Eduardo Ambrosio


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LE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI

STORIA > NOVECENTO > LA II GUERRA MONDIALE



Le Quattro Giornate di Napoli

L'opposizione dei Napoletani ai tedeschi cominciò subito, il 10 settembre era già battaglia, ma quel moto soffocato allora esploderà di nuovo il 28, quando contemporaneamente, all'insaputa l'uno dell'altro, si accenderanno numerosi focolai di rivolta che determineranno le Quattro Giornate di Napoli.
Non è facile determinare dove e perché iniziarono gli scontri con i tedeschi, la scintilla della rivolta furono il perseverare dei rastrellamenti, la notizia che altri impianti civili erano sul punto di essere distrutti e che i serbatoi d'acqua siti in Capo-dimonte erano stati minati. Non ci fu nessun ordine o segno convenuto, gli uomini uscirono dai rifugi portando con sé le armi e le munizioni nascoste nei giorni precedenti e presero a costruire barricate ed a scontrarsi coi tedeschi: il 28 settembre da Piazza Nazionale a Fuorigrotta, da Via Foria a Piazza Carlo III, da Chiaia a Capodimonte fino a Soccavo ed al Vomero, la città era tutta pervasa da un fremito rivoluzionario.
Quella mattina al Vomero un gruppo di giovani attaccò una truppa di tedeschi, la scaramuccia degenerò e si espanse a tutto il quartiere. Gli occupanti non tardarono ad azionare una rappresaglia, a seguito della quale caddero alcuni civili e vennero fatti prigionieri e rinchiusi nel campo sportivo in quarantasette tra giovani, donne ed anziani.
Intanto al
Liceo Sannazzaro si costituì un comando guidato da Antonio Tarsia ed Edoardo Pansini, tale comando coordinerà l'insurrezione in tutta la zona.

Inizia poi l'assedio del presidio tedesco nei pressi dello stadio, i giovani napoletani si battono come leoni e costringono il nemico prima ad asserragliarsi nell'impianto di gioco, poi alla fuga anche da questo luogo. Dal suo comando in Corso Vittorio Emanuele il
colonnello Scholl autorizza i suoi a trattare la resa e questi liberano gli ostaggi e lasciano le proprie posizioni, ma gli scontri al Vomero non sono terminati: nei giorni 29 e 30 si scatenano duri scontri alla Pigna, in località Pezzalonga; qui i tedeschi lanciarono il contrattacco aiutati da un gruppo di fascisti, ma alla fine, nonostante le perdite tra i civili, nonostante la caduta di eroi del calibro di Adolfo Pansini (cui oggi è dedicato un liceo), furono costretti alla fuga, e durante la loro ritirata verso i Camaldoli sfogarono la loro furia su degli innocenti.
Così, come sul Vomero, in tutta la città il popolo combatté per il raggiungimento di questo obiettivo comune, tutti facevano qualcosa:
c'era chi impugnava le armi, chi procacciava le munizioni, chi fungeva da vedetta e così via.
Dall'alba del 28 gli scontri si accesero via via più intensi e si diffusero in tutta Napoli:
a Salvator Rosa i tedeschi ed i fascisti vennero assediati e cacciati dal comando sistemato nella scuola "Vincenzo Cuoco" e dal distaccamento di Gesù e Maria, grazie ai quali le milizie popolari si assicurarono il controllo delle importanti vie di collegamento verso Piazza Leonardo e Conte della Cerra. Continuarono a nascere in queste ore i centri di coordinamento: abbiamo già parlato di quello sorto al Vomero, cui seguirono uno nella scuola "Vincenzo Cuoco", dove si organizzavano le azioni di guerriglia e la distribuzione dei viveri, uno a S. Gaetano ed uno al Parco Cis, sempre a Salvator Rosa, dove Eugenio Mancini, oltre all'organizzazione bellica, curò anche quella post-liberazione, per favorire l'immediato inizio di una vita democratica dopo la cacciata degli oppressori.
Queste forme di organizzazione favorirono l'accentrarsi delle forze insurrezionali in alcuni
punti strategici: al Vasto, in Piazza Nazionale, in Piazza Carlo III ed a Via Foria, nei pressi del Museo Nazionale.
Intanto nelle zone alte da C
apodimonte a S.Teresa si combatteva già dal 27, dapprima per impedire ai guastatori tedeschi di minare l'acquedotto, poi per coprire potevano colpire dall'alto indisturbati.
Altro p
unto caldo era il Museo, dove si incrociano Via Foria, che porta all'aeroporto di Capodichino, e la strada che conduce a Capodimonte. Qui bisognava lottare con più accanimento per impedire ai nazisti che erano in centro di potersi rifugiare presso i propri presidi collinari e d'altra parte era necessario impedire che da questi presidi arrivassero truppe fresche in aiuto di quelle che erano state attaccate. Infatti nel pomeriggio del 29 i teutonici decisero di dare una lezione ai napoletani, irrompendo da Capodimonte con dei carri armati "tigre"; si trattò di una mossa che non prese alla sprovvista i guerriglieri, i quali avevano già preparato su quella strada numerose barricate capovolgendo vetture tranviarie ed avevano piazzato numerose mitragliatrici sui balconi dei palazzi. Ma, nonostante l'affluenza di combattenti anche dalle zone limitrofe, i mezzi corazzati riuscirono ad oltrepassare gli sbarramenti ed a puntare verso via Roma, compiendo l'errore di passare attraverso una zona caratterizzata da un dedalo di vie e viuzze, sovrastate da alti palazzi. È qui che divampò la vera resistenza: i tedeschi erano colpiti dall'alto, dai lati, dalla strada, dove manipoli di uomini gli si paravano davanti, colpivano e scomparivano coperti dalle donne in un labirinto di vicoli.
Fu qui che gli oppressori si resero conto che la guerra a cui si erano tanto addestrati non era quella:
nessuno gli aveva spiegato quello che poteva fare un popolo ridotto alla fame, nessuno gli aveva insegnato come comportarsi quando dei ragazzini di dodici-tredici anni, apparentemente innocui, si paravano davanti ai carri armati lanciando delle bombe a mano e tantomeno nessuno li aveva addestrati a combattere in quella moltitudine di vicoli, dove era facile ed allo stesso tempo impossibile ripararsi dai colpi nemici. Loro erano abituati alla battaglia condotta secondo rigidi schemi provati e riprovati, schemi che non prevedevano gli atti ardimentosi e spesso quasi folli dei napoletani, così furono costretti a ripiegare.
I combattimenti però continuarono in tutta la città nei giorni 29 e 30, da Via Roma a Chiaia, fino a Posillipo, e si espansero anche alla periferia: a Ponticelli un gruppo di insorti combatté e venne sconfitto dai tedeschi, subendo una pesantissima repressione. Ma per loro oramai era troppo tardi, il 30 settembre iniziò il ripiegamento di tutte le truppe verso Nord ed il
1° ottobre la città era già libera.
Durante l'allontanamento da Napoli compirono gli ultimi atti di odio sparando da lontano con i cannoni su case e persone e
bruciando a S. Paolo Belsito,vicino Nola, quasi tutte le carte dell'Archivio Storico.

L'insurrezione della città partenopea non fu un fatto isolato e si ebbero azioni contro i nazisti anche al di fuori della provincia,
in Irpinia, nel Sannio, nella Terra del Lavoro (dove tra i contadini vi furono oltre cinquecento caduti), nel Salernitano e sulla strada che unisce Salerno a Napoli.
Ma fu nella provincia di Napoli che si ebbero gli eventi più significativi, tutti repressi in un lago di sangue: a
Mugnano, Giugliano, Afragola, Acerra, Nola,Santa Maria Capua Vetere, Capua,Garzano, Sparanise, Chiazzo, Bellona, Mondragone, Maddaloni, Grazianise, Orta di Atella, Teano, Piedimonte e migliaia di altri piccoli centri abitati, la popolazione insorse.

In tutta la Campania si registrarono migliaia di caduti. Nella sola città partenopea in settantasei ore di combattimenti dal mattino del 28 settembre al pomeriggio del 1° ottobre perirono centosettantotto combattenti, centoquaranta civili e diciotto persone di origine sconosciuta, mentre risultarono feriti centosessantadue uomini.
Furono però questi sacrifici che porteranno in novembre alla
liberazione dell'intera Campania e al formarsi della linea Gustav a Cassino che produrrà ben trecentocinquantamilamila morti, un bilancio molto più grave delle duecentomila vittime causate a Hiroshima dalla bomba atomica, ma che sarà un passaggio necessario per la liberazione nazionale.

"
In quest'ora di rinascita e di riscossa, in quest'ora grave e decisiva, questo popolo ha da guardarsi da un pericolo: mortale pericolo. Niente di più facile e funesto che confondere, al bivio, il viottolo che porta al burrone, col sentiero che conduce alla vetta!…"
Nel napoletano non si è verificata una vera e propria Resistenza, anche per il breve periodo di permanenza degli occupanti tedeschi, ma nonostante ciò la rivolta napoletana rappresenta un evento esemplare ed eccezionale, perché in queste ore di confusione, non conoscendo la lotta partigiana del CLN, i napoletani guidati dal proprio istinto e dal desiderio di riscattare la propria condizione di miseria scelsero subito la "strada giusta" quella filoalleata e non filotedesca, che portò nel Nord del Paese, il 27 settembre, alla costituzione della Repubblica Sociale di Salò, indicando la giusta direzione da seguire verso la Liberazione Nazionale.

CITTA' DI NAPOLI - MEDAGLIA D'ORO AL VALOR MILITARE

Motivazione:

"Con superbo slancio patriottico sapeva ritrovare, in mezzo al lutto ed alle rovine, la forza per cacciare dal suolo partenopeo le soldatesche germaniche sfidandone la feroce disumana rappresaglia.
Impegnata in un'impari lotta col secolare nemico, offriva alla Patria, nelle Quattro Giornate di fine settembre 1943, numerosi eletti figli.
Col suo glorioso esempio additava a tutti gli italiani la via verso la libertà, la giustizia, la salvezza della Patria.
"

Napoli, settembre 1943

Prima dell'arrivo degli Alleati Napoli era libera non senza aver pagato il suo contributo di vite umane ben 4828 tra partigiani e civili.



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