi benefici che da Essa ricevono giornalmente. Testimoni ne sono molti quadri votivi in tela, preziosi drappi, trecce di capelli donneschi, ex voti in argento e oro, collane, anelli, orecchini d'oro e d'argento che vengono offerti di continuo. Con vari doni preziosi fu fatta una ricca corona di argento, che oggi adorna il capo della Vergine e delle stelle di argento massiccio che guarniscono il manto.

Il 26 agosto 1750, a Mugnano del Cardinale, nella sede della Congregazione della Solitudine di San Pietro a Cesarano, alla presenza del notaio Antonio Ruoppolo, mons. Trojano Caracciolo del Sole, pago degli ottimi risultati raggiunti nella promozione della vita spirituale a Terzigno, stila il suo testamento spirituale: previa promessa solenne, pronunciata dalla controparte, di continuare in perpetuum l'opera di assistenza religiosa a favore della popolo di Terzigno, egli sancisce con atto pubblico il passaggio di tutti i suddetti beni a favore dell'ordine, rappresentato al momento, dal rettore Pascale Bianco e dai confratelli Giovanni Guerrieri e Aniello Cirillo, produttori della delega asseverativa rilasciata dagli altri due confratelli assenti, Francesco d'Argenzio e Ludovico Giordano.

Sicuramente il senso di identità e di appartenenza, come comunità cittadina, si svilupperà intorno alla chiesa dell'Immacolata voluta da questo grande Vescovo, per il qual motivo lo si può definire senz'altro il fondatore di Terzigno.
Al Caracciolo, anche se tardivamente (solo il 7 dicembre 1991
27), l'Amministrazione Comunale, su iniziativa del parroco don Vito Menna, dedicherà la piazza principale del paese (già Piazza Vittorio Emanuele III°), ponendo, sulla facciata della chiesa al centro della piazza, la seguente lapide:

D.O.M.
TERZIGNO
MEMORE E DEVOTA
TRAMANDA AI POSTERI
IL NOME SANTO E LE OPERE
DEL SUO PIO FONDATORE

TROIANO CARACCIOLO DEL SOLE
VESCOVO


CHE AMO' QUESTA TERRA
RIARSA MA SEMPRE RISORTA
COL DURO FECONDO LAVORO
DEI SUOI INTREPIDI FIGLI
CUI DONO' QUESTO TEMPIO
ALLA VERGINE SACRO MONUMENTO
E FARO DI FEDE

LA COMUNITA' GRATA
POSE
TERZIGNO, 7 DICEMBRE 1991


Da ricordare anche il vano tentativo, dopo l'autonomia amministrativa del primo Novecento, dell'Amministrazione podestarile fascista di inserire nello stemma civico un ricordo dell'opera del Caracciolo; infatti, la richiesta dello stemma alle autorità competente, descritto in ogni suo particolare, recitava:
Traversato da una fascia tricolore ( perché sotto il regime costituzionale Terzigno fu separato da Ottajano , e ciò nel 1917), con la scritta Ter - Ignis (cioè terra ignio, ovvero ter - ignis perché tre volte distrutta dal fuoco del Vesuvio).
Tra le parole ter e ignis è il fascio littorio.
In alto da una parte una corona di dodici stelle e in mezzo la data 1742; indicante l'anno in cui fu eretta la chiesa parrocchiale in Terzigno sotto il titolo della S. S. Vergine titolare del paese; dall'altra parte un tralcio di vite ed un grappolo di uva nera significante la raccolta predominante e la produzione di vino; in basso il Vesuvio in eruzione.
I componenti la commissione araldica napoletana, il prof. Nicola Barone (presidente), il barone Garofalo, il conte Pagliano, il duca di Vastogirardi, il conte Filangieri, V. del Balzo di Caprigliano, G. dei Marchesi de Montemayor, il prof. Antonio Padula, il marchese di Sitizano (segretario), nella seduta del 20 gennaio 1928, con superficialità, senza comprendere correttamente il significato umano di quell'anno, ritennero "poco significativa la corona di dodici stelle con la data 1742", per cui bocciarono l'autorizzazione alla riproduzione e si limitarono a suggerire, sulle parti restanti del modello presentato, alcune "modificazioni" cromatiche, così prescritte: .
D'azzurro alla fascia d'argento accompagnata in alto da un grappolo fogliato d'uva nera e in punta da Vesuvio in eruzione: il tutto al naturale. Il capo tripartito di verde, d'argento e di rosso; l'argento al fascio littorio di nero posto in palo. Motto Ter - ignis.
Con le ornamentazioni prescritte dal regolamento.

27. Nell'occasione venne pubblicata, cura del parroco don Vito Menna, la Commemorazione del Caracciolo di Andrea Ruggiero.

La parrocchia, i parroci e i doni della Chiesa dell'Immacolata Concezione
La chiesa che, da quanto sopra descritto, è un edificio con pianta centrale a croce greca, originale nel disegno e mirabilmente proporzionato in tutte le sue parti, rispecchia il movimento architettonico di funzionalità per uno specifico scopo del Settecento napoletano (i cui maestri furono personaggi come il Gioffredo, il Fuga, il Vanvitelli, ecc.), verso la fine del 1804, dopo una lunga conduzione di un Economo Curato dei Padri di San Pietro a Cesarano, fu eretta parrocchia, da Mons. Vincenzo Maria Torrusio, Vescovo di Nola
Per una conoscenza approfondita in ogni suo particolare architettonico ed artistico del tempio visionare le pubblicazioni: La chiesa dell'Immacolata di Terzigno a cura del parroco don Vito Menna, 1990 e L'Immacolata Regina di Giuseppe Boccia, 1997.

i parroci dell'Immacolata cronologicamente sono:

" Il I°
Don Giovanni Leonardo Salvati da gennaio 1805 al 12 giugno 1815.
" Il II°
Don Ignazio Boccia dal 5 novembre 1824 all'11 gennaio 1846; è tradizione che egli costruì le due stanze che sono sulla sacrestia e la scalinata per accedere all'organo e al campanile.
" Il III°
Don Agnello Bifulco dal 4 marzo 1847 al 31 ottobre 1872; da lui fu fatto l'organo nuovo strumentale con l'orchestra sulla porta della chiesa, un parato bianco artisticamente ricamato in oro e seta ed altri arredi.
" Il IV°
Don Domenico Bifulco dal 1° maggio 1873 al 29 dicembre 1893, fece molti arredi sacri e biancheria.
" Il V°
Don Vincenzo Citarella dal 30 maggio al 17 novembre 1906.
" Il VI°
Don Francesco Catapano, dal 5 febbraio 1907 al 1° luglio 1932; arricchì la chiesa di molti arredi sacri e di una nuova campana, l'ha pavimentò in marmo e restaurò con un nuovo prospetto (facciata in stucco ove fu scritta la dedicazione: "Questo tempio è restaurato in onore della fanciulla che fu immune dalla colpa" (successivamente modificata fino all'attuale: "NOXAE PRIMAEVAE IMMUNI RESTAURATUM A.D. MMIII"), e, più in basso, furono ricavate due nicchie nelle quali vi si collocarono le statue di Giovanni Duns Scoto e Tommaso d'Aquino, due filosofi, teologi e santi sostenitori della verginità della Madonna). In questi anni si iniziò, in seguito alla eruzione del '29, la costruzione nell'area adiacente la parrocchia (in Via Don Bosco - 'o vich' 'e Pezzoll') dell'asilo parrocchiale.
" Il VII°
Don Vincenzo Riccio dal 15 settembre 1932 al 10 novembre 1938, già vice-parroco, continuò ad adoperarsi per il completamento dell'asilo parrocchiale e, per fornire una guida ai fedeli, promosse l'arrivo delle Suore Salesiane (la casa si aprì il 14 gennaio 1932, con 5 suore), che diedero vita all'Oratorio, al Laboratorio (soprattutto ricamo) ed all'Ausilio, negli anni sono state aggiunte come attività una scuola materna, un centro giovanile a vocazione fortemente sportiva tuttora funzionanti.
" I'VIII°
Don Antonio Rossi dal 1° luglio 1939 al 5 marzo 1955, si adoperò per la risoluzione dei contrasti per la costruzione del cimitero, incentivando anche la costruzione del muro di cinta (foto pellegrinaggio a Pompei del 1950 con mia nonna paterna).
" Il IX°
Don Luigi Prisco dall'8 marzo 1955 al 31 ottobre 1971, il parroco della mia infanzia, non sempre molto impegnato, ma riuscì, attraverso la delega a validi collaboratori, ad attivare molto bene l'Azione Cattolica.
" Il X°
Don Vito Menna dal 1° aprile 1971 tuttora in carica, ha effettuato varie opere come l'adeguamento dell'abside e delle cappelle laterali (con qualche mortificazione artistica) alle norme conciliari, il nuovo ufficio parrocchiale, elettrificazione delle campane, restauro della statua dell'Immacolata, corposo restauro dell'intero complesso nel 1989, un discusso complesso sportivo e il maestoso portale del locale Maestro Salvatore Emblema. Tuttavia nella foga dei lavori di ristrutturazione sono stati coperti i pregevoli stucchi veneziani delle pareti, è stata abolita la preziosa balaustra il cui materiale è stato, però, intelligentemente recuperato per il trono, per fortuna, per divieti della Sovrintendenza, infine, non è stato possibile toccare il pavimento perché i lastroni sono pregiati in quanto tagliati a mano.

I doni
(riportati sempre nella monografia del Catapano):
- Il Principe di Ottaiano, Don Luigi de' Medici, donò a questa chiesa un bellissima statua dell'Immacolata che, secondo la tradizione, era stata realizzata per la reggia di Napoli, ma non fu accettata dalla corte perché aveva il gozzo.
- Il Cav. D. Vincenzo Pagano donò a questa chiesa un artistico e maestoso Ostensorio di argento ed una maestosa lampada in argento; lasciò pure la rendita per l'olio giornaliero, che dai suoi eredi si è pagata fino al 1898 al Parroco D. Domenico Bifulco. Tale famiglia oggi si è estinta.
- Il Reverendo D. Giuseppe Bifulco col testamento rogato dal Notare Gionti del 19 giugno 1904 donava al parroco di questa chiesa pro tempore un moggio di vigna alla contrada Iunni per tenere in perpetuo accesa in tutto l'anno la lampada innanzi al venerando quadro dell'Immacolata.
Le altre parrocchie e rispettivi parroci di Terzigno

_________________________________________________________________________________________

LE ALTRE PARROCCHIE :

S. ANTONIO


Fin da tempi remotissimi (intorno al 1400), nella zona più a monte di Terzigno, vi era una piccola cappella dedicata a S. Antonio di Padova, ove, dal 1810 (prime indicazioni), dopo una ulteriore ricostruzione, si celebrava solo il 13 giugno. Nel 1840 fu chiusa, perché cadente: notizie dei primi del Novecento parlano dell'esistenza di solo pochi ruderi.
Nell'anno 1914, il Rev.do D. Costantino Salvati pensò di riedificarla, ampliandola e col concorso del popolo e il 24 maggio dello stesso anno, delegato dal Vescovo Diocesano D. Agnello Renzullo, il Rev.mo D. Giovanni Menichini, Canonico Teologo della Cattedrale di Napoli, vi pose la prima pietra.
S'incominciarono subito le fondazioni della cona, si elevarono e restaurarono le mura dirute, si coprì la cona con volta e nel maggio 1915 il resto con trave di ferro.
Il 13 giugno dello stesso anno, sebbene incompleta, fu benedetta dallo stesso Canonico Menichini e aperta al culto. Successivamente, sempre dal Salvati, fu completata e corredata da una casa parrocchiale e da una scuola materna.
Il Vescovo di Nola Mons. Egisto Domenico Melchiorri, il 7 ottobre 1931, elesse la chiesa di S. Antonio a seconda parrocchia di Terzigno.
La chiesa è stata arredata con la statua del santo, donata nel 1916 da Raffaele Auricchio; con il crocefisso e la statua dell'Addolorata, donati nel 1932 da Francesca Menichini; con la statua dell'Immacolata, donata nel 1933 da Amelia Padovano.
Il 7 ottobre 1956, giunsero per svolgere apostolato le Suore di S. Giuseppe di Pinerolo (sistemate inizialmente in canonica e poi, dal 1958, nell'attigua sede propria a sua volta ampliata nel 1960 e nel 1975), che diedero vita all'Oratorio, al Laboratorio (soprattutto ricamo) ed all'attività di scuola materna e di un centro giovanile tuttora funzionanti.

Infine, nel 1975, ad opera del parroco attuale D. Salvatore Di Giuseppe con il fattivo aiuto di Michelina e Antonio Fabbrocini e del popolo, sono stati costruiti il campo di palla a volo, la sede del circolo sportivo con piste per le bocce, ed stata restaurata la casa canonica insieme all'intero complesso con un opportuno allungamento della Chiesa.

La chiesa è stata retta di seguenti parroci:

" Il I°
Don Costantino Salvati dall'11 aprile 1932 al 31 agosto 1971.
" Il II°
Don Antonio Vivenzio dal 5 settembre 1971 al 30 settembre 1973.
" Il III°
Don Salvatore Di Giuseppe dal 1 ottobre 1973 in carica


S. M. DEL CARMINE

La chiesa è situata nella zona a valle di Terzigno, in località Boccia al Mauro. Essa è la terza parrocchia di Terzigno, eretta nel 1954 dal Vescovo di Nola Mons. Adolfo Binni.
Nel 1864, dal nuovo Governo, aboliti e spogliati gli ordini religiosi, il P. D. Vincenzo Boccia, religioso eremitano di S. Agostino, si ritirò nella casa paterna sita nel Rione Boccia al Mauro. Egli, considerando che gli abitanti di quel Rione e quelli dei Caprai e di S. Felice e di altri non avevano chiesa vicina ed erano lontani dalla chiesa parrocchiale circa tre chilometri, e buona parte non assistevano alla messa festiva, per non lasciare le loro case sole.
Il Boccia pensò di riparare a tale disordine e nel 1867, a sue spese, costruì sulla strada provinciale, che da S. Giuseppe mena ai Passanti, una cappella ben architettata, lunga metri 15, e larga circa 5 metri, l'adornò di stucchi, ne pavimentò il presbiterio di marmo, vi pose un altare di marmo, e divise il presbiterio con artistica balaustra di ferro fuso; vi fece tutti gli arredi necessari e l'aprì al culto col permesso dell'ordinario Diocesano Monsignor D. Giuseppe Formisano e nel 1869 la dedicò a Maria Santissima del Carmine.
L'attuale parroco Don Michele Boccia ha ampiamente restaurato la chiesa e l'unita scuola materna.

La chiesa è stata retta di seguenti parroci:

" Il I°
Don Alfredo Muoio dal 16 luglio 1954 al 31 maggio1969.
" Il II°
Don Michele Boccia dal 1° giugno 1969 in carica


________________________________________________________________________________________

Le altre chiese di Terzigno

S. MARIA PATERESE, S. FRANCESCO, S. FELICE, S. BRIGIDA DI SVEZIA, S. CUORE


La chiesa di Sancta Maria Paterese o Paucerensis 28 , costruita intorno al Mille (figura in: un diploma/atto, a nome Principe di Capua Giordano - figlio del Principe Riccardo scomunicato da Papa Gregorio VII a causa di violazioni territoriali alla conquista di Napoli e Salerno - di donazione di varie chiese del 1087; un secondo diploma di donazione dal Vescovo Sassone di Nola all'Abate del Convento di San Lorenzo in Aversa, del 1093; una Bolla del Papa Innocenzo III del 1215; un altro diploma di permuta del 1323, con il quale perviene a Bernardo Caracciolo del Sole, e in un documento angioino del 28 marzo 1337) , è ubicata alle Valloncelle di San Marco in località Taverna al Mauro, è il più antico luogo di culto di Terzigno. Nel 1300 fu ampliata la chiesa e l'annesso monastero; nel 1500 fu distrutta da un alluvione di pozzolana.
Nel 1953 fu scoperta per caso da Angelo Bianco e nell'anno seguente, con una campagna di scavo, fu portata alla luce: si rinvennero due ossari stracolmi sotto e a lato della chiesa, 36 monete aragonesi del XV secolo.
Allo stato rimane qualche rudere ed un frammento di affresco raffigurante Madonna col Bambinello benedicente che, donato dal Bianco, si conserva in una teca, a sinistra entrando, nella Chiesa dell'Immacolata.



La chiesa di
S. Francesco o Lorena, molto piccola ("non più lunga che sedici palmi, larga dodici, e poco alta") con annesso convento, è la prima di Terzigno, situata nella zona a valle (nei pressi di Caposecchi), denominata "Masseria S. Francesco", fu voluta, verso la fine del '500, dalla terziaria francescana Iolanda di Lorena per il bene spirituale di quei fedeli sparsi nelle lontane campagne.
Attualmente restano tre stanze al primo piano, che furono la sede dei Padri Missionari di S. Pietro a Cesarano nel 1740 e sull'ingresso principale si nota una grossolana croce realizzato con lo stesso intonaco.




La chiesa di
S. Felice è situata nella zona a valle (nei pressi di Boccia al Mauro a quota 69 metri s.l.m.), denominata "Masseria S. Felice", il complesso edilizio è molto diroccato e abbandonato, le cantine due giganteschi torchi del 1700, la tradizione parla dell'esistenza di una chiesetta dedicata al Santo, martire e Vescovo di Nola, del quale rimane, incorniciato rozzamente da uno intonaco quasi ovale, solo un medaglione a bassorilievo e a mezzo busto dipinto ad olio, sulla parete dell'entrata. Sono ammirabili due sculture in pietra che ricordano vaghe e deformi figure femminili 29.



La chiesa di
S. Brigida di Svezia (1303 - 1373), nelle competenze liturgiche della parrocchia di S. Antonio, è una piccola cappella molto semplice situata nella zona alta (lungo la SP Ottaviano/Boscoreale, in località Pagliarone) è stata costruita verso la fine del Settecento, nel 1930, grazie a donazione di un terreno da parte di Pasquale Avino, fu aggiunta la sacrestia; nel 1975 il parroco di S. Antonio (da cui dipende liturgicamente), D. Salvatore Di Giuseppe, l'ha restaurato radicalmente adeguandola alle nuove norme conciliari. Nel lunedì dell'Angelo si tiene la festa annuale con una importante e seguitissima gara pirotecnica, in ricordo della donazione da parte di Gaetano Pagano della statua della Santa avvenuta nel lunedì di Pasqua del 1850.



Di relativa recente costruzione, la chiesa del
Sacro Cuore, insieme all'Opera Sociale Fabbrocini, è situata nella zona a valle nel Rione Miranda (quattromila anime), è stata voluta nel 1973 dalla famiglia omonima. Il complesso, nelle competenze liturgiche della parrocchia Immacolata, è tenuto dalle Suore Catechiste del Sacro Cuore a cui i fondatori lo donarono il 24 aprile 1974. Esse danno vita all'Oratorio, al Laboratorio (soprattutto ricamo) ed all'attività di scuola materna, di doposcuola e di un centro giovanile.


28. La storia ricca di ogni particolare è raccontata da Giuseppe Salvatore Boccia nell'Appendice della pubblicazione del 1990: "La chiesa Immacolata di Terzigno". Curata dal parroco don Vito Menna.
Nel 2004, Angelo Massa ha pubblicato sul sito un lavoro accurato ed approfondito, corredato da tutta una serie di dati tecnici, dal titolo " Terzigno - Santa Maria Paterese , storia di una chiesa". Ulteriori notizie sono nel volumetto di Angelandrea Casale e Ennio Gallo dal titolo "Boscoreale chiesa di Santa Maria Salome, significato di un restauro" del 1992.

29. Si può, attingendo dalle antiche culture contadine, ipotizzare che queste piccole sculture femminili, deformate dalla maternità, testimoniano il bisogno dell'uomo di identificarsi con al natura delle immagini delle veneri preistoriche, quali simboli della fertilità, con la funzione di proteggere la fertilità dei luoghi (funzione apotropaica, che, per magia, allontana le forze maligne, e, contemporaneamente, assicura l'unione delle forze benefiche e consente all'uomo di non perdere il contatto con la natura ).


_________________________________________________________________________________________

_________________________________________________________________________________________

Lo sviluppo di TERZIGNO nell'Ottocento

Dopo un Settecento vissuto, dagli abitanti di Terzigno, soprattutto in funzione della costruzione della possente ed elegante chiesa dell'Immacolata, primo collante della città, l'Ottocento sarà testimone dei primi vagiti storici della comunità, coniugati con la storia del Regno di Napoli e, più in generale, con quella d'Italia.
La partecipazione alla grande storia
Rare testimonianze documentarie parlano di un certo fermento culturale:
" per la Repubblica Napoletana del 1799 di matrice giacobina con la figura del rivoluzionario professore di chimica e matematica Annibale Giordano (nato a S. Giuseppe Vesuviano, anche se l'atto di nascita recita: "in loco ubi dicitur allo Terzigno");
" per Napoleone (un certo Giuseppe Boccia partecipa alla sua campagna di Russia e torna cieco) ed il decennio francese a Napoli (1806-1815);
" per la Carboneria degli anni Venti e Trenta (riunioni nella casa dei fratelli Boccia alla Crocevia), il sacerdote Don Giovanni Boccia da Terzigno.
In seguito alla concessione della costituzione, Terzigno con una guardia di 100 uomini e un capo compagnia faceva parte del Decurionato di Ottaviano, la tradizione parla di uno scontro presso la Taverna al Mauro (confine del principato mediceo) della guardia con i garibaldini.
Un terzignese, Vincenzo Niutta
30 , quale Primo Presidente della Suprema Corte del Regno di Napoli, nel 1860, annunziò il Plebiscito che unì il Meridione al Regno d'Italia.
Rilevante è la storia di Antonio Cozzolino detto Pilone
31 che, con il monopolio delle "trafeche" (compravendita del vino e di ogni altro genere) nella zona di Terzigno e dintorni, fu li protagonista assoluto del brigantaggio postunitario; foraggiato da Francesco II (Franceschiello), mise in scatto l'ordine costituito consumando una rapina addirittura contro l'erede al trono d'Italia Umberto I, la sua avventura finì solo il 14 ottobre 1870.

30. Nominato per meriti senatore del Regno d'Italia, Ministro nel primo governo italiano presieduto dal Cavour e Grande Ufficiale dell'Ordine Mauriziano. Della stessa famiglia di origini trecentesche titolata con Duca e Marchese di Marescotti sono: il Primo Presidente della Corte di Cassazione di Napoli, Francesco; la medaglia d'oro al valor militare (a cui è intitolato l'aeroporto di Napoli), Ugo; il Prefetto del Regno e Alto commissario della città di Napoli, Giovanni; la medaglia d'oro al merito forense, Gugliemo. Ultimo erede della famiglia, figlio di una Niutta, è Alfonso Paternò di Montecupo, dirigente del Ministero degli Interni, presso la Direzione Generale dell'Amministrazione Civile.
A parziale rettifica di quanto sopra, su segnalazione di Francesco Niutta (francesco.niutta@gmail.com) del 3.4.2009, apprendo che allo stato ci sono ancora quattro discendenti maschi diretti di Vincenzo Niutta e cioè Ugo Niutta, attuale titolare del titolo di duca e marchese, suo figlio Gustavo Niutta, suo nipote Enrico Niutta e il figlio di quest'ultimo appunto il succitato Francesco Niutta.
I Comuni di Roma, Napoli e Terzigno hanno intitolate strade ai Niutta.

31. A Terzigno Pilone, devoto come molti malavitosi della Madonna del Carmine, poteva contare sui partigiani Paolo Collaro, oste della Taverna al Mauro, e sugli Annunziata, mentre fu osteggiato da Francesco Prisco che, contro la sua volontà di Pilone, voleva abbandonare la causa per la restaurazione borbonica; altri adepti terzignesi erano il contadino Francesco Napodano, la monaca di casa Francesca Ranieri, l'amante Maria "Puzzacane" dei Caprai, il maniscalco Gaetano Iuliano, Vincevo Ranieri Mangiamelelle.



Distruzione e ricostruzione


I bisogni, però, per la comunità di Terzigno sono sempre gli stessi, reagire alla furia ricorrente del Vesuvio: La più devastante del secolo fu l'eruzione del 23 luglio 1832, con una coda di circa due anni. La distruzione interessò, per un grosso squarcio sul fianco, circa 1100 moggia di vigneti e boschi, che rimasero improduttivi per più di un'annata.
Vennero distrutti i rioni di San Giovanni, Cerasari, Caposecchi e Caprari con 225 famiglie senzatetto, in seguito a tale disastro, vi furono opportuni provvedimenti della Corte di Napoli: fu nominata una commissione per scegliere le povere famiglie danneggiate da ricoverare perché non in grado di sopportare il disagio, mentre furono erogate indennità in danaro per i danni subiti per chi era in grado di provvedere alla propria sistemazione.
La commissione, con un indennizzo annuo di 150 ducati, ottenne dal parroco, don Ignazio Boccia, il consenso per utilizzare le già menzionate 12 moggia della parrocchia Immacolata, le quali, insieme ad altre 70 moggia, furono distribuite tra 105 famiglie povere con porzioni esentasse da mezzo a due moggia.


BORGO NUOVO (CASENOVE)

Da queste disposizioni e con una decisa opera di ricostruzione sorse un nuovo quartiere, "Borgo Nuovo", esempio di sintesi urbanistica tra la tradizione locale (il cortile) e nuovo razionale (vie che si incrociano ad angolo retto e confluenti in una piazza centrale, Piazza Immacolata, al centro della quale, come nel cortile, vi era una grande cisterna).
In tale occasione furono sistemate anche due strade danneggiate dalla lava che conducono verso il mare.



L'AUTONOMIA SEZIONALE

Dal fascicolo " Divisione delle frazione" dell'Archivio municipale di Ottaviano si rileva il decreto del 15 novembre 1865, n. 2602, con il quale il re Vittorio Emanuele II, da Firenze capitale, stabiliva che agli uffici di Terzigno già esistenti dal 1809 (quando 101 capifamiglia con una petizione al Comune di Ottajano furono autorizzati a redigere Registri di nascita, di morte e di matrimonio sotto la responsabilità di un "Ufficiale Delegato", per Terzigno fu nominato Ferdinando Auricchio), si aggiungessero gli altri per completare l'autonomia sezionale, sancita in forma esecutiva da un altro decreto del 28 aprile 1886.
Gli uffici furono insediati in un immobile in piazza Trojano Caracciolo del Sole di proprietà di Nicola Bifulco.


LA CRISI DI FINE SECOLO

Le condizioni misere di vita, aggravate dalla miope politica unitaria, inducono molti, alla ricerca di migliori condizioni di vita, ad emigrare, è forte il mito dell'America, o a trasferirsi al nord o addirittura ad arruolarsi, le guerre non mancano.
Tutto questo ha sicuramente minato il rapporto d'amore viscerale con la propria terra fino a dimenticare quasi la sua prodigalità (la violenza al territorio con l'abusivismo successivo ne è una chiara testimonianza).


LE ATTIVITÀ LAVORATIVE

Venditori di Vino: Pasquale Iuliano e Salvatore Ranieri, al Terzigno; Pasquale D'Avino e Andrea Francese, agli Avini; Pasquale Caldarelli agli Ugliani.

Liquoristi: Angelo Cuomo di Nicolangelo.

__________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

TERZIGNO nel Novecento

La nascita del Comune autonomo

Agli inizi del secolo, dopo il ristoro dei danni dell'ennesima eruzione del Vesuvio, quella del 1906
32, si palesa una prima timida emancipazione cittadina attraverso la realizzazione di vari ammodernamenti (una sistemazione stradale 33 ; la costruzione, nel 1911, di una prima rete di distribuzione idrica, arrivano, come a Napoli, le pregiate e fresche acque del Serino, recentemente integrate con acque del Sarno, distribuite dall'Acquedotto Vesuviano; la realizzazione, nella primavera del 1924, di una prima rete elettrica), a Terzigno, si eleva forte la richiesta al Governo di autonomia amministrativa, uno dei più accesi sostenitori fu il notaio del comune di Ottaiano Gregorio Gionti 34; finché re Vittorio Emanuele III, su proposta del capo del Governo, il 22 giugno 1913, con decreto n. 661 (ratificato, per la guerra, solo il 1° gennaio 1917) eleva Terzigno a Comune autonomo con un territorio di 2.351 ettari.
La lentezza della burocrazia, però, determinò come Ufficiale dello Stato Civile solo nel 1916 un Commissario Prefettizio nella persona dell'avv. Emilio Petrocelli.
Nei Registri degli Atti di nascita, di morte e di matrimonio nel settembre 1916 compare la dizione "Terzigno Comune autonomo": il primo in assoluto, alla pag. 46, è l'atto n. 135 delle nascite del 21 settembre.
Il periodo particolare - era in corso la Grande Guerra - non permise, come in tutta Italia, di tenere elezioni comunali.
Nell'estate del 1920 si tennero le prime elezioni comunali e il 28 ottobre il primo Consiglio Comunale di Terzigno elesse l'Avv. Cav. Nicola Bifulco, primo sindaco del Comune di Terzigno.


32. L'evento inizia il 1° aprile con colate laviche su Boscotrecase fin dentro la chiesa di S. Anna che si arrestarono l'8 a 10 m. dal cimitero di Torre Annunziata; subito dopo, emissione di ceneri e proietti su Ottaviano e S. Giuseppe Vesuviano, dove raggiunsero uno spessore di 125 cm con il crollo di molti edifici (come la volta dell'oratorio di S. Giuseppe V. causando la morte di oltre 100 persone che vi si erano rifugiate), nonché l'impedimento, per anni, di ogni forma di coltivazione. In seguito all'emissione delle ceneri il Cono si vestì di bianco come se fosse ricoperto di neve, lo spesso strato si trasformò, con le piogge, in colate di fango (lahar) su Ottaviano. Il 22 aprile l'evento si concluse. Il Vesuvio rimase inattivo fino al 1913, quando, il 5 luglio, il cratere si riempì di magma con modesti trabocchi (gli anziani raccontano: era come una caldaia in ebollizione); dopo altro periodo di calma fino al 1929.
Il gran vulcano, a partire dalla notte del 4 aprile, decapitò se stesso, riducendosi la statura di ben 200 metri (crollo totale del Gran Cono). Il peso delle ceneri di oltre due metri di spessore fece crollare a Ottaviano numerose abitazioni, la caserma dei carabinieri e tre chiese, provocando 78 vittime, e a San Giuseppe il tetto dell'oratorio con 105 morti. Il cielo si oscurò per due giorni e le ceneri giunsero sino in Puglia. Il calore dell'eruzione provocò un colossale trambusto meteorologico, generando tempeste di vento e calde piogge fangose. Moltissimi abitanti della costa fuggirono via mare, altre migliaia con i treni della Circumvesuviana che fece servizio gratuito ininterrottamente. L'eruzione provocò anche un grosso afflussi di curiosi e turisti, con relativo ingorgo di carrozzelle e arrivo di venditori ambulanti. La vasta eco produsse numerose sottoscrizioni come quella tra gli emigrati di New York animati da William Hearst. In tutto il mondo andarono cartoline con disegni e foto dell'evento; agli emigrati vennero spediti anche migliaia di pacchetti con pagamento al destinatario, fin quando le Regie Poste non posero fine al movimento, avendo scoperto che dentro c'erano volgarissime pietre, e non i grumi di lava dichiarati come souvenir dell'eruzione.

33. Il Memoriale Mastellone del gennaio 1911 elenca gli interventi necessari per rimettere in sesto quartieri, vie e valloni di Terzigno, nonché ripristinare il regime delle acque profondamente cambiato a causa dell'ultima eruzione e del terribile nubifragio del 24 ottobre 1910: muri controripa, banchine e gavete in via Vecchia Passanti; la ripavimentazione in massicciata al Rione Caprai; corsetti stradali, tombini e muri di sostegno in Via Avini; sensibili movimenti di terra per deviare nell'alveo di via Camaldoli una mole non lieve d'acqua che allaga l'abitato di Terzigno; un grande gavettone di 170 metri alla via Vecchia Catapano e grande corsetto aperto di metri 120 nella traversa, per riunire tutte le acque piovane colanti dalla piazza Municipio nel tombino sotto la Provinciale, previo l'apertura di un grande canale nel fondo Menichini per bonificare l'intero Borgo Nuovo; ricacci di muri e gavetta via Boscariello, un canale aperto di metri 200 per sottrarre il rione Principessa Margherita al pericolo costante di alluvioni; altro canale per proteggere dalle acque ; gavete, muri, pavimentazione e piani a scivoli sulla strada Ottajano - Bosco e del Mauro per liberare la strada "promiscua" per Poggiomarino e annesse traverse, e la strada S. Felice. Il tutto per una spesa di lire 275.000.

34. I Gionti sono a Terzigno dalla fine del '700 quando Gregorio Gionti costruisce la sua dimora in un esteso podere, il figlio Luigi laureatosi a Napoli (1834) sarà agrimensore ed avrà quattro figli Gregorio, il notaio, Angela, Felicia e Giuseppina; quest'ultima sposa il segretario del Comune di Saviano, Michele Allocca ai cui eredi Luigi e Salvatore, negli anni Trenta, andrà la proprietà. Gli Allocca, trasferitisi a Terzigno svolsero l'attività forense e, proseguendo l'opera di zio Gregorio, fecero conoscere in tutta Italia il vino di Terzigno con la classificazione al primo posto all'esposizione del 1936. Due strade del paese adiacenti la proprietà portano i nomi delle famiglie.

________________________________________________________________________________________
_________________________________________________________________________________________


LA CASA COMUNALE

Per la sede della Casa Comunale il nuovo Comune utilizzò, provvisoriamente, gli stessi uffici della frazione. Una sede idonea doveva, come stabilito nell'atto della divisione delle competenze, essere costruita dal Comune di Ottaviano, ma non si è mai realizzata.
Negli anni vi sono stati vari tentativi per edificare una Casa Comunale come quello degli anni Sessanta, quando fu approntato un progetto per realizzarla in piazza Immacolata, ma difficoltà economiche e di spazio, in quanto zona già fortemente urbanizzata, bloccarono l'iniziativa. Per altri progetti successivi si sono scelte, prima l'area vasca Campitelli, poi il palazzo Menichini sito in piazza Trojano Caracciolo del Sole, di fronte agli uffici prima della Frazione e poi del Comune, ambedue i tentativi sono stati vanificati da difficoltà economiche e burocratiche.
Agli inizi degli anni Novanta, in seguito a gravi dissesti economici ed urbanistici, il Comune di Terzigno viene commissariato e, nelle more di ogni blocco edilizio, viene concesso dalle Autorità superiori competenti di costruire, con un opportuno finanziamento, esclusivamente la Casa Comunale nell'area suddetta di vasca Campitelli, ma anche questo progetto non è stato mai attuato.
Agli inizi del 1973, intanto, gli uffici comunali furono trasferiti nel palazzo di proprietà di Virginia Contaldi nel proseguimento di Via Roma.
Solo alla fine degli anni Novanta, l'Amministrazione De Falco con un tormentato iter riesce ad acquisire un immobile in Via Gionti e, dopo una radicale ristrutturazione, nel maggio 2004 inaugura finalmente la Casa Comunale di Terzigno.

Gli amministratori del Comune di Terzigno

- Avv. Cav. Emilio Petrocelli - Commissario prefettizio - dal 21 settembre 1916 al 27 ottobre 1920.
- Avv.
Nicola Bifulco - Sindaco - dal 28 ottobre 1920 al 4 dicembre 1925.
- Avv. Pietro Monti - Commissario prefettizio - dal 5 dicembre 1925 al 12 giugno 1927
- Avv.
Pietro Monti - Podestà - dal 13 giugno 1927 al 7 giugno 1932.
- Dott.
Alfredo Catapano (farmacista) - Commissario prefettizio - 8 giugno 1932 al 7 settembre 1932.
- Dott.
Alfredo Catapano (farmacista) - Podestà - 8 settembre 1932 al 21 ottobre 1941.
- Dott. Giovanni Adornato - Commissario prefettizio - dal 22 ottobre 1941 al 4 agosto 1942.
-
Gennaro Boccia (teleria Boccia) - Commissario prefettizio - dal 5 agosto 1942 al 2 gennaio 1944.
-
Gennaro Boccia (teleria Boccia) - Podestà - dal 3 gennaio 1944 al 16 maggio 1944.
-
Gennaro Boccia (teleria Boccia) - Sindaco - dal 17 maggio 1944 al 30 luglio 1944.
-
Avv. Francesco Finizola - Sindaco - dal 31 luglio 1944 all'11 novembre 1945.
-
Francesco Manzella (capo stazione) - Sindaco - dal 15 novembre 1945 al 3 febbraio 1946.
- Insegante
Cesare Manzella - Sindaco - dal 4 febbraio 1946 al 25 ottobre 1946.
- Dott.
Nicola Maddaloni (medico) - Sindaco - dal 26 ottobre 1946 al 15 marzo 1948.
- Dott.
Nicola Giugliano - Sindaco - dal 16 marzo 1948 al 27 marzo 1949.
- Dott.
Nicola Maddaloni (medico) - Sindaco - dal 28 marzo 1949 al 24 settembre 1950.
- Dott.
Mauro Menzione - Sindaco - dal 25 settembre 1950 al 29 giugno 1952.
-
Giuseppe Giordano (monarchico) (comm. vini) - Sindaco - dal 30 giugno 1952 al 20 novembre 1960.
- Dott.
Alfredo Catapano (DC) (farmacista) - Sindaco - dal 21 novembre 1960 all'8 settembre 1966.
- Dott.
Renato Saviano (DC) (medico) - Sindaco - dal 9 settembre 1966 al 15 luglio 1970.
- Rag.
Lucio Fabbrocini (DC) (banchiere) - Sindaco - dal 16 luglio 1970 al 14 giugno 1975.
- Arch.
Luigi Antonio Casillo (Campana, poi DC) - Sindaco - dal 15 giugno 1975 al marzo 1989.
- Da marzo 1989 al 22.5.89 reggono l'Amministrazione i sindaci facenti-funzione De Simone Vittorio (DC) e Grotticelli Camillo Arnaldo (DC) (quali assessori anziani)
35.
- Dott. Gaspare Mannelli - Commissario prefettizio - dal 23 maggio1989 al 18 gennaio 1990.
- Dott.
Vincenzo Sangiovanni (DC) (medico) - Sindaco - dal 19 gennaio 1990 al 26 ottobre 1990.
- Dott.
Antonio Sangiovanni (DC) (commerc.) - Sindaco - dal 27 ottobre 1990 al 13 gennaio 1992.
- Arch.
Luigi Antonio Casillo (DC) - Sindaco - dal 14 gennaio 1992 al 4 maggio 1993.
- Dal 5.5.1993 al 5.7.93 regge l'Amministrazione il sindaco facente-funzione Ranieri Angelo (DC) ( come ass. anziano).
- Dott.ssa D'Ascia Maria Grazia, dott.ssa Orefice Adriana e dott. Scognamiglio Michele - Commissione prefettizia - dal 6 luglio 1993 al 20 novembre 1993 (per dissesto finanziario - deficit 10 miliardi di lire).
- Dott.
Giuseppe Annunziata 36 (medico) - Sindaco - dal 21 novembre 1993 al 19 giugno 1997.
- Dott. Blasco Ennio, dott.ssa Pazzanese Maria Gabriella e dott. D'Angelo Angelo - Commissione prefettizia "STRAORDINARIA" - dal 20 giugno 1997 al 13 giugno 1999.
- Rag.
Antonio De Falco 37 (commercialista) - Sindaco - dal 14 giugno 1999 all'10 luglio 2004
- Dott.
Nunzio Avino 38 (medico) - Sindaco - dall' 11 luglio 2004 al 24 ottobre 2006.
- Dott.ssa Rosanna Sergio - Commissario Prefettizio - dal 24 ottobre 2006 all'11 giugno 2007.
-
Domenico Auricchio - Sindaco - 11 giugno 2007 al 3 giugno 2009 (notizie sito elezioni pmterzigno).
- Dott. Luigi Armogida - Commissario Prefettizio - dal 4 giugno 2009 in uno con il sub-commissario dott.ssa Maddalena De Luca.


35. Scandalo delle licenze facili (nei primi nove mesi del 1987 circa 700) con rinvii a giudizio per venti tra amministratori e edili.

36. Eletto con la formula della nuova legge elettorale per i comuni con meno di 15.000 abitanti nell'unica lista: "Alleanza democratica progressista" (vani furono i tentativi della Sinistra di presentare una seconda lista con il movimento "Insieme per Terzigno").

37. Eletto con la formula elettorale per i comuni con meno di 15.000 abitanti nella lista "Il polo delle libertà", voti 2687, in concorrenza con altre tre liste: - "Per Annunziata", voti 1134, con Luigi Annunziata; - "Insieme per Terzigno", voti 1950, con Antonio Casillo; - "La svolta", voti 1234, con Vincenzo Carotenuto ,

38. Eletto, dopo il ballottaggio con il Vaiano (formula per i comuni con più di 15.000 abitanti) con l'appoggio di "FI, AN, UDEUR, N.PSI", voti 4733 - 48%, in concorrenza con altri tre candidati: - Carlo Vaiano (Margherita, DS, Boccia al Mauro, SDI), voti 2616 - 26.5%; - Antonio Casillo (UDC,Campana, DC), voti 1860 - 18.9%; - Francesco Ranieri (Giovani, Tralcio), voti 652 - 6.6%.
Dopo una lunga inattività per contrasti nella maggioranza, nella primavera del 2006, il Sindaco aderisce alla Margherita e tenta un nuovo assetto, ricercato fino all'ottobre 2006, quando, vista la impossibilità, si dimette.

38a. ELEZIONI:
-PRIMO TURNO 27-28 maggio 2007 abitanti:15870, elettori: 12535 Affluenza 81,8 %
Vincenzo Sangiovanni voti 3.805, 39,0% liste coll.: L. C. Terra Viva, L. C. Per Sang., Sdi, Dem.sin., Di Pietro I.d V., Verdi .
Domenico Auricchio voti 1.533, 15,7 % liste coll.: L. C. Partito della Liberta', A. N. - Carlo Vaiano 1.503 15,4 DL. La Margherita - Luigi Antonio Casillo 1.396 14,3 Forza Italia, Udeur Popolari - Francesco Ranieri 942 9,6 L. C. I Giovani per Terzigno, L. C. Il Tralcio - Paolo Caldarelli 375 3,8 Udc - Antonio Nino De Falco 212 2,2 Dem.Cr.Per Aut.
SECONDO TURNO - BALLOTTAGGIO Affluenza 66,2 %
Domenico Auricchio voti: 4.304, 53,0 % ,liste: F. I., L. C. P. d. L., A..N., L. C. I Gio. per Terz., L. C. Il Tralcio, Udc, Udeur, D.Cr.Per Aut.
Vincenzo Sangiovanni voti: 3.812, 47,0%, liste: L.C.Terra Viva, L.C. Per Sang. Sind., Sdi, Dem. sinistra, Di Pietro I. dei V., Verdi.


_________________________________________________________________________________________

I primi anni della autonomia amministrativa
(il primo dopoguerra)


ALLA RICERCA DI RADICI

Una delle prime iniziative per costruire una significativa identità della cittadina e definire le radici, verrà individuata nella celebrazione dei morti in guerra; infatti, nel 1921, con forti toni celebrativi, fu eretto in Piazza Trojano Caracciolo del Sole (allora piazza Vittorio Emanuele III) il monumento ai caduti della Grande Guerra, nella quale Terzigno pagò il suo pesante tributo di sangue come si evince dall'elenco successivo.
Non mancarono anche momenti di autentico eroismo, testimoniati dai riconoscimenti ufficiali conferiti al:
" Capitano dei Bersaglieri Allocca Salvatore, prese parte alla guerra come Tenente nella 193/ma Compagnia Mitragliatrici, 13° RGM Bersaglieri e, per il valore mostrato nelle operazioni militari di Col di Prai il 15 novembre 1917, fu decorato con la medaglia d'argento al valor militare con la seguente motivazione:"Comandante di una sezione mitragliatrici, resisteva con valore ed energia contro i poderosi attacchi, manovrando egli stesso l'arma nei momenti più gravi. Ferito, non abbandonava il suo posto finché colpito una seconda volta più gravemente. Nel cedere il comando, incorava ancora i suoi dipendenti e soltanto la perdita dei sensi gli impediva di continuare nella sua opera di incitamento a resistere".
" Maggiore di Fanteria Giordano Gennaro, quale Tenente di fanteria operò sul Carso, sul monte Zebio in Trentino, sul monte Grappa e sul col Moschin. Gli fu conferita la medaglia di bronzo per il valore dimostrato il 26 e 27 maggio 1918 nel fatto d'armi di Flondar presso l'Hermada con la seguente motivazione:"Durante i violenti ritorni offensivi del nemico, si portava arditamente e risolutamente con la sua sezione mitragliatrici fuori della trincea e col tiro delle sue armi infliggeva gravi perdite e causava il panico nel reparto d'assalto avversario, costringendolo a ripiegare in disordine".
" Sottotenente di fanteria Giordano Vittorio, nato il 21.12.1898, da studente di medicina e chirurgia fu chiamato alle armi. Dopo aver frequentato, nella primavera del 1917, il 2° corso allievi ufficiali a Caserta, divenne aspirante e, dopo una breve permanenza al Deposito del 30° RGT. FTR., fu inviato al fronte associato prima alla 224/ma Fanteria e poi al 23° Reparto d'Assalto Bersaglieri "Fiamma Cremisi" II^ Compagnia. Morì sul Piave il 30 ottobre 1918. Successivamente gli sono state conferite due medaglie una di bronzo, per il valore dimostrato nell'azione militare a Bocca di Collalta il 15-17 giugno 1918, con la dicitura: "Sempre alla testa del proprio plotone con fermezza e coraggio singolari, respingeva reiterati attacchi nemici e faceva dei prigionieri"; e una d'argento per la tragica operazione militare di Ponte di San Donà di Piave del 30 ottobre 1918, con la dicitura:"Comandante di un plotone di arditi, per primo, con mirabile coraggio, si slanciava contro una mitragliatrice nemica che contrastava l'avanzata dei nostri, ed incontrava morte gloriosa sul campo". Il Comune ha dedicato a Vittorio Giordano la via su cui insiste la sua casa.
Fu utilizzato un suolo di proprietà della parrocchia Immacolata, ceduto dietro una simbolica indennità (lire mille da utilizzare per celebrazioni di S. Messe).


IL MONUMENTO AI CADUTI

Il monumento ha una base quadrata a forma di tronco di piramide e su di esso svetta una colonna spezzata. Tutta l'opera è realizzata in pietra vesuviana locale, sulle 4 facce della base sono poste lastre di marmo bianco sulle quali sono incisi, su tre lati, il nome dei caduti della prima guerra mondiale:

lato 1: S.TEN. VITTORIO GIORDANO, SERG. MAGG. ANGELO RANIERI, CAPOR. PASQUALE BOCCIA, SOLDATI: ALFONSO ANNUNZIATA, VINCENZO CAROTENUTO, GIACINTO GUASTAFERRO, SALVATORE ANNUNZIATA, SAVERIO AUTORINO, GIUSEPPE AVINO, VITALIANO PORCELLI, RAFFAELE DE VIVO, ANGELO SANGIOVANNI, GIOACCHINO RANIERI, ANTONIO PAGANO, ARCANGELO RANIERI, BENIAMINO AVINO, SALVATORE BIFULCO, UMBERTO PAGANO, FELICE RANIERI, GIUSEPPE AUTORINO, LUIGI GIUGLIANO, MICHELE RANIERI

lato 2:
VINCENZO COZZOLINO, PASQUALE RANIERI, ANTONIO CASILLO, GIUSEPPE ANNUNZIATA, GIOVANNI COZZOLINO, SALVATORE GIUGLIANO, CIRO PAGANO, GIUSEPPE IERVOLINO, GIULIO FIDANZA, ANIELLO GIUGLIANO, ANGELO CALDARELLI, FRANCESCO GIRARDI, GABRIELE NAPPO, RAFFAELE AURICCHIO, ARCANGELO GIUGLIANO, DOMENICO GRAZIANO, MICHELE CARBONE, LUIGI BIANCO, BENEDETTO AURICCHIO, VINCENZO CAPASSO, DOMENICO PRISCO, MICHELE ANNUNZIATA

lato 3:
FRANCESCO PAGANO, GIOVANNI CALDARELLI, ANGELO AVINO, GIUSEPPE AURICCHIO, FORTUNATO RANIERI, ANTONIO BIFULCO, ANTONIO BIANCO, FRANCESCO PARISI, FRANCESCO PRISCO, VINCENZO BIANCO, VINCENZO NAPPO, FRANCESCO AMBROSIO, ANTONIO ROSA, ALFONSO CIRILLO, VINCENZO D'ASCOLI, FEDELE AVINO, PAOLO ALLOCCA, ANGELO PAGANO, ANGELO CASILLO, MICHELE AURICCHIO, FRANCESCO AVINO, CARLO NAPPO

mentre su quello prospiciente la piazza vi si legge la seguente epigrafe:

CADDERO NELLA GUERRA
CHE DISTRUSSE L'IMPERO AUSTRO-UNGARICO
E RESTITUÌ SULLE ALPI
IL GIUSTO CONFINE D'ITALIA.
PERCHÉ DEI NOMI GLORIOSI,
IL RICORDO SIA ETERNO,
IL CITTADINI DI TERZIGNO
LO VOLLERO QUI
NEL MARMO
Novembre 1921

Nel 1921, per onorare la memoria dei caduti in guerra, fu deciso di costruire il monumento al "milite ignoto": fu preso un cadavere a caso tra le migliaia di morti rimasti senza nome nella estenuante Grande Guerra del 1915.18 e, in treno da Trieste Roma, fu celebrato un funerale di stato, la salma, poi, fu sepolta nell'Altare della Patria.
Tale evento portò un po' tutti comuni ad elevare un monumento ai caduti che sono quasi tutti coevi.

Nel 1977 e nel 2003 l'area del monumento è stato radicalmente modificata, prima con la pavimentazione, poi con l'applicazione di lastre di pietra lavica sulle pareti perimetrali e con l'illuminazione.

________________________________________________________________________________________

Gli anni Trenta


IL VESUVIO RITORNA PROTAGONISTA, L'NTERVENTO DEL GOVERNO

In seguito alla lava del 1929
39 , che produsse gravi danni al paese e molti senzatetto (distruzione di 178 per 78 proprietari), ci fu un sostanziale intervento governativo (1930-33) con la costruzione di case popolari sia nella parte a valle del paese, nell'attuale C.so L. Da Vinci ('e palazzine), che nella parte alta in Via Campitelli Nuovo. Le abitazioni erano tutte composte da due e tre vani con accessori e cantina, riunite in isolati identici comprendenti 4 unità abitative.
Con il supporto di fedeli, con piccole offerte e mano d'opera gratuita, e di autorità, tra cui Umberto di Savoia con lire 25.000, fu costruito, su terreno concesso del parroco, l'asilo parrocchiale (già ricordato nell'elenco parroci).

39. Nel maggio il Vesuvio alzò il caratteristico pino di fumo e gas e subito dopo cominciò ad emettere lava. Tra il 2 e il 3 giugno, giunse, dopo aver distrutto numerose abitazioni nel rione Campitelli ed alcune decine nella località Pagani e Pagliarone, fino a 200 metri dalla chiesa di S. Antonio (si racconta che una donna anziana, rivolta alla lava, si espresse: "hai preso la casa, prendi anche la chiave" e lanciò le chiavi nella lava incandescente). I fedeli portarono la statua di S. Antonio nella notte del 4 giugno davanti alla lava che subito si arrestò diramandosi in due versanti laterali (il fatto, ritenuto miracoloso, è ricordato con un cippo in loco e una lapide davanti alla chiesa). L'evento ebbe molta risonanza tanto da provocare la visita, il 6 giugno, del Principe ereditario Umberto di Savoia, del Vescovo di Nola Melchiorri e di molte autorità (evento documentato da foto). In tale occasione il Rittman propose invano di deviare la lava con il rinforzo delle barriere esistenti.
Dopo un breve riposo, nel giugno 1933, ripresero le colate laviche che, però, essendo molto lente, non raggiunsero l'abitato, fermandosi nella Valle dell'Inferno per uno spessore di 70 m. (i caratteristici domi superficiali senza "radici").




LA PARTECIPAZIONE ALLA GRANDE STORIA

Una discreta adesione al fascismo caratterizza, come tutta la provincia italiana, la vita socio-politica di Terzigno in questi anni, adesione che si infiamma per la Guerra d'Africa, mossa contro l'Etiopia dal 1935 al 1941, testimoniata dalla decorazione con medaglia d'argento al valor militare al Capitano Medico di complemento Giuseppe Giugliano, che vi partecipò come sottotenente medico di complemento nel 26° BTG. Eritreo.
La motivazione della medaglia, conferita per il fatto d'armi di Noari del 23-27 maggio 1937, è la seguente:" Ufficiale medico di un battaglione coloniale, in due violenti e difficili combattimenti, conscio dell'ardita missione a lui devoluta, dette costante prova del suo coraggio, sprezzo del pericolo e religione del suo mandato. Per portare più prontamente i soccorsi della sua scienza, non esitò a recarsi più volte, attraverso zone fortemente battute da mitragliatrici nemiche, sulle linee più avanzate del battaglione. Saputo che un Ufficiale era gravemente ferito, lo raggiunse in linea nel momento più difficile del combattimento e, per non sottrarvi uomini, ne curava personalmente il trasporto caricandoselo sulle spalle. Esempio di altruismo e di alte virtù militari" (Decreto di S.M. Vittorio Emanuele III, Re Imperatore, n. 886 del 2 marzo 1938).


________________________________________________________________________________________


I terribili anni Quaranta



IL PAESE SUBISCE SUBITO LA GUERRA

Verso la fine del 1940, nei mesi successivi alla dichiarazione di guerra del 10 giugno, Terzigno registrò un abnorme aumento della popolazione
40 a causa dell'arrivo degli sfollati da Napoli, furono occupati tutti i vani liberi anche quelli più diroccati; la nuova situazione, se da un lato, provocò uno stravolgimento nella tranquilla vita paesana con pesanti condizionamenti sociali, dall'altro, il contatto con i più evoluti cittadini, alimentò, anche nella nostra realtà amorfa e provinciale, le prime timide forme di dissenso al fascismo.
Quando il bombardamenti, dopo Napoli, interessarono anche la provincia, si utilizzarono cave della pietra lavica come rifugi e, nel rione Campitelli, un tunnel (ancora esistente) di circa 200 metri, costruito 50 anni prima nella roccia vulcanica per il passaggio del condotto principale dell'acqua del Serino.
Testimonianze orali registrano che nell'estate del 1942 cadde la prima bomba su Terzigno sull'abitazione di Ferdinando Avino, uccidendo due fratelli napoletani sfollati, Italia e Federico Fantini; un'altra bomba cadde nel 1943 nel cortile Rosa, vicinissima al tunnel rifugio suddetto.

Non mancarono anche in questi anni momenti di autentico eroismo, testimoniati dai tanti riconoscimenti ufficiali come, ad esempio, quelli conferiti a:

"
Capitano dei Carabinieri Angelo Fabbrocini, prese parte alla guerra combattendo sul fronte russo, quale Sottotenente in servizio permanente effettivo dell'80° RGT fanteria "Roma", comando 2° BTG, 2° Plotone esploratori Arditi e, per il valore mostrato nelle operazioni militari nella zona di Ambrosimowa, fronte del Don, tra il 10 dicembre 1942 e il 15 gennaio 1943, fu decorato con le medaglie al valor militare d'argento con la motivazione:"Comandante di plotone esploratori in ripetute ricognizioni e colpi di mano eccelleva per intuito, ardimento e bravura di combattere. Delineatasi un grave situazione, con prontezza e perspicacia organizzava un'audace azione che concludeva dopo aspra lotta, a corpo a corpo, durante la quale dava prova di indomito valore, con la cattura di due muniti presidi. Fronte Russo, 10 Dicembre 1942" (Ministero della Difesa 15 giugno 1950) e di bronzo motivata: "Durante un tormentoso ripiegamento assumeva più volte il comando di reparti di formazione e, alla testa di essi, contrassaltava con audacia incalzanti forze preponderanti riuscendo a rompere successivi accerchiamenti. Esempio in ogni circostanza di indomito valore ed elevato spirito di abnegazione. Fronte Russo, 20 Dicembre 1942 15 Gennaio 1943" (Ministero della Difesa n. 21506 del 18 giugno 1950).

"
Capitano di Fanteria di Complemento Bianco Raffaele, prese parte alla guerra combattendo sul fronte dell'Africa Settentrionale (zona Tobruck-Bardia) dall'11 giugno 1940 al 31 maggio 1942, quale Tenente di fanteria ed aiutante maggiore del 1° BTG. Del 39° RGM. Fanteria (Brigata Bologna) e, per il valore mostrato nelle operazioni militari nella zona di Sidi Rezegh del 20-21 novembre 1941, fu decorato con croce di guerra al valor militare, con la seguente motivazione:"Aiutante Maggiore di Battaglione, in due giorni di ininterrotti ed aspri combattimenti, con assoluto sprezzo di ogni pericolo ed instancabile attività, con capacità e perizia, contribuiva alla salda valorosa resistenza del suo battaglione" (Decreto Presidente della Repubblica n. 37470 del 1° luglio 1953). Partecipò, poi, anche alla guerra di liberazione col nucleo C. 3 della 228/ma Divisione, al seguito dell'VIII Armata Alleata, dal 1° marzo 1944 all'8 marzo 1945.

"
Soldato Ambrosio Pasquale (genitore di chi scrive), richiamato alle armi, dopo il normale servizio di leva, nel 1940 nel 6° RGT. Lancieri "Aosta", prese parte alla guerra sul fronte italiano dal 1940 al 1943, impiegato nel rischioso e difficile controllo antisbarco alleato sulla costa ionica della Calabria, dove, per le disagiate condizioni (turni di guardia ininterrotti e all'addiaccio per oltre sei mesi), si ammalò di pleurite, per lungo tempo, lottò tra la vita e la morte; fu decorato con croce di guerra al valor militare e, quale invalido di guerra, con medaglia di minorato di guerra (Associazione Combattenti e reduci Roma). Al rientro ebbe non poche difficoltà ad inserirsi perché, data la tremenda malattia di cui era affetto, gli venivano concessi solo pochi anni di vita, poi, grazie alla forte fibra ed a cure continue e sempre più efficaci, è morto nel 1992 all'età di 78 anni.

40. Nei registri della Scuola Elementare "D. Savio" sono visibili, nei registri delle varie classi del periodo 1941-44, i corposi elenchi aggiuntivi, riferiti agli sfollati in età scolare.


L'ARMISTIZIO ANZICHÉ LA FINE FU IL VERO INIZIO DELLA GUERRA.
LE MEMORIE

Alle prime reazioni ottimistiche, convinti della fine della guerra, dopo l'8 settembre '43 subentrarono immediatamente nuove e più gravi preoccupazioni per la pesante occupazione tedesca che si consumò in razzie, deportazione di uomini validi, distruzioni di abitazioni. Una certa tranquillità, dopo vari spontanei atti di sabotaggi contro i tedeschi 41, si raggiunse solo in ottobre con il sofferto arrivo degli Alleati: - (Dal libro di Angelo Pesce SCAFATI E L'AGRO cinquant'anni fa la guerra - Scafati - 1993, pag. 162 - cronaca del giorno 30 settembre 1943) "… il 1°/6° Queen's riprese da Passanti la marcia in direzione nord verso Terzigno . - parla il militare Nick Nice - … La Compagnia "D" del maggiore Ted Kilshaw gradualmente si fece strada sulla destra ma venne immobilizzata nell'area del passaggio a livello (della linea Cancello - Torre Centrale, a Boccia al Mauro) a circa un chilometro e mezzo da Passanti sulla solita strada rettilinea. Un efficientissimo semovente impediva lo spostamento dei mezzi di trasporto e noi ne sentimmo gli effetti a circa metà percorso allorché le schegge bucarono le ruote del nostro cannone e noi fummo costretti ad avvantaggiarci della dubbia protezione fornita da una capanna di pietra a lato della strada. Astutamente il nemico cambiava la portata dei suoi tiri : balzando fuori per un istante dalla copertura, lasciava partire alcuni colpi a tutto campo per dissuadere i veicoli dal muoversi dai Passanti; poi si ritirava, poi ricompariva di nuovo per destinare qualche colpo a distanza ravvicinata sulla Compagnia "D", ed infine raggiungeva completa soddisfazione piazzandone qualche paio a metà strada per sbilanciare l'equipaggio del mio canone e quello raccolto da un camion finito in un vicino canaletto. …
Verso mezzogiorno, a fronte di un'opposizione sempre più decisa per mantenere il passo con il 1°/7° che aveva anch'esso difficoltà ad avanzare per più di un paio di chilometri a nord di Poggiomarino, il 1°/6° si arrestò appena oltre Terzigno (quartiere Principessa Margherita) con l'ordine di consolidare la posizione sui tre assi dell'avanzata prepararsi ad una attiva azione di pattugliamento appena calata la notte, analogamente avrebbe fatto l'altro battaglione. Nella fase iniziale sia il 1°/6° che il 1°/7° vennero a contatto con l nemico più di una volta, ma nelle ore piccole fu chiaro che questi si stava ritirando, eccezion fatta per la zona a sinistra del 1°/6°, dove un distaccamento di tedeschi dava la sensazione di volersi trattenere in un gruppetto di case non lontano dalla chiesa di S. Antonio. Michael Forrester di conseguenza ordinò alla pattuglia da Combattimento al comando del ten. Peter Kime di sloggiarli per le prime luci dell'alba, quando il battaglione doveva riprendere l'avanzata. "Dopo aver messo in atto un'accanita resistenza il nemico si ritirò, lasciandosi indietro, con grande sgomento da parte del ten. Kime, i corpi di due giovani donne (in località Sisandoli ad est della chiesa di S. Antonio, delle due donne si sa solo che erano due sfollate chiamate "le signorine" o "le napoletane" - una signora che da bambina portava il latte alle stessa, riferisce molto vagamente "Tecla e Fannina" e moglie di un ufficiale con dama di compagnia - ritenute spie dai tedeschi, poiché sembra fossero state sorprese mentre facevano segnali luminosi a degli agenti inglesi che si trovavano sulla lava del 1929 ad ovest del paese. Testimoni parlano di ritrovamenti in casa delle sfortunate in via Fiume di apparecchi ricetrasmittenti)".


41. Alcuni momenti di quei terribili giorni, attraverso testimonianze orali, sono state raccolte nel 1996 dagli alunni del locale liceo nell'opuscolo LA CAMPANIA TRA IL 1943 ED IL 1945 - La memoria, le memorie.

_________________________________________________________________________________________

TUTTI I CADUTI E I DISPERSI DI TERZIGNO DURANTE IL 2° CONFLITTO MONDIALE

IL SEGUENTE ELENCO ALFABETICO (COMPRENDE TUTTI I NATI NEL COMUNE DI TERZIGNO - LE INDICAZIONI TRA PARENTESI SONO DI FONTI DIVERSE, SOPRATTUTTO ORALI) È STATO FORNITO DAL MINISTERO DELLA DIFESA - 7^ DIVISIONE ALBO D'ORO (PROT. N. LEV-7/07068/STC/MECC. DEL 19 OTTOBRE 2000):
1. SOLDATO ALARICO DOMENICO, NATO IL 19.9.21, DELLA 155^ BTG TERR. FTR, FANTERIA, DECEDUTO SUL FRONTE FRANCESE IL 23.8.43.
2. SOLDATO AURICCHIO ANTONIO, NATO IL 22.1.14, DEL 21° RGT. ART. DIV. FANT., ARTIGLIERIA (MOTORIZZATA "TRIESTE"), DECEDUTO SUL FRONTE IN AFRICA SETTENTRIONALE IL 22.4.43 (O DISPERSO IL 20.11.42 IN RUSSIA).
3. PARTIGIANO AURICCHIO MARIA, NATA IL 26.9.23, DEL REP. DELLA FORM. PART., FORMAZIONI PARTIGIANE, MORTA IN TERRITORIO METROPOLITANO IL 13.10.43.
4. AURICCHIO MICHELANGELO, NATO IL 13.10.19, DEPORTATO DAI TEDESCHI IL 23.9.43 NON È PIÙ TORNATO).
5. SOLDATO AVINO FRANCESCO, NATO IL 19.10.19, DEL BTG. MOV. STRADALE (O DEL 26° BTG. 8^ ARMATA), CAVALLERIA, DECEDUTO DURANTE LA PRIGIONIA IN RUSSIA IL 5.2.43 ( O DISPERSO IL 17.1.43 IN RUSSIA).
6. (AVIERE AVINO FRANCESCO, NATO IL 24.4.20, AEROPORTO 515 P. M., DECEDUTO PER FRATTURA ALLA BASE CRANICAPER INCIDENTE AUTOMOBILISTICO IL 21.1.43)
7. SERGENTE MAGGIORE AVINO GIUSEPPE, NATO 1.1.18, DELLA 51^ BTG. MORT., MORTAI, DISPERSO SUL FRONTE GRECO (CRETA) IL 5.9.43.
8. SOLDATO AVINO GIUSEPPE, NATO IL 21.11.12, DEL 10° CP. SAN., SANITÀ, DECEDUTO DURANTE LA PRIGIONIA IN GERMANIA IL 22.4.45.
9. SOLDATO AVINO GIUSEPPE, NATO IL 3.8.21, DELL'11° RGPT. C. D. A. ART., ARTIGLERIA, DISPERSO SUL FRONTE RUSSO IL 21.4.43.
10. CAPORALE AVINO LUIGI, NATO IL 21.1.19, DELL'8° RGT. ART. DIV. FANT., ARTIGLIERIA, DISPERSO SUL FRONTE RUSSO IL 31.1.43.
11. SOLDATO AVINO NUNZIO, NATO IL 1.5.22, DELL'80° RGT. FTR., FANTERIA, DISPERSO SUL FRONTE RUSSO IL 21.12.42.
12. (SOLDATO AVINO NUNZIO, NATO IL 3.10.15, 15° RGM. FANT. DISPERSO IN LIBIA DOPO IL COMBATTIMENTO DEL 13.12.41)
13. SOLDATO AVINO RAFFAELE, NATO IL 3.10.15, DEL 15° RGT. (515) FTR, FANTERIA, MORTO SUNL FRONTR IN AFRICA SETTENTRIONALE IL 11.12.41.
14. CAPORAL MAGGIORE BIFULCO GIOVANNI, NATO IL 16.2.20, DEL 383° RGT. FTR., FANTERIA, DECEDUTO SUL FRONTE ALBANESE (BOMBARDAMENTO AEREO) IL 16.11.43.
15. SOLDATO BIFULCO PASQUALE, NATO IL 26.11.23, DEL 31° RGT. FTR., FANTERIA, DISPERSO SUL FRONTE GRECO L'8.9.43.
16. AFFILIATO ALLA R. S. I. BIFULCO PASQUALE, NATO IL 6.1.10, REP. DELLA R. S. I., FORMAZIONI REPUBBLICANE, MORTO IN TERRITORIO METROPOLITANO (FAENZA) IL 13.5.44.
17. SOTTOCAPO (M.M.) BIFULCO PASQUALE, NATO IL 22.2.22, ROMA, ELETTRICISTA, DISPERSO NEL MARE MEDITERRANEO CENTRALE (SINISTRO ALLA R. N. "ROMA") IL 9.9.43.
18. CAPORAL MAGGIORE BOCCIA GIUSEPPE, NATO IL 20.1.11, AUTOGRUPPI AUTO, AUTOMOBILISTI TRAP. SALM., MORTO SUL FRONTE IN AFRICA ORIENTALE IL 13.11.40.
19. SOLDATO BOCCIA LUIGI, NATO IL 26.11.18, DEL 3° RGT. BERS., BERSAGLIERI, DECEDUTO PRIGIONIERO IN RUSSIA IL 30.4.43.
20. SOLDATO CALDARELLI ALFONSO, NATO L'8.12.20, DEL 31° RGT. FTR., FANTERIA, DISPERSO SUL FRONTE ALBANESE (MONASTIR) IL 19.3.41.
21. (SOLDATO CALDARELLI FRANCESCO, NATO A S. GIUSEPPE VES. IL 10.5.12, 10° RGM. MITRAGLIERI, MORTO IN JUGOSLAVIA PER SCOPPIO MINE IL 22.6.44).
22. SOLDATO CARILLO FRANCESCO, IL 22.2 (O 11).21, DEL 51° CP. FTR, CANNONI DA 47/32, DISPERSO IN PRIGIONIA NEL MARE MEDITERRANEO IL 18 .10.43 (DICHIARATO IRREPERIBILE IL 15.10.43, DISPERSO SUL FRONTE GRECO).
23. MARÒ (M.M.) CAROTENUTO FRANCESCO, NATO IL 7.5.24, POZZI, MARÒ, MORTO (PER USTIONI AL CORPO A NAPOLI) IN TERRITORIO METROPOLITANO IL 15.6( O 4).44.
24. SOLDATO CARILLO ALFONSO, NATO IL 14.7.21, DEL RGT. BTG. COLONIALI -RGPT. FTR., FANTERIA, MORTO IN TERRITORIO METROPOLITANO IL 24.5.41.
25. SOLDATO COZZOLINO NICOLA, NATO L'8.1.09, DEL 21° GR.-SQD. CAV., CAVALLERIA, DISPERSO IN TERRITORIO METROPOLITANO IL 27.9.43.
26. SOLDATO DI PRISCO ANDREA, NATO IL 26.2.21, DEI DEPOSITI FTR., FANTERIA, MORTO IN TERRITORIO METROPOLITANO IL 19.8.43.
27. SOLDATO DI PRISCO ANTONIO, NATO L'1.2.14, DEL 14° RGT. MITR., FANTERIA, MORTO IN PRIGIONIA SUL FRONTE JUGOSLAVO IL 21.2.45 ( O PER BOMBARDAMENTO IL 16.10.43 - SALMA TUMULATA NELL'ISOLA DI LERO NELL'EGEO) .
28. SOLDATO ESPOSITO GIULIO, NATO IL 7.7.20, DEL 56°(O 65) RGT. ART. DIV. FANT., ARTIGLIERIA, MORTO SUL FRONTE GRECO IL 28.9.43 (O SCOMPARSO IN GRECIA IL 20.8.43).
29. SOLDATO GAROFALO MICHELE, NATO IL 17.4.13, DELL'80° (O 108 TR. I.M.T. COMANDO 1 GRUPPO ARTIGLIERI) RGT. FTR., FANTERIA, MORTO IN PRIGIONIA SUL FRONTE RUSSO IL 30.1.43.
30. SOLDATO GIUGLIANO ANTONIO, NATO L'8.3.09, DELL'8° RGT. ART. DIV. FANT., ARTIGLIERIA, DECEDUTO PRIGIONIERO IN GERMANIA IL 25.12.44.
31. SOLDATO GIUGLIANO DOMENICO, NATO IL 27.5( O 4).18, DEL 30° RGPT. C.D.A. ART. (O 10° GRUPPO 22° BTG), ARTIGLIERIA, MORTO IN PRIGIONIA SUL FRONTE RUSSO IL 31.1.43 (O IRREPERIBILE DOPO IL COMBATTIMENTO DEL 20.11.42).
32. CAPORALE GIUGLIANO GIUSEPPE, NATO IL 29.11.12, DEL 3° RGT. BERS., BERSAGLIERI, MORTO (PER FERITE RIPORTATE IN COMBATTIMENTO) SUL FRONTE RUSSO (SAGEDUIJ) IL 26.8.42(O 1).
33. SOLDATO GUASTAFERRO GIUSEPPE, NATO IL 10.3.22, DEL 79° RGT. FTR., FANTERIA, MORTO IN PRIGONIA SUL FRONTE RUSSO IL 29.3.43(O IRREPERIBILE DOPO COMBATTIMENTO DEL 19.12.42).
34. SOLDATO IERVOLINO FRANCESCO, NATO IL 13.11.20, DEL 5° RGT. GENIO, GENIO E CHIMICI, DISPERSO NEL MARE MEDITERRANEO IL 24.5.41.
35. AVIERE IERVOLINO FRANCESCO, NATO IL 27.4.20, AEROPORTO PANTELLERIA, REPARTO SERVIZI, MORTO IN TERRITORIO METROPOLITANO IL 21.1.43.
36. SOLDATO IERVOLINO RAFFAELE, NATO IL 10 (O 7).12.20, DEL 13° RGT. MONFERRATO (CAVALLEGGERI), (2° RAGGRUPPAMENTO COMANDO) CAVALLERIA, DISPERSO IN TERRITORIO METROPOLITANO (ZORA) L'8.9.43.
37. SOLDATO IOVINO RODOLFO, NATO IL 5.4.20, DEL 10° RGT. GENIO, GENIO E CHIMICI, DISPERSO NEL MARE MEDITERRANEO IL 24.5.41.
38. (SOLDATO MANZO MICHELE, NATO A BOSCOREALE IL 17.11.16, FANTE EFFETTIVO 3 C.C. 47/32 DEL 38° FANTERIA, SCOMPARSO DOPO IL COMBATTIMENTO DEL 16.12.42 IN FILONOWO - RUSSIA).
39. (SOLDATO MAROTTA AURICCHIO GAETANO, NATO IL 9.10.13, RADIOTELEGRAFISTA DEL 50° RGT. DIV. SAVONA, MORTO A TERZIGNO PER MALATTIA CONTRATTA IN GUERRA IL 30.3.47).
40. SOLDATO MASSI PASQUALE, NATO IL 7.7.07, DEL 40À RGT. FTR., FANTERIA, MORTO IN PRIGIONIA SUL FRONTE TUNISINO IL 28.5.44.
41. SOLDATO MIRANDA PASQUALE, NATO IL 4.7.16, DEL 31° RGT. FTR., FANTERIA, MORTO SUL FRONTE ALBANESE IL 23.12.40.
42. CAPORAL MAGGIORE MIRANDA LUIGI, NATO L'1.2.13, DEL 3° RGT. BERS., BERSAGLIERI, DISPERSO SUL FRONTE RUSSO L'11.12.42.
43. SOLDATO PARISI GIOVANNI, NATO IL 16.9.21, DEL 2° RGT. CONTRAEREO ART., ARTIGLIERIA, DISPERSO NEL MARE MEDITERRANEO L'8.2.42.
44. SOLDATO PARISI SALVATORE, NATO IL 16.12.14, DEL 62° BTG DI CPL. FTR., FANTERIA, MORTO SU L FRONTE IN AFRICA SETTERNTRIONALE L'1.8.40.
45. SOLDATO PISACANE PASQUALE, NATO IL 24.1.20, DEL 62° RGT. FTR., FANTERIA, MORTO IN PRIGIONIA SUL FRONTE RUSSO IL 31.1.43.
46. AFFILIATO ALLA R. S. I. RANIERI FRANCESCO, NATO IL 5.10.19, REP. DELLA R. S. I., FORMAZIONI REPUBBLICANE, DISPERSO IN TERRITORIO METROPOLITANO IL 20.10.44 (GIÀ SOTTOTENENTE DEL 4° RGM. BERSAGLIERI).
47. (SOLDATO RANIERI VINCENZO, MORTO IL 25.7.41 PRESSO L'OSPEDALE MARITTIMO DI LA SPEZIA).
48. SOLDATO ROSA ANGELO, NA IL 25.5.17, DELL'8° RGT. FTR., FANTERIA, MORTO SUL FRONTE ALBANESE L'8.1.41.
49. VICE BRIGADIERE ROSSI SALVATORE, NATO IL 10.1.24, DEL XXII BTG. CC., CARABINIERE, MORTO SUL FRONTE JUGOSLAVO L'8.9.43.
50. SOLDATO SANGIOVANNI ANGELO, NATO IL 14.10.19, DEL 5° RGT. LANCIERI DI NOVARA, CAVALLERIA, MORTO (A CAUSA DI INCIDENTI DOPO LO SBANDAMENTO) IN TERRITORIO METROPOLITANO (CASTEL SAN PIETRO) IL 12.9.43.
51. APPUNTATO SANGIOVANNI PASQUALE, NATO L'1.1.03, DELLA GUARDIA DI FINANZA G. DI F., GUARDIE DI FINANZA, MORTO IN TERRITORIO METROPOLITANO IL 22.5.44.
52. SOLDATO TORTORA PATRIZIO, NATO IL 13.1.22, DEL 341° RGT. FTR., FANTERIA, DISPERSO SUL FRONTE GRECO L'8.9.43.
53. CAPORAL MAGGIORE ULIANO PASQUALE, NATO IL 16 (O 4) .3.16, DEL 5° RGT. BERS.("ALBANIA"), BERSAGLIERI, MORTO (FRATTURA GAMBA SINISTRA E SETTICIMIA) IN TERRITORIO METROPOLITANO (BARI) L'8.12.40.
54. (SOLDATO ZUROLO ANIELLO, NATO A GRAGNANO IL 1.1.22, DEL 73° RGT. FANT. 1° BTG 4^ COMPAGNIA, SCOMPARSO IN RUSSIA DOPO GLI EVENTI DEL 15.11.42).

_______________________________________________________________________________________________________


IL 1944: LA PILLO E "VERA LIBERAZIONE"

Nel marzo, il Vesuvio pose fine alla fase attiva, cominciata agli inizi del secolo, con una copiosa pioggia di lapilli e Terzigno fu coperto, in media, da uno strato di circa mezzo metro. Furono completamente perdute le colture, bruciarono boschi secolari e crollarono molti solai di abitazione per il peso del materiale vulcanico, nonostante il tempestivo intervento degli abitanti che, coperti il capo alla meglio, sotto l'imperversare del vulcano spalavano i tetti
42.
Gli Alleati dovettero smantellare e trasferire il succitato aeroporto militare, in quanto il lapillo aveva danneggiato le turbine degli aerei. L'evento se da un lato privò il paese di una risorsa, data le gravissime condizioni imposte dalla guerra, dall'altro pose fine al dilagante malcostume di asservimento agli spavaldi ed esigenti americani (spesso alcolizzati alla perenne ricerca di vino in ogni ora del giorno e della notte), soprattutto per la dilagante prostituzione, molte donne si concedevano, sotto le tende del campo, per fame.
Inoltre, molti sfollati (in genere cittadini con abitudini e comportamenti spesso incompatibili con la vita paesana), con non poco sollievo del paese, abbandonarono precipitosamente Terzigno.
Pertanto, grazie all'eterno "amico" Vesuvio, ci liberammo in un colpo solo dei "liberatori" e degli "ospiti" non sempre desiderati.

42. All'estremità del gran Cono, nell'interno del cratere, era presente un piccolo cono da cui avveniva la degassazione normale; il crollo di questo conetto, ostruendo il condotto, determinò l'eruzione dei lapilli. Dai primi dati strumentali del 1° marzo (shock spasmodici) ci furono dei crolli nel condotto fino al 17, il 18 iniziò l'effusione che si espanse nell'Atrio del Cavallo lambendo l'Osservatorio, la velocità del magma era di 100 m/h. il 21 furono invasi dal magma Massa e S. Sebastiano e la funicolare (quella di "Funiculì, funiculà"). Vi furono poi le fontane laviche tra il 21 e 22 con colonne di fuoco per oltre 1 km e lanci a oltre 5 che giunsero fino a Pagani, le esplosioni miste del 22 con ceneri e lapilli che giunsero in Albania, e la sismo-esplosiva tra il 23 e il 29 con ripetizioni intermittenti di fasi sismiche sempre meno intense. Come nel 1906 anche alla fine del parossismo del 1944 si era formata una voragine craterica di circa 300m. Dal 9 aprile 1944 il Vesuvio è in un fase di quiescenza assoluta.

_________________________________________________________________________________________

LA COSTRUZIONE DEL CIMITERO

Fin dalla autonomia, per il rispetto delle leggi in materia vigenti
43, si pose il problema per il Comune della costruzione del cimitero. I cristiani fino al XVIII secolo seppellivano nelle apposite cripte delle chiese e, la gente di Terzigno ha seppellito fino al 1758 in S. Michele di Ottaviano e dopo nella chiesa dell'Immacolata, successivamente nei Cimiteri di Ottaviano e Boscoreale (gli abitanti di Boccia al Mauro).
Il primo tentativo è del 1937 allorché l'Amministrazione Comunale tentò di espropriare un ettaro di terreno, l'opposizione dei proprietari, circa una ventina, fu tale che la pratica si prolungò per circa dieci anni.
Nel 1949, con la mediazione del parroco dell'Immacolata, don Antonio Rossi, si raggiunse finalmente l'accordo tra Comune e proprietari (ad ognuno di essi veniva concesso, quale indennità di esproprio, un lotto di terreno per la costruzione della tomba di famiglia, accordo ratificato dal Sindaco Nicola Maddaloni con delibera n. 44 del marzo 1950) e si poté procedere per la realizzazione del Camposanto. Molti cittadini collaborarono come meglio potevano, con trasporto pietre, mano d'opera, ecc. e alla fine del 1949 fu completato il muro di cinta. L'8 gennaio 1950 fu seppellita la prima salma, quella di Vincenzo Auricchio fu Pasquale.
L'area cimiteriale, dato il forte incremento demografico (dai ca. 6000 abitanti degli anni Trenta, agli oltre 16.000 attuali) e la massiccia presenza di sepolture provenienti da San Giuseppe Vesuviano (che non ha un proprio cimitero), negli anni Ottanta, è stata notevolmente ampliata per una superficie doppia di quella iniziale e, allo stato, si parla di un ulteriore ampliamento per la continua richiesta, talvolta di sospetta speculazione, di loculi e lotti per tombe di famiglia. Il tutto ha determinato una caotica crescita, poco razionale e di difficile gestione.
Il cappellano del Cimitero è, per disposizione del Vescovo e sovvenzione del Comune, il parroco della parrocchia M. S. S. Del Carmine di Boccia al Mauro

43. Con l'editto di S. Cloud del 5 settembre 1806, emanato da Napoleone e pubblicato sul Giornale Italiano il 3 ottobre 1806, si dava attuazione alla illuminata legge del 1776 volta a far sorgere, soprattutto per igiene, i Cimiteri (la parola cimitero deriva dal greco "koimeterion" = dormitorio, del verbo koimao = addormentare) fuori dai centri abitati in aree ben definite e recintate.
Queste disposizioni, del resto, sono le stesse dei primi cimiteri cristiani, quando l'area prescelta era, in genere, intorno alla tomba di un martire. Solo dal IX secolo, per seppellire i propri morti vicino ai corpi o reliquie dei martiri, trasferiti, per motivi di sicurezza, all'interno delle mura cittadine, si cominciò a destinare ambienti delle chiese a cimiteri (come abbiamo visto anche per l'Immacolata di Terzigno).

_________________________________________________________________________________________

Gli anni recenti


Negli ultimi anni, con i rinvenimenti archeologici e l'istituzione del Parco Vesuvio, a Terzigno è visibile, grazie anche all'attività di centri culturali come L'Archeo ed ad una qualche sensibilità delle forze politiche (Dopo la stasi dovuta ad un lungo periodo di confusione amministrativo con dichiarazione di dissesto, vari interdizioni prefettizie, elezioni con un solo candidato, ecc., causata soprattutto dalle problematiche inerenti l'edilizia, esclusivamente abusiva perché ancora priva di un organico Piano Regolatore Generale - PRG, dalla fine degli anni Novanta si intravedono, grazie ad una certa stabilità amministrativa, timide linee di sviluppo confermando lo spirito del Comune che, secondo la Legge sulle autonomie locali n. 142 dell'6 giugno 1990, " … è l'ente che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo") un certo bisogno di identità che spinge a cercare orgogliosamente le proprie origini e a proteggere migliorandolo l'esistente (ad. es.:recente adeguato restauro della Villa Bifulco).
Anche la legislazione concorre corposamente alla valorizzazione storica come, ad esempio, la L. Reg. n.26 del 18/10/2002 che stabilisce "norme ed incentivi per la valorizzazione dei centri storici della Campania"
44 volta, attraverso un intreccio di pubblico e di privato, a rivitalizzare i siti antichi recuperandone, attraverso la memoria storica, l'architettura e la loro funzione vitale quale motore di nuovo sviluppo d'identità.
A Terzigno, perciò, superando ogni forma di familismo e criminalità organizzata e promuovendo forme di associazionismo e volontariato della società civile (con una decisa esaltazione del "pubblico" e una progressiva mortificazione del "privato"), potrebbe essere finalmente auspicabile un avanzamento (che sarebbe un ritorno) della cultura della cittadinanza e della solidarietà con una politica di recupero, caratterizzata da rigorosi vincoli, della tipologia costruttiva della casa vesuviana a cupola in lapillo battuto 'a carosa (ricorda i trulli), ubicata a corte intorno ad un cortile privato o condiviso da vari nuclei familiari (i rioni chiamati con i nomi delle famiglie) e dei pregiati siti storici menzionati o, ancora, dei bellissimi palazzi ottocenteschi prospicienti la Piazza Troiano Caracciolo del Sole.
Pertanto, grazie a questa palpabile inversione di tendenza, Terzigno potrà non essere più un'isola avulsa dal contesto circostante ma, e a pieno titolo, per il suo patrimonio storico, artistico e ambientale, avrà un posto di primo piano tra le possibili "mete" nell'itinerario turistico, archeologico e gastronomico della Campania.
Questa consapevolezza deve spingere tutti gli operatori (le famiglie del posto, gli esercizi commerciali, le Associazioni, i Comitati) ad occuparsi in "maniera intelligente" del proprio paese: bisogna acquisire la coscienza di vivere in un luogo che va tutelato e, quindi, ricercare forme di impegno (e di investimento) che si traducano in un accorto e qualificato miglioramento del paese; nel contempo e sinergicamente l'azione pubblica deve provvedere ad infrastrutturare e preparare il territorio ad accogliere il conseguente flusso turistico che, create le opportune condizioni, si riverserà nel paese.

44. Angelo Massa, nel 2004, ha pubblicato sulla politica di recupero dei centri storici, con una completa lettura tecnica degli stessi come premessa alla catalogazione, un lavoro accurato ed approfondito, corredato da tutta la legislazione paesistica vigente (PTP, TTR, PTCP, PI, PIR, RUA, RAC, finalità del PARCO VESUVIO e delle ASSOCIAZIONI di cui fa parte Terzigno), dal titolo "Terzigno - Storia ed immagini di un paese" .


_______________________________________________________________________________________


IL RECUPERO DELLA CU/OLTURA DEL PREZIOSO VINO

La ricerca di radici, oltre all'imprescindibile recupero edilizio, deve passare obbligatoriamente attraverso la valorizzazione della peculiarità del territorio, il vino che, con le sue varietà autoctone: il Caprettone, la Falanghina, il Greco, la Palommina e l'Aglianico, sta già proiettando, dopo una stasi di circa un quarto di secolo, Terzigno nei grandi circuiti nazionali come la presenza nelle Associazioni Nazionali "Città del Vino" e "Città del Vulcano" (Terzigno fa parte del direttivo) e l'iniziativa di costituire il Comitato per istituire l'associazione: "Le strade del vino del Vesuvio e dei prodotti tipici del Parco" o, infine, come la celebrazione della "Città della domenica"
45 .

45. Iniziativa promossa dal quotidiano "la Repubblica" volta a far conoscere su larga scala, attraverso passeggiate ecologiche, luoghi, memorie, prodotti, arte e cultura della città, svoltasi il 26 gennaio 2003.

Conosciuto sul mercato come il "
Terzigno", il vino di Terzigno ha proprie caratteristiche che lo diversificano dagli altri: è più fine, ha una maggiore fragranza, è più brioso; le sue viti sono coltivate in terreni che hanno una giacitura unica, ricca di declivi naturali e meglio esposti; inoltre il "Terzigno" ha una esclusiva finezza grazie alla tecniche di vinificazione particolari atte a conferirgli toni più evidenti di colore e più digeribilità, "scende piacevolmente", anche nella versione frizzante (sfumante), ottenuti con l'aggiunta del vino dolce parzialmente fermentato (lambiccato), azione che provoca una ripresa fermentativa direttamente in bottiglia (da compiere rigorosamente a marzo con il vento del Nord: la tramontana - il mitico fecondatore vient' 'e terr'), la formazione conseguente di anidride carbonica rende spumeggiante il vino alla mescita.
Dai vigneti (curati come se avessero un'anima, come se vivessero di una vita e di una storia proprie, entrambe scritte sulle lave feconde del Vesuvio, grazie alla generosa e sapiente fatica di generazioni che hanno scelto di far parte della millenaria trama di simboli e di valori che il vulcano intesse senza sosta) si producono vini dal bouquet particolarissimo, come ad esempio: la vivace Falangina, la Coda di Volpe (Caprettone per i locali) dal gusto persistente e tenace - bouquet vario e intenso, la Palommina (Per' 'e Palunmmo) dal colore rosso rubino - profumato di marasca, il Lacrima Cristi bianco (nato dal connubio tra Coda di Volpe e Falangina, delicatamente e intensamente profumato di pesca e di ginestra vesuviana) e rosso (gusto colmo e vellutato, profumato di marasca e di ciliegia matura, in cui si insinua il sentore della violetta)

Il vino di Terzigno è definito il
"Primo Vino" :
- sia per le numerose affermazioni in Italia ed all'estero:
" conosciuto e considerato nel 1885 a Londra, nel 1886 ad Amsterdam, nel 1888 a Rotterdam;
" nel 1892, un gruppo di esperti alla corte degli Asburgo di Vienna, sanciscono che il vino di Terzigno è il migliore al mondo;
" nei concorsi nazionali di Milano del 1948 e di Roma del 1950 risultò il "primo in Italia";
" alla Fiera della Casa di Napoli del 1965, ha vinto la medaglia d'oro, quale miglior vino esposto;
" a Roma, nel 1996, in occasione della benedizione del quadro dell'Immacolata restaurato, il vino viene donato al papa Giovanni Paolo II;
" in occasione del Giubileo del 2000, il 30 settembre, in una suggestiva cerimonia, Terzigno offre al Papa il proprio vino in ricordo della pratica dei secolo XVI e XVII, quando dalle terre vesuviane il vino greco e latino, franco di dazi e gabelle, veniva imbarcato a Castellammare e sbarcato al molo di Ripetta, sul Tevere;
- sia perché essendo il primo a vinificare era ed è atteso con impazienza dai "cantinieri napoletani" per rimpinguare le scorte.
Dal 1983 è a "Denominazione di Origine Controllata (DOC).

Negli ultimi tempi si nota sempre più, in ogni famiglia, una rinnovata passione per la vendemmia e la vinificazione, a volte solo per uso personale; passione giustificata dalla peculiarità del territorio di "fuoco", di lapilli consunto dalla lava che dona alla vite la capacità di produrre un vino (antico e sacro) speciale con una fragranza di profumi vesuviani - con Curzio Malaparte: "dalla forza magra e delicata che sfuma in soavissimi aromi di erbe selvatiche; ha il colore del fuoco infernale, il sapore della lava, dei lapilli, della cenere ... ". Tale tendenza fa senz'altro ben sperare per il futuro di Terzigno.


Per una conoscenza delle interessanti iniziative sulla promozione del vino degli anni Novanta, sono consultabili gli opuscoli pubblicati a cura del Centro Attività Culturali "L'ARCHEO". Di seguito sono riportati i rispettivi sommari:

1. IL PRIMO VINO - 1 A SAGRA DEL VINO DI TERZIGNO, 16-17-18 NOVEMBRE 1990

DIBATTITO SUL TEMA
"REALTÀ E PROSPETTIVE DEL VINO DEL VESUVIO"
MOSTRA D'ARTE "
L'UVA NEL TEMPO E NELLA SACRALITÀ";
ARTICOLI DEGLI AUTORI DAI TITOLI:
PRESUPPOSTI DELLA SAGRA - NELLA SPERANZA DI UN CENTENARIO - TERZIGNO, DOVE L'ARTE DEL VINO È ANTICA - IL VINO DI TERZIGNO NELLA STORIA - REALTÀ E PROSPETTIVE DELL'ASSOCIAZIONISMO VITIVINICOLO VESUVIANO - " 'O VINO" (POESIA) - COME IL VINO ARRIVA IN TAVOLA - IL LACHRJMA CRISTY DEL VESUVIO E L'IDENTITÀ DEL VINO DI TERZIGNO - NONNA MARIA BALDINI RACCONTA… LA VENDEMMIA DEL '45 - COMME PO' ESSERE 'O VINO - COME SI MISURAVA IL VINO A NAPOLI DURANTE IL REGNO DELLE DUE SICILIE - 'E VINE D' 'O CANTINIERE - ALLA RICERCA DEI VOCABOLI PERDUTI - IL "LAVIELLO": ENTUSIASMI E VECCHI RICORDI - PROSPETTIVE - COSA FARE PER PRODURRE IL VINO DOC? TUTTE LE REGOLE CHE DEVI SAPERE - CANZONE 'E TERZIGNO (CANZONE) - CANTO DEL VIGNAIUOLO TERZIGNESE (POEMETTO);

PIGIATURA IN PIAZZA CON SUCCESSIVE SVINATURA E TORCHIATURA, PALIO DELLA BOTTE (LA DISFIDA DELLE CONTRADE), CONCORSI: ARTISTICO PER IL LOGO DELLA SAGRA, SCUOLE, FOTOGRAFICO "IL SAGRO OBIETTIVO" ED ENOLOGICO, GASTRONOMIA TIPICA E INTRATTENIMENTI MUSICALI .

2. IL PRIMO VINO - 2 A SAGRA DEL VINO DI TERZIGNO, 8-9-10-11 NOVEMBRE 1991 - SULLE RADICI DI IERI GUARDANDO IL DOMANI

DIBATTITO SUL TEMA "
REALTÀ E PROSPETTIVE DELLA VITICOLTURA LOCALE UN ANNO DOPO";
ARTICOLI DEGLI AUTORI DAI TITOLI:
NON SOLO VIENNA NEL 1892 MA… - QUESTA È LA SAGRA - L'ARCHEO DICE GRAZIE E BENVENUTI - LA COLDIRETTI & LA SAGRA - L'ASCOM DI TERZIGNO NELLA SAGRA - TERZIGNO VISTA DA FRANCO PICCINELLI - IL VESUVIO, IL VINO, LA VITE (CITAZIONI CLASSICHE) - NON SOLO SAGRA - IL PALIO DELLA BOTTE (SCHEMA, CONTRADE, CRONACA E REGOLAMENTO) - TESTIMONIANZA DI UNA BIMBA SULLA PIGIATURA - CUPOLE DI TERZIGNO (FOTO) - TARANTELLA PAESANA (POESIA) - PROCESSANDO IL VINO (REGOLAMENTO PROCESSO AL VINO) - ARTINSAGRA SU TEMA DI/VINO (RASSEGNA D'ARTE) - L'OBIETTIVO DI GIANNI ROLLIN - VINO VOME MEDICINA … (IL RESVERATROLO ANTINFARTO) - IL VINI ATTRAVERSO LA DEGUSTAZIONE - IL VINO TRA VECCHIE NUOVE TECNOLOGIE - PIPERNO NOBILISSIMO - UNA PROPOSTA: ENOLOGIA ED ECOLOGIA NELLE SCUOLE ;

PIGIATURA IN PIAZZA CON SUCCESSIVE SVINATURA E TORCHIATURA, PALIO DELLA BOTTE, PROCESSO AL VINO, CONCORSI SCUOLE ED ENOLOGICO, MUSEO CONTADINO, GASTRONOMIA TIPICA E INTRATTENIMENTI MUSICALI .

3. IL PRIMO VINO - 3 A SAGRA DEL VINO DI TERZIGNO, 6-7-8-11 NOVEMBRE 1992 - TERZIGNO: STORIA TRADIZIONE E … VINO

ARTICOLI DEGLI AUTORI DAI TITOLI: 1
892 -1992 NON SOLO VIENNA - BRINDIAMO …… È SAGRA - FESTEGGIANDO UN CENTENARIO - UNA SCHEDA DI TERZIGNO - APPUNTI DI STORIA - DA UN ATTO NOTARILE - RITORNO CON GIOIA - BRINDANDO A TERZIGNO - IL VINO È IL LATTE DEI VECCHI MA QUELLO DI TERZIGNO È VIGORÌA PER I GIOVANI - C'È VINO E VINO … (POESIA) - LE REGOLE PER IL VINO DOC - SENSAZIONI - DI-VIN-A-MENTE (RASSEGNA D'ARTE) - VINO DEL VESUVIO ED EUROPA DEL 1993 - IL BRONZO E LE FRASCHE (MOTTI SUL VINO) - … RADICI … - IN AUMENTO PRODUZIONI ED ESPORTAZIONI DEI VINI DOC - ARCHEOVINO - ALLA RICERCA DI VOCABOLI PERDUTI - ESTERNAZIONI DI UN SOCIO DE "L'ARCHEO";

PIGIATURA IN PIAZZA CON CONSEGUENTI SVINATURA E TORCHIATURA, PALIO DELLA BOTTE , PROCESSO AL VINO, CONCORSI SCUOLE , ENOLOGICO E POETICO DAL TITOLO "VINO IN VERSI" (le circa cinquanta composizioni poetiche, insieme agli elaborati degli alunni ed alcune considerazioni dei promotori, sono state raccolte e pubblicate nel pregiatissimo volumetto "VINO IN VERSI"), GASTRONOMIA TIPICA E INTRATTENIMENTI MUSICALI .

4. IL PRIMO VINO - 4 A SAGRA DEL VINO DI TERZIGNO, 6-7-10-11 NOVEMBRE 1993 - TERZIGNO: VINO, PIPERNO E …

ARTICOLI DEGLI AUTORI DAI TITOLI: 1892 -1992 NON SOLO VIENNA - BRINDIAMO AD UNA SPERANZA - 'O TESORO 'E TERZIGNO (POESIA) - ASSOCIATEVI !!! - IL PIPERNO: UNA PIETRA VIVA DA VALORIZZARE - DI / VIN CREATIVO … (MOSTRA D'ARTE) - LL'INGLESE (RACCONTO IN VERSI) - GRAGNANO 'A LIGGENDA (POESIA) - BACCO FA BENE ALLE OSSA!!;

PIGIATURA IN PIAZZA CON SUCCESSIVE SVINATURA E TORCHIATURA, PALIO DELLA BOTTE, PROCESSO AL VINO, CONCORSI SCUOLE
("CUPOLE , VILLE ROMANE, VILLE VESUVIANE, 'E CCURTINE, CASE RURALI ADOTTIAMOLE E SALVIAMOLE !!!") ED ENOLOGICO, MUSEO CONTADINO, SCALPELLINO, BOTTAIO, PREMIO "AMICI" DI TERZIGNO (LIRICHE AGLI AMICI DI TERZIGNO), RICORDO DEI TERZIGNESI DI SPICCO, GASTRONOMIA TIPICA E INTRATTENIMENTI MUSICALI .

Le manifestazioni successive, più modeste, non hanno prodotto pubblicazioni.

_______________________________________________________________________________________


IL PARCO NAZIONALE DEL VESUVIO

Il Parco Vesuvio 46 , istituito con D.P.R. del 5 giugno 1995 e individuato nella legge quadro sulle aree protette n. 394 del 6 dicembre 1991, è ubicato al centro di un area metropolitana per un'estensione di 8.482 ettari ricadenti nella giurisdizione dei tredici comuni della fascia pedemontana vesuviana; è gestito dall'Ente Parco Nazionale del Vesuvio. Le finalità dell'istituzione, oltre a preservare l'affascinante vulcano, di sicuro il più famoso e seducente del mondo con il suo ricco tesoro di biodiversità ed gli eccezionali paesaggi naturali, sono volte a valorizzare le produzioni tipiche dell'area vesuviana sia agricole che artigianali.
Il Parco è una delle più grosse scommesse nell'ambito della conservazione della natura e rappresenta una delle più grandi sfide che lo Stato ha voluto lanciare su un territorio che, da oltre mezzo secolo, è stato violentato in mille modi da quanti (pubbliche amministrazioni, organizzazioni malavitose, palazzinari, privati cittadini, ecc.) non hanno saputo interpretare la vocazione, l'identità e la specificità di questo territorio; attraverso la riscoperta delle più antiche tradizioni, il Parco, invertendo la tendenza, vuole essere, quale interprete della vera vocazione, il volano della riqualificazione del territorio e dello sviluppo sociale, culturale ed economico delle popolazione dei tredici comuni interessati e di quelle limitrofe.
Terzigno concorre alla superficie del Parco con la quota più alta, 1700 ettari, interessando la zona a monte (delimitata dalla via Zabatta) e la superficie coperta dalle lave vulcaniche (delimitata dall' ex regio lagno Alveo Camaldoli, oggi Via Cavour e via Carlo Alberto, ed il vecchio tracciato della via Passanti, recentemente sistemato).

Altre notizie sul Parco e le sue competenze e attività sono facilmente reperibili nel corposo e ampiamente diffuso materiale conoscitivo e divulgativo dello stesso Ente Parco Nazionale del Vesuvio.


46. Negli anni Settanta si rafforza enormemente l'idea di istituire un'area protetta dalla legge per il Vesuvio è, infatti, dei primi di questi anni la proposta dei senatori Papa e Fermariello di istituire il Parco Nazionale Monte Somma-Vesuvio nell'ambito della tutela dei Beni Culturali e Naturali; la proposta cadde per il passaggio delle competenze dal governo alle regioni. Nel 1977 la Provincia di Napoli organizza un Convegno sui vulcani attivi e, in tale occasione, viene riproposto il Parco con motivazione anche di difesa del territorio, ma anche questa non ha avuto buon esito. Nel 1978 fu costituito il Comitato Ecologico Pro-Vesuvio con lo scopo di attirare l'attenzione delle autorità per il degrado dell'area. Ancora il 5 febbraio 1981 la Provincia di Napoli ritorna alla carica con la presentazione di una proposta di legge alla Regione Campania, anche in questa occasione non vi fu alcuno sviluppo. Comunque, dopo innumerevoli discussioni e convegni specializzati, finalmente, verso la metà degli anni Novanta, si matura e concretizza l'dea e viene istituito il Parco.


_____________________________________________________________________________

Riferimenti bibliografici

"
GIANSTEFANO REMONDINI 47 - DELLA NOLANA ECCLESIASTICA STORIA (I°E III° TOMO) - NAPOLI - STAMPERIA GIOVANNI DI SIMONE - 1747.
" VINCENZO DEGLI UBERTI - SUL FIUME SARNO , DISCORSO STORICO-IDRAULICO - NAPOLI - TIPOG. FERNANDES - 13 MARZO 1844
" LUIGI SAVIANO - LA CITTÀ DI OTTAVIANO: ORIGINE E STORIA - NAPOLI - ED. LAURENZIANA - 1968.
" FRANCESCO CATAPANO - CENNO STORICO DELLA PARROCCHIALE CHIESA DELLA SS. CONCEZIONE DI TERZIGNO - VALLE DI POMPEI - TIP. F. SICIGNANO - 1926.
" SALVATORE DI GIUSEPPE - CENNO STORICO SULLA PARROCCHIA DI S. ANTONIO IN TERZIGNO / STORIA CIVILE DI TERZIGNO - MARIGLIANO - SCUOLA TIPOGRAFICA ANSELMI -1977 E 1979.
" SILVIO COLA - S. GIUSEPPE VESUVIANO NELLA STORIA \ IL VESUVIO E LE SUE ERUZIONI \ RICORDI STORICI DI OTTAVIANO, S. GENNARELLO E TERZIGNO - NAPOLI - S.T.E.M. - II ED. 1958.
" SILVIO RUOCCO - STORIA DI SARNO E DINTORNI (VOLL. I E II) - SARNO - ARTI GRAFICHE M. GALLO E FIGLI - 1946 E 1952.
" AMEDEO MAIURI - LA CAMPANIA NEL TEMPO DELL'APPRODO DI S. PAOLO - STUDI ROMANI - ANNO IX N. 2 - MARZO/APRILE 1961.
" ARCHIVIO: DEL COMUNE E DELLA PARROCCHIA DI S. MICHELE ARCANGELO DI OTTAVIANO; DELLA CURIA DI NOLA; DEL COMUNE E DELLE PARROCCHIE DI TERZIGNO.
" OPUSCOLO - LA CAMPANIA TRA IL '43 E IL '45, LA MEMORIA, LE MEMORIE - ALUNNI LICEO SCIENTIFICO E PROF. AMBROSIO EDUARDO - TERZIGNO - 1996
48.
" GIUSEPPE BIFULCO - TERZIGNO IN UN CONTESTO GEOGRAFICO E POLITICO DELLA STORIA - MARIGLIANO - SCUOLA TIPOGRAFICA ANSELMI -1984.
" GIUSEPPE BOCCIA - TROJANO CARACCIOLO DEL SOLE, VESCOVO DI NOLA - SARNO - TIPOLITOGRAFIA DOLGETTA GAETANO - 1996.
" L. IROSO, C. CIMMINO - DA CAMPAGNA A CITTÀ - CASALNUOVO - 1994.
" A. S. N. - BOZZE DI CONSULTA, 182, COMMISSIONE ARALDICA NAPOLETANA, 95 - II SERIE.
" COMUNE DI TERZIGNO - LE VILLE ROMANE DI TERZIGNO - A CURA DI CATERINA CICIRELLI - 1989
" PUBBLICAZIONI DE L'ARCHEO - DAL 1990 AL 1993
" TESI DI LAUREA DI EDUARDO AMBROSIO - 1973
" ASSOCIAZIONE NAZIONALE COMBATTENTI - FEDERAZIONE PROVINCIALE DI NAPOLI - X ANNUALE DELLA VITTORIA. - STABILIMENTO ARTI GRAFICHE G. RISPOLI E C. GRADINI PARADISO A MONTESANTO, 3 - NAPOLI


47. La biografia è nella pubblicazione "GIANSTEFANO REMONDINI ATTI DEL CONVEGNO NEL II° CENTENARIO DELLA NASCITA" - Nola, 19 maggio 2001 - a cura di Carlo Ebanista e Tobia R. Toscano .

48. Stampato in proprio con la somma vinta per la classificazione al 1° posto nel Concorso "Liberazione Nazionale" indetto in occasione del 50° anniversario dal Ministero BB. CC. e dal Consiglio Regionale della Campania.

________________________________________________________________________________________________________


Torna ai contenuti | Torna al menu