Eduardo Ambrosio


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SOCIETA', CINEMA, MODA

STORIA > NOVECENTO > 1946, LA PACE


LA SOCIETA'


IL CINEMA ITALIANO, IL NEOREALISMO ITALIANO

I
n ambito cinematografico, con il termine neorealismo non s'intende una scuola, un gruppo, uno stile oppure un linguaggio comune, bensì la produzione cinematografica italiana che descrive la realtà del dopoguerra . Il neorealismo fu strettamente correlato al clima culturale e politico dell'antifascismo italiano, maturato nei vent'anni di dittatura. Esso esprimeva il rifiuto del cinema propagandistico dell'Italia fascista.
Si può dire che il neorealismo nacque nel 1943 con il film "
Ossessione" diretto da Luchino Visconti , tratto dal romanzo di James Cain Il postino chiama sempre due volte.
Quello di Visconti era un cinema di passioni concrete , di luoghi reali e si distanziava radicalmente dalla falsa realtà del cinema fascista. Non a caso le autorità italiane lo censurarono e il film apparve sul grande schermo soltanto nel 1946 in occasione del I Festival di Cannes. Nel 1948 Visconti girò un altro film ritenuto un caposaldo del neorealismo, "
La terra trema", ispirato a "I Malavoglia" di Giovanni Verga.

Altro film molto importante per la nascita del neorealismo fu "
Roma città aperta" di Roberto Rossellini del 1945. Il film, con le sue riprese girate nelle strade devastate dalla guerra, ricostruì fatti realmente accaduti durante l'occupazione tedesca conquistando subito l'approvazione del pubblico e della critica non solo in Italia. Memorabile e premiata l'interpretazione di Anna Magnani. Nel 1946 Rossellini diede al neorealismo un altro dei suoi capolavori con "Paisà", un film in 6 episodi concepito come un documentario drammatico sulla resistenza contro il nazismo e il fascismo.

La realtà quotidiana ispirò anche Vittorio De Sica che nel 1946 realizzò "Sciuscià".

Altro grande regista di questo periodo fu
Michelangelo Antonioni che si accostò invece alle tematiche dell'esistenzialismo.

La storia del cinema neorealista però non durò molto a lungo, infatti dopo pochi anni il pubblico si stufò di vedersi raccontare i dolori e le miserie della guerra e dell'immediato dopoguerra, visto che il paese era ormai in piena ricostruzione, lanciato alla ricerca di un benessere simile a quello delle altre nazioni del blocco politico occidentale.


LA MODA ABBIGLIAMENTO RIVOLUZIONARIO

Gli adolescenti della fine degli anni 40 adottarono un nuovo modo di vestirsi, facendo di questa loro scelta l'ennesimo modo per rivendicare la loro diversità rispetto agli adulti. L'influenza esercitata dalle mode musicali era evidente nei capi preferiti dai giovani, indifferenti ai dettami dell'alta moda di Parigi e impegnati a costruirsi stili più consoni al loro modo di vivere.
Si imposero così stili anche differenti come quello dei
Teddy Boys inglesi, che intendeva parodiare il tradizionale abbigliamento maschile mostrando chiaramente l'influenza delle mode nate lungo la costa occidentale degli Stati Uniti. Sempre dalla California venne esportata e trovò fortuna una moda che recuperava lo stile sportivo e disimpegnato degli studenti di laggiù. Anche le ragazze cercarono un loro stile personale che fosse diverso dai modelli proposti dalle madri. Il cosiddetto "stile da studentessa d'arte" divenne la moda imperante per le giovani donne. Si trattava di qualcosa di assai lontano dal glamour dell'alta società, prevedendo pantaloni a sigaretta sopra la caviglia e scarpe basse.

HAUTE COUTURE E MODA IN SERIE
Con la fine della seconda guerra mondiale,
Parigi tornò a ricoprire il suo abituale ruolo di capitale della moda.
Nell'ambito della rinascita della moda francese si rivelò determinante l'opera di
Christian Dior, che lanciò la cosiddetta "Nuova immagine", proponendo una donna molto femminile, vestita di abiti con vita stretta e gonna ampia, abbandonando quindi gli austeri tagli di linea maschile degli anni della guerra.
In questi anni prevalse un
trucco composto da sopracciglia arcuate e scure, labbra ben disegnate e palpebre ombreggiate con una gamma di colori che andava dal marrone al verde.
Per le
pettinature, invece, scomparvero gli chignon per lasciare il posto a capelli sciolti sulle spalle, pettinati con molta semplicità.
Per le occasioni speciali si privilegiarono i capi in pelle,
cachemire o mohair, arricchiti da gioielli. Per gli uomini, invece, i sarti proposero abiti dallo stile edoardiano, fatto di giacche piuttosto strette, lunghe e abbottonate quasi fino al collo. Anche i pantaloni si fecero più stretti e si diffuse l'uso del cappello a bombetta dalle tese ricurve.
Tuttavia, come reazione ai dettami dei grandi stilisti, e perché stanchi delle divise militari indossate così a lungo,
molti uomini preferirono scegliere un abbigliamento molto più informale e dai colori chiari.

L'
alta moda francese seppe adattarsi ai nuovi ritmi della società dei consumi, cimentandosi anche nella fabbricazione di abiti in serie, senza peraltro eliminare le proprie sartorie artigianali esclusive, dove venivano preparati i capi per le donne più benestanti.
Fu proprio in questi anni che la maggioranza delle donne iniziò ad acquistare capi d'abbigliamento fabbricati in serie e disponibili in grandi quantità, grazie al grande impulso vissuto dall'industria tessile negli anni della ricostruzione.
P
er la prima volta, quasi tutte le classi sociali potevano disporre di vestiti dal taglio moderno a un prezzo accessibile.
Nel frattempo i
disegnatori italiani, inglesi e statunitensi stavano cercando di scalzare quelli francesi dalla loro posizione predominante. Tuttavia, a eccezione delle innovazioni firmate da case di moda italiane, che nelle loro creazioni combinarono colori vivaci come il rosa con l'arancione e il verde smeraldo con l'azzurro cobalto, i protagonisti principali della moda continuarono a essere gli stilisti francesi.
A dominare il mercato dell'abbigliamento erano infatti i modelli disegnati da P
ierre Cardin e Coco Chanel.



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