Eduardo Ambrosio


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1946, 1°anno di Pace, MONARCHIA o REPUBBLICA?

STORIA > NOVECENTO > 1946, LA PACE

1946 - PRIMO ANNO DI PACE

Il 1946 fu il primo anno di pace con l'espressione del triplice voto: amministrativo (primavera), politico e referendario (2 giugno), nonché della proclamazione della Repubblica, rappresenta una sorte di "crocevia" della contemporanea locale e nazionale.
Si votò, per la prima volta, con suffragio universale maschile e femminile, per i rappresentanti dei governi locali e dell'Assemblea Costituente nonché per la scelta istituzionale.
Il 1946 fu un anno di tensioni sia per lo scontro tra monarchia e repubblica che per le emergenze sociali nel faticoso e doloroso riavvio d'una esistenza "normale".

Napoli ne è una dimostrazione eloquente, in quanto, all'uscita dal tunnel del fascismo e della guerra, sull'onda a tratti enfatica, e comunque intensa delle Quattro Giornate, nelle quali confluirono sia motivi profondi e antichi che ragioni immediate e contingenti, è vitalizzata da una politicità e da una società "
istintivamente dalla parte giusta" della democrazia e dell'antifascismo.
Alla stagione della lotta e della scelta, però, era seguita quella della
coabitazione con la forza materiale, la presenza fisica e l'incombente "cultura" anglo-americana, i "liberatori".
Un altro pezzo di storia, breve ma incalzante, dal quale la città finisce per assorbire, assimilare umori e caratteri ambigui, di novità e modernità, però anche per ribadire timori e dipendenze di un suo
atavico destino. Certo, è come si congelasse, cristallizzasse, un percorso rischioso, ma non certo impossibile, balenato per un momento e poi negato, negatosi.
Forse anche per questo al fatidico appuntamento del '46, Napoli o gran parte di essa, arriva di nuovo stanca, delusa, come ripiegata su se stessa piuttosto che protesa verso il futuro, alla ricerca di rinnovata protezione
(vittoria monarchia e successivo laurismo). La memoria deve rimetterci in contatto con "noi" di allora, riportando in circolo le problematiche radici del nostro presente. E' giusto e sano che la comunità tutta guardi a fondo dentro se stessa e vagli criticamente, nella coscienza di ciò è stata, la coscienza di quel che è diventata e attualmente è.


LO SCONTRO TRA MONARCHIA E REPUBBLICA

Dal voto referendario emerse una grande differenza tra Sud e Centro-Nord, nel primo prevalse la monarchia nei secondi la repubblica, ciò sicuramente dipese dalla storia d'Italia del biennio di transizione 1943-45.

Occorre capire come la situazione di ogni singola zona influisca nella situazione generale di tutto il Paese: si procede dunque per comparazione analizzando le varie storie locali per arrivare poi a generali nozioni. L'esigenza era quello di uno stato democratico, non più autoritario, obiettivamente sia la monarchia che la repubblica avrebbero potuto soddisfare tale esigenza, ma mentre la monarchia rappresentava la continuità, dunque la stabilità, la repubblica rappresentava l'innovazione.

La partecipazione alla Resistenza da parte di piccoli centri agricoli rimanda alla volontà di Monarchia.

Nelle elezioni ebbe grande influenza la Chiesa che aveva il controllo sulle forme di comunicazione informale, influenza che fu diversificata nelle varie zone.

Le
elezioni referendarie non dappertutto erano libere, ad esempio non lo erano a Napoli dove i Quartieri Spagnoli erano proibiti alle associazioni assistenziali. La parola Repubblica ebbe un'importanza grandissima, non è stato così per le generazioni successive: dalla Grande Guerra si era usciti con aspettative d'innovazioni che crollarono con il Fascismo, c'era in ogni caso una grande attesa di cambiamenti che invece non troviamo nel secondo dopoguerra, dove prevalgono i timori anziché le speranze.

La tradizione monarchica era molto radicata in Italia, mentre molto debole è quella repubblicana:
la prima era più radicata in Piemonte, attaccamento alla casa sabauda, e al Sud, attaccamento alla dinastia borbonica.
Dopo il 25 luglio '43, con
Salò c'è un tentativo di legittimare la tradizione repubblicana in Italia attraverso un calendario e date storiche.



SALO': ANTICIPO REPUBBLICANO

Il governo del nuovo stato fascista nato dopo la liberazione di Mussolini si riunì, per la prima volta, nella Rocca Carminata, dimora del duce in provincia di Forlì, e qui tenne le sue prime riunioni; successivamente i nazisti, poiché Roma era troppo vicina alle operazioni militari, ne trasferirono il governo sulle rive del Garda e, dal nome del maggior centro abitato, fu chiamata Repubblica di Salò.

Il territorio della repubblica era molto vasto confinante a Nord con l'arco alpino, ad Est con la Slovenia e a Sud con la linea degli Appennini. Gli avvenimenti dell'8 settembre
(Hitler prese possesso delle ex aree asburgiche: Trento, Bolzano, Udine, Gorizia e Trieste) avevano sconvolto L'Italia sia geograficamente con una frattura storica de paese sia socialmente con l'applicazione delle misure politiche e militari volute da Hitler.

La r
isposta dei civili a questi avvenimenti fu diversificata da zona a zona, un esempio emblematico fu quello della Romagna. Qui, durante le tensioni tra socialisti e repubblicani, nasce il movimento fascista a Forlì, poi i socialisti ed i repubblicani si unirono contro il fascismo ponendosi così anche contro la Corona, per cui si ricrearono i vecchi partiti prefascisti, anche quello repubblicano. Quest'ultimo si ricompose nel maggio '44 e si componeva di vari movimenti come il Partito d'Azione, il movimento Popolo e Libertà, ecc., non sempre concordi ideologicamente con precarietà per l'unità del partito.
I romagnoli si allontanarono dai gruppi politici mazziniani a favore del comunismo, dopo la guerra tutti i gruppi politici erano per la repubblica, per quanto ogni gruppo prendeva un proprio modello di riferimento come il sovietico, l'americano, il mazziniano, ecc.
Il campo politico in Romagna veniva conteso tra
repubblicani, prevalenti in città, e comunisti, prevalenti in campagna, alla fine prevalsero i secondi anche perché il comunista, come il democristiano, era un partito di massa (appoggio dei braccianti).


MONARCHIA O REPUBBLICA?

Irto di difficoltà fu il cammino che portò alla nascita della Repubblica, in un paese, uscito devastato dalla guerra, il problema istituzionale si sovrapponeva e si intrecciava con i problemi della ricostruzione, della disoccupazione e, soprattutto per le popolazioni del Meridione e di Napoli, della sopravvivenza quotidiana. Ecco il perché dei continui disordini che sconvolsero tutto il '46 e che scandirono le varie fasi istituzionali prima della proclamazione della Repubblica.

Caduto il governo Parri nel novembre 1945, toccò al democristiano De Gasperi traghettare il paese dalla monarchia alla repubblica.
Il gabinetto De Gasperi il 27 febbraio decise di sottoporre direttamente al popolo la scelta della forma istituzionale da dare al paese con una votazione che avrebbe contemporaneamente designato i membri dell'
Assemblea Costituente. Il progetto di legge del governo, sottoposto ed illustrato alla Consulta Nazionale da un discorso di E. Orlando, definito superbo dall'allora ministro dell'Interno Romita, dopo varie discussioni sorte su cavilli sollevati da elementi monarchici, fu approvato il 16 marzo.
Si dava quindi il via alla preparazione delle elezioni referendarie e politiche.

Intanto, tra marzo e aprile, si tenevano in buona parte del paese le
elezioni amministrative, una sorte di prova generale dia politica che organizzativa.
Comizi, riunioni, manifesti, volantini, articoli di giornali aprivano la tormentata campagna elettorale sia prima che dopo il 2 giugno:
la propaganda si rivolgeva anche alle donne per la prima volta al voto politico dopo il decreto del febbraio '45, che estendeva il voto a tutto l'elettorato attivo compreso quello femminile.

A Napoli, per esempio, il 15 maggio ci furono degli scontri tra gruppi monarchici che avevano partecipato ad un comizio in piazza S. Vincenzo alla Sanità ed alcuni iscritti al Partito Comunista che si trovava nella sede di via Duomo. Ma non fu un incidente isolato, dopo l'abdicazione di Vittorio Emanuele III, vi furono un po' dappertutto pronunciati di masse antirepubblicane e antidemocratiche: alla manifestazione monarchica organizzata in seguito alla visita di Umberto II a Napoli del 21 maggio, si rispose con una manifestazione repubblicana indetta da vari partiti con la partecipazione anche della
Camera del Lavoro.
Gli incidenti più gravi, però, scoppiarono nel giugno: dopo piccole schermaglie come l'assalto alla sezione S. Lorenzo e Stella del Partito Comunista,
il sangue, preannunciato in lettere anonime inviate all'ufficio di Collegamento di Pubblica Sicurezza presso il Public Liaison Office, cominciò davvero a scorrere appena si ebbe la notizia della proclamazione della Repubblica il 10 giugno. Infatti, il giorno 12, un corteo monarchico partito da via Sanfelice assalì la Federazione Comunista di via Medina, dando inizio ad un vero e proprio scontro a fuoco che lasciò sul campo 7 morti e circa 60 feriti e che vide impegnate forze dell'ordine ed autoblinde provenienti da Firenze, Ancona e Bologna; la situazione era davvero grave tant'è che a ragione si gridò: a Napoli v'è il "terrore monarchico" e i cittadini sono presi d'assalto da "bande di lazzaroni".
La calma si raggiunse solo dopo che, sciolte le riserve della Cassazione e partito il sovrano per l'esilio, il giorno 18 si ebbe l'annuncio che sarebbe stato il
moderato De Nicola, napoletano e di fede monarchica, il Capo di Stato Provvisorio (1^presidente della Repubblica Italiana).

E di calma e di pacificazione aveva certo bisogno il paese, pertanto, uno dei primi atti emanati dalla giovane Repubblica fu
l'amnistia del 22 giugno.



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