Eduardo Ambrosio


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I PRIMI 20 ANNI (testo completo)

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IL PRIMO VENTENNIO DEL NOVECENTO


Il crollo dei piccoli Stati del XIX sec. determinò nel secolo successivo l'ascesa di grandi potenze. La rivoluzione industriale aveva aperto grandi strade per la conquista e il dominio dei territori d'Oltremare a quei paesi avviati allo sviluppo capitalistico. Così l'Europa colonizzò il mondo, ma le forti tensioni fra i vari stati e la contesa dei territori d'Oltremare portarono a ciò che fu la "Grande Guerra". La Gran Bretagna era in possesso di territori molto vasti per cui era difficile evitare rivendicazioni di autonomia; la Francia aveva ingrandito i suoi domini grazie ad ingenti investimenti ma senza ottenere nulla in cambio; Germania e Italia erano alla ricerca di un territorio da colonizzare allorquando il mondo era già stato suddiviso; Austria - Ungheria, Russia e Turchia si indebolivano sempre di più fino alla rovina. In questo contesto la società fu costretta ad adattarsi cotinuamente ai problemi del nuovo secolo: i movimenti operai cominciarono a rivendicare con più tenacia i propri diritti; marxisti ed anarchici facevano sorgere timori tra le istituzioni più antiquate; invece le donne, grazie alle suffragiste, cominciarono a lottare per un riconoscimento politico. Questa rivoluzione la si notò anche nel mondo artistico. Una delle personalità più importanti in questo campo fu Pablo Picasso. Nuove correnti artistiche furono: cubismo, espressionismo e astrattismo. In letteratura furono note le opere di Proust e di Henry James. Scienza e tecnica furono due protagoniste del secolo, con grandi personalità come Albert Einstein.(oggi celebrato come "Uomo del Secolo")

Verso la guerra
In questi anni, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Russia ed USA diedero inizio ad una politica colonialistica sia per espandersi economicamente, sia per avere una maggior forza negli affari internazionali. Grazie alla potenza industriale e ai nuovi mercati conqui-stati, gli USA divennero uno dei paesi più potenti del mondo. D'altro canto le nazioni eu-ropee, sempre più ambiziose, formulavano piani che però finivano sempre con lo scon-trarsi gli uni contro gli altri. Il crollo dell'impero Austro - Ungarico e del potere Ottomano favorirono il dominio tedesco, che organizzò un esercito sempre più potente nel centro Europa. Anche l'Italia, nonostante la sua precaria economia, partecipò alla corsa coloniale, e con la guerra di Libia fu reso più precario l'equilibrio politico internazionale. Inghilterra e Francia erano impegnate a proteggere i loro Imperi dalla Germania. La Russia cercava di mettere in piedi il suo Impero senza tener conto della crisi della sua società che sfociò in una rivoluzione male organizzata. Fu in questo periodo di debolezza russa e di distrazione occidentale che il Giappone impose la sua forza politica, industriale e militare, entrando in competizione con gli Imperi europei e costruendo un proprio spazio asiatico. Nel frattempo, in seguito alle razzie colonialistiche, la Cina andava via via dissolvendosi. Era noto infatti che, fin dalla fine del 1800, le grandi potenze europee avevano avviato l'espansionismo coloniale che portò alla loro evoluzione economica e diplomatica. Le motivazioni del cristianesimo, che erano state alla base dell'occupazione delle nuove terre per la diffusione della fede cristiana e della civiltà dei bianchi, si sostituirono agli interessi commerciali e politici. Così, l'occupazione delle colonie incrementò il flusso migratorio proveniente dagli stati europei. Robert Salisbury, primo ministro britannico, affer-mò:"Possiamo suddividere le nazioni del mondo in due gruppi: quelle vive e quelle mori-bonde". Le nazioni "vive" erano quelle che godevano della forza derivante dallo sviluppo industriale come Francia, Germania, USA e Gran Bretagna; quelle "moribonde" erano da identificarsi in Turchia e Cina perché in via di disintegrazione politica e geografica. Proprio per questo motivo erano state sovrastate dalle potenze europee. I territori conquistati fu-rono organizzati in diversi modi per cui ci furono i seguenti tipi di colonialismo: enclave di carattere strategico: in cui la potenza colonizzatrice stabiliva una guarnigione militare per vigilare le rotte commerciali; colonie economiche: in cui la madrepatria non sottometteva politicamente la colonia, ma si limitava allo sfruttamento delle sue risorse; colonie di ri-popolamento: alle quali venivano indirizzate le masse emigranti con lo scopo di annettere quelle "nuove terre" alla "madrepatria"; protettorati: ossia territori con una propria strut-tura politica e culturale ma appoggiati al paese colonizzatore il quale offriva loro sostegno militare ed ingenti concessioni economiche; concessioni o affitti di enclave in paesi indi-pendenti: generalmente si trattava di porti attraverso i quali le potenze potevano eserci-tare un controllo commerciale.
Avvenuta l'occupazione i colonizzatori imponevano la loro organizzazione politica e suc-cessivamente passavano allo sfruttamento economico del territorio.

La prima rivoluzione russa (1905)
Agli inizi del '900 Russia e Turchia erano gli unici due paesi in cui vigesse ancora l'"Ancien regime": autocrazie dirette dalla figura del monarca che poggiavano su una minoranza nobiliare, latifondista e fortemente reazionaria. In Russia il sistema politico era fortemente classista, autoritario e pronto a respingere ogni eventuale "occidentalizzazione". Lo Zar Nicola II, non attuò programmi di riforma sociale ma diede via allo sviluppo economico basato sull'industrializzazione del paese col sostegno del capitale straniero, così da far registrare un incremento medio dell'8% annuo della produzione industriale: e tutto ciò grazie ai suoi provvedimenti protezionistici. Con una parte cospicua del capitale ricavato fu così migliorata la rete ferroviaria, tanto da portare a termine nel 1904 la "transiberiana"; che mise in collegamento con l'Occidente regioni di enormi risorse. Tutto ciò portò all'incremento dell' industralizzazione, ma le disuguaglianze tra le classi sociali non scomparvero: il rincaro del costo della vita dovuto al protezionismo industriale, impoveriva sempre di più il livello di vita di contadini ed operai. Nel 1914 si contavano tre milioni di operai dell'industria, caratterizzati da una forte coscienza di classe. Le loro condizioni di vita erano assai misere: vivevano in periferia, in pessime condizioni sociali e sprovvisti di ogni copertura sociale, come del resto i bambini che venivano assunti a basso costo e sfruttati per lavori pesanti. La borghesia emergente, assorbì per prima le ideologie liberali e marxsiste provenienti dall' Occidente. Nacquero così i movimenti operai e rivoluzionari. Il malcontento sociale favorì l'attività politica clandestina che si articolò in tre ideologie: Populismo: movimento socialista antindustrialista composto da giovani universitari che vedevano le masse contadine promotrici di una rivoluzione antizarista; Anarchismo: (che ebbe come suo maggior rappresentante Michail Bakunin) si trattava di un'ideologia nichilista che puntava al sovvertimento sociale e politico attraverso il terrorismo per il riscatto del popolo; Neomarxismo: riteneva che il moderno proletariato industriale dovesse essere il nucleo principale del movimento rivoluzionario socialista e rivendicava la dittatura del proletariato.
Tumulti e tentativi di rivolte furono spesso soppressi dalla polizia. La situazione economica di gran parte della popolazione peggiorava e aumentava la tensione sociale. Nel febbraio del 1904 a Port Arthur, i giapponesi sconfissero la flotta russa. L'indignazione popolare sfociò il 22 gennaio del 1905, in uno sciopero generale ed in una dimostrazione davanti al palazzo di San Pietroburgo, dove i dimostranti si concentrarono, e su di loro si sparò ad altezza d'uomo. Gli scioperi antizaristi continuarono fino a costringere lo Zar Nicola II a firmare il "Manifesto di ottobre ", con il quale si impegnò a concedere la libertà civile e politica, a varare nuove leggi elettorali ed a istituire la DUMA (parlamento) con potere legislativo. I liberali si accontentarono e si staccarono dalla massa rivoluzionaria. Vennero creati i SOVIET, organi direttivi scelti dagli operai, ma per la repressione condotta dalla polizia zarista, il movimento si indebolì e la rivoluzione fu messa a tacere.

Contemporaneamente in U.S.A.
Gli USA, invece spinsero la loro politica interventista in America latina: l'obiettivo era quello di controllare alcuni mercati andando alla ricerca di nuovi sbocchi, facendosi così scudo dalla dottrina Monroe: L'America agli americani, (che giustificava l'intervento nor-damericano in America latina utilizzando come pretesto la salvaguardia del nuovo conti-nente dall' ingerenza economica europea).



In Italia: l'età Giolittiana

Alla tragica morte del Re Umberto I (9 luglio 1900), all'opera dell'anarchico Bresci, suc-cesse il figlio Vittorio Emanuele III. Sul piano politico, il nuovo secolo segnò l' inizio di una fase più liberale, resa necessaria dalle condizioni economico-sociali del paese, entrato in una fase di decisivo sviluppo economico, dovuto ad un notevole evolversi dell'industria e con un incremento degli investimenti. Uno slancio particolare ebbe l' industria au-tomobilistica, settore in cui acquistò ben presto la netta superiorità la FIAT, fondata a To-rino da Giovanni Agnelli. L' industrializzazione, però, riguardò solo la parte centro-settentrionale della penisola o, per meglio dire, il cosiddetto" triangolo industriale"(Genova, Milano, Torino), mentre il Mezzogiorno fu escluso dal processo di crescita. Importante fu la personalità di Giovanni Giolitti, Presidente del Consiglio per circa un decennio. A lui sono da attribuire le riforme di carattere sociale, tra le quali: le assicurazioni obbligatorie per gli infortuni sul lavoro; la riduzione a dodici ore dell' orario lavorativo giornaliero delle donne; l' elevazione a dodici anni di età minima per l' occupazione dei bambini; l'istituzione dell' Ufficio del lavoro incaricato di studiare i problemi degli operai; l'istituzione del monopolio statale delle Assicurazioni sulla vita. E' da ricordare inoltre la legge Daneo-Credaro sulla pubblica istruzione, che addossava allo Stato le spese per l'istruzione elementare obbligatoria. Inoltre Giolitti fece approvare dal Parlamento il Suffragio universale maschile che portò il numero degli elettori ad oltre otto milioni. Al decollo industriale seguì la formazione dei sindacati operai, che, nel 1906, si collegarono nella Confederazione Ge-nerale del Lavoro (CGL), di orientamento socialista-riformista, mentre sindacalisti rivoluzionari ed anarchici confluirono nella Unione Sindacale Italiana (USI). Negli stessi anni anche i padroni si organizzarono nella Confederazione Italiana dell' Industria e nella Confederazione Generale dell'Agricoltura.

Alla fine dell'Ottocento, lo sviluppo industriale in Italia c'era stato ma concentrato preva-lentemente nel triangolo ligure-piemontese-lombardo, la maggior parte del paese era so-stanzialmente agricola, però bisogna notare che l'industria contribuiva al prodotto interno lordo per il 25%. Dal 1896 al 1913 i capitali concentrati nelle industrie raggiunsero cifre vertiginose. L'industria idroelettrica ebbe un gran sviluppo facendo diminuire l'importazione del petrolio e del carbone. Abbiamo in questo periodo la nascita degli stabilimenti di Terni, Savona, Piombino, Ivrea, della Fiat, Alfa Romeo, Olivetti. Gli imprenditori italiani erano di due tipi: i Capitani (Genova) che contavano molto sulle commesse statali ed i Padroni di industria che erano più rivolti al mercato (Milano). Queste due anime impedirono che si formasse una politica imperialista dando invece vita alla politica liberista e liberale di Giolitti.
Giolitti proveniva da una famiglia di contadini della collina piemontese, sedette tra i gruppi della Sinistra costituzionale. Divenne presidente de consiglio nel marzo del 1903 e, tranne due brevi parentesi (1905-1906 / 1910-1911), rimase alla guida del governo fino al 1914. Si allontanerà dalla Triplice e si avvicinerà alla Francia e all'Inghilterra. Il periodo che va dal 1903 al 1913 è caratterizzato da numerosi scioperi per la politica di neutralità tra capitale e lavoro intrapresa da Giolitti il cui scopo era di raccogliere attorno ad un progetto di riforme ben dosate tutte le forze interessate.
In questo periodo si ebbero un gran numero di riforme: la tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli,l'assicurazione contro gli infortuni, le pensioni per i vecchi lavoratori, un commissario per l'emigrazione; furono rese pubbliche le aziende ferroviarie, fu effettuato il traforo del Sempione, fu realizzato l'Acquedotto pugliese. La lira si rafforzò molto fino a valere più dell'oro. Tutto durò poco fino al 1907 anno in cui si ebbe una paralisi dell'industria, gli scioperi dei contadini e il terremoto di Messina e Reggio Calabria. Nel 1911, con il suo quarto dicastero, Giolitti si avviava ad attuare la fase delle grandi riforme che con un finanziamento pubblico e con un aumento dello stipendio degli insegnanti rafforzava la scuola elementare di base. Nel 1912 fece approvare la legge del monopolio di stato sulle assicurazioni. Nel giugno fece approvare il suffragio universale maschile. A questa svolta a sinistra si contrappose una sterzata a destra a partire dal settembre 1911 partirono dall'Italia convogli militari verso la Libia e dal 5 ottobre su Tripoli sventolava il tricolore italiano.
G. cercò sempre di ampliare il suo consenso accettando nella maggioranza anche i cattolici che gli fecero vincere le elezioni del 1904. questa politica di pesi e contrappesi si può in qualche odo affiancare a quella di Depretis. Ma il gioco di Giolitti finirà poi con le elezioni del 1913.
L'Italia strinse rapporti con le potenze occidentali in particolare con la Francia e con l'Inghilterra che riconobbe la libertà d'azione italiana su Tripoli, in cambio del riconosci-mento italiano dei diritti francesi sul Marocco e di quelli inglesi sull'Egitto. Questo portò nel 1911 all'ultimatum italiano nei confronti della Turchia. L'impresa dell'Italia non può considerarsi una vera e propria impresa imperialistica poiché la conquista della Libia si ri-velò uno scatolone di sabbia. La guerra costò moltissimo e costrinse gli italiani ad attac-care direttamente la Turchia che accettò la pace di Losanna con la quale cedeva la Libia , il controllo di Rodi, le isole del Dodecanneso all'Italia. Questa guerra innescò le due guerre balcaniche rendendo molto precari quegli equilibri precedenti la prima guerra mondiale.
Tra i socialisti nel congresso del 1904 prevalse la direzione intransigente capovolta poi nel 1908 col l'espulsione dei socialisti rivoluzionari. Il 1912 segnò il nuovo trionfo dei socialisti rivoluzionari guidati da Mussolini che criticava l'atteggiamento interventista dei socialisti contrario alla loro anima pacifista.
I socialisti espulsi formarono il partito socialista riformista. I cattolici che con l'enciclica di Leone XIII si erano avvicinati al mondo politico, con Pio X assunsero un atteggiamento più intransigente, cercavano in ogni modo di contrastare i progetti socialisti, emarginando personaggi come Luigi Sturzo che daranno vita poi alla Democrazia Cristiana. Grazie al patto Gentiloni i cattolici ebbero un grande successo elettorale che modificò l'assetto della maggioranza, ponendo tutte le basi di una futura crisi del sistema giolittiano.
L'inizio del Novecento è caratterizzato da numerosi temi nazionalistici che dalla letteratura e dalla teoria tendono verso la realizzazione politica. Quando nel 1908 l'Austria annette al suo territorio la Bosnia e l' Erzegovina in Italia si ha un'esplosione di spirito nazionalistico che si concretizzerà in movimento nel 1910, nel congresso di Firenze, durante il quale nacque l'Associazione Nazionalista Italiana (ANI) che considerava la guerra come un igiene del mondo.
La politica di Giolitti fu accusata di troppo settentrionalismo a causa del florido sviluppo industriale del Nord a spese del Sud che versava ancora in uno stato economicamente ar-retrato, causa la sua arretrata struttura agricola. La politica protezionistica aveva premiato il Nord industriale e colpito il già disagiato Sud privandolo delle sue esportazioni(agrumi, olio, vino).
Le elezioni del 1913, le prime a suffragio universale maschile, riscossero un gran successo elettorale: 300 deputati contro i 160 delle sinistre,29 cattolici,3 nazionalisti. Quando fu noto ilo patto Gentiloni si seppe che ben 220 deputati della lista governativa erano stati eletti grazie agli "accordi di sacrestia". Ciò scaturì la protesta della sinistra e dei radicali, Giolitti fu costretto a passare la mano, come era consuetudine il prescelto era una persona di cui poi ci si sarebbe sbarazzati molto facilmente: Antonio Salandra. Questa nomina venne interpretata come un'azione di destra che suscitò le reazioni dei socialisti rivoluzionari guidati da Mussolini con il susseguirsi di numerosi scioperi, questo periodo di insurrezioni quasi anarchiche venne denominato settimana rossa. Calandra non si fece intimorire e rispose con l'esercito. Il 28 giugno di quello stesso anno fu ucciso a Sarajevo l'erede al trono austriaco ; dopo alcuni giorni l'Austria dichiarava l'ultimatum, il 3 agosto segnò l'inizio della prima guerra mondiale






La II Rivoluzione Industriale
Dalla seconda metà dell'Ottocento la modernizzazione dell' industria conobbe una notevole accelerazione grazie alla comparsa di nuove fonti energetiche, al miglioramento dei materiali, all' espansione mondiale delle comunicazioni, nonchè alla diversificazione dell' economia. Ebbe inizio così la Seconda Rivoluzione Industriale. L'elettricità fu la fonte energetica più utilizzata grazie alla quale si raggiunse uno sviluppo senza precedenti. Nel 1867 venne costruita la prima dinamo e nel 1872 Thomas Alve Edison diede vita alla prima centrale a corrente continua mentre in America nel 1893 dalla Westinghouse fu progettata e messa in funzione la prima centrale a corrente alternata. Nel 1910 erano già ampiamente sviluppati gli alternatori ed i trasformatori. Da qui si ha uno smisurato sfruttamento dell' elettricità soprattutto per i mezzi di trasporto: tram, metropolitana e ferrovia. Questa nuova energia diede ampio spazio allo sviluppo delle telecomunicazioni e si cominciarono a costruire i primi elettrodomestici. Infine è stata fonte di miglioramento per le industrie metallurgiche, in quanto era indispensabile per il processo dell' elettrolisi. Secondo solo all'elettricità, come fonte energetica fu il petrolio: usato dapprima per illuminare e riscaldare, dopo l' invenzione del motore a combustione interna di Daimer e di Diesel, divenne il cosiddetto "oro nero" per la nascente industria automobilistica. All'inizio del '900 la produzione dell'acciaio prese il sopravvento su quella del ferro, per le migliori prestazioni del materiale rendendo così possibile la costruzione di nuovi edifici sempre più alti, nonché di ponti più sicuri. Si fecero così passi avanti anche grazie allo sfruttamento del rame, piombo, alluminio, stagno, di vernici e di batterie elettriche. Anche le ricerche chimiche ebbero successo con grandi scoperte. La ferrovia, che aprì i primi tragitti nel 1830-1840, all' inizio del 1900 arrivò addirittura a congiungere le due sponde oceaniche. Grazie alla sostituzione del legno con l'acciaio e delle vele con i motori a combustione interna, il trasporto per mare divenne più veloce e sicuro cosicchè anche il commercio marittimo si internazionalizzò e consentì un migliore sfruttamento delle materie prime provenienti dalle colonie. Lo sviluppo industriale degli ultimi trent'anni dell'ottocento provocò eccedenze di produzione nei paesi più avanzati.I mercati nazionali non erano in grado di assorbire l'offerta e l'unica via d'uscita era l'esportazione dei prodotti. La soluzione sembrava essere solo le colonie. Queste sin dall' inizio del XIX secolo erano la madrepatria dei prodotti agricoli inesistenti in Europa. Quindi le eccedenze produttive iniziate dalla rivoluzione industriale ebbero sbocco nelle colonie. Man mano che il processo si espandeva, l'aumento del traffico commerciale provocò il rialzo dei prezzi dei prodotti agricoli rendendo così possibile il miglioramento e l'estensione delle piantagioni.
La Gran Bretagna era il paese più industrializzato del mondo e la sua economia si basava sul sistema del "libero scambio". Il protagonismo della Gran Bretagna fu decisivo per lo sviluppo dell'economia internazionale e provocò una reazione negli altri paesi industrializzati che furono importanti per l'espansione del capitalismo. Verso la fine dell'ottocento l'Italia, la Germania, la Francia, gli Stati Uniti e la Russia impostarono dazi molto alti alle dogane per proteggere la produzione interna e difendersi dai manufatti inglesi. In molti casi, il protezionismo favorì lo sviluppo della produzione interna. Gli americani e i tedeschi riuscirono a superare gli inglesi nell'industria chimica, elettrica e automobilistica anche grazie alla grande produzione di ferro e acciaio. In ogni caso, negli anni che precedono la prima guerra mondiale, la potenza commerciale del Regno Unito, fece di Londra il punto di riferimento di un'economia in pieno sviluppo.
L'esigenza tecnica dei lavoratori e di attrezzature di ricerca, dovuta agli aggiornati sistemi produttivi della seconda rivoluzione industriale, richiesero l'investimento di ingenti somme che non sempre si rilevarono redditizie. Verso la fine del 1800 si delineò la tendenza imprenditoriale alla concentrazione, così da poter trarre il massimo profitto dal capitale e ridurre i costi. Tale tendenza si sviluppò maggiormente nei primi anni del '900 con due tipi di concentrazioni: quella verticale, in cui una stessa impresa si concentrava su tutta la catena produttiva, dalla materia prima, al prodotto finito; quella orizzontale invece, consisteva nel controllare un determinato prodotto mediante un'associazione di vari produttori, una sorta di monopolio. Questa concentrazione, si divise a sua volta in varie modalità tra le quali ricordiamo: il Cartello (si realizzava un accordo fra imprese dello stesso settore per controllare la produzione e i prezzi. Sistema molto utilizzato in Germania )ed il Trust (varie imprese si rafforzavano sotto la direzione di una nuova azienda che doveva riuscire a stabilire un buon coordinamento per assicurare il monopolio del mercato. Sistema molto utilizzato in USA).

La società
La società occidentale dei primi anni del '900 visse rapidi mutamenti. Le campa-gne si spopolarono a favore delle grandi città e tutto questo comportò la mobilitazione di massa e dure contestazioni. Proprio in questo periodo si intensificò il fenomeno del terrorismo. Alcuni giovani combattevano per migliori condizioni di vita mentre altri, cercavano fortuna all'estero. Questo fu anche il periodo delle grandi costruzioni tra le quali il Titanic, il canale di Panama e centinaia di migliaia di chilometri di ferrovia. All'inizio del Ventesimo Secolo il livello di vita in Occidente era aumentato come era aumentato anche il numero dei consumatori. Da qui iniziò senza dubbio la febbre consumistica. Ciò contribuì al sorgere di nuove imprese come la Pepsi Cola (1903) che cominciò a competere con la Coca Cola del 1892. Dal 1901 vennero messi in commercio gli elettrodomestici. Aumentarono sia le forme di vendita attraverso la pubblicità che i venditori a domicilio. Naquero poi i Grandi Magazzini (D'Annuzio diede il prestigioso nome a "La Rinascente")ed i cataloghi di vendita per corrispondenza. Lo sviluppo che si ha in questo periodo fa cambiare il modo di vestire, soprattutto quello femminile. Anche grazie ad una mentalità più aperta e all'inserimento sempre più deciso della donna nel mondo del lavoro, si smise di considerare biasimevole che le donne passeggiassero da sole. La presenza di donne in uffici, negozi ed altre attività, portò alla comparsa dei completi "gonna e giacca" il cosiddetto stile "Gibson girl". Fra gli uomini si estese invece l'uso del cappello di paglia e dei pantaloni corti e stretti, mentre i più giovani, li portavano con il risvolto in fondo ed erano soliti portare colletti molto alti ed inamidati.
I cambiamenti più rilevanti nel mondo della moda del primo decennio del XX secolo giunsero dalla Francia. Paul Poiret, che raggiunse il successo liberando le donne dal fastidiosissimo "corsetto", ideò cappotti ampi e stretti. Nel 1902 furono inventati in Francia i bottoni a pressione cuciti. L'anno seguente comparvero le prime cerniere lampo (convenzionalmente ritenute il simbolo della terra ed ultima rivoluzione industriale) negli U.S.A., dove nel 1914 fu organizzata la prima sfilata con la partecipazione di indossatrici di professione. In quello stesso anno, l'americano Caresse Crosby brevettò il primo reggiseno. Successivamente, l' uso della "gonna a pantalone", che scandalizzò i settori più conservatori, divenne un simbolo della "lotta femminile" per l'uguaglianza dei diritti.
Lo sfruttamento discriminato della natura e l'accorgersi di animali in via di estinzione, fece nascere una sensibilità collettiva nei paesi occidentali. Nel 1903 la Norvegia varò una legge che proibiva la cattura delle balene per un periodo di quindici anni. La Russia ed il Giappone firmarono un trattato per la protezione delle foche e delle otarie mentre nel 1911 la Duma russa vietò la caccia alle marmotte e agli zibellini. Infine nel 1902 il Governo Federale U.S.A. incaricò il popolare Buffalo Bill per la protezione dei bisonti.
In questo periodo la società si concentrò con tutte le sue forze per rendere più agili e veloci le telecomunicazioni, fondamentali per l'espansione economica. Il modo più veloce e soddisfacente per comunicare era senz'altro il telegrafo.
La stampa americana e inglese inventarono un nuovo modo di vendere i giornali, inserendovi le pubblicità ed i primi cruciverba. Gli immigrati cercavano informazioni sui propri luoghi d'origine: questo portò negli Stati Uniti alla pubblicazione di più di mille giornali in lingua "non inglese". In questo periodo si affermarono: "The Times","Daily Mail","New York Evening Journal","Daily Mir-ror","The Illustration" e "Le petit Journal". In Italia si era affermato come primo quotidiano il " Corriere della Sera ", fondato nel 1876 da Eugenio Torelli Voillier e diretto dal 1900 da Luigi Albertini (molto critico dell' esperimento politico di Giolitti). Nacquero in seguito:"La Domenica del Corriere", "Il Corriere dei Piccoli" e l'"Avanti". Il mondo delle comunicazioni fu totalmente cambiato dall' invenzione dello scienziato italiano Guglielmo Marconi: la trasmissione radiotelegrafica sostituì quella dei segnali Morse.

Dall'anarchismo teoretico all'azione terroristica
La società del primo decennio del XX secolo era divisa in due parti ben definite: da una parte le alte classi aristocratiche unite alla nuova borghesia industriale; dall' altra, la grande popolazione di lavoratori. Le misere condizioni di vita erano favorevoli al marxismo e all' anarchismo. Mentre il marxismo voleva porre il potere politico per i lavoratori, l'anarchismo incitava il proletariato ad abolire ogni autorità statale per dare maggior sviluppo alla libertà individuale. .<<"Ciò che più importa è che il popolo, gli uomini tutti perdano gli istinti e le abitudini pecorili che la millenaria schiavitù ha loro ispirato ed apprendano a pensare e ad agire liberamente." Gli Anarchici.>> (lapide nel giardino comunale sul posto di Pozzuoli). I teorici dell'anarchismo di maggiore influenza furono Pierre Joseph Proudhon, Max Stinner, Michail Bakunin ed il russo Seregej Nechaiev. Con 1e teorie di quest'ultimo, l'anarchismo si identificò col terrorismo. Gli atti terroristici erano giustificati con la necessità di rispondere con la violenza alla violenza repressiva dei governi e delle classi dominanti. Furono così commessi celebri omicidi: Sadi Carnot (presidente francese), William Mckinley (presidente statunitense), Jose Canalejas (presidente del consiglio spagnolo).
Dopo lo scontro fra marxismo e anarchismo, i gruppi marxisti formarono l'Union General de Trabajadores (UGT), mentre gli anarchici diedero vita alla Fèdératiòn Regional de Trabajadores. Quest'ultima influenzò in modo decisivo i conflitti sociali.
Come già abbiamo visto in precedenza, le donne cominciarono a cambiare stile di vita; non più rinchiuse in casa, cominciarono anch' esse a lavorare in fabbrica. Nei primi anni del secolo, la figura femminile entrò nella storia politica con la norvegese Anna Rogstadt, che nel 1911 fu eletta nel parlamento del proprio paese. Una delle battaglie più dure che le donne combatterono, fu quella del diritto di voto. La pressione fu così tanta che molte donne furono arrestate per turbamento dell'ordine pubblico. Un altro fattore che diede problemi alla società del periodo, ma soprattutto ai datori di lavoro, furono le organizzazioni operaie. L'affluire nelle grandi città di masse contadine e di emigranti forniva manodopera a buon mercato che consentiva agli imprenditori di rimpiazzare gli scioperanti. Gli scioperi in Europa ed in America furono determinati da alcuni punti: giornate lavorative troppo lunghe; numerosi infortuni sul lavoro; bassi salari.
Mentre gli operai si organizzarono in sindacati, i datori di lavoro si organizzarono, a loro volta, in associazioni per resistere alle richieste operaie come la: National Assosacion of Manifacturers (associzione nazionale dei fabbricanti) negli USA. In Italia, dopo che nel 1906 fu fondata la Lega Industriale di Torino, volta a difendere gli interessi degli imprenditori, nel settembre dello stesso anno sorse a Milano la Confederazione Generale del Lavoro (CGdL), un sindacato operaio dominato dai socialisti riformisti.

La scienza
Nel campo scientifico medicina e fisica fecero passi da giganti. La medicina svelò nuovi segreti dell'organismo e riuscì a curare malattie definite incurabili. Mentre la fisica, con la conoscenza della materia di Max Planck e la "teoria della relatività" di Albert Einstein, costituì il pilastro portante su cui hanno poggiato i progressi tecnologici del XX secolo e le nuove concezioni del mondo in cui viviamo. Grazie a tutti questi studi ed alla collaborazione tra ricerca ed industria, l'uomo cominciò a volare. Nel contempo, l'industria automobilistica si sviluppò ancora di più grazie all'invenzione dei motori a benzina. I mezzi di trasporto quindi, insieme alla radiotelegrafia di Guglielmo Marconi, "rimpicciolirono" il mondo.
Le turbine a vapore furono inventate nel 1883, ma ebbero scarso sviluppo industriale. All' Esposizione Universale del 1900 a Parigi, l'ingegnere francese August Rateau presentò una nuova turbina modificata, che lavorava più lentamente, ma che non perdeva potenza. Poco dopo l' impresa inglese fabbricò la più grande turbina a vapore dell' epoca, che sviluppava una potenza massima paragonabile a 1000 kW di una centrale elettrica. Intanto l'americano Charles Gordon Curtis costruì una nuova turbina con asse verticale che riuscì a raggiungere i 5000 kW di potenza. Fu quindi la turbina, la protagonista delle industrie pesanti e della Seconda Rivoluzione Industriale.

Cultura e Sport
E' un periodo culturale molto ricco di fermenti e aperto a nuove sperimentazioni. Le basi sulle quali poggiava il mondo della pittura si erano ormai incrinate per le innovazioni portate dal Cubismo di Picasso e dal Fauvisme di Georges Braque. Anche la scultura subì trasformazioni rivoluzionarie e le città spinsero l'architettura alla ricerca di nuove dimensioni. I concetti tradizionali furono trasformati da nuove tendenze artistiche come l'Art Nouveau. Nel campo della letteratura, i testi teatrali furono l'espressione artistica nella quale si avvertì per primo un profondo rinnovamento. Questi riflettevano le nuove problematiche ed i sentimenti collettivi. L'anno 1913, fu l'anno in cui si vide con maggior evidenza la spaccatura tra vecchie tradizioni e nuova espressione. Proprio in quell' anno, infatti Igor Stravinskij mise a soqquadro il mondo della musica con la sagra della primavera. Oltre a Stravinskij però, anche Gustave Mahler, Claude Debussy, Maurice Ravel e Arnold Schonberg fecero parte degli artefici dei grandi cambiamenti musicali. Il cinema intanto si avviò a diventare industria; nacquero le prime case di produzione e le prime case cinematografiche.
Per quanto riguarda lo sport, il secolo si aprì con le Olimpiadi Moderne volute dal Conte Pierre de Coubertaine. Lo sport, divenne strumento di conoscenza, di pace e di fratellanza fra i popoli. Fu proprio in questo periodo che nacquero tornei come quelli di Wimbledon, Coppa Davis, Giro d'Italia e Tour de France. La rivoluzione dell' industria automobilistica fece subito nascere le gare di velocità. Sino all'inizio del '900 lo sport era stato una attività ricreativa per le persone più agiate, ma col passare del tempo le competizioni atletiche oltrepassarono le frontiere nazionali.

LA GRANDE GUERRA

Il più grande evento dei primi 20 anni del nostro secolo fu la "Grande Guerra": una guerra "totale", non solo guerra fra eserciti, ma guerra che coinvolse l' intera società.
La causa occasionale della guerra fu l'eccidio di Sarajevo (28 giugno 1914), in cui trova-rono la morte l' arciduca ereditario d' Austria Francesco Ferdinando e la moglie, per opera dell'irredentista Gavrilo Princip.

In realtà le vere cause sono più complesse e da ricercare in tempi remoti:
1) Il contrasto fra le ambizioni dell' imperialismo franco-britannico con quello tedesco per la divisione delle aree di influenza economica fu la prima fondamentale causa della guerra. Infatti la Germania era impegnata in una politica commerciale e finanziaria con lo scopo di penetrare nell' Europa sud-orientale e nell' impero Ottomano; Francia e Russia erano intimorite dall' espandersi in Europa dell' egemonia economica tedesca; mentre l'Inghilterra era preoccupata in quanto la Germania stava potenziando la sua flotta per insidiare la supremazia navale britannica. Così anche l'Inghilterra si impegnò nella corsa agli armamenti.
2) Il contrasto franco-tedesco
Ad alimentare la corsa agli armamenti contribuì anche il REVANSCISMO (volontà di rivincita) della Francia che mirava a riprendere alla Germania l' Alsazia-Lorena.
3) Il pangermanesimo del Reich , in quanto la Germania, ultima arrivata nelle colonie, mirava ad estendere inoltre il suo fronte orientale fino ad impadronirsi dei territori sul mar Baltico e della Polonia russa.
4) L' irredentismo italiano, dal momento che l' Italia era opposta all' Austria per la que-stione sulle Terre irredente di Trieste e Trento e per il controllo dell' Adriatico.
5) Il contrasto austro-russo e l' irredentismo nei Balcani, perchè, con il declino dell'impero Ottomano (dove, tra il 1894 e il 1896 sotto il sultano Abdullhamid II, inizia il massacro della minoranza armena, per la maggior parte cristiana orientale o cattolica con lo sterminio in Anatolia di migliaia di armeni. Poi sotto il governo nazionalista dei Giovani Turchi, nel 1915 inizia la deportazione in massa deli armeni verso la Mesopotapia, come "gruppi sospetti", perdono la vita un milione e mezzo di persone) nei Balcani aumentò il desiderio da parte delle varie potenze, di impadronirsi di quei luoghi per espandere i propri domini, per cui si posero in contrasto l' espansionismo austro-ungarico con quello della Russia (da sempre ansiosa di giungere nel mediterraneo).

Così il 23 luglio 1914 l' Austria inviò al governo di Belgrado un ultimatum che equivaleva ad una dichiarazione di guerra, nella convinzione, rivelatasi poi errata, di poter far fuori la Serbia stabilendo il dominio asburgico nei Balcani. La Germania, che da tempo preme-ditava una guerra contro la Francia per annientare le sue potenzialità belliche e quindi ri-volgersi verso l' Oriente contro la Russia, subito assicurò il pieno appoggio all' Austria al-leata, cosicché il 1° agosto la Germania dichiarò guerra alla Russia, provocando l' entrata in guerra (il giorno 2 agosto) della Francia, alleata dello Zar. I tedeschi, nel tentativo di aggirare le difese francesi invasero il Lussemburgo, violando così la neutralità del Belgio. L' Inghilterra, di fronte alla minaccia della propria sicurezza (costituita dal passaggio delle coste belga in mano tedesca), entrò in guerra il 3 agosto a fianco della Francia e della Russia. L' Italia, il 3 agosto, si dichiarò neutrale, forte del fatto che la Triplice Alleanza aveva carattere difensivo, mentre non c'era dubbio che l' aggressore, in questo caso, fos-se l' Austria. Il Giappone, in seguito(agosto 1914), entrò in guerra contro la Germania con l' obbiettivo di appropriarsi dei possedimenti tedeschi in Cina e nell' Oceano Pacifico. Fu così che il conflitto assunse dimensioni mondiali. Le truppe tedesche inaugurarono con successo l' inizio del conflitto, visto che riuscirono a penetrare in Francia arrestandosi a soli 40 chilometri da Parigi. Ma la guerra lampo, prevista per i giorni a venire, fu una de-lusione, perché i francesi seppero opporsi ai tedeschi; così divenne una guerra di posizione con gli eserciti che finirono col fronteggiarsi nelle trincee.
Più scorrevoli furono le operazioni sul fronte orientale dove le truppe tedesche riuscirono ad imporre dure sconfitte all' esercito zarista, il quale seppe però fronteggiare le truppe austriache, penetrando così in Ungheria. Nel 1915 il Fronte occidentale, rimase per così dire immobilizzato da una guerra di logoramento in trincea lungo la linea tra le Fiandre, la Marna e la Lorena. Sul Fronte orientale, invece, i Balcani furono teatro di guerra sottoposti alle continue penetrazioni austro-tedesche, facilitate dall'entrata in guerra della Bulgaria a fianco degli Imperi Centrali. Tra l'ottobre e il dicembre, attaccate comtemporaneamente dalle truppe tedesche e dalla Bulgaria, Serbia e Montenegro furono occupate dagli Imperi Centrali. Di quest'anno, evento importante fu l'inizio della guerra sottomarina da parte della Germania, contro tutti navigli (anche neutrali) che incrociavano nella zona di guerra, per vendicarsi del blocco imposto dalla flotta britannica alle coste tedesche (si ricorda il 7 maggio come data di affondamento del transatlantico inglese Lusitania).

In Italia, la dichiarazione di neutralità suscitò accese proteste da parte degli Interventisti che costituivano un gruppo minoritario dell'opinione pubblica, ma deciso e molto attivo. Intanto il governo di Antonio Salandra aveva aperto trattative con l'Intesa, con la quale il 26 aprile 1915 stipulò Il Patto di Londra, che impegnava l'Italia ad entrare in guerra entro un mese a fianco di Inghilterra, Francia e Russia in cambio dei territori Austriaci del Trentino Alto Adige, Istria, Dalmazia Settentrionale e le città di Trieste, Gorizia e Gradisca nonché la piena sovranità sul porto albanese di Valona oltre che di compensi territoriali nelle colonie.
Così il 24 maggio 1915 l'Italia dichiarò guerra all'Austria-Ungheria. Il comando dell'esercito fu affidato a Luigi Cadorna, che concentrò le operazioni belliche sul Carso. Le truppe italiane, numericamente superiori ma scarsamente dotate di artiglieria e mitragliatrici, non riuscirono a sfondare le difese austriache, cosicchè anche in questo caso la guerra di movimento si trasformò in una guerra di trincea.
Della impreparazione del nostro esercito al momento dell'entrata in guerra lo stesso co-mandante Luigi Cadorna ha lasciato scritto nelle sue Memorie: "L'esercito italiano si trova in uno stato di vera disintegrazione […] Non è esagerato il sostenere che se l'Austria l'avesse attaccato fin dalla proclamazione della neutralità, avrebbe trovato il paese quasi senza difesa". All'impreparazione, però, si devono aggiungere le frodi dei fornitori, l'insipienza di quanti erano preposti ai controlli delle forniture, l'irresponsabilità dei co-mandanti militari. Riportiamo, così, la "rabbiosa" denunzia del Gadda nel suo "Giornale di Guerra e di Prigionia":
"I nostri uomini sono calzati in modo da far pietà: scarpe di cuoio scadente o troppo fre-sco per l'uso, cucite con filo leggero da abiti anziché da spago, a macchina anziché a ma-no. Dopo due o tre giorni di uso si aprono, si spaccano, si scuciono, i fogli delle suole si distaccano l'uno dall'altro. Un mese di servizio le mette fuori uso (Emilio Lussu scrive <<sulle scarpe distribuite al battaglione con bei caratteri tricolori c'era scritto: "Viva l'Italia". Dopo un giorno di fango abbiamo scoperto che le suole erano di cartone pressato e verniciate di color cuoio>>)[…]. Non posso far nulla: sono ufficiale, sono per giuramen-to legato ad un patto infrangibile di disciplina; e poi la censura mi sequestrerebbe ogni protesta. Se veniva il Semenza a trovarmi, gli consegnavo un pacco di articoli da mandare anonimi (non è una viltà l'anonimità in questo caso!) a qualche giornale democratico: poiché questo stato di cose non dovrebbe essere tollerato oltre [...]. Ma guardino, ma vedano, ma pensino come è calzato il Quinto Alpini! Ma Salandra, ma quello scemo bal-buziente d'un re, ma quei duchi e quei deputati che vanno "a vedere le trincee", doman-dino conto a noi, a me, del come sono calzati i miei uomini: e mi vedrebbe il re, mi ve-drebbe Salanrda uscire dai gangheri a farmi mettere agli arresti in fortezza: ma parlerei franco e avrei la coscienza tranquilla. Ora tutti declinano la responsabilità: i fornitori ai materiali, i collaudatori ai fornitori, gli ufficiali superiori agli inferiori, attribuiscono la colpa; tutti si levano dal proprio posto quando le responsabilità stringono. È ora di finirla: è ora di impiccare chi rovina il paese. Non mi darò pace se non avrò fatto qualche cosa: e alla prima occasione farò", terminava così il discorso di Gadda.
Gli avvenimenti bellici del 1916 si può dire che volsero a favore delle truppe dell' Intesa, che sul Fronte Occidentale riuscirono a contenere con successo la pressione tedesca. La carneficina del 1916 cominciò quando Erich von Falkenhayn, comandante in capo tedesco, decise di avanzare su Verdun, un promontorio sul fiume Mosa nella Francia settentrionale, perché rappresentava una minaccia per le linee del suo esercito. Fu qui che si combattè per tutto l'anno la più aspra e sanguinosa battaglia di tutta la guerra. Dal 21 febbraio cominciò così un incessante susseguirsi di cannoneggiamenti e scontri tra fanterie, che costarono complessivamente la vita a 900.000 uomini. Di conseguenza l'Intesa, per alleviare la pressione tedesca su Verdun, lanciò un "offensiva sulla Somme" in cui gli inglesi utilizzarono per la prima volta i carri armati e vennero effettuati bombardamenti e battaglie aeree, senza ottenere tuttavia alcuna conquista territoriale. Al largo della penisola dello Jutland si svolse l' unico scontro diretto tra marina militare inglese e quella tedesca (31 maggio-1 giugno), che si concluse con la vincita dei tedeschi, i quali, se da una parte inflissero perdite superiori ai nemici, dall'altra, si resero conto dell'impossibilità di forzare ulteriormente il blocco navale inglese e conquistare la supremazia sui mari. Sul Fronte Orientale l'offensiva russa portò alla conquista di buona parte della Galizia, ma l'indisciplina dell'esercito russo e la difficoltà dei trasporti non permisero di avanzare più profondamente. Nel frattempo la pressione dell'Intesa ottenne successi in Africa occiden-tale, dove la Germania prese tutte le sue colonie, e in Medio Oriente. Sul Fronte Italiano gli avvenimenti si svolsero in modo favorevole al nostro esercito. Tra marzo e novembre 1916 si combatterono cinque battaglie sull'Isonzo. Successivamente gli italiani riuscirono a conquistare la città di Gorizia (9 agosto) e per dare una svolta alle operazioni militari italiane e per rinsaldare il morale delle truppe e del paese, il governo Salandra fu sostituito da un "Ministero di Unione Nazionale". Il 28 agosto 1916 il nuovo governo dichiarò guerra anche alla Germania. Il 1917 fu l'anno di svolta decisiva nel conflitto, sia sotto il profilo strategico-militare, sia sotto quello sociale (in quanto peggiorarono in modo rilevante le condizioni di vita delle popolazioni europee).
I motivi di questo anno di guerra furono principalmente tre:
1
) L'acutissima crisi del "fronte interno" che costituì uno dei momenti scatenanti della "Rivoluzione di Febbraio" in Russia.
2) L'intervento militare degli USA al fianco dell' Intesa.
3) Il crollo della Russia, la quale dopo la rivoluzione bolscevica si ritirò dalla guerra.
In questo anno sul fronte occidentale, si verificò una situazione di stallo: tra febbraio e marzo i tedeschi si ritirarono dietro la linea fortificata Sigfrido, che fu oggetto di successivi attacchi anglo-francesi che però non apportarono nessuna conquista. Un grande successo per l'Intesa fu l'intervento degli Stati Uniti (7 aprile 1917) scesi in campo per rispondere agli attacchi indiscriminati dei sottomarini tedeschi alle navi mercantili neutrali che rifornivano l'Inghilterra e per il timore di perdere, in caso di vittoria tedesca, gli ingenti prestiti fatti ai paesi dell' Intesa.
Lo scoppio della Rivoluzione Russa provocò, in pochi mesi, il crollo del fronte orientale. Sul fronte italiano il nostro esercito intraprese due grandi offensive, ricordate come la decima e l' undicesima battaglia dell'Isonzo, rispettivamente nella zona di Kuk-Vodice e sull' altopiano della Bainsizza, che portarono a modeste conquiste territoriali. Gli austro-tedeschi, pur numericamente inferiori, giovandosi della sorpresa e di un uso di gas asfis-sianti, lanciarono un'offensiva che colse impreparati gli italiani, le cui linee vennero sfon-date il 24 ottobre nelle località friuliane di Cividale e Caporetto, dove il nemico riuscì a penetrare in profondità in territorio italiano per 150 chilometri. Fu questa la pagina più nera e drammatica della nostra guerra. La ritirata italiana si arrestò solo sulla linea Monte Grappa-Montello-Piave, dove l' esercito arrivò dimezzato avendo perso circa 650000 uo-mini tra morti feriti e sbandati. Cadorna cercò di giustificare la disfatta attribuendola alla viltà dei soldati; così il nuovo governo di Vittorio Emanuele Orlando decise di sostituire il maresciallo con un nuovo capo di stato maggiore: Armando Diaz (8 Novembre).
Intanto la guerra accellerò lo sfascio dell' impero dello Zar e permise lo scoppio della ri-voluzione socialista in Russia ma non è da escludere che segni di stanchezza e depressione si fecero vivi in tutti i paesi belligeranti, nel corso del 1917. Ad indebolire lo stato d'animo dei popoli fu un complesso di fattori legati allo svolgimento delle operazioni in guerra (guerra di logoramento in trincea) e allo sconvolgimento della vita economica e sociale (militarizzazione della produzione industriale, leva di massa, rincaro dei prezzi). Comin-ciarono così manifestazioni di "demoralizzazione" tra le truppe dei vari eserciti e "manife-stazioni in piazza contro il carovita e la guerra" dove durante gli scontri rimasero uccise numerose persone. In tutti i paesi aumentò inoltre la "propaganda di opposizione alla guerra" condotta dai socialisti ed anche il papa Benedetto XV, in due discorsi del 26 giugno e del 1 agosto 1917, chiese la fine di questa "inutile strage". Il 1918 fu il quinto ed ultimo anno di guerra che si aprì con il famoso "messaggio del presidente americano Thomas W. Wilson" (8 gennaio), nel quale erano fissati 14 punti, che avrebbero dovuto servite come base per le trattative di pace. Il messaggio non ottenne alcun risultato concreto, ma servì a suscitare speranza di una eventuale pace tra i popoli in guerra. Nonostante le varie trattative di pace in corso, il 18 febbraio 1918, la Germania lanciò un'offensiva che giunse a minacciare la città di Pietrogrado, costringendo il governo sovietico a trasferirsi a Mosca; in questa situazione drammatica, Lenin ottenne la pace di Brest-Litovsk (3 marzo) con gli imperi centrali, che costò alla Russia la perdita di oltre 800.000 chilometri quadrati di territorio (Stati baltici, Finlandia, Polonia orientale e Ucraina) e circa il 26% della popolazione del vecchio impero.
Il "colpo di grazia" all' Austria fu dato dall'esercito italiano sul Piave; così il 3 novembre l'Austria firmò l'Armistizio di Villa Giusti (presso Padova) con l'Italia, la quale conquistò "finalmente" anche Trieste e Trento. Con la vittoria italiana comincia la dissoluzione dell' impero austriaco, destinato a divenire Repubblica. La Germania continuò nelle sue opera-zioni belliche lanciando successive offensive volte a dividere le forze inglesi da quelle francesi. Ma dopo la vittoria delle truppe inglesi ed americane nella "battaglia di Amiens", i tedeschi furono costretti ad una ritirata sul Reno. In Germania la situazione divenne più complicata che, con l' insurrezione di Berlino, il sovrano Guglielmo II rinunciò al trono te-desco e fu così proclamata la repubblica (9 novembre) con un governo provvisorio guidato da Friedrich Ebert. L' 11 novembre il nuovo governo tedesco firmò l' armistizio con le potenze dell' Intesa, che pose fine alla prima guerra mondiale.

Nel 1914 l'immagine europea è quella di forza e prosperità ma è solo apparenza, tutto il panorama europeo è dominato da una profonda crisi politica ed economica che prelude l'imminente catastrofe: la prima guerra mondiale.
Questa guerra la si può considerare come la diretta conseguenza dell'imperialismo da tempo annunciata dalla Seconda Internazionale poiché i mercati erano ormai divisi in sfere di influenza, il desiderio di allargare i propri mercati era tanto e non poteva non accadere senza l'uso della forza. La I e II crisi marocchina e la I e II crisi balcanica avevano mostrato come fossero fragili gli equilibri sui quali si reggeva la pace del continente. Il quale nella primavera del 1914 era diviso in due blocchi: Francia, Inghilterra, Russia legati dal trattato della Triplice Intesa del 1907 e Germania, Austria-Ungheria, Italia legati dal trattato della Triplice Alleanza del 1882. le più gravi ragioni di conflitto erano la rivalità austro-russa nei Balcani, la diffidenza reciproca tra Francia e Germania, l'insanabile rivalità navale e commerciale anglo-tedesca. L'Europa si appresta a pagare lo scotto della prima guerra in età industriale che avrà conseguenza catastrofiche: dieci milioni di morti, milioni di feriti, dispersi, il diffondersi di epidemie, le distruzioni materiali; tutto per il riassetto dell'equilibrio europeo e in particolare per la spartizione delle colonie, ma questa sarà anche la guerra che segnerà la fine della supremazia anglo-europea in favore di quella giapponese e statunitense, mentre la Russia con la rivoluzione del 1917 avrebbe contribuito ad accelerare la crisi del sistema liberale-capitalistico
(fine dell'eurocentrismo).
Q
uesta può essere considerata la guerra dell'applicazione della tecnica che produsse enormi disastri e che segnò il confine tra due epoche e due civiltà, tra l'anteguerra ritenuto ormai felice e il dopo guerra infelice rimpiangendo l'umano Ottocento.
L'annessione della Bosnia e dell'Erzegovina da parte dell'Austria, un atto puramente formale, scatenò l'irredentismo serbo che trovò protezione e incoraggiamento presso il palazzo di Belgrado e la corte di Pietroburgo. Questo clima tesissimo sboccò il 28 giugno 1914 a Sarajevo, nell'attentato che costò la vita all'arciduca d'Austria Francesco Ferdinando d'Asburgo, erede al trono d'Austria ed alla sua consorte. La notizia scosse profondamente l'Europa che sperava nella diplomazia quando però il governo austriaco spalleggiato dalla Germania il 23 luglio inviò a Belgrado un ultimatum che equivaleva ad una dichiarazione di guerra. L'attacco austriaco alla Serbia fece scattare il sistema delle alleanze. Alla mobilitazione dell'esercito zarista corrispose la dichiarazione di guerra tedesca alla Russia (1 agosto).e alla Francia (3 agosto). La Germania pensò di invadere la Francia del Nord attraversando il Lussemburgo e il Belgio nonostante fossero neutrali ciò determino la discesa in guerra dell'Inghilterra a cui seguì il 23 agosto la dichiarazione di guerra del Giappone alla Germania che si limitò ad operare nelle isole del Pacifico senza mai scendere a patti con l'Intesa.
In tutte le nazioni ci furono schieramenti a favore della guerra sia da parte dei ceti industriali sia da parte degli operai e dei socialisti che posero fine alla Seconda Internazionale caratterizzata dal pacifismo internazionale che rimase invece ancora vivo nei socialisti italiani e nei bolscevichi russi nonostante l'entrata in guerra delle rispettive nazioni. In tutti i paesi si formarono unioni sacre con l'istituzione di governi di coalizione nei quali entrarono anche i socialisti. L'inizio della guerra fu accolto da tutti con grande gioia ed entusiasmo.
Il 2 agosto l'Italia aveva dichiarato la sua neutralità perché tenuta all'oscuro di tutto e anche per-ché quella austriaca era una vera e propri invasione in disaccordo con il trattato della Triplice Alleanza di tipo difensivo. La neutralità italiana non era destinata a durare divisa come era tra interventisti e non. Gli interventisti avrebbero voluto prima che l'Italia si fosse schierata dalla parte dell'Alleanza in modo da togliere Nizza , la Corsica e la Tunisia alla Francia ma poi opteranno per l'Intesa attirati dalla presa di Trento e Trieste e dell'Istria e Dalmazia. I nazionalisti erano diversi dagli interventisti che rivendicavano solo terre italiane. Quelli che erano per la neutralità erano i socialisti saldi al principio dell'Internazionale socialista, i cattolici e i liberali giolittiani che ritenevano che si potesse sfruttare la situazione vendendo armi all'una e all'altra parte.
Tra gli intellettuali si distinse per il suo interventismo D'Annunzio ed il futurista Martinetti che fornì l'abusato da politici e intellettuali e insulso slogan "la guerra sola igiene del mondo".
Giolitti riteneva che si potesse ottenere dall'Austria il Trento e il trentino grazie alla neutralità. Di particolar nota è in questo periodo l'atteggiamento di Mussolini che fino al luglio 1914 aveva criticato, come direttore dell'Avanti, il nuovo macello dei popoli ora era passato alla direzione de "Il Popolo d'Italia", si diceva sovvenzionato dalla Francia per propagandare l'entrata in guerra a favore dell'Intesa. Il governo all'indomani delle elezioni del 1913 era in larga maggioranza neutralista però si orientò verso l'Intesa anche per scongiurare una rivoluzione sociale che si era drammaticamente riproposta con la settimana rossa del 1914. Secondo i piani dei tedeschi ,i francesi dovevano essere piegati nel giro di due o tre settimane e dopo aver occupato il fron-te occidentale gli imperi centrali avrebbero concentrato tutte le loro forze su quello orientale cogliendo i russi alla sprovvista ma l'esercito francese sfuggì all'accerchiamento e inflisse una dura sconfitta alla Marna. I due eserciti si disposero lungo un fronte che andava dalla Manica alla Svizzera e la guerra di movimento si tramutò in guerra di posizione, di logoramento. Sul fronte orientale la situazione era particolare, caratterizzata da numerosi capovolgimenti: a due dure vittorie tedesche sul fronte polacco corrispose una dura sconfitta austriaca in Galizia. Fondamentale per gli imperi fu la discesa della Turchia in loro favore che interruppe la comunicazione tra gli alleati inglesi e la Russia, l'Austria grazie alla Turchia riuscì a rimpadronirsi della Galizia. Si aprirono tre nuovi fronti uno russo-turco in Armenia, uno anglo-turco in Mesopotamia e uno anglo-turco in Egitto.
Per gli imperi centrali erano fondamentali le mosse che avrebbero fatto i paesi neutrali, si adoperarono in tutti i modi per far si che essi si alleassero con loro o almeno rimanessero neutrali.
I tedeschi cercarono di mettere in difficoltà i rifornimenti dell'intesa con una guerra sottomarina che l'affondamento di un transatlantico (il Lusitana), trasportante passeggeri statunitensi, generò grandi polemiche soprattutto statunitensi. L'Italia nel frattempo aveva instaurato sia con l'Austria che con l'Intesa trattative segrete, ma l'Austria era restìa ad accettare le condizioni italiane mentre l'intesa era molto più favorevole, giungendo così alla firma del Patto di Londra dove si stabiliva che a guerra vinta il Trentino, Trieste, l'Alto Adige fino al Brennero, l'Istria, la Dalmazia esclusa Fiume andassero all'Italia in più avrebbe potuto occupare Valona, mantenere le isole del Dodecanneso. Come avrebbe reagito al patto di Londra il parlamento italiano tutto neutralista? Risolse la questione il re Vittorio Emanuele III che spinto dalle manifestazioni di piazza preferì la strada dell'intervento armata a fianco dell'Intesa, i giolittiani e i cattolici si piegarono al volere del re votando per i poteri straordinari al governo, i socialisti no. I nazionalisti giustificarono l'entrata in guerra perché atto necessario per il completamento dell'opera del Risorgimento, una sorte di quarta guerra dell'indipendenza . Il cedimento del re alle manifestazioni di piazza non è altro che un preludio dell'atto di forza dell'ottobre del 1922 che porterà all'avventura fascista. L'avventura italiana cominciò il 23 maggio del 1915 e portò alla morte di ben 600.000 italiani. Gli imperi centrali per compensare l'entrata in guerra italiana fecero passare dalla loro parte la Bulgaria. La situazione della Serbia si aggravò notevolmente stretta a Nord da austriaci e tedeschi e ad est dai Bulgari, con l'occupazione di Belgrado l'esercito fuggì verso l'Albania, la gran parte fu messa i salvo dagli italiani che li trasportarono sull'isola di Corfù. Il crollo della Serbia portò all'invasione della Romania. Tra l'Austria e l'Italia il fronte si dispiegò a forma di esse orizzontale che correva per ben 800 chilometri, la concentrazione degli armamenti si ebbe nei due salienti, dell'Isonzo e del Trentino, con l'intento di penetrare il territorio nemico. Il numero dei soldati italiani non riusciva a sopperire la deficienza degli armamenti e dell'equipaggiamento. Nel Trentino si stabilì una condotta difensiva mentre nell'Isonzo e sul Carso tra giugno e novembre si ebbero 4 sanguinosi attacchi che portarono alla presa di poche porzioni di territorio. Le operazioni erano guidate dal comandante Cadorna che aveva impostato una guerra di logoramento sacrificando numerosi uomini convinto che la cosa importante fosse sfinire il nemico e non conquistare territori. Cadorna comanderà le sorti della guerra italiana fino al 1917, alla rotta di Caporetto. La flotta italiani non senza perdite riuscì a contrastare quella austriaca nei porti dell'Adriatico. Il 1915 fu un anno caratterizzato da un forte logoramento che non produsse alcun risultato. Il 1916 sembrò l'anno decisivo. In Francia i tedeschi scagliarono una pesante controffensiva sulla piazzaforte di Verdum che condusse mezzo milione di uomini alla morte. Non è da trascurare la battaglia di Somme con i suoi 600.000 morti da ambo le parti. Sul fronte austro-italiano a metà giugno fu lanciata una offensiva sugli Altopiani( vicinanze Brenta, Garda) che aveva quasi prodotto la rottura del fronte ma gli italiani riuscirono a contenere l'avanzata e a sferrare poi la controffensiva sull'Isonzo e la presa di Bolzano. Il cedimento sugli altopiani produsse una crisi interna con le dimissioni di Salandra e l'arrivo di Borselli. Il nuovo governo dichiarò guerra anche alla Germania. L'unica vera battaglia navale si ottenne quando la flotta Tedesca uscita dai porti del Mare del Nord inferse un duro colpo a quella inglese (battaglia dello Jutland), ma poiché la flotta inglese era più numerosa rientrata ai porti non uscì più. Quando nell'Aprile del 1917 gli Stati Uniti entrarono in guerra la Germania aveva scorte di cereali per 6 settimane.
Nel 1916 i socialisti decisero di far qualcosa contro questa guerra e si misero in movimento. Cosa che era già avvenuta nel 1915 quando i socialisti italiani avevano organizzato un grande congresso per accelerare la fine della guerra fortemente criticato da Lenin che era d'accordo con la fine e la distruzione degli stati borghesi e invitava tutti ad accelerare il processo innescando la guerra civile nel proprio paese. Appelli di pace vani furono rivolti al mondo dal neo presidente statunitense Wilson e dal papa Benedetto XV. Ci si stava inesorabilmente avvicinando alla crisi definitiva dello stato liberale, per l'Italia la Grande Guerra fu incubatrice del Fascismo. La guerra aveva stremato la popolazione russa che con la rivoluzione di Febbraio getterà le basi della fine dell'impero zarista. In tutta la Russia si erano formati i soviet, organizzazioni operaie, che contrastavano il potere della duma. Si ebbe l'abdicazione dello zar Nicola II e l a formazione di un governo provvisorio incapace di soddisfare le esigenze del paese che portò alla rivoluzione di ottobre. Lenin, capo indiscusso della nuova Russia, aveva come suo primo obiettivo quello di porre fine alla guerra accettando qualsiasi condizione impostagli dalla Germania. Le condizioni furono terribili la Russia perse tutti i territori che andavano tra il Baltico e l'Ucraina ma la risoluzione dei problemi interni era molto più importante. Il ritiro russo ebbe conseguenze negative soprattutto per l'Intesa sia sul piano psicologico che sul quello interno caratterizzato da numerosissimi scioperi, ammutinamenti in Francia, Italia e in Germania. Nel 1917 in Inghilterra incominciò a manifestarsi una chiara opposizione alla guerra da parte di sette religiose. L'inasprimento della guerra sottomarina indusse gli Stati Uniti a partecipare alla guerra come garanti dei diritti e delle libertà di tutte le piccole nazioni. Ma nel profondo c'erano motivi molto più importanti: numerosi erano gli industriali americani che avevano investito nel conflitto a favore dell'intesa il cui esito era importantissimo. L'entrata in guerra degli USA fu autonoma dalle linee del governo francese, inglese ed italiano poiché scesero in guerra solo per tutelare i loro investimenti, per cercare di essere il garante dei nuovi equilibri internazionali e per con-quistare nuovi mercati. Wilson cercava di presentarsi come un liberatore invece che un nemico, per questo motivo formulò i famosi 14 punti in cui stabiliva l'autodecisione dei popoli e il principio di nazionalità. Nella primavera del 1917 un'offensiva anglo-francese in Piccardia portò alla morte di moltissimi uomini tanto che successivamente si ebbero numerosi ammutinamenti sia dalla parte francese che tedesca ma i più massicci si verificarono nelle file dell'esercito austro-ungarico nel quale le differenze etniche esplosero. Sul fronte italiano un'offensiva sull'Isonzo aveva portato alla presa di alcuni possedimenti ma pochi. Il ritiro del fronte russo fece concentrare su quello italiano tutte le truppe austriache che portarono alla rotta di Caporetto del 24 ottobre del 1917 con la conseguente penetrazione nemica fino al Piave, la perdita di uomini e artiglieria e l'esodo di migliaia di persone venete che lasciavano le proprie case. Si costituì un governo di unità patriottica guidato da Vittorio Emanuele Orlando,il comando passò nella mani di Diaz che costituì sul Piave una linea difensiva che andava dal massiccio del monte Grappa al Montello, contro questo schieramento si infranse il nemico. Prima che la presenza americana divenisse massiccia i tedeschi fecero il loro ultimo attacco arrivando fino alla Marna e bombardando Parigi, fin quando le truppe anglofrancesi affiancate da quelle americane non sferrarono l'ultimo attacco. Inutile fu l'appello dell'Imperatore Guglielmo II di intavolare le trattative, l'intesa desiderava la capitolazione completa. In Italia le truppe austro-tedesche premevano sul Piave, l'esercito italiano temendo una nuova penetrazione si batté coraggiosamente spalleggiato da truppe francesi ed inglesi e grazie al sacrificio dei giovani del 1899. il 24 ottobre il generale Diaz diede inizio alla controffensiva che portò gli Austriaci a ritirarsi su tutto il fronte. Il 3 novembre furono liberate Trento e Trieste, il 4 Diaz annunciò la vittoria.
Tra le varie peculiarità di questa guerra è da rilevare la vicenda dei giovani trentini e giuliani,
gli irredenti, che da cittadini austriaci disertarono e attraversarono il Piave in senso inverso ai fanti del 24 maggio, per vestire le insegne italiane, compiendo la scelta della patria. Da ricordare, tra gli altri, Cesare Battisti, giustiziato dagli austriaci il 12 luglio 1916, e molto commemorato insieme ai suoi compagni dal fascismo come antesignani delle camicie nere.
Altra peculiarità sono i trentini, i triestini, i friulani che sono morti sui fronti polacco e russo - era lì che, per opportunità militare e politica venivano inviati i soldati di confine e, perciò, a rischio di fa-miliarizzare con l'avversario - combattendo per una patria che due, tre anni dopo non sarebbe più stata la loro, in luoghi completamente estranei
In Austria si verificò la rottura del fronte interno e il distacco degli ungheresi,degli slavi del sud e dei Boemi e la fuga dell'imperatore Carlo. In Germania Guglielmo rifiutò di abdicare ma la rivolta di Berlino la convinse a cedere e a ritirarsi in Olanda. La guerra era ormai finita con un bilancio di dieci milioni di morti.

Il 19 gennaio 1919 a Parigi si ebbe la conferenza per la pace al quale parteciparono i 4 grandi: Italia, Stati Uniti, Francia ed Inghilterra. In questa conferenza vi erano posizioni contrarie: Francia, Inghilterra ed Italia erano per punire la Germania e per trarre dalla vittoria i vantaggi politici,territoriali ed economici; dall'altro lato gli USA cercavano di essere fedeli ai 14 punti favorendo la formazione di nazioni nelle quali si parlasse la stessa lingua, ma la realizzazione è molto più difficile della teoria poiché sul confine c'erano una miriade di popoli. La conferenza si concluse con 5 trattati: di Versailles con la Germania, di Saint-Germain con l'Austria, del Trianon con l'Ungheria,di Neuilly con la Bulgaria,di Sevres con la Turchia.
Secondo il trattato di Versailles la Germania vide il suo territorio coloniale spartito dalla Francia, Inghilterra e Giappone; dovette restituire l'Alsazia e la Lorena alla Francia e numerosi territori alla Polonia e Danimarca. Accettò di aver provocato la guerra, l'indennizzo impostogli, di lasciare libero il Reno, di diminuire l'esercito, di cedere gran parte della flotta agli inglesi, di lasciare un corridoio alla Polonia ,Danzica città libera. Si trattò di una pace punitiva, cartaginese, che avrebbe fatto in breve tempo nascere in Germania un forte sentimento nazionalistico.
La soluzione politica fu
la Repubblica di Weimar, dove si afferma un laboratorio di una transizione, poi interrotta da Hitler, sono presenti inquietudini sociali e le insidie di un'economia in sviluppo. Weimar affronta due grandi crisi economiche provocate da cause esterne al suo sistema produttivo: il dopoguerra con l'esoso debito di guerra (il capitalismo tedesco superò questa crisi con le strategie del banchiere Schacht e del Piano Dawes, impegnandosi a bloccare lo svolgimento della democrazia tedesca verso uno "Stato sociale") e il crollo di Wall Street del 1929, evento che investì frontalmente la ripresa industriale, finanziaria e commerciale cominciata cinque anni prima grazie al Piano Dawes, cioè grazie ai dollari americani. Nel 1930 l'esagerato presidenzialismo di Bruning fu da un lato il tentativo di salvarsi dall'attacco concentrico dei nazionalisti e dei socialisti e dall'altro preparò il nazismo.

La rivoluzione russa del 1917
La partecipazione della Russia alla prima guerra mondiale, voluta dallo Zar per difendere le posizioni dell' impero, fece ben presto rilevare le arretratezze della società e dello stato zarista e l' impreparazione dell' esercito russo. Inoltre l' allontanamento dei contadini dalla produzione agricola, generò carestia. Tutto ciò provocò una crisi che sfociò nella famosa Rivoluzione Russa, articolata in due fasi: la prima nel febbraio e la seconda nel ottobre del 1917. Il movimento che prese il nome di "Rivoluzione di febbraio" ebbe inizio il 7 marzo 1917 con lo sciopero degli operai, a cui si collegarono gli scioperi di altre fabbriche e manifestazioni di massa contro la guerra. I manifestanti divennero padroni della città e si organizzarono in un Soviet (consiglio) di operai. Nel frattempo la Duma, sebbene for-malmente sciolta, nominò un governo provvisorio, presieduto dal principe L'VOV (15 marzo); nello stesso giorno lo Zar Nicola II abdicò e così cessò di esistere il potere zarista. Al governo provvisorio, che aveva intenzione di ristabilire l'ordine e di continuare la guerra, si contrappone il Soviet di Pietrogrado (costituito dai rappresentanti dei partiti della sinistra). Il 16 aprile rientrò dalla Svizzera il capo dei Bolscevichi Lenin, il quale espose le "Tesi di Aprile", secondo cui la borghesia russa era incapace di portare a termine il "processo" rivoluzionario, per cui indicava la necessità di passare subito ad una fase più avanzata della rivoluzione, sostituendo al governo provvisorio un governo dei Soviet. Si intensificò così lo scontro sociale e la protesta contro la guerra, animata dai bolscevichi. Accettando le Tesi di Aprile i bolscevichi, decisero di passare all' azione nella notte tra il 6 ed il 7 novembre (iniziava così la rivoluzione di ottobre), occupando militarmente Pietro-grado e conquistando il Palazzo d' Inverno (sede del governo provvisorio). Lo stesso giorno dell' insurrezione il "Congresso panrusso dei Soviet" costituì un nuovo governo (Sovnarcom:soviet dei commissari del popolo) presieduto da Lenin e che comprendeva anche Trotzkij come ministro per gli esterni e Stalin come ministro per le nazionalità. Il nuovo governo sovietico subito si diede da fare emanando i primi decreti che richiedeva-no: ai belligeranti, immediate trattative di pace; la ripartizione della terra tra i contadini poveri; l'esproprio senza indennizzo della grande proprietà terriera; la creazione di una po-lizia politica incaricata a stroncare i movimenti controrivoluzionari: la "CEKA".Ci volle un mese perché la rivoluzione dilagasse nel resto del paese, ma verso la fine di novembre Mosca fu conquistata.L' uscita dalla guerra consentì all' Armata Rossa (esercito sovietico guidato da Trotzkij) di concentrarsi nella guerra civile interna, contro le "armate bianche" anticomuniste, attive in Ucraina e in Estonia, appoggiata dai paesi dell'Intesa, perché scosse dalla paura di una possibile estensione della rivoluzione in altri paesi. Di conseguenza il governo sovietico affidò al partito bolscevico un sistema di gestione auto-ritaria dall'alto e militarizzata, dell'economia e della società. Questo frangente fu detto "comunismo di guerra"che portò: ad un razionamento degli alimenti; a requisizioni forzate delle eccedenze granarie; alla militarizzazione della produzione industriale e addirittura all' imposizione del lavoro obbligatorio. L'economia sovietica subì, grazie alla "guerra civile", un notevole crollo e il "comunismo di guerra" suscitò molto spesso agitazioni popolari da parte di contadini, operai e militari. Questa situazione costrinse Lenin a porre fine al comunismo di guerra e a dar vita alla cosiddetta "Nuova Politica Economica-NEP" (nel 1921), in cui lo stato conservava il monopolio del sistema bancario, del commercio estero e dell' industria ma liberalizzava la produzione ed il commercio dei prodotti agricoli; tutto ciò consentì al paese di fuoriuscire da quella fase di carestia in cui era venuto a trovarsi. Una volta ottenuta la pacificazione del paese, il 30 dicembre 1922 venne costituita la "Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche". Il 21 gennaio 1924 Lenin morì e sorse un altro problema: quello della sua successione. Tra i possibili successori, quello che godeva di maggior autorità era Trotzkij sostenitore di una "Rivoluzione Permanente" e intenzionato a farla estendere a livello mondiale. Gli si contrappone però Stalin (il cui scopo politico era, invece, quello di consolidare il socialismo in un paese solo, senza impegnare l'U.R.S.S. per ulteriori guerre per "esportare" la rivoluzione in altri paesi). Stalin salì al potere, diventando il vero capo dell'U.R.S.S., mentre Trotzkij fu dapprima espulso dal partito, esiliato e successivamente assassinato in Messico (nel 1940). Stalin attuò una politica di consolidamento del regime comunista che contrappose alla NEP, in favore di un grande sviluppo dell'industrializzazione. Ogni iniziativa privata venne immediatamente smorzata e ai contadini fu imposto un grave peso fiscale, per recuperare il denaro necessario e finanziare la nuova politica industriale in cui era impegnato il paese. Però, questo "sforzo" produttivo fu possibile in seguito al potere assoluto assunto dal Partito Comunista in ogni settore dell'economia, della cultura e della società. All'interno dello stesso partito comunista e del paese si affermò, successivamente, il potere autocratico di Stalin, lo "Stalinismo" (un misto di culto della personalità del capo e di autoritarismo). Fu questo uno dei periodi di alta tensione, soprannominato "periodo delle purghe", in cui si diede luogo ad epurazioni e fucilazioni, in cui trovarono la morte anche molti dirigenti comunisti di primo piano (come Bucharin) perché considerati indegni moralmente e politicamente. Altri oppositori furono invece condannati alla deportizione nei campi di lavoro forzato (i Gulag). Intanto, entro la fine del 1938 l'opposizione era stata quasi del tutto eliminata. Però non tutto andò per il meglio. Si potè, infatti, assistere ad un vero e proprio "disastro delle campagne", in quanto gli effetti della collettivizzazione dell'agricoltura sotto Stalin, furono alquanto disastrosi; non si poteva far funzionare le fattorie collettive senza la meccanizzazione. Per quel nuovo tipo di politica agraria, prevista dall'uomo d'acciaio, sa-rebbero dovuti occorrere almeno 250.000 trattori, ma l'industria non era in grado di fab-bricarli: ne esistevano appena 7.000 in tutta la Russia.

La rivoluzione russa del 1917 ha le sue premesse nelle conseguenze della rivoluzione del 1905 dove lo Zar riuscì a sedare la rivolta concedendo le libertà politiche e una assemblea rappresentativa che in seguito a varie modifiche divenne un docile strumento del governo. Questi anni e quelli che seguirono furono varate numerose riforme ma tutte di stampo conservatore; la situazione all'indomani della prima rivoluzione era di 30.000 famiglie di nobili, alcuni proprietari terrieri e 13 o 15 milioni di famiglie di contadini che vivevano di stenti. Intanto le agitazioni nelle campagne continuavano. Lo Zar per tenere sotto controllo tutta la Russia iniziò un processo di panrussia e cercò di centralizzare tutti gli apparati statali tentando di diminuire la corruzione. La Russia come tutte le altre nazioni all'inizio del Novecento cercò di avviare un processo di industrializzazione cercando di sviluppare la rete ferroviaria e di attirare i capitali stranieri, quelli che arrivarono furono soprattutto francesi e permisero di creare centri industriali come a Mosca, a Pietroburgo, nel Caspio e negli Urali. In questo periodo gli operai erano circa 2 milioni su 100 milioni di abitanti, presto il loro senso di malessere si aggiunse alle proteste contadine che sfociarono nella rivoluzione del 1905.
La situazione politica in Russia era: il fronte antizarista costituito dai liberali espressione dei pro-prietari terrieri che volevano uno stato costituzionale; i socialisti espressione della piccola borghesia divisi in socialisti rivoluzionari e in socialdemocratici, seguaci della dottrina di Marx, a sua volta era diviso in menscevichi (riformisti) e bolscevichi che desideravano andare al potere mettendosi a capo della lotta contadina e operaia. I bolscevichi non condividevano la riforma agraria e ciò determinò una frattura interna che portò alla scissione formale con il congresso di Praga del 1912 e alla nascita della socialdemocrazia, chiamato bolscevico che si trasformerà poi in comunista. Lenin che guidò il partito in questo periodo era molto vicino alla dottrina di Marx, era convinto che la rivoluzione socialista si potesse affermare solo nel paese nel quale si era verificato un accumulo di capitale, ma la Russia era la più arretrata d'Europa, Lenin pensava che ogni volta che il nuovo vinceva sul vecchio era una vittoria per i contadini e operai ed è per questo che appoggiò il dissenso borghese. Nell'imminenza della guerra criticò particolarmente l'interventismo socialista e al congresso dei 12 partiti socialisti europei propose che la guerra imperialistica si trasformasse in guerra civile. Gli avvenimenti del 1917 e il crollo del sistema zarista spinse Lenin a pensare che si potesse saltare la fase capitalistica e trasformare la rivoluzione democratico-borghese in rivoluzione socialista.
In questo periodo rinacquero i soviet come organismo dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini.
La guerra contribuì ad aggravare le condizioni della popolazione. Alla vigilia della guerra la zarina desiderava l'alleanza filotedesca mentre la classe borghese quella con Francia ed Inghilterra interessati agli investimenti stranieri, i commercianti desideravano con la guerra assorbire l'impero Ottomano e conquistare gli sbocchi al mar Nero, mentre la popolazione subiva le drammatiche conseguenze.
La discordia serpeggiava tra gli operai che negli anni della guerra fecero più di 3000 sciope-ri,l'atmosfera della campagna era simile a quella del 1905. l'esplosione complessiva si ebbe però tra gennaio e febbraio del 1917.
Il 23 febbraio gli scioperi si trasformavano in rivolta, i rivoltosi non ebbero neanche il tempo di arrivare a marciare su Mosca che lo zar Nicola II abdicò a favore del comitato della duma che assunse poteri provvisori. Ma il malcontento saliva soprattutto alimentato dai bolscevichi che desideravano la repentina uscita dalla guerra della Russia e radicali riforme sociali che saranno poi realizzate da Lenin mediante un' elaborazione di un modello di società nuovo.
I soviet chiedevano una cessazione della guerra e una riforma agraria. Lenin approfittando di un'amnistia ritorna in Russia e afferma nelle TESI DI APRILE : nessuna collaborazione con il governo della duma ,tutto il potere ai soviet, a cui sarebbe seguita la nazionalizzazione delle terra e la loro distribuzione ai sovitdei contadini. Anche le banche sarebbero state unificate sotto i soviet che avrebbero dato vita ad una terza internazionale.
La duma in seguito ad una sconfitta inferta dalle truppe tedesche dichiarò i bolscevichi fuori legge perché filotedeschi.
La situazione era disastrosa sia dal punto di vista economico che militare c'era bisogno di un go-verno dittatoriale capace di ristabilire l'ordine. In agosto si verificò il colpo di stato militare che fallì grazie all'apporto fondamentale dei bolscevichi.
Il 10 ottobre il partito centrale ordinò di dare inizio all'insurrezione armata. Il 24-25 ottobre le forze bolsceviche occuparono i punti chiave della città ordinando al governo di arrendersi. Nacque così il nuovo stato che con i decreti di novembre(nazionalizzazione del territorio) determineranno un nuovo della storia.
All'indomani delle elezioni i bolscevichi presero solo 9 milioni di consensi, poiché Lenin era determinato nel suo progetto sciolse tutti gli altri partiti imponendo la dittatura del comunismo. Il 10 luglio 1918 fu emanata la costituzione della Repubblica Socialista Federativa Sovietica che nel 1922 si chiamerà Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche impostata su una struttura a piramide: dai soviet locali a quelli provinciali fino al Consiglio dei commissari del popolo, istituzioni che dureranno fino al 1991.
Per i bene del paese c'era bisogno di una pace immediata e a tutti i costi che si risolse nel Trattato di Brest-Litovosk con la cessione della Finlandia, dei paesi baltici, delle terre polacche, dell'Ucraina. I paesi occidentali erano preoccupati di cosa stesse succedendo in Russia perché oltre a temere il mancato riconoscimento dei debiti contratti dai precedenti governi temeva il divampare della rivoluzione ed è per questo che finanziò le forze antirivoluzionarie in Russia e in tutta Europa.
Gli antirivoluzionari diedero vita all'Armata Bianca che trovò una forte opposizione dell'Armata Rossa i cui scontri portarono all'indipendenza della Polonia mediante il riconoscimento di vasti territori. Per evitare altre azioni di questo tipo si ebbe la costituzione della Terza Internazionale con l'intento di coordinare le azioni dei partiti rivoluzionari contro i propri governi. Si ebbe così la divisione in socialisti riformisti e rivoluzionari.
Con questo nuovo sistema i contadini producevano il minimo indispensabile e alle città arrivavano scarsi approvvigionamenti, il governo ordino la requisizione forzata dei generi alimentari alla quale i contadini cercavano di opporsi organizzandosi in bande contro le quali era necessario l'esercito. Era ormai finito il comunismo di guerra (1918-20) era suonata l'ora del NEP.
IL comunismo di guerra che aveva salvato la rivoluzione stava conducendo la Russia al disastro. Fu necessaria una nuova politica economica. Lenin si era reso conto che l'arretratezza industriale non avrebbe consentito l'applicazione concreta della collettività, allora cerco un momentaneo compromesso tra il nuovo e il vecchio, giungendo a una liberazione regolamentata del sistema economico, che permise la ripresa del commercio tra le campagne e le città. Ma favorì nello stesso tempo lo sviluppo dei proprietari privilegiati nei confronti dei quali si ebbe un indurimento dei tributi. Il padrone nonostante tutto rimaneva lo stato che possedeva il controllo delle grandi industrie e delle attività bancarie.
Nel 1922 nasceva l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche(URSS),democrazia sociale basata sull'uguaglianza tra i cittadini,il riconoscimento del diritto al lavoro,all'assistenza socia-le,all'istruzione. All'apice del potere apparentemente nelle mani dei soviet c'era l'Ufficio politico composta da 4 membri e su tutto primeggiava il partito. L'abbandono della rivoluzione universale permise alla Russia di riprendere i suoi rapporti commerciali con i paesi europei.
Alla morte di Lenin si ebbe una dura lotta per la successione spuntata da Stalin, con il quale ritorniamo ad una concezione marxista del socialismo, realizzabile solo in seguito allo sviluppo di forze tecnico-produttive.
Questa nuova politica era decisamente contraria ai piccoli proprietari terrieri. Ogni opposizione veniva pagata con l'uccisione, la deportazione,le purghe staliniane. Nonostante l'agricoltura ebbe un certo sviluppo era al di sotto delle sue potenzialità,mentre l'industrializzazione subì uno sviluppo che la rese seconda solo agli Stati Uniti. Venne particolarmente trascurata quella leggera. Il governo di Stalin venne denominato stalinismo inteso come un insieme di burocrati-smo,autoritarismo e culto del capo illuminato. La dittatura di Stalin venne smascherata dal rapporto Kruscev che la considerò come il prezzo pagato per la distruzione del sistema feudale.

La società
Allo scoppio della guerra, le donne appartenenti al movimento suffragista, che aveva lottato per l'uguaglianza dei diritti, offrirono un grande contributo ai vari paesi. Nei primi mesi il governo inglese rifiutò il loro aiuto, per cui molte di esse andarono a lavorare in paesi, come la Francia, dove fu ben accetto il loro volontariato. Organizzarono così vari ospedali da campo per aiutare i soldati rimasti infortunati. Man mano tutti i governi ricor-sero alla popolazione femminile per sostituire gli uomini che si trovavano al fronte. Addi-rittura, in Germania, il "servizio femminile" dette vita a laboratori di formazione profes-sionale per sopperire alla disoccupazione femminile dovuta alla riconversione di alcune fabbriche in aziende belliche. A poco a poco le donne si integrarono in ogni tipo di attività: guidavano autobus e metropolitane, costruivano navi, svolgevano mansioni di idraulico, poliziotto, becchino, o collaboravano in guerra in operazioni di spionaggio; le donne, in Russia, arrivarono a costituire "battaglioni militari" (il più famoso montava la guardia al Palazzo d'Inverno proprio quando esso fu preso d'assalto dai bolscevichi). Infine alle donne furono assegnate anche mansioni di funzionarie pubbliche. Alla fine della Grande Guerra molte di esse non vollero più tornare a svolgere le faccende domestiche: il loro livello economico era aumentato e di certo non volevano perderlo. Tutto ciò portò alla loro lotta sia per la rivendicazione dei diritti sociali, sia per la rivendicazione dei diritti politici. Tanti cambiamenti esercitarono una fortissima influenza nel campo della moda: cambiò radicalmente il loro modo di vestire. Fu così che esse si liberarono delle "fastidiose" gonne lunghe e degli "ingombranti" corsetti cominciando ad utilizzare i reggiseni e le gonne più corte. Nei lavori agricoli molte donne utilizzavano addirittura i pantaloni. Tornò di moda la soprasottana; continuano ad essere indossati i tailleur. L'unico indumento davvero nuovo fu il cosiddetto vestito-divisa, molto pratico, con fibre di metallo (la cosiddetta salopetta). In effetti la creatività degli stilisti di moda non si sarebbe scatenata fino al dopoguerra, quando si incominciò a proporre innovazioni attraenti e rivoluzionarie. Durante la guerra cominciarono a diffondersi i Manifesti, (dapprima come chiamata alle armi e successivamente come mezzi di comunicazione), che, affissi sui muri, lanciavano slogan con immagini, che sono divenuti vere e proprie opere d' arte. Uno dei manifesti che ri-scosse più successo fu quello realizzato da James Montgomery Flagg nel quale lo "zio Sam", puntando il dito intimidatorio, incitava i giovani statunitensi ad arruolarsi nell'eser-cito, con la frase (divenuta famosa): "I want you for U.S.Army". Non sappiamo quanti soldati americani possano essersi arruolati in seguito alla lettura del manifesto dello "zio Sam" ma è sicuro che, in Italia, almeno uno si sia arruolato "sua sponte"! Stiamo parlando di Gabriele D'Annunzio, il "poeta soldato", il poeta interventista, il poeta dell'Immaginifico (dell'immaginazione che si realizza). Quest'uomo, sul piano letterario fu ritenuto, all'epoca l'autore italiano più aperto alla cultura europea. Allo scoppio della prima guerra mondiale fu tra i più accesi interventisti. Partì come volontario, si segnalò in diverse imprese di guerra, meritò onorificenze e riportò una grave ferita ad un occhio. Nel 1919-20 contribuì militarmente anche all'occupazione della città di Fiume e negli anni del fascismo accettò il ruolo pubblico che il regime gli assegnò quale Massimo Poeta Nazionale.
Oltre al D'Annunzio, molti altri scrittori ebbero la fortuna di sopravvivere alla guerra e molti cercarono di liberarsi dagli spaventosi ricordi, legati ad essa, attraverso la letteratu-ra. Molti entrarono a far parte del movimento pacifista e si impegnarono a dimostrare l'i-nutilità della guerra. Però, non tutti gli intellettuali che vissero l'esperienza della guerra ne trassero le stesse conclusioni: alcuni di essi difesero il militarismo; altri rimasero to-talmente indifferenti alla guerra.

Cinema, musica e sport
La Grande Guerra, favorì anche il cinema statunitense e la nascita dell'"industria" di Hollywood, la quale cominciò ad imporre le proprie produzioni e le proprie star, che divennero le vere protagoniste della lotta commerciale fra i grandi studi cinematografici, i quali, a loro volta, si riempirono di scenografie imponenti, in risposta a quelle spettacolari dei film di produzione italiana; anche se nel dopoguerra, la stessa produzione italiana, ebbe difficoltà nel reggere il confronto con le produzioni straniere co-minciando così a scontare i propri limiti di fondo.
Fu in questi anni che si affermò un nuovo modo di fare musica, ad opere di musicisti di colore, nella città di New Orleans. Si trattava di orchestre che si esibivanno in pubblico (durante le feste di piazza) o in privato, proponendo una musica dal ritmo marcato (Jazz), destinato a divenire uno dei generi più rappresentativi del Novecento. Con la chiusura del quartiere di New Orleans, i musicisti che vi lavoravano dovettero emigrare in altre città; tra gli esponenti più rappresentativi del Jazz troviamo Louis Armstrong, che insieme ad altri musicisti, fece del Jazz una vera e propria arte, cosicché i jazzman iniziarono ad organizzare l'orchestrazioni e le voci, cosicché il Jazz smise di essere sinonimo di improvvisazione, dando vita al suo caratteristico linguaggio musicale.
Quante volte abbiamo sentito ripetere la frase: "lo sport accomuna gli uomini!"? Direi tante, tante e ancora tante volte! Dovremmo allora pensare che è vero, visto che con la guerra i giochi olimpici furono completamente interrotti! Molti atleti che avevano parteci-pato ai giochi olimpici di Stoccolma del 1912, allo scoppio della Grande Guerra, furono costretti ad arruolarsi. Di solito agli atleti spettava il posto in retroguardia, dal momento che i comandi militari preferivano che questi continuassero a sviluppare le loro qualità sportive senza mettere in pericolo la loro vita. Gli atleti, in effetti, erano considerati il simbolo di orgoglio e di forza nazionale anche dall'esercito. Ma molti di essi non riuscirono a realizzare le loro aspirazioni, in quanto o rimasero gravemente feriti e quindi impos-sibilitati a partecipare ai giochi olimpici, o morirono, sebbene fosse stato assegnato loro il posto in retroguardia. In molti casi ancora, fu la buona condizione sociale di molti atleti, ad evitare loro di essere chiamati alle armi.

Medicina e tecnologia
Nonostante la guerra, nel settore della medicina si potè assistere a due fenomenali scoperte: venne isolato il primo ormone: la Tiroxina (l'ormone più importante che regola le funzioni del metabolismo umano); e furono scoperti i cromosomi (i quali secondo le ipotesi, rivelatesi successivamente corrette, contenevano informazioni genetiche determinanti per lo sviluppo dell'individuo). Ma queste scoperte, comunque, non ebbero nulla a che vedere con quello che si scatenò con la guerra. Infatti, al suo scoppio, si continuavano ad ignorare i trattamenti medici appropriati per curare feriti e malati e soprattutto i paesi erano carenti di infrastrutture adatte ad assistere gli infortunati. Le trasfusioni di sangue costituivano una novità sperimentata da poco e buona parte dei feriti morivano sul campo di battaglia proprio per la mancanza di immediate trasfusioni o per infezioni provocate dalle ferite. Furono in questo periodo eseguite numerose operazioni che portarono ad un miglioramento della chirurgia in tutti campi; furono in questo periodo scoperte varie sostanze, come lo ioduro di bismuto, usato con successo nella terapia contro la dissenteria: in effetti buona parte delle morti registrate sui fronti di battaglia non venne provocata dai proiettili, ma dai batteri. Insomma, in questo periodo, la medicina finì col ritrovarsi al servizio della guerra.
Anche nel campo della tecnologia non possiamo non ritrovare rilevanti novità. Durante gli anni della guerra migliorarono notevolmente le tecniche radiofoniche, ad opera di Gu-glielmo Marconi, il quale inventò un sistema per la trasmissione di segnali sfruttando l'e-missione di onde elettromagnetiche (è noto a tutti l'alfabeto MORSE). Ma quello che ci ha colpito di più nell'analizzare il CD-ROM alla voce "Nuove tecnologie" è stato l'impatto con un termine che non avevamo mai conosciuto: Palinologia, che trattasi di una nuova scienza archeologica. La Palinologia è un nuovo metodo per poter ricostruire gli ecosistemi di migliaia di anni fa. Il metodo consiste nell'analisi di granuli di polline e delle spore accumulatesi nei diversi strati del terreno attraverso i secoli. Questo metodo di analisi dimostrò scientificamente quello che gli esperti, fino ad allora, avevano solo potuto ipo-tizzare. Così tutti i dati ricavati furono di notevole importanza per accrescere le cono-scenze sulla specie vegetale ed animale della preistoria.

Nel 1918, finalmente dopo ben cinque anni, la guerra cessò: l' Italia fu una delle nazioni vincitrici, ma di cosa? Si combattè per poi ottenere, alla fine, qualche appezzamento di pochi chilometri quadrati di terra, che costarono la vita a migliaia di migliaia di persone. È proprio vero: la guerra è voluta dai grandi, i quali, consciamente o inconsciamente, per raggiungere il loro obiettivi non si pongono alcuno scrupolo nel mandare in pasto alla de-solazione, alla disperazione e alla morte una popolazione intera che non sa neanche perché combatte, ma sa solo che deve farlo perché gli viene imposto. Di solito si finisce col raccontare che qualche nazione ne esce vincitrice e qualche altra perdente: noi pensiamo, invece, che la guerra non generi nè vinti, nè vincitori ma solo distruzione, odio, di-sperazione e desolazione. Emblematico fu il tentativo di coinvolgere, dopo la disfatta di Caporetto, i soldati, quasi esclusivamente contadini. Infatti, per rimediare al malessere sociale delle classi contadine e indirizzare tutte le forze del paese verso la vittoria, dopo Caporetto si cominciò a parlare di assegnazioni di terre ai contadini, naturalmente a guerra conclusa. Furono, queste, promesse lusunghiere (che suonarono come impegno alle orecchie dei soldati) avanzate ai contadini dagli ufficiali dell'esercito, i quali quasi sempre erano loro compaesani e figli di proprietari terrieri. Fu così che la popolazione contadina (aspirando a qualche pezzo di terra) venne ingannata, per non dire "costretta" a partecipare alla guerra.
Quando il conflitto cessò, tutte le promesse che avevano lusingato i contadini si rivelarono vaghe e illusorie, in quanto non ci fu alcun passaggio di terra sia per la situazione caotica, sia per l'assenza di leggi mirate. Ma tutto ciò ingigantì il disagio sociale perché i contadini riconoscevano nei disponibili insegnanti militari (i propri ufficiali) i diretti nemici, arroccati nei propri privilegi. In definitiva sia i vincitori che i vinti finiscono col mettere in pericolo e, spesse volte, col perdere la cosa più importante: la vita. Infatti, solo in queste condizioni ci si rende conto di quanto possa essere importante il valore dell'esistenza; e, come scrive Ungaretti negli ultimi versi della poesia " Veglia " (scritta il 23 dicembre 1915 in trincea):

[...] Non sono mai stato tanto attaccato alla vita!


…………...successivamente nella poesia "SOLDATI" (scritta nel luglio 1918):

Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie.

(IN FIN DI VITA, ENZO BIAGI, NEL 2007, AGGIUNSE:"MA TIRA TANTO VENTO")


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